Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Silver Moon    20/02/2010    9 recensioni
Un silenzioso sospiro gli sfuggì dalle labbra, e per la millesima volta nell’ultima ora Naruto si chiese cosa diamine stesse combinando.
Perché era semplicemente assurdo, impossibile.
E perché dopo anni passati ad essere irrimediabilmente – e violentemente – rifiutati dalla stessa persona, chiunque si sarebbe arreso, sconfitto. Ma non lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

MOSAICO
di Silver Moon

Un tiepido sole stendeva su Konoha gli ultimi raggi del giorno, incendiando di fulgidi riflessi carmini le chiome degli alberi e gli imponenti visi in pietra degli Hokage. Un falco disegnava pigre spirali nel cielo, sorretto da correnti invisibili, mentre la brezza leggera portava con sé i suoni e gli odori raccolti lungo le strade polverose. E su di un tetto illuminato dal sole, dove l’operosità del villaggio lasciava spazio alla quiete ed ogni rumore giungeva ovattato e distante, sedeva un ragazzo, con occhi socchiusi che seguivano le eleganti evoluzioni del rapace e ciocche dorate che ondeggiavano al vento, carezzandogli il viso.
Un silenzioso sospiro gli sfuggì dalle labbra, e per la millesima volta nell’ultima ora Naruto si chiese cosa diamine stesse combinando.
Perché era semplicemente assurdo, impossibile.
E perché dopo anni passati ad essere irrimediabilmente – e violentemente – rifiutati dalla stessa persona, chiunque si sarebbe arreso, sconfitto. Ma non lui. In modo che la sua perseveranza, per non dire la sua cocciuta ostinazione, l’aveva condotto laddove mai avrebbe immaginato, senza che potesse accorgersene e porvi rimedio prima che tornare indietro diventasse assolutamente impossibile. Sempre che si potesse evitare l’inevitabile, s’intende.
Certo, non era da lui ponderare le situazioni con lucida calma. In effetti non era da lui nemmeno riflettere per più di due secondi senza scattare come una molla. Naruto agiva, sempre, e seguiva soltanto il suo cuore.
Però quella volta si era addentrato in un campo davvero pericoloso.
Probabilmente la storia dell’Akatsuki, di Madara, dei Bijuu e di tutto il resto doveva avergli dato alla testa, di modo che, quando la pace era tornata, aveva iniziato a credere possibili le cose più strane. Per certo anche i tre anni trascorsi con Jiraya avevano lasciato il segno, nonostante il suo snobbare i libri osceni del Sennin e l’aver disertato i suoi continui appostamenti in bagni pubblici e terme, portandolo a fare pensieri che mai si sarebbe sognato. E sicuramente l’indicibile euforia per aver riportato Sasuke a Konoha, seppure un Sasuke distrutto nel corpo e nell’anima, gli aveva fatto credere di poter realizzare qualunque cosa. Qualunque.
Perché Sasuke era poco più che un vuoto involucro di carne, chiuso in una caverna di odio e dolore, ma il suo cuore batteva ancora. Mangiava appena, a stento parlava, ed aveva affrontato il ricovero, il processo e la progressiva reintegrazione al villaggio avvolto da una pesante cappa di apatia e indifferenza, però respirava. E si era chiuso in se stesso, parendo ancora più lontano ed irraggiungibile, però forse proprio in quel mare di profonda oscurità aveva iniziato a ritrovarsi, aveva iniziato a rifiorire. Lentamente, impercettibilmente, eppure Naruto era certo che dopo sette lunghi mesi dal suo rientro al villaggio, avvolto da bende di sangue e orrore, l’ultimo degli Uchiha stesse iniziando ad accettare di essere ancora vivo.
E a lui, per questo, era parso ancora più bello.
Ovviamente, proprio a quel punto si era reso conto della situazione pazzesca in cui si era andato a cacciare.
Perché pensare a Sasuke – il suo migliore amico, il suo grande rivale – in quei termini equivaleva a troppe implicazioni sconvolgenti. Eppure il biondo non poteva negare che da molti anni tutti i suoi sogni, i suoi pensieri ed i suoi sforzi avessero un denominatore comune. E da quando l’Uchiha era di nuovo a Konoha Naruto gli era stato accanto in ogni momento possibile, spesso contravvenendo agli ordini diretti dell’Hokage e scatenando la furia incontenibile di Tsunade, e senza accorgersene aveva iniziato a guardare il moro con occhi nuovi. Non solo come un amico, non più come un fratello.

Era iniziato tutto in ospedale, pochi giorni dopo lo scontro decisivo, quando Naruto, ricoperto di fasciature e suture e somigliante più ad una mummia che a uno shinobi, si era issato su una sedia a rotelle e si era spinto fino all’ala est dell’edificio, quella di massima sicurezza. Laggiù, dietro una porta sorvegliata dagli ANBU e protetta da spessi fili di chakra, c’era Sasuke.
Chiaramente non l’avevano lasciato entrare, ma il biondo aveva talmente sbraitato, facendo il diavolo a quattro, da dubitare che lui non l’avesse sentito. C’era voluta la bonaria capacità di persuasione di Kakashi per schiodalo da lì, ma Naruto era tornato, imperterrito, il giorno dopo e quello dopo ancora.
E quando, finalmente, aveva potuto rivedere Sasuke faccia a faccia, aveva gli occhi lucidi ed un tremendo magone in gola. L’aveva salutato con voce tremante, incerta, e il moro aveva a stento dato segno di aver notato la sua presenza, spostando su di lui uno sguardo spento, incolore, giusto per il tempo di un battito di ciglia, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione lontano, ad un luogo accessibile a lui solo. Ma a Naruto non era importato. Tenace, aveva continuato a far regolarmente visita a Sasuke, prima in ospedale, poi al centro di osservazione in cui era stato trasferito in attesa del verdetto, quindi a casa. Se c’erano missioni, cercava di svolgerle il prima possibile; se aveva poco tempo per allenarsi, ricorreva al Kage Bushin; se dimenticava di mangiare, dal nulla comparivano Sakura, Sai o il sensei con un cartoccio fumante dell’Ichiraku. Non aveva esitato un solo istante, facendo al contempo tutto il possibile per difendere l’ex mukenin durante il difficoltoso processo.
E quando Sasuke aveva interrotto uno dei suoi tanti monologhi con un tagliente insulto, dopo giorni di totale indifferenza, a Naruto era parso di volare. Quando avevano litigato e il moro gli aveva vomitato addosso parole colme di rabbia e risentimento, gli era rimasto accanto, seppur imbronciato e vagamente offeso. E se Sasuke lo scacciava, minacciandolo di farlo fuori una volta per tutte, lui non demordeva e tornava sempre, rumoroso e chiacchierone tutto il tempo. Perché lo vedeva, tutto il dolore di Sasuke, e vedeva quanto non volesse realmente restare solo. O almeno, era quello che continuava a ripetersi, nella sua totale convinzione.
Fatto sta che anche quando era tornato a casa, seppur in libertà vigilata e sotto stretta sorveglianza, Sasuke aveva continuato a tollerare le visite quotidiane del biondo, forse più per rassegnazione che per altro. Le sue chiacchiere, la sua luminosa vitalità, scandivano le giornate in casa Uchiha, altrimenti vuota e silenziosa.
Così quel nuovo ‘qualcosa’ aveva iniziato a germogliare nel cuore di Naruto, affondando le radici in un legame nato anni prima e traendo la sua forza da anni di sofferenza, attese e speranze. Quella nuova consapevolezza l’aveva lasciato spiazzato, eppure ignorarla era impossibile. Sarebbe stato come mentire a se stessi, come tradire la propria vera natura.

Infatti anche in quel momento, seduto su un anonimo tetto a guardare il cielo al tramonto, l’unica cosa che desiderava era vedere il moro.
Appena tornato da una missione di tre giorni per sedare dei disordini nel sud del Paese, ancora con lo zaino da viaggio addosso, il primo impulso che aveva avvertito era andare dritto da Sasuke. Poi però si era imposto di darsi un contegno, così aveva ripiegato mestamente per la propria abitazione. Tra l’altro aveva decisamente bisogno di un bagno e di togliersi di dosso la tuta impolverata.
Meno di venti minuti dopo era di nuovo in strada, coi capelli ancora umidi ed i vestiti puliti infilati in tutta fretta, diretto inesorabilmente a casa Uchiha. Di nuovo, quel senso d’urgenza l’aveva frenato, così si era fermato su un tetto per darsi una calmata. Ma arrestare i propri pensieri era impossibile: per quanto assurdi, per quanto inaspettati e travolgenti, continuavano ad essere lì, giusto al centro del petto, e non davano cenno di voler sparire.

Così, stufo di stare fermo con le mani in mano, Naruto si era presentato a casa di Sasuke, con un raggiante sorriso ad illuminargli gli occhi.
Aveva bussato e atteso, ma dall’interno dell’abitazione non era emerso nessun suono. Allora aveva bussato ancora e chiamato il moro a gran voce, colto da una leggera trepidazione che gli correva lungo la schiena per poi rintanarsi nello stomaco.
L’idea che Sasuke fosse in casa ma non volesse deliberatamente aprigli gli sfiorò la mente, ma venne accantonata con decisione. L’Uchiha non poteva ancora muoversi liberamente per l’intero villaggio, tuttavia aveva un certo margine di autonomia. Se non era in casa – ed escludendo che fosse in ospedale per qualche visita, vista l’ora tarda – doveva trovarsi lì intorno.

Quaranta minuti più tardi, passati a perlustrare minuziosamente il quartiere, di Sasuke non c’era ancora traccia.

Sforzandosi di tenere a bada il gelido soffio d’ansia che sentiva crescere nel petto, Naruto allargò il raggio di ricerca. E non invase il villaggio di cloni solo perché sicuramente Sasuke era nei paraggi e di certo lui non voleva creare inutili allarmismi. Perché non c’era proprio nulla di cui preoccuparsi, giusto?
Setacciò i campi di allenamento, rischiarati solo dalla tenue luce del crepuscolo, nonostante sapesse che il moro avesse il permesso di allenarsi solo durante il giorno e sotto la supervisione di un jonin – di solito un quieto Kakashi che trascorreva almeno metà del tempo assorbito dalle sue amate letture, senza però perdere nemmeno un gesto del ritrovato allievo. Quindi passò rapidamente in rassegna il chiosco del ramen e le bancarelle del vicino mercato, ovviamente già chiuse. E irrazionalmente controllò anche il cimitero e la lapide dei caduti, sia mai che il teme avesse deciso di contemplare il ricordo degli eroi del villaggio.
Quando si ritrovò unicamente in compagnia di due gufi, intenti a scrutarlo, indagatori, Naruto prese la via dell’ospedale. Lì, trovò una stupita Ino che si accingeva ad iniziare il turno di notte e gli disse che no, non vedeva Sasuke da diversi giorni. Prima che potesse aggiungere altro, Naruto era già corso via.
A quel punto, l’idea di evocare un qualche centinaio di cloni e mettersi ad urlare il nome del bastardo ai quattro venti risultava decisamente allettante. Tuttavia, quando ormai la notte aveva steso il suo nero manto, il biondo si ritrovò lungo la via che conduceva fuori dal villaggio, attraverso la foresta. E subito la riconobbe: era la stessa presa da un Sasuke ragazzino, quattro anni prima, per seguire la sua strada di potere, odio e vendetta.
Naruto si bloccò con lo sguardo in quella direzione, raggelato.
Non poteva essere...
Sasuke non... non poteva essersene andato ancora, sparendo nel nulla e lasciandolo indietro. Quando lui era lontano, per di più.
E poi era assurdo: gli ANBU se ne sarebbero accorti, dando l’allarme...
Però Sasuke aveva il Mangekyou, e chissà quali altri poteri appresi da Orochimaru e Madara...
Ma era inammissibile!
Naruto si rifiutò categoricamente di credere una cosa del genere.
Sasuke era tornato. Sasuke lo tollerava e sembrava più sereno, più... felice.
Ma lo era davvero? O stava solo indossando una maschera, ingannando tutti, lui per primo?
A quel pensiero, il corpo del biondo si mosse da solo, spiccando un balzo. Ma non verso l’oscurità degli alberi. Esattamente nella direzione opposta.
Perché se Sasuke non voleva quella vita, allora c’era qualcosa di molto peggio che lasciare il villaggio. Se davvero voleva abbandonare tutti – se voleva definitivamente liberarsi di lui – allora l’unico modo era... era...
Naruto non riuscì nemmeno a completare quel pensiero, atterrito, mentre correva a velocità folle verso casa Uchiha. Gli sembrava di avere le gambe pesanti, come se si muovesse in una melassa vischiosa, mentre il cuore gli martellava furiosamente nel petto, non solo a causa della corsa. Un’immagine di sangue e pelle chiara gli balenò in mente, ma la scacciò con rabbia, ringhiando, mentre stille salate rotolavano via dai suoi occhi.

