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Autore: Albertyon    20/02/2010    2 recensioni
Come hanno fatto Lucci, Ace, Crocodile, gli ammiragli e compagnia bella a ottenere i loro poteri? Di pochi conosciamo la vera storia, quella di tutti gli altri deve ancora essere scritta...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cipher Pool 9, Nuovo personaggio
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Salve a tutti e grazie per aver scelto di leggere questa fic, che di fatto è la prima che scrivo. Ciò che sta alla base di questa e delle prossime storie è la domanda: come hanno fatto Lucci, Ace, Magellan, Mister 2, Crocodile e compagnia bella ad appropriarsi dei poteri dei frutti del diavolo?  In questi capitoli cercherò di rispondere alla domanda, aggiungendo un po’ del mio.

N.B. in alcuni capitoli vedrete apparire personaggi che di fatto non rientrano nella storia di one piece, ma che hanno a che fare con una fiction che, se riesco a scriverla come si deve, li comprenderà un po’ tutti, perciò vorrei considerare tutti gli avvenimenti di cui parlerò come appartenenti a un A.U., anche se cercherò di attenermi il più possibile alla trama di O.P.

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 LUCCI E CP9: POWER UP

 

 

Era una notte buia e tempestosa,  una notte nella quale gli elementi, se non gli dèi stessi , sembravano darsi battaglia:  la pioggia che cadeva furiