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Autore: Guitarist_Inside    18/02/2010    8 recensioni
Una giovane chitarrista che vive per e grazie alla musica. Un suo concerto e un incontro alquanto particolare. Una proposta ancora più singolare, forse un po’ azzardata. Un grande sogno che si avvera. Ma con questo prendono forma anche confusione, preoccupazioni, timori, titubanze, paura di deludere… Senza tralasciare però grandi e appaganti emozioni, felicità, gioie, soddisfazioni…
Questa è la prima fanfic che posto (a dir la verità mi ha “convinto” una mia amica a postarla…) spero vi piaccia... (non fermatevi solo ai primi capitoli xDD)
PS: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo. Ogni singola parola scritta in questa fic è soltanto opera della mia fantasia e non racconta fatti successi realmente.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti! xD
Sì, ebbene, rieccomi finalmente (“potevi anche non tornare per le cazzate che dici…”. “Zitto tu, cervello rompipalle. Proprio adesso devi tornare e fare il serio? XD”).
Scusate infinitamente, mi rendo conto che sono esageratamente in ritardo per postare ç_ç Chiedo umilmente perdono, le prossime volte cercherò di fare del mio meglio per essere più puntuale… (Per compensare questo abnorme ritardo però, dando retta ad alcune di voi che mi han detto di non spezzare il capitolo nonostante venisse assai lungo, e son riuscita a scrivere parecchie paginette xD)…
Posso ritenermi perdonata? *fa gli occhi dolci* pleeeease *ç*

Angolo dei ringraziamenti e delle idiozie u.ù (XD):
Thank you, thank you, thank you so much a tutti voi che leggete il frutto di questo mio enorme sclero mentale XD, e soprattutto a tutte voi che recensite e che mi sostenete… “Graziiii” (detta alla Billie Joe che al concerto provava a dire qualche parola in Italiano con il suo adorabile accento Americano *ç*)!! Vi voglio bene, my dears *-*!

Fujiko Chan : AmantaH! *ç* (“ok, torniamo serie…”. “Seria, tu?! Ahaha ma non farmi ridere xD”. U.ù scusa le intromissioni del mio cervello ma oggi è più puntiglioso del solito.)
Cosa dovevo dire? Ah, sì… Innanzitutto scusa tantissimo del ritardo, tu sei stata velocissima a recensire e io non aggiorno da circa 3 settimane ç_ç… Spero che questo capitolo ti ripaghi della lunga attesa (oh, sei stata anche tu a dirmi di non spezzarlo assolutamente… quindi adesso ti posto le 13 e passa pagine di World, che però purtroppo con tutte le cose affibiatemi da fare non sono riuscita a completare prima di ieri sera ieri notte più che ieri sera a dir la verità xD) -a proposito di ieri… ancora tantissimi auguri a sua Altezza Billie Joe il Nano!! xD *ç*-
Comunque, lo sai che adoro troppo i tuoi “romanzi” di recensioni semiserie (e aspetta che adesso te ne scrivo uno io in risposta ahahah) *_* e spero che questi mi tengano compagnia ancora per molto *ç*
Ok, devo ricredermi, avevi ragione tu, lo scorso capitolo non faceva schifo, dato che ho visto recensioni tutt’altro che negative… Quindi grazie mille xD
Dicevo! Ah, povera Ema...ma ti è successo veramente? Mi spiace ç_ç ...ma sicuramente un abbraccio (:shifty:) di Billie ti avrebbe tirato tantissimo su il morale *-*” >> purtroppo sì… Sono l’unica babbea che riesce a stortarsi IL POLSO SINISTRO cadendo dalle scale… ahahah statisticamente è più facile rompersi o slogarsi un braccio, una caviglia, una gamba, ma il polso… OK, l’ho sempre saputo di essere un tipo strano ahah e questa ne è stata un’ulteriore prova… Beh ovviamente un abbraccio di Billie mi avrebbe tirato moooooooltissimo su il morale (:shifty: mi stai contagiando con le tue idee perverse ahah), ma purtroppo ero sola come un cane, e non ho potuto neanche suonare la mia amata “Baby Billie Joe” per ben 2 giorni e mezzo!! ç_ç appena provavo a fare un accordo saltavo dal dolore ç_ç e quindi dato che l’unica cosa che potevo fare e mi andasse a genio era scrivere, ho sfornato per vostra (s?)fortuna lo scorso capitolo xD.
Oltre ad aspettare il tuo - pardon, vostro- piano malefico, non vedo l'ora di leggere i prossimi capitoli, il concerto...lo prevedo denso di emozioni, e calcolando che letteralmente SALTELLAVO durante questi capitoli, non so che cosa potrei fare leggendo quello xD probabilmente camminerò sul soffitto come l'uomo ragno! (ok, questa era penosa ._.)” >> ahahah ok, allora dimmi se saltellerai sul soffitto ‘sta volta, dato che ci sono sia il concerto che il “piano malefico” (che in un certo senso sono pure legati xDD ok, non dico altro se no ti rovino la sorpresa che aspetti ormai da mesi)… Ti dico solo che il “piano malefico” comprende principalmente le ultime due scene del capitolo (ovviamente tu dovrai leggere prima il resto però u.ù xD)…
Essì, le parolacce ci vogliono, mi fa piacere che ti piacciano (xP), e poi come dici tu rendono tutto più credibile, chissà quante ne diranno al giorno gli “omini verdi” ahahah…
E questa fic mi sta prendendo in una maniera IMPRESSIONANTE, vorrei che la gente andasse oltre ad il primo capitolo perchè NE VALE DAVVERO LA PENA.” >> oh, ma grazie mille *ç*… Ecco ,sentito la Gì? U.ù Gente, non fermatevi al primo capitolo XD
“ P.S. Connessione Internet: 50 euro al mese. Conoscere persone fantastiche sul Web non ha prezzo. Ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto ci sono i ciccipunzi verdi e la cara Ema *-* Bene, detta sta minchiata col botto me ne posso anche andare. ” >> No, non è una cazzata… *ç* È…è…è stupenda XD
Ok, adesso basta perché come dici tu tra un po’ la lunghezza dell’angolo risposte supererà quella del capitolo (uhm… in questo caso però è alquanto difficile data la lunghezza del secondo ahaha)
Ciao amantaH, sappi che anch’io ti voglio tanto, tanto, tanto, TROPPO bene xD E spero di sentirti presto… (anzi prestissimo xD) *-*

Green Star 90 : Stellaaaaaa!! *ç*
Ti assicuro che nei momenti di rabbia nascono dei colpi genio che non si possono non annotare” >> sai che ci stavo pensando anch’io? Devo solo convincere il mio cervello ad eliminare parte delle censure che mette a ciò che scrivo in certi momenti però xD
E grazie mille dei complimenti, detti da TE, da te che stai scrivendo una delle più belle fic che abbia mai letto (e che scrivi da Dio non solo le fic), valgono davvero tanto *ç*
Tu m suggerisci di evitare giustificazioni stilistiche o di scrittura e fregarmene un po’ di più… Uhm… Non è affatto una cattiva idea muahahah (“visto cervellino caro? Lo dice anche la somma scrittrice. u.ù”. “poi però se ve ne pentite non date la colpa a me eh.. .hm! u.u”)
E in quanto riguarda la purcellaggine, non puoi e non potrai mai negare che tu sei stata tra le prime a farmi tirar fuori la purcellaggine nascosta, quindi il tuo MERITO (sì, ho detto merito, non colpa. u.ù ahahah xD) non è così piccolo *ç*.
Beh, anyway, spero che questo capitolo ti sia gradito e spero di risentirti presto darling ^^

Crazy_Me : Buonsalve *ç*! Grazie mille anche a te per i complimenti, allora come ho già detto allora devo far capire al mio caro cervellino che quello che scrivo e che ho scritto non sono totali schifezze? *ç* Ne sarei davvero onorata. (“io rimango della mia idea”. “La cambierai, oh my dear brain, la cambierai u.ù”)
Spero che ti piaccia anche questo capitolo, e grazie ancora!!
See ya soon ^^

K_BillieJoe : Ciao!! Mi fa piacere sentirti ancora, cara *-*. Lo so, non ho niente da rimproverarti, perché anch’io in questo periodo son stata un po’ sfaticata e sormontata da mille cose da fare (chepppalle ç_ç) e quindi sono in estremo ritardo, ma sappi che mi fa sempre piacere sentirti, anche per u commentino veloce… *.*
Spero ti garbi anche questo capitolo… Alla prossima!

cerere : Mateeeeeee!! *ç*
Tu non immagini quanto mi faccia piacere che tu segua il frutto della mia pazzia!!
Ahahah sono contenta che la mia fic ti abbia tenuto compagnia nella malattia (e fa pure rima! XD)
ora passo a leggere il resto (e spero di non trovare conferma delle mie teorie sul paranormale e la connessione di (de)menti a distanza.... oh, sta zitto cervello!)” >> ahahaha XD il tuo cervello è parente del mio a quanto pare, eh…E devo dirti che la connessione paranormale di (de)menti a distanza mi garba assai *ç*
Beh, mi fa piacere che ti piaccia il mio stile… E che sia soddisfatta della mia grammatica (onestamente, te l’avrò anche già detto, ma anche a me stanno assai sul culetto tutte quelle persone che l’ammazzano… Diciamo basta a questo martoria mento della lingua Italiana!!)
devo dire che la cosa che mi è piaciuta di più è il realismo che trasuda da queste pagine. non hai mai lasciato che Ema si abbandonasse ad una favola, e c'è proprio tutto a confermarlo: il polso rotto, la litigata con i genitori, la sensazione di sentirsi cosi inutili.... c'e perfino la strega cattiva! = beatrice -.-'.... ” >> Beh, allora una parte del mio intento è riuscita!! ^_^ Già, Ema non riesce mai ad abbandonarsi alla favola (perché ormai è consolidato che le favole NON ESISTONO, e per quanto ti possa piacere sognare, come nel mio caso ad esempio xD, devi sempre tenerne conto…) che viene riportata coi piedi per terra da qualcosa (o qualcuno -.-) xD ahaha stupendo il paragone strega cattiva = Beatrice XD…
se questo essere immondo esiste anche nella realtà - e vorrei non lo fosse - lo vuoi un mio consiglio? fravacala capa e muro” >> Sì, purtroppo quell’essere esiste anche nel mondo reale… Uhm… come ti ho detto, purtroppo il tuo consiglio non posso applicarlo immediatamente, i rischi son troppo grossi te l’ho detto ç_ç… Quindi per ora mi limito a sfogarmi scrivendo muahahah ma appena si potrà… *sguardo diabolico altamente poco raccomandabile* (poi quando verrai qui ti devo ancora dare la mandibola in segno di amicizia che potremo prenderci insieme… muahaha ricordati i nostri Astuti Piani Criminosi ahaha xD OK, basta scleri pazzoidi u.ù se no il mio cervello invece di una vacanza se ne va del tutto e forse qualcuno potrebbe avere qualcosa da ridire xD)
che dire? amo questa storia, il suo linguaggio e amo il modo di fare di Ema... amo la chitarra che suona (sia per il modello, sia puramente perche sa suonarla) e amo il modo casuale in cui incontra Billie. amo il motivo che l'ha fatta entrare nella band e amo quel bellissimo Mr Cazzo piazzato ad effetto. amo i brani tratti dai testi che infili qua e la, amo le parolacce e amo le frasi in slang americano lasciate libere di esprimersi per quello che sono (è vero, certe cose rendono mooooolto meglio all'originale). ^^” >> Troppo buona *ç* tu non sai quanto mi facciano piacere quelle parole che hai scritto *___*
ti direi posta presto, ma so che stai preparando un bel capitoletto corposo corposo, per cui rettifico e ti dico: "posta quando cacchio ti pare, basta che posti e mi lasci ancora vivere e sognare nella tua storia!"” Ben detto, Darling xD… mi garba assai questa frase ahahah… Anche se ancora una volta porgo le mie umili scuse causa l’abnorme ritardo ç_ç
PS: Ok, allora per il sacrificio in onore dell’HTML che ci ha fatto conoscere (non lo ringrazierò mai abbastanza quel maledetto codice XD), ti invito nella prima chiesa sconsacrata a fare i sacrifici sopra detti *ç* mentre io suonerò Enter Sandman e a seguire tutto quello che ci girerà per la testa… *ç*
Ok, adesso basta, ti lascio al capitolo (spero ti piaccia e non ti provochi un istantaneo conato di vomito… scherzo -spero- xD)
See you soon, mate *__*

E grazie mille anche a tutti voi che avete aggiunto questa fic alle seguite e/o ai preferiti!! *_* - Fujiko_Chan, Green Star 90, Helena89 (cara Prima Lettrice, dove sei finita? È da un casino che non ti sento… I miss you ç_ç), Mary17, micky_malfoy87, millape, ZofouArtemis, 801_Underground, cerere, Crazy_Me, DearlyBeloved86, Jayden Akasuna, K_BillieJoe, Sybille… Grazie di cuore a tutte!! *-*
E se non chiedo troppo, quando riuscite, mi farebbe davvero piacere (per chi non lo fa già *w*) se lasciaste un commento, anche piccolo, giusto per sentire la vostra presenza e per sapere cosa ne pensate ^-^


PS: SilentMoon : Dearly Beloved! *ç* Lo so che per te purtroppo questo non è un bel periodo, te l’ho detto anche ieri sera quando mi hai quasi provocato un infarto dalla gioia di risentirti (non immagini neanche quanto tu mi sia mancata…)! *ç* Però non potevo non scriverti niente, dato che finalmente, dopo ormai mesi, sono riuscita a mettere per iscritto il nostro “piano malefico” (ce l’abbiamo fatta a tenere la Gì nel dubbio fin’ora! Wow, complimenti ad entrambe XD)… Beh, l’ho un po’ rielaborato da quel che mi ricordavo, i due punti fondamentali del piano primordiale ci sono (prevalentemente il piano si articola nelle ultime due scene xD) *ç* e li ho anche ben articolati XD muahahah… Spero che siano di tuo gradimento, darling *-*
Quindi, uno speciale grazie anche a te, che mi hai incoraggiato e mi hai dato lo spunto per la seconda metà del capitolo *.* …
Senza fretta, quando avrai voglia, se leggerai questo capitolo, fammi sapere che ne pensi ^-^
Spero di poterti sentire ancora presto *ç* Ti voglio tanto bene (“you are the MOONlight of my life, every night…” xDD onestamente “Last Night On Earth” non è che mi piaccia molto, però dopo averla nell’atmosfera del concerto l’ho rivalutata, e certe parole… no words xD *w* … beh, scusa l’associazione mentale, ma è uscita così all’improvviso e il mio cervello non ha Saputo trattenerla in tempo ^-^)… Ciao!



Ok, ora basta che vi lascio al tanto atteso (“come no?”. “E dai, cervellino caro, lasciami illudere per una volta”), perché ho scritto davvero TROPPO nell’angolo ringraziamenti & idiozie XD, che se no come dice la cara Fujiko Chan diventa più lungo dell’intero capitolo (anche se in questo caso come le ho già detto sarebbe assai difficile dato che il secondo dura la bellezza di 13-e-qualcosa pagine di Word XD)… Beh, vi ho annoiato fin troppo per oggi, buona lettura… See ya soon *ç*







CAPITOLO 14 Dread and attraction. / Heaven or Hell? Welcome to Paradise… But a damn pain in the ass escaped from Inferno…


Mi rigirai nel letto, sperando inutilmente che cambiare posizione per l’ennesima volta potesse aiutarmi finalmente a prendere sonno. Ma ovviamente fu inutile. Riuscire ad addormentarmi in quella situazione per me era pressoché impossibile, lo sapevo benissimo, ma nonostante tutto provavo ancora.
Avevo bisogno di dormire, cazzo.
Affondai la testa nel cuscino e, sospirando, provai nuovamente a chiudere gli occhi, ma li riaprii dopo pochi istanti.
Ero troppo agitata.
Meno di una ventina d’ore dopo avrei dovuto essere su un fottutissimo palco a suonare con i Green Day, davanti a 15 mila persone, centinaia più centinaia meno. Non avevo mai suonato davanti a neanche un decimo, neanche a un ventesimo di quel numero di persone per me davvero impressionante.
Mi attraeva e mi terrorizzava allo stesso tempo.
Non vedevo l’ora che quella sera finalmente arrivasse, ma ne avevo un’enorme paura e quindi desideravo ardentemente che allo stesso tempo non arrivasse.
Il mio corpo fu percorso da un forte tremito, e iniziai a sudare freddo.
Sentivo la testa pesante, mentre pensieri sempre più contrapposti le sfrecciavano attraverso.
Dovevo riuscire a riposare, a staccare la spina anche solo per poche ore, altrimenti sarei impazzita.
Mi alzai vacillando, dirigendomi verso il bagno. Entrai e, nella fioca luce lunare che penetrava dalla finestra, aprii il rubinetto, gettandomi dell’acqua fresca sulla faccia. Poi scrollai la testa, un po’ come fanno i cani quando escono dall’acqua, col desiderio di potermi scrollare via, oltre alle gocce, anche tutta quell’ansia opprimente.
Tornata nell’altra stanza, mi guardai intorno qualche secondo, indecisa su cosa fare. Scossi la testa, pensando che in quel momento certamente non sarei riuscita ad addormentarmi, e stare lì a rigirarmi nel letto come un’idiota non avrebbe di certo non avrebbe migliorato la situazione.
Mi avvinai titubante alla mia chitarra. Aprii lentamente la custodia, con fare circospetto, quasi impaurita. Rimasi qualche secondi ad ammirarla, era davvero stupenda, e il suo bianco risplendeva nell’oscurità, risplendendo anche nel mio cuore. Mi era mancata tantissimo… Erano solo due giorni che non la suonavo, e già mi sembrava un’eternità. Ero tentata di mettere subito fine a quell’attesa, ma allo stesso tempo avevo paura di non riuscire ancora, che il polso non mi permettesse ancora di poter accarezzare con i polpastrelli quelle sei corde, quei capotasti, che però erano sempre più invitanti, che sembravano chiamarmi a gran voce…
L’accarezzai fugacemente, mentre quella voce penetrava nella mia mente urlando sempre più forte.
Basta, stai zitta! Per favore, cazzo, stai zitta!
Volevo urlare, ma mi accontentai di squarciare il silenzio solo nella mia testa.
La mia mente era in completo contrasto, divisa in due fazioni opposte…
Alla fine non riuscii più a resisterle. Ma sì, avrei solo provato, non avrei certo peggiorato la situazione, anzi, mi sarei resa conto delle capacità che aveva o no riacquistato il mio polso…
La sollevai tremante dalla custodia, con il timore di non riuscire ancora a suonarla, di rimanere delusa, di deludere i Green Day…
Scacciai quei pensieri e mi misi la mia “Baby Billie Joe” a tracolla, sedendomi sul bordo del letto.
Provai delicatamente, pian piano, a posizionare la mano sinistra sulla tastiera e suonai cautamente un accordo.
Mille grida esplosero in me.
Grida di gioia.
Riuscivo a muovere il polso sinistro sufficientemente a quello che mi serviva per suonare!
Allora… Allora Billie aveva ragione…
Volevo urlare, gridare, saltare per la stanza.
Ma ancora una volta, rimasi dov’ero, mentre un sorriso si dipingeva sul mio volto, portando con sé nuova forza, facendomi vedere la luce in quelle tenebre, mentre iniziai a suonare felice…

Il primo raggio di sole della giornata attraversò la finestra e si posò sulla mia faccia. Aprii gli occhi mugugnando qualcosa di indecifrabile. Alzandomi, notai che avevo ancora a tracolla la mia “Baby Billie Joe”, che dormiva placida appoggiata sul mio ventre, tenendomi compagnia dopo quelle ore insonni passate insieme, dove le mie dita avevano ripercorso la sua tastiera così dannatamente affascinante, e avevano fatto vibrare quelle sue corde in un mare di emozioni.

***


Il suono del campanello fece saltare Tré già dalla batteria; un secondo dopo era davanti alla porta. Scambiò due parole col fattorino, poi gli diede una banconota e in cambio ricevette 4 cartoni di pizza fumante. Soddisfatto, Tré richiuse la porta e saltellò verso di noi, che nel frattempo avevamo appoggiato i rispettivi strumenti e ci eravamo seduti sul divanetto al bordo della stanza.
Ci stringemmo ulteriormente per far sedere anche il caro batterista, che dopo essersi accomodato divise cibi e bevande, cercando di imitare una cerimonia solenne che però finì inevitabilmente nel ridicolo.
Come quattro animali affamati da un lungo digiuno, ci fiondammo quindi sulle pizze, che sparirono in pochi minuti dai cartoni, per ritrovarsi attraverso un “misterioso processo” all’interno dei nostri avidi stomaci.
– Aaah… Ci voleva – esclamò Tré ridendo, battendosi una mano sulla pancia, spaparanzandosi ulteriormente sul divano.
– Beh, le prove stanno andando alla grande, possiamo anche prenderci una pausa mezz’oretta – propose poi, aprendo la sua bottiglia di birra e bevendone un sorso.
Io, Billie e Mike ci scambiammo una rapida occhiata.
– Yeah, that’s ok… Good idea – acconsentì entusiasta il chitarrista a nome di tutti, mentre imitavamo il batterista.
– Hai visto che il polso è tornato a posto e riesci ancora a suonare? Che ti avevo detto? – mi chiese Billie ad un tratto, con tono di sfida, poggiando la bottiglia e guardandomi divertito.
– Sì… Però… Io cosa potevo saperne? –
– Dovevi sapere che Billie ha sempre ragione, no? – scherzò Tré – Ma mai quanto me… – aggiunse poi ridendo.
– Tré stai per caso prendendomi per il culo? – chiese il frontman, ridendo anche lui.
– Chi? Io? Nooooo… – sghignazzò l’altro in risposta, bevendo un altro sorso dall’ennesima bottiglia.
Quindi, l’appoggiò per terra insieme alle altre che vi giacevano vuote.
– Frank Edwin Wright III… Stai cercando botte? – replicò Billie scherzando.
– Può darsi, Billie Joe Armstrong, può darsi... E nel caso ti consiglio di iniziare a scappare… –
Tré si protese verso l’amico, facendo finta di tirargli un pugno.
– Ehm… Vi ricordo che in mezzo ci sono io –
– Beh, Ema, possiamo fare anche una cosa a tre, non c’è alcun problema – rise lui, con una nota maliziosa, perdendo l’equilibrio e cadendomi addosso.
Mike scoppiò a ridere, scuotendo la testa, leggermente in disparte dall’altra parte del divanetto.
– Hey Mike, che ci fai lì solo soletto? – proseguì il batterista, sempre con quella nota nella voce a metà tra il malizioso e l’ilare.
Si può fare benissimo anche una cosa a quattro… – continuò Billie, afferrando l’amico e trascinandolo verso di sé, tra le risa generali.
Mike, colto di sorpresa, perse l’equilibrio e cadde addosso a Billie, che a sua volta cadde addosso a me, sopra a Tré.
– Ehm… Non per dire ma… Ragazzi, non è che mi lascereste un pochino d’aria? – feci notare ad un tratto, sentendo venir meno l’ossigeno, con una sottile inclinazione ironica nella voce.
– Eh? Ah, sì, certo… scusa – si scusarono confusamente i tre, all’unisono, spostandosi leggermente e rialzandosi.
Sorrisi divertita, inspirando profondamente per riportare aria nei miei polmoni.
– What the fuck? Ma si può sapere che cazzo state facendo? – James si affacciò alla porta della sala, alquanto irritato – Dovreste provare, scansafatiche, invece di fare gli scemi ridendo come ubriachi! –
– Sì, James, andiamo, andiamo… Su ragazzi, torniamo a provare, se no James si incazza… – disse un Billie Joe dal tono semiserio.
– Billie, sono già incazzato – rispose l’uomo, guardandolo truce.
James ci squadrò tutti, con occhi torvi d’avvoltoio, per poi tornare a guardare Billie.
E con te ho anche un motivo in più… – aggiunse, gettando un fugace sguardo verso di me, che colsi nonostante l’uomo avesse cercato di mascherarlo.
Quindi, si congedò freddamente, informandoci frettolosamente che non ci avrebbe rivisto faccia a faccia fino alla sera successiva poiché quella notte, subito dopo il concerto, sarebbe andato direttamente a sbrigare certi impegni di cui non capii molto, perché il mio cervello aveva trasportato altrove i miei pensieri.
Infatti, non appena lo sguardo di James mi aveva trafitto e il manager aveva pronunciato la fatidica frase sopracitata rivolgendosi a Billie, venni scossa da un tremito quasi impercettibile. Nella mia mente riecheggiò ancora quel poco che avevo udito la prima notte, qualche giorno addietro, e tra i vari interrogativi, nella mia testa si fece largo, sempre più forte, il proposito e la volontà di metterci tutta me stessa per non deludere Billie, che mi aveva difeso da non so quali accuse, forse anche fondate, del loro manager… Per non deludere lui, Mike e Tré, che avevano fatto e facevano davvero molto per me… Nel concerto di quella sera e in quelli successivi avrei dovuto dare davvero tutta me stessa, fin’anche allo stremo. Sì. Giurai a me stessa che finché avessi avuto la forza di stare in piedi e suonare, ci avrei messo anima e corpo, sangue e sudore, su quella chitarra. Whatever it takes. Avrei dovuto dare il mio massimo, cercando di far meglio di ogni altra volta che avevo suonato prima d’allora, per meritarmi di essere lì con loro.

– Beh, non pensate di aver scampato la nostra cosa a quattro… Oh no, cari… Ricordate che dobbiamo ancora farne un po’, di cose a quattro, noi quattro… – ridacchiò Tré, ridestandomi dai miei pensieri e dal mio monologo interiore.
– Non preoccuparti Tré, ne faremo… – sogghignò il frontman, cercando i nostri sguardi.
Io e Mike annuimmo, mentre ormai stavamo quasi tutti rotolandoci nuovamente dalle risate, senza un motivo apparentemente comprensibile.
Billie raccolse da terra la sua bottiglia di birra, finendo l’ultimo goccio, poi si alzò e si mise a tracolla la sua adorata, magnifica, stupenda chitarra: Blue.
Ci alzammo, mentre Billie accordava la chitarra, e ci dirigemmo ai rispettivi strumenti.
– Alright… Dove eravamo rimasti? – chiese Mike.
– Uhm… Non ricordo bene… Dovevamo riprovare “Longview” se non ricordo male… – rispose Billie, finendo di accordare il suo prezioso strumento.
– E “Longview” sia… –
Mike iniziò a suonare la linea di basso del brano, quel motivo stupendo che mi catturò magneticamente, penetrandomi nelle orecchie e raggiungendo dritta il cuore, infondendovi nuova energia.
Cominciammo a saltare, cantando tutti insieme e facendo gli “scemi”, come avrebbe detto probabilmente James o chiunque altro ci avesse visto (soprattutto Tré, e le sue facce e certe voci e versi che faceva erano impagabili), così giusto per divertirci, prima di ricominciare a provare seriamente, per quanto fosse possibile provare seriamente con i Green Day ovviamente, mentre la mia mente si rilassava tornando nell’Empireo.

***


– Ragazzi, io vado a fare un giro, a correre un po’ insomma… Ci vediamo più tardi – disse Mike, quando finimmo di provare per l’ultima volta tutti i pezzi.
– Ok… A dopo allora – lo salutammo, sapendo l’importanza che ciò avesse per lui e per i suoi nervi.
Quindi, il bassista appoggiò il suo strumento e si diresse verso la porta.
– Mike! – lo chiamai ad un tratto, mentre stava per varcare la soglia.
– Sì? Cosa c’è? – chiese voltandosi.
– Ehm… Mike… Posso… – iniziai titubante, poi feci un respiro profondo – Posso venire anch’io? – domandai quindi d’un fiato, guardando il bassista e cercando lo sguardo dei suoi occhi acquamarina.
Lui si fermò, colto di sorpresa da quella richiesta, e mi guardò pensieroso per qualche secondo, riflettendoci su.
– Beh… Sì, ok, no probs… – concluse poi, sorridendomi.
Gli sorrisi anch’io, contenta, felice, oserei dire raggiante, mentre appoggiavo con delicatezza la “Baby Billie Joe” e mi affrettavo a raggiungerlo.

Avevo sentito in varie interviste, tra cui nientedimeno che “Bullet In A Bible” (il cui disco, per me sacro, era ormai consumato dalle migliaia di volte che l’avevo visto, e avrei potuto scommettere che anche i muri di casa mia ormai ne conoscevano ogni battuta, ogni parola, ogni suono a memoria…), che Mike affermava che non puoi tranquillamente cazzeggiare prima di un concerto. Soprattutto se per te di gran importanza e ancora a maggior ragione se questo avrebbe avuto anche un pubblico dal numero per te da capogiro (come sarebbe stato per me)… No, devi “pomparti”, devi prepararti in qualche modo… E il suo era sudare…
Condividevo in pieno il suo discorso, e anch’io avevo deciso di provare: tra tutti i vari modi possibili, quello che usava Mike poteva essere benissimo valido anche per me (e aggiunto agli altri che avevo provato, avrebbe, forse, potuto raggiungere il suo scopo ancora meglio)…
Magari sarei anche riuscita a scacciare le preoccupazioni e creare, seppur per qualche brevissimo ed eterno secondo, un pacifico vuoto nella mia mente sovraffollata…

Mentre questi pensieri scorrevano nella mia mente, io e Mike cominciammo tacitamente a correre verso il lungomare, a quell’ora pressoché sgombro, sincronizzando pian piano i respiri quasi senza accorgercene…
– Hey, tutto ok? – mi chiese ad un tratto, rallentando, vedendo che ero rimasta un po’ indietro.
– Certo, non preoccuparti! – risposi, raggiungendolo e cercando di nascondere un accenno di fiatone.
– Posso chiederti una cosa? – domandò dopo un po’.
– Yeah, sure –
– Perché… Perché sei voluta venire a correre con me invece che restare con gli altri? –
Senza accorgermene, rallentai un attimo, per poi accelerare e, dopo averlo raggiunto nuovamente, guardarlo in quei suoi occhi, così limpidi.
– Beh… Perché… Perché il concerto, stasera, sarà come saltare su un treno in corsa, you know… E io voglio essere pronta… Devo essere pronta, altrimenti potrebbe travolgermi… – risposi, dopo averci pensato un attimo, citando ciò che aveva detto lui in “Bullet In A Bible”…
Rise, poggiandomi una mano sulla spalla, mentre continuavamo a correre fianco a fianco. Il sole stava tramontando, buttandosi sempre più nel mare e colorando il suo blu profondo con strisce di luce arancione, mentre anche il cielo assumeva man mano una colorazione purpurea e dorata…
E in quella luce così suggestiva, in quel paesaggio così semplicemente stupendo, le nostre due ombre continuavano a correre, parlando sempre più fitto, mentre le mie preoccupazioni e i miei indugi trovavano conforto nelle sue parole e nell’atmosfera così dannatamente incantevole che regnava tutt’intorno attorno a noi.

***


– What kind of place is this? – mi chiese Mike ridendo, per alleviare la tensione.
– This is a holy place! – risposi ridendo, ricordando il breve dialogo pre-concerto tra il bassista e Tré in “Bullet In A Bible”.
– Why are there no clouds in the sky? –
– Because God wants to watch his favorite band again! – rispondemmo io e Tré all’unisono, divertiti.
Nel frattempo, tra le urla generali, terminò “Do You Remember Rock N’ Roll Radio?” e gli altoparlanti iniziarono a diffondere “Song Of The Century”.
Per un attimo nell’aria rimbombò un silenzio assordante, mentre migliaia di cuori battevano all’unisono e migliaia di respiri venivano trattenuti.
“Sing us a song of the century…
That's louder than bombs and eternity…”

Poi, il silenzio fu rotto da migliaia di urla, più forti delle bombe e dell’eternità.
“The era of static and contraband…
That's leading us to the promised land…”

Una ad una migliaia di voci si unirono a quella registrata di Billie, cantando quelle parole di una canzone all’apparenza così semplice ma così vera.
“Tell us a story that's by candlelight…
Waging a war and losing the fight…”

Il boato là fuori aumentava sempre più, il pubblico era sempre più in fibrillazione, riuscivo a percepirlo anche da lì.
Chiusi gli occhi e per un attimo mi tornò alla mente il concerto del 10 Novembre, quando ero anch’io dall’altra parte del palco, sovreccitata.
Urlai anch’io, ma mi accorsi che le mie corde vocali non rispondevano più. Mi limitai ancora una volta ad urlare in silenzio, assordando la mia mente per qualche secondo.
Tutto mi sembrò così simile a poco meno di un mese prima, a Milano…
A parte il fatto che ora sarei stata sul palco a suonare con i Green Day. Scossi impercettibilmente la testa, mentre le mie labbra si stendevano inconsciamente in un debole sorriso. Ma non riuscivo ancora ad abituarmi all’idea.
Pochi secondi e saremmo usciti, pochi secondi e quel pubblico sarebbe impazzito. Pochi secondi e avrei suonato con i Green Day.
Ero ipertesa. La mia frequenza cardiaca era alquanto alterata, il mio respiro affannoso e irregolare, la mia mente come impazzita in preda a tutte quelle emozioni, imprigionata tra i cavi dell’alta tensione.
– Ok, let’s go! – disse Billie, cercando vanamente di mascherare l’eccitazione, battendomi una mano sulla spalla.
– Yeah! Facciamo vedere all’Australia chi sono i Green Day! Let’s go and kick asses! – esortò Tré.
“They're playing the song of the century…
Of panic and promise and prosperity…”

Con la tensione alle stelle, mi accinsi a seguire Billie, Mike e Tré.
– Preparati a correre, che dobbiamo prenderlo, questo fottuto treno in corsa – mi bisbigliò il bassista passandomi accanto, ridendo nervosamente.
Mi limitai ad annuire sorridendo, non riuscendo più a pronunciare parola.
“Tell me a story into that goodnight…”
Sulle note finali della canzone e le urla del pubblico, uscii dietro a Tré, eccitata e terrorizzata.
"Sing us a song… for me…”
Quasi senza accorgermene, mi ritrovai anch’io a cantare, a mezza voce, l’ultimo verso, facendolo parte di me, unendo il mio bisbiglio a quelle migliaia di voci.
Deglutii.
Il cuore era un tamburo assordante che mi martellava in testa, il respiro era irregolare.
Whatever it takes, mi ripetei ancora una volta.
Seguii i tre lungo la scaletta a lato del palco e tra le urla del pubblico vi salii anch’io correndo, raggiungendo il lato alla mia destra e alla sinistra della folla urlante.
Mi accorsi che stavo tremando. Sudavo freddo. L’emozione e l’agitazione ormai dominavano il mio corpo e la mia mente.
Un tecnico mi passò la mia “Baby Billie Joe”, che presi con un debole sorriso e me la misi a tracolla, stringendola forte, cercando un sostegno in lei, lei che mi era sempre stata accanto ogni volta che avevo suonato in pubblico, anzi, no, in ogni momento della mia vita, dandomi forza. E ora ne avevo bisogno più che mai.
Billie mi lanciò uno sguardo d’intesa, poi annuì e mi urlò qualcosa che la mia mente non riuscì a decifrare.
Poi, cominciò a suonare le note d’introduzione di “21st Century Breakdown”, mentre la folla esplodeva in un fragore di voci, singole voci di persone così diverse ma così simili, ora unite in una sola, come un’unica entità.
Mi accorsi con sollievo che le mie dita non sembravano bloccate, e, guidate da una forza sconosciuta, lo seguirono scivolando sul manico della “Baby Billie Joe”, mentre la mano destra faceva vibrare le corde con il plettro.
Ad un tratto, lui smise di suonare, e si sentì solo la mia chitarra.
Holy shit.
Il mio battito cardiaco accelerò vertiginosamente, ebbi un attimo di panico, ma non mi feci vincere, chiusi gli occhi e continuai a suonare, cercando di stabilizzare il respiro irregolare, mentre il mio cuore sembrava aver preso il posto della batteria.
Poi sentii una voce dietro di me, mentre un braccio mi circondava le spalle. Provai un brivido dietro la nuca che scese poi lungo la spina dorsale e mi scosse completamente.
– Brothers and sisters! – esordì Billie, mentre venivo scossa da tremiti sempre più forti, neanche avessi l’Alzheimer…
Ma nonostante tutto, ad occhi chiusi, a denti stretti, continuavo a suonare, continuavo a riversare tutta l’energia rimastami su quelle amate sei corde.
Billie mi strinse la mano su una spalla, come per dirmi che andava tutto bene, mentre mi presentava come “la dannata ragazzina ribelle che non ha voluto arrendersi, la dannata piccola-grande chitarrista nelle cui vene scorre musica invece che sangue”.
Non sai quanto hai ragione, Billie…
– And now, I want every single person here get his hands up in the air!! Ladies and gentlemen, the new honorary unofficial Green Day member, Ema! –
Sì, ero la loro seconda chitarra, ero un membro non ufficiale, sì, consciamente o inconsciamente forse me ne ero resa conto, ma sentirselo dire da Billie Joe Armstrong in persona davanti ad una folla di 15.000 fans esultanti, e addirittura essere eletta da lui ad un sorta di “Green Day onoraria”, era tutta un’altra cosa… Venni scossa da un ulteriore brivido di eccitazione, ma riuscii comunque a rivolgere a Billie, ai Green Day e al pubblico uno dei miei più sentiti sorrisi. Quindi, con non poco sforzo, mi decisi finalmente a riaprire gli occhi.
E quello che vidi fu straordinario.
Un boato si alzò dalla folla, e mille mani si alzarono. Era uno spettacolo mozzafiato, indescrivibile.
Venni quasi travolta da quelle urla, quelle mani, e dalle parole di Billie.
Migliaia di cuori che battevano all’unisono, migliaia di voci fuse in una, migliaia di mani alzate verso il cielo, migliaia di persone unite in un'unica essenza, in un cuore pulsante di vita.
Il mio inconscio aveva mai immaginato qualcosa di simile? Forse sì, non potevo saperlo con certezza. Ma vederlo e sentirlo dal vivo era qualcosa di indescrivibile.
Per un attimo ebbi paura di svenire.
Strinsi i denti e respirai a fondo, e con grande sforzo riuscii ancora una volta ad evitare di rovinare al suolo.
– It’s… It’s all so damn awesome… – le parole uscirono in un sussurro prima ancora che me ne rendessi conto.
– Yeah, it is – bisbigliò Billie alle mie spalle, estasiato quasi quanto me, nonostante per lui non fosse la prima volta.
O forse sì? Forse ogni volta riusciva a regalare le emozioni della prima, anche dopo tanti anni?
Lo sentii sorridere.
Poi, il frontman mi diede una leggera pacca sulla spalla e riprese a suonare a pochi passi da me. Pian piano si unirono anche Mike e Tré, e Billie iniziò a cantare i primi versi della canzone, seguito da migliaia di fans.
Era un sogno. No, era meglio di un sogno. Era…era… non sapevo come definirlo, non riuscivo a trovare le parole per poter esprimere tutto ciò ed esprimere come mi sentissi.
Mai prima d’ora ero arrivata a sentirmi così, una sensazione di estrema felicità, eccitazione, energia, grinta, e qualcos’altro che non riuscivo a definire… Tutto insieme in qualcosa di mozzafiato, qualcosa di incredibilmente potente che poteva risultare letale e inabissarti negl’Inferi, oppure innalzarti portandoti in Paradiso.
Heaven or Hell?
Non potevi saperlo, dovevi rischiare, metterti completamente in gioco, per poter scoprire cosa avrebbe fatto di te.
Perché quel treno in corsa avrebbe potuto travolgerti. Oppure tu saresti riuscito a saltarci su in tempo. E nel caso, però, avresti anche dovuto saper rimanerci, facendoti sì trasportare, ma dirigendolo in parte anche tu, e soprattutto avresti dovuto riuscire anche a non cadere…
I rischi c’erano, tutto ciò poteva farti precipitare nell’abisso; ma se tu ci fossi riuscito, allora avresti provato qualcosa di straordinario, indefinibile, e sarebbe stato meraviglioso, no, meraviglioso era sminuente…
E io decisi di rischiare.
Lasciai che quella sensazione prendesse man mano possesso di me, mentre riversavo la mia anima e i miei sentimenti suonando con sempre più energia. Sapevo che nonostante avessi dato tutto di me su quella chitarra, per un inspiegabile fenomeno, ciò mi avrebbe rafforzato e non indebolito. Lasciai affogare la mia mente e il mio cuore nella musica, nelle sensazioni, nell’energia allo stato puro che aleggiava nell’atmosfera. Ormai quello che scorreva nelle mie vene, anzi no, nelle mie arterie, non era più sangue.
No, era linfa vitale, musica allo stato puro.
Welcome to Paradise, Ema.

***


Ed ecco che, ad un certo punto, incontrai l’ultimo sguardo che avrei mai voluto incontrare, soprattutto in quel momento, che mi fece precipitare drasticamente sulla Terra dal’Empireo che avevo strenuamente raggiunto.
L’avevo già vista, una decina di minuti prima, ma quando la sua faccia era sparita, inghiottita dal pogo, avevo sperato che fosse stata solo frutto della mia immaginazione.
No, invece era lì.
Cosa cazzo ci faceva lei lì?
Come aveva fatto a sapere dov’ero? Come aveva fatto a raggiungerci e ad arrivare lì, al concerto, tra le prime file?
Cosa diavolo voleva questa volta quell’odiosa testa di cazzo, quella troia succhiacazzi bastarda di Beatrice?
Alzai gli occhi al cielo, e continuai a suonare gli accordi di “St. Jimmy”, traendo energia dalla musica e cercando di fingere di non vederla.
Ma non riuscivo ad ignorarla, quella vista mi innervosiva troppo.
Un suo insulto dialettale e sguaiato riuscì ad arrivare fino a me. Ebbi l’impulso di mollare tutto e tirarle uno schiaffo, ma non potevo e non volevo interrompere e rovinare la canzone.
Quindi, ancora una volta, feci finta di non aver sentito, e iniziai a correre, raggiungendo Mike dall’altra parte del palco. Il bassista mi sorrise, rivolgendomi lo sguardo per un fugace ma eloquente secondo, che mi face capire il suo appoggio, come quello della band, infondendomi nuova forza.
Gli sorrisi anch’io, quindi chiusi gli occhi qualche secondo, inspirando profondamente e cercando di recuperare la concentrazione, estraniandomi parzialmente e amplificando nella mia mente soltanto il suono della mia chitarra, del basso di Mike, della batteria di Tré, la voce di Billie e del pubblico che cantava con lui a squarciagola.
I’m the patron saint of the denial… with an angel face and a taste for suicidal! – urlai anch’io, saltando e correndo nuovamente verso la mia parte di palco.
Quindi mi fermai, continuando a suonare mentre Billie correva avanti e indietro, scorrazzando per il palco, salendo in continuazione sulle casse spia per poi saltare giù, sempre correndo, buttandosi a volte per terra e rialzandosi in pochi secondi facendo strane acrobazie, mentre il pubblico saltava, pogava e urlava la propria anima.
Poi, mentre il brano cambiava ritmo, corse verso di me.
My name is St. Jimmy, I’m a son of a gun, I’m the one that’s from the way outside… – ricominciò a cantare accostandomisi.
Poi sorrise, mettendomi un braccio sulle spalle e posizionando il microfono in mezzo alle nostre teste, facendomi tacitamente capire di cantare con lui.
I’m a teenage assassin, executing some fun, in the cult of the life of crime… – cantammo, mentre sfogavo in quelle parole la rabbia che la vista di quella persona tra le prime file del pubblico davanti a me aveva fatto ribollire.
Quindi Billie mi lanciò un’occhiata di approvazione e si allontanò nuovamente, correndo verso la parte del palco alla nostra sinistra, cantando l’ultima strofa insieme ad un pubblico sempre più in delirio, che ci trasmetteva un’energia incredibile, che noi ritrasmettevamo a loro e così via in uno straordinario ciclo continuo di forza e linfa vitale che tramite la musica collegava me, i Green Day e il pubblico senza mai fermarsi. Con un po’ di fantasia si poteva quasi vederli, questi fiumi in piena di energia che ci travolgevano tutti.
It’s comedy, and tragedy… It's St. Jimmy… And that's my naaaaaaaame... And don't you fuckin’ wear it out! – gridò Billie dal mezzo del palco, mentre la folla esplodeva in un boato di urla ed applausi.
Ma, tra le mille urla, una arrivò dritta alle mie orecchie, rompendo quell’atmosfera magica che si era creata. I miei occhi fissarono la sua fottutissima faccia, mentre lei continuava ad urlare insulti verso di me, verso la musica e verso i Green Day.
Il mio cuore iniziò a battere sempre più furiosamente, martellandomi le tempie. Il mio respiro assomigliava più al soffiare minaccioso di un gatto parecchio incazzato, e non preannunciava niente di buono.
No, questo non potevo più tollerarlo. Le prime volte avevo fatto finta di niente, ma adesso stava davvero esagerando. Mi avvicinai al bordo del palco e, guardandola negli occhi, le soffiai contro, intimandole di smetterla immediatamente.
Per tutta risposta lei continuò con gli insulti, che si facevano sempre più pesanti, e scagliò qualcosa che pareva una sottospecie di pomodoro verso di me, che riuscii prontamente ad evitare.
Non ci vidi più dalla rabbia.
Tutto accadde in meno di un minuto.
In una manciata di secondi, tornai alla mia postazione, mi levai la chitarra, l’appoggiai per terra con tutta la delicatezza rimastami, poi presi la rincorsa e con tutta la rabbia che avevo in corpo saltai gettandomi contro di lei.
Nessuno era ancora riuscito a rendersi esattamente conto di quanto era successo o di quanto stesse succedendo, quando atterrai a pochi centimetri da lei e le sferrai un pugno in faccia con tutta la violenza, l’odio e l’ira repressa che avevo. Ancora sbigottita dalla mia reazione che probabilmente non aveva calcolato (sottovalutandomi sempre come “idiota sfigata e innocua”, nonostante ormai quella non fosse la prima volta che mi ribellavo, ma il suo cervello ottuso probabilmente non era riuscito a far tesoro dell’esperienza precedente), lei non riuscì ad evitare il colpo, e le mie nocche conclusero la loro traiettoria sul suo setto nasale.
Nella confusione generale, riuscii a sentire un leggero “crack”, e vidi con sadico piacere un fluido color amaranto colare dalla sua narice destra. I suoi occhi di quel grigio spento, vuoto, si sbarrarono, fissandomi, mentre un rivolo di sangue, seguito ben presto da altri, le raggiungeva il mento, sporcandole anche una ciocca dei suoi capelli color cenere, che prese man mano una colorazione scarlatta.
Si passò una mano sul naso rotto, urlando per il dolore, e, imprecando e lanciandomi alcuni insulti tra i più volgari e pesanti che avessi mai sentito, mi sferrò a sua volta un pugno. Cercai di spostarmi, ma non ebbi lo spazio né il tempo necessario e mi colpì in pieno volto, seppur la traiettoria risultò deviata di qualche centimetro.
Sentii in bocca un liquido caldo accompagnato da un sapore ferreo, mentre il sangue sgorgava abbondante dal mio labbro inferiore. Non provai immediatamente dolore fisico, quello arrivò qualche attimo dopo, ma sentii il sangue ribollirmi maggiormente nelle vene, in un misto fatale di odio e rabbia, rabbia e odio.
Mi pulii velocemente la bocca e il mento sporchi di sangue con il dorso di una mano e, mentre mi bagnavo con la saliva il labbro rotto, mi preparai a sferrarle un altro pugno.
Voleva la guerra? Bene, se l’era cercata, e non gliel’avrei lasciata vincere.
Ma qualcuno mi precedette.
Con ancora il mio a mezz’aria, vidi un pugno chiuso colpirle violentemente quella sua faccia odiosa, tra lo zigomo e l’occhio sinistro. In meno di un secondo vidi la sua faccia aggrottarsi in una smorfia di dolore. Tutt’intorno alla parte colpita il suo trucco volgare era colato e sporco di sangue, mentre l’occhio assumeva man mano una colorazione sempre più violacea.
La frazione di secondo dopo distolsi la mia attenzione da Beatrice per concentrarla sulla mano che aveva sferrato il pugno, che era ancora serrata a pochi millimetri dal suo viso.
L’avrei riconosciuta tra mille, quella mano…
Una mano che riusciva a far vibrare la mia anima soltanto facendo vibrare delle corde della sua chitarra.
Una mano di una persona che aveva cambiato la mia vita, e che soprattutto in quell’ultimo periodo l’aveva completamente stravolta, stravolgendola in meglio.
Una mano che mi aveva dato la forza di andare avanti, che mi aveva sostenuto nelle difficoltà, nella tristezza, dandomi la forza di non arrendermi, cancellandomi le lacrime e facendomi ritrovare il sorriso.
Una mano che sapeva essere dolce, delicata, ma anche brusca, decisa, dura, forte…
Una mano che riusciva a farmi rabbrividire, rabbrividire di piacere, al solo contatto…
Ancora prima di voltarmi, sapevo già a chi apparteneva quella mano.
E i miei occhi trovarono ulteriore conferma nel suo sguardo, quando il secondo dopo ruotai stupita la testa di 90 gradi trovandolo a pochi centimetri dal mio.
Billie.
Billie Joe Armstrong, nel mezzo del concerto, era saltato giù dal palco, tra le urla del pubblico e varie facce che si guardavano intorno sbigottite cercando di capire cosa stesse succedendo, lasciando tutto solo per venire in mio aiuto…
Il mio cuore prese a battere ancora più forte, e, quasi senza accorgermene, rimasi qualche secondo incantata a guardarlo stupefatta, non credendo ai miei occhi…
Mi ridestai quando il secondo dopo sentii la sua mano abbassarmi velocemente e con forza la testa, e meno di un millesimo di secondo dopo vidi il pugno di Beatrice passare a pochi millimetri sopra di me.
Lanciai un veloce sguardo colmo di gratitudine a Billie e gli urlai un “Thank you”, riferito sia al fatto di avermi evitato un pugno che mi avrebbe colpito in pieno volto, probabilmente indirizzato ad un occhio o al naso, sia, soprattutto, proprio per il fatto di essere saltato giù dal palco solo per me, per venire in mio aiuto… forse anche per difendermi, nonostante sapesse che me la sarei potuta cavare benissimo anche da sola, come avevo sempre fatto, ma la sua presenza mi dava una gran forza, il solo saperlo lì mi infondeva nuova energia, nuovo coraggio, nuova decisione…
Il muscolo cardiaco, quella cosa emotiva e reattiva che mi teneva in vita, batteva sempre più forte, martellando come se volesse uscirmi dal petto da un momento all’altro, rimbombandomi nella mente, ma lasciandomi tuttavia sufficientemente lucida nei pensieri e nei movimenti.
Approfittai del momento di sbigottimenti di Beatrice per avermi mancato, afferrandola per i lunghi e viscidi serpenti che aveva in testa. Lei urlò, cercando di levare le mie mani che le tiravano sempre più i capelli, uno dei suoi maggiori orgogli, che ora erano impregnati di sangue e sudore.
Mollai la presa della mano sinistra, concentrando quelle serpi nella destra e cercai di tirarle un ceffone con l’altra, ma lei si divincolò, con il risultato di perdere l’equilibrio…
Un secondo prima l’avevo afferrata per i capelli, ora aveva eluso la mia presa e stava cadendo addosso a Billie, che le sferrò prontamente un calcio negli stinchi.
Beatrice cadde a terra e alzò lo sguardo, fissandoci con odio e disgusto. La sua faccia era quasi irriconoscibile: le spesse ed esageratamente lunghe righe di matita, che sembravano voler collegarle gli occhi alle orecchie, erano colate e le disegnavano chiazze nere sugli zigomi; l’occhio sinistro aveva assunto una tonalità nera-violacea; il naso sanguinava, e il suo sporco fluido color cremisi si mischiava a chiazze con il fondotinta e la polvere sul suo volto; i capelli sudati e spettinati erano anch’essi sporchi di sangue, sudati, in disordine e con alcune ciocche appiccicate sul viso. Il suo sguardo aveva una nota omicida, il suo respiro era pesante e la sua bocca grugniva insulti, bestemmie e imprecazioni di ogni tipo.
Billie rimase a fissarla per qualche secondo, con una strana nota nello sguardo.
Lei ne approfittò, cogliendo l’attimo, alzandosi di scatto e dirigendo con estrema viltà un pugno verso il volto del frontman, che io riuscii però a fermare con uno scatto fulmineo, saltandole addosso improvvisamente e facendole perdere nuovamente l’equilibrio, trascinandola con me in una rovinosa caduta.
Tutto ciò era successo un minuto o poco meno.
Nel frattempo vidi farsi largo tra la folla tre energumeni della Security, tre armadi enormi, tutti muscoli, il cui aspetto avrebbe incusso timore anche ad un lottatore di wrestling. I tre si diressero verso di noi e, prima ancora che ce ne rendessimo conto, trascinarono via a forza me e Billie Joe da una parte e Beatrice da quella opposta, verso l’uscita.
Solo allora sentii nuovamente il dolore al labbro, che mi accorsi sanguinava copiosamente.
I due energumeni ci depositarono nuovamente sul palco, prima di tornare alle loro postazioni, mentre migliaia di occhi sbarrati fissavano ora loro, ora noi, ora quello che stava trascinando Beatrice fuori dal palazzetto.
– Tutto OK? – mi chiese Billie, mentre raccoglievamo le nostre rispettive chitarre dal suolo del palco.
– Sì, abbastanza… Tu? –
Rimasi in silenzio un paio di secondi, fissandolo, mentre si passava una mano tra i capelli.
Era sudato fradicio, aveva i capelli totalmente alla cazzo che gli gocciolavano sulla fronte, la camicia slabbrata, storta e un po’ strappata in un angolo, aveva preso anche lui alcune botte, ma nonostante tutto in quel momento mi sembrò la visione più bella che potesse esserci su questo fottuto pianeta.
– I’m OK too… – fece cenno al mio labbro sanguinante – Vuoi andare due secondi dietro nel backstage a medicarti e darti una sistemata? –
Mi resi conto che dovevo essere in condizioni peggiori delle sue, e dal mio labbro inferiore continuava a sgorgare in abbondanza sangue amarantino, che sembrava non aver alcuna intenzione di fermarsi.
Ma non avrei interrotto il concerto. Non potevo. O meglio, non volevo.
Whatever it takes, l’avevo giurato a me stessa.
– No, grazie, non c’è bisogno, posso continuare benissimo a suonare – cercai di sorridere, ignorando il dolore lancinante alla bocca e succhiandomi il labbro per eliminare il sangue.
Raccolsi la chitarra e mi alzai, rinfilandomela a tracolla.
– E… Billie… Grazie… Grazie davvero per avermi aiutato… Grazie
Si alzò anche lui.
– Figurati – rispose semplicemente, regalandomi un suo sorriso.
Mi passò una mano tra i capelli, scompigliandoli più di quanto non fossero già, se ciò poteva essere ancora possibile, dato che ormai andavano in tutte le direzioni possibili e immaginabili, come anche i suoi del resto…
Poi si voltò, si rimise anche lui la chitarra e si allontanò, raggiungendo il microfono.
– Alriiiiiiight! – urlò quindi, mentre il pubblico esplodeva gridando nel più totale delirio.