Così, nello stato di semi isteria in cui si trovava, ci mise qualche secondo per metabolizzare ciò che vide. Però il suo corpo doveva averlo compreso prima, perché improvvisamente le gambe erano diventate come di granito, rifiutando di muoversi.
Lì, lungo la strada che conduceva a casa Uchiha, costeggiando il terrapieno erboso che abbracciava le placide acque del lago, c’era Sasuke, seduto sul pontile in legno.
La figura elegante, avvolta dall’oscurità, sembrava quasi un’apparizione. Ma grazie al chiarore argenteo della luna, Naruto poteva scorgere il profilo raffinato, la linea decisa della mandibola, il naso piccolo e dritto. Probabilmente il biondo immaginò questi particolari, più che vederli realmente, ma quello che aveva davanti era indiscutibilmente Sasuke. Ed era vivo.
Il sollievo gli scaldò le membra come lava fusa, salendo fino agli angoli degli occhi, e Naruto non capì più molto. Scese il terrapieno con due agili balzi e in men che non si dica si ritrovò seduto a fianco del moro.
Sasuke aveva sicuramente percepito la sua presenza tempo prima, ma non aveva reagito in alcun modo al suo arrivo e seguitava ad osservare le acque scure, assorto. Naruto lo conosceva bene quello sguardo, l’aveva visto in così tante situazioni dolorose che ogni volta era una stilettata al cuore. Tuttavia, sapeva anche che quel viso cresciuto troppo in fretta era stato capace di sorridere, una volta. Il pontile e le acque del lago erano testimoni.
“Ti cercavo,” esordì il biondo, interrompendo il silenzio ed il flusso dei suoi ricordi.
“Mi hai trovato,” rispose Sasuke, atono, senza smettere di fissare il lago.
C’erano volte in cui Naruto desiderava avere i poteri dello Sharingan, o quelli del clan Yamanaka, così da poter leggere nella mente del moro e decifrare i suoi criptici ragionamenti. Come in quel momento, ad esempio. Chissà da quanto tempo era lì fuori, e chissà quali emozioni attraversavano il suo animo.
“Cosa stai facendo qui, Sas’ke?” chiese.
Invece di rispondere, l’Uchiha spostò i suoi occhi sul biondo, improvvisamente attento.
Naruto si sentì trapassare da quello sguardo, così intenso, e si rese vagamente conto del calore che avvertiva al volto. Probabilmente stava arrossendo, il che era pazzesco, dannazione, e doveva assomigliare vagamente ad un idiota, eppure non riusciva ad interrompere quel contatto.
Sasuke si sporse leggermente, un lieve fremito gli corrugò le sopracciglia, e Naruto restò come pietrificato. Il lieve odore del moro lo raggiunse come un basso sussurro ed inconsciamente si ritrovò a posare lo sguardo sulle sue labbra, così vicine. Le vide schiudersi e dare forma ad alcune parole. Ipnotizzato dal voluttuoso movimento, impiegò qualche secondo a coglierne il senso.
“Dobe, hai pianto?”
Il biondo sbatté un paio di volte le palpebre, interdetto. Poi, improvvisamente, desiderò trovarsi dall’altra parte del mondo.
“Cos... NO!” sbraitò accendendosi. “Ma figurati! Io, il grande Uzumaki Naruto, prossimo Hokage di Konoha, che si mette a...”
“Che idiota,” sentenziò Sasuke, sbuffando.
Ma Naruto non fece in tempo a replicare nulla che lo sguardo del moro era tornato ad essere distante, puntandosi in un punto imprecisato alle sue spalle.
“Io...” proseguì Sasuke, assorto. “Perché non mi lasci in pace, Naruto? Non ti sei ancora stancato? Cosa vuoi da me?”
Erano parole tristi, amare, e sapevano far male, ma quella doveva essere proprio una strana notte, perché Naruto non reagì come Sasuke si aspettava, urlando e sbraitando qualcosa sui legami e l’amicizia. Piuttosto, si lasciò scappare il lieve sospiro, impalpabile, prima di poggiare i palmi delle mani dietro di sé e piegarsi indietro, sollevando lo sguardo verso il cielo. I suoi occhi assumevano una particolare tonalità di notte: non l’azzurro limpido e splendente che avevano durante il giorno, ma una sfumatura più vicina all’indaco, profonda e misteriosa.
“Io non mi arrendo mai, Sasuke,” proclamò con tracotanza, ignorando il cupo borbottio del moro.
“Lo so che le cose non potranno tornare come erano prima. Ciò che eravamo appartiene al passato,” proseguì inaspettatamente Naruto, con un velo di malinconia ad impreziosirgli lo sguardo. “Però possiamo vivere questo presente... possiamo vivere il nostro momento...”
Sasuke rimase in silenzio, segretamente toccato da quel ragionamento che suonava incredibilmente strano sulla bocca del dobe, eppure stranamente... giusto. Come una consapevolezza nascosta, che aveva origine in un remoto passato.
Per alcuni minuti gli unici suoni che si udirono furono il delicato frinire dei grilli ed il tranquillo sciabordio delle acque che lambivano i pali in legno del ponticello.
Poi Naruto si tirò su, rimettendosi ben dritto, con una profonda determinazione ad illuminargli lo sguardo. “Sasuke... non c’è bisogno di fare tutto subito. Basta un pezzetto alla volta, come in un mosaico...”
“Parli proprio tu, il ritratto della pazienza,” lo interruppe il moro, sprezzante. “Perché, poi? Cosa vuoi saperne tu...”
“E finiscila con questa storia, teme!” sbraitò improvvisamente Naruto. “Basta, basta, basta!” urlò come un ossesso.
Immediatamente Sasuke fece per andarsene, sollevandosi sui talloni, ma il biondo lo tirò bruscamente a sedere, strattonandolo per il kimono e guadagnandosi un’occhiata omicida.
“Naruto,” iniziò trucemente Sasuke, “se non vuoi che ti dia fuoco, lasciami.”
“NO!” gridò Naruto, aggrappandosi più saldamente al tessuto. Era furibondo e nella foga si era avvicinato al moro, cosicché i loro visi fossero vicinissimi. “Non capisci, Sas’ke? Perché ne vale la pena! Ne vale la pena, dannazione!”
Sasuke aveva afferrato uno dei polsi del biondo, stringendolo con tanta forza da farsi sbiancare le nocche, ma Naruto a malapena avvertì il dolore, agguerrito. “Una cosa alla volta, come le tessere di un mosaico,” proseguì imperterrito. “E se... se in una di quelle tessere ci sarò anch’io... beh, ne sarò felice... Perché tu per me sei... Perché io...”
Ma la sua voce si ridusse ad un sussurro, per poi spegnersi del tutto, immemore dell’ardore che l’aveva animata solo un attimo prima. Perché Sasuke aveva lasciato cadere il suo velo di insofferenza e lo stava guardando con gli occhi neri leggermente sgranati, tanto che a Naruto pareva di annegare in quel mare di ossidiana.
Cosa stava per dire? Era totalmente impazzito, forse?
E perché, in tutto quello, riusciva a notare che i capelli d’ebano di Sasuke sembrassero come di seta e che lui avesse una voglia matta di toccarli?
Intanto Sasuke continuava a fissare Naruto, ritrovandosi a pensare che l’inquietudine si fosse tinta di cobalto per potersi annidare nelle iridi cerulee del biondo. E chiedendosi come mai, tra tutte le scemenze che l’idiota avesse mai blaterato, le ultime sembrassero proprio le più assurde di tutte, eppure gli stavano scaldando lo stomaco, in un rincorrersi di brividi impazziti. Perché le ultime parole dette – e non dette – dal biondo suonavano troppo strane per essere semplicemente ignorate e sottintendevano cose che lasciavano interdetti, spiazzati.
Tuttavia Naruto non gli diede altro tempo per riflettere dato che, districandosi dalla presa che ancora li vedeva uniti, si alzò rapidamente in piedi, borbottando che si era fatto tardi e lui doveva andare perché aveva da fare e non era proprio il caso di...
Ma Sasuke non gli permise di aggiungere altro perché in un fluido, impercettibile movimento, si parò di fronte al biondo, afferrandolo per la giacca, e lo zittì nel modo che, per la prima volta, gli sembrò più naturale: lo baciò, sentendolo distintamente sobbalzare e reprimere un gemito di sorpresa.
In realtà fu più un rude collidere di bocche, ma Sasuke trovò che le labbra di Naruto avessero una consistenza particolare, morbida e carnosa, e irrazionalmente si chiese perché diavolo non l’avesse mai fatto prima, soprattutto se bastava un gesto così semplice e piacevole per far tacere l’idiota.
Poi rifletté che in effetti era già accaduto prima e il pensiero lo fece ghignare.
Oh... di certo questa volta avrebbe reso la cosa più interessante...
Ma ragionare stava diventando difficile perché Naruto, dopo lo sgomento iniziale, si era abbandonato contro il suo corpo, lasciandosi andare, e aveva schiuso leggermente la bocca, permettendo alla curiosa lingua di Sasuke di saggiarla.
Erano goffi ed impacciati, e ogni sensazione era troppo grande e nuova per essere affrontata senza smarrimento, ma si baciarono a lungo, aggrappandosi l’un l’altro.
Naruto affondò le mani nella chioma corvina, e scoprì che più che la seta i capelli di Sasuke gli ricordassero il morbido velluto, un po’ come il manto dei gatti. E si lasciò sfuggire un mugugno di apprezzamento quando sentì le mani di Sasuke vagare lungo i suoi fianchi e posarsi su un punto sensibile alla base della schiena. Approfondì il contatto, cercando la lingua di Sasuke e stuzzicandola con la sua, e raccolse il gemito soffocato del moro quando, istintivamente, mossero il bacino l’uno contro quello dell’altro.
Naruto fremette, mentre sentiva la sua consapevolezza precipitare con un tremito nel basso ventre, e si ritrovò ansante quando Sasuke gli afferrò i capelli, piegandogli la testa all’indietro e ponendo una breve distanza tra i loro volti. “Intendevi questo, Naruto?” gli soffiò direttamente sulle labbra.
Il biondo non riuscì a cogliere il senso della domanda – a dirla tutta a stento sentì le parole – con il viso di Sasuke a pochi centimetri e il corpo del moro premuto contro il suo.
“Co-cosa?” esalò dopo qualche secondo, avvertendo distintamente il brivido provocato dalla bassa risata di Sasuke direttamente a contatto col suo collo. Sentì per un istante il fiato caldo solleticargli la pelle... prima di essere brutalmente spintonato e incespicare goffamente all’indietro, rischiando di finire dritto col sedere sul duro legno del molo.
Fece appena in tempo a sbattere gli occhi, sconcertato, che una squadra di ANBU si materializzò dal nulla, atterrando sul pontile.
“Obiettivo individuato. Allarme rientrato,” disse uno dei quattro ninja mascherati, come se stesse parlando in una ricetrasmittente.
“Che succede?” chiese subito Sasuke, anche se con voce drasticamente meno ferma di quanto avesse voluto, mentre Naruto si era istintivamente portato al suo fianco, allarmato, ma ancora troppo scombussolato per aprir bocca.
“Solo un controllo, Uchiha,” intervenne un secondo ANBU, una donna. “E’ stata segnalata la vostra irreperibilità e l’Hokage ci ha inviati a controllare.”
“Cosa?” replicò il moro, evidentemente scocciato. “E da chi...” Poi si interruppe, volgendo piano il capo verso Naruto e trovandosi di fronte un’espressione di imbarazzata colpevolezza.
“Tu... usuratonkachi!” sibilò Sasuke. “Razza di imbecille...”
“Evitiamo certi farsi allarmi, d’accordo?” si intromise il primo ANBU, evidentemente il capitano, causando un ulteriore sguardo di fuoco e l’incassarsi colpevole di una testa bionda.
“Certo,” rispose Naruto, la mente che correva alla sua incursione in ospedale e al viso preoccupato di Ino. “E’ stato un malinteso. Non succederà più,” borbottò.
Tranquillizzati, gli ANBU si congedarono in fretta, dileguandosi nella notte e lasciando sole le due figure avvolte nell’oscurità.
“Sasuke... io...”
“Sta zitto. Dovevo aspettarmelo che la tua idiozia potesse toccare nuove vette.”
Naruto mise su il broncio, infastidito. “E’ solo che non ti trovavo e allora ho chiesto in giro e...”
“Zitto, dobe,” ripeté Sasuke, per poi aggiungere, con tono basso e stranamente morbido: “Te l’ho già detto. Mi hai trovato”.
E in quel preciso momento Naruto ebbe la sfavillante certezza che una tessera del mosaico fosse andata al suo posto. Però non una tesserina qualunque, ma quella che custodiva il suo sogno più importante. Allora rise, irrefrenabilmente, perché c’era velato imbarazzo nelle parole del moro e lui si sentiva le guance scottare per l’emozione, e proprio mentre Sasuke gli stava dando ancora dell’idiota si sporse caparbiamente in avanti, reclamando un altro bacio.



*************


Salve a tutti! ^_^
Questa fanfic ha partecipato al contest “Amor, ch‘a nullo amato amar perdona...” organizzato da suni sul suo blog per San Valentino.
Probabilmente la storia non brillerà in quanto a originalità, ma racchiude tanti elementi che mi frullavano in testa da un po’ e hanno preso forma con grande naturalezza. Scriverla è stato incredibilmente spontaneo e liberatorio, oltre che divertente!
Spero vi sia piaciuta. Ogni commento è il benvenuto!

Un ringraziamento speciale a Shiw0 per le correzioni e gli utilissimi consigli! Senza di lei sarei perduta!!

Ah, ovviamente i personaggi sono tutti maggiorenni e appartengono al maestro Kishimoto.
Forse avrei dovuto scriverlo prima? Oh, beh, pazienza! XD

   
 
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Silver Moon