***


Guardai Billie intonare gli ultimi versi di “Good Riddance (Time Of Your Life)” e suonare gli ultimi accordi sulla sua bellissima Gibson J-180, mentre una lacrima si fece strada sulla mia guancia.
L’asciugai fugacemente, assaporando il sangue che non voleva saperne di smettere di sgorgare dal mio labbro inferiore.
Sospirai.
Alla fine ce l’avevo fatta.
Ed era stata la cosa più bella della mia vita.
Billie terminò il brano e alzò la sua acustica nera vero il cielo, tra uno scroscio di urla e applausi di un pubblico commosso.
Mike mi distolse dai miei pensieri con un sussurro, dicendomi che dovevamo uscire per un ultimo saluto al pubblico prima di andarcene.
Annuii, alzandomi, mentre le emozioni appena vissute si mischiavano ai ricordi del concerto di Milano, quando tra quel pubblico emozionato e commosso c’ero anch’io. Felice per ciò che avevo appena vissuto, ma triste perché adesso era finito. Come in quel momento, del resto.

– Complimenti ragazzi, il concerto è andato a meraviglia! – disse Billie, guardandoci e buttandosi esausto su una sedia.
– Non poteva andare meglio! – aggiunse Tré.
– Complimenti davvero, soprattutto a Ema, cazzo non pensavo andasse tutto così bene! È stato sorprendente… sorprendente e fottutamente stupendo – continuò il frontman, indirizzando il suo sguardo nel mio, altrettanto esausto ed entusiasta.
– Davvero… L’hai preso perfettamente quel treno, ragazza! – sorrise Mike.
– Grazie… Grazie davvero – fu l’unica cosa che riuscii a dire, mentre indirizzavo loro un sorriso a trenta-e-quanti-denti avevo in bocca, fottendomene altamente del dolore che ciò provocava al labbro martoriato.
– Onestamente, neanch’io pensavo potesse andare così… così… – lasciai la frase in sospeso, non trovando il termine adatto – Well, I don’t know how to explain it – sospirai.
– E… scusatemi per… ehm… per l’inconveniente della rissa con quella testa di cazzo… Ma… davvero, mi dispiace moltissimo, ma… beh, dopo tutto quello che ha detto, continuando a provocarmi e lanciando insulti oltre che da anni anche durante il concerto e non solo rivolti a me… beh... ecco… non ci ho visto più dall’ira e… –
A questo punto Billie si alzò dalla sedia per venirsi a sedere sul divano dove eravamo sprofondati io e Mike, facendosi posto in mezzo a noi.
– No probs, Ema… – disse poi, interrompendomi – Non c’è alcun bisogno che ti scusi, l’abbiamo capito, davvero… Avevi tutte le ragioni di questo mondo per fare quello che hai fatto – sorrise.
– E poi, dai, ci voleva qualcosa che spezzasse la consuetudine! Se no alla lunga diventa tutto troppo monotono, e sai che palle! – rise Tré, mentre gli altri due gli diedero ragione unendosi alla risata.
– Beh… cosa posso dirvi… Thank you so much, guys – risi anch’io.
– Ragazzi, vado a prendere da bere, stasera non c’è James… E, come diceva il proverbio? “Quando il lupo non c’è i gatti ballano”? – disse Tré ad un tratto.
– Uhm… Mi pare fosse “quando il gatto non c’è i topi ballano” – precisò Mike.
– Ma io direi anche “quando James non c’è i Green Day ballano” – rise il batterista – Dai Mike, alza il culo e vieni a darmi una mano – disse poi alzandosi, seguito dal bassista, lasciando soli me e Billie.
– E… beh… – continuai poi, imbarazzata – Billie… ehm… Grazie di tutto… anche… anche per… sì, insomma, anche per essere saltato giù dal palco per venire in mio aiuto – conclusi tutto d’un fiato.
Il mio cuore fece un balzo, fermandosi di colpo, per poi riprendere a battere all’impazzata.
Mai mi sarei aspettata una reazione del genere.
Inconsciamente, le mie palpebre si chiusero e una strana, maledettamente bella e lacerante stretta prese il mio stomaco.
Sentii le sue labbra morbide e dannate posarsi dolcemente sulle mie, imprimendovisi.
Sentii il suo sapore sulle mie, un sapore dolce e acre (cosa avrei dovuto aspettarmi? Sorrisi mentalmente, conoscendo già la risposta: Rage and Love) che in una frazione di secondo mi trasportò in un luogo indefinito, in un limbo paradisiaco che prese completo possesso di me.
In quei pochi attimi provai un mare in piena di emozioni in cui mi lasciai affogare, lasciandomi stordire dal piacere, mentre le sue labbra si posavano ora sul labbro rotto che ancora non voleva saperne di smettere di sanguinare, raccogliendone il fluido amarantino e lasciando in cambio una goccia del suo sapore che sembrò curare ogni male, ogni dolore e fastidio che quel maledetto labbro mi procurava.
Era tutto così dannatamente sublime…
Dopo avermi regalato quei pochi interminabili ma fugaci secondi carichi di forti emozioni, quegl’attimi così brevi ma così immensi, staccò le sue labbra dalle mie, sempre con delicatezza, lasciandomi a bocca aperta, stupita, mentre lo guardavo con uno sguardo completamente inebetito.
– Hey, voi due, alzate il culo e venite a darci una mano che facciamo festa! Poi avrete il tempo di fare tutto quello che volete fare… – disse Tré con una nota maliziosa nella voce.
– Frank! – lo apostrofò Billie ridendo adorabilmente.
– Allora, venite a darci una mano o no? Se no ci tocca far festa soli soletti io e Mike, e non so quanto lui possa esserne entusiasta di questo incontro privato… – continuò il batterista, ridendo, mentre Mike faceva capolino dalla porta.
– Hey, cosa c’entro io? – domandò, sentendo il suo nome.
– Oh, semplicemente ho detto che se quei due non alzano il culo e vengono ad aiutarci rimandando a dopo le cose che probabilmente farebbero ora… noi festeggiamo soli soletti e… – ripeté Tré, sempre con un tono più malizioso.
– Frank! – lo apostrofò a sua volta Mike.
– Ecco, Mike, lo sapevo che tu non mi volevi. Mi ritengo offeso. – disse allora il batterista, facendo la faccia del bambino imbronciato.
– Ma no, che hai capito! – rispose il bassista abbracciandolo, ridendo con Tré.
– Beh, alzatevi o festeggiamo da soli, senza lasciarvi niente… – disse poi Tré, tornando a rivolgersi a noi, ammiccando alle bottiglie di birra e vodka alla fragola dall’aria davvero invitante che facevano capolino dietro di lui.
– Arriviamo, arriviamo! – esclamammo all’unisono io e Billie, alzandoci e raggiungendoli, ridendo tutti come matti ancor prima di aver bevuto una sola goccia d’alcool.
   
 
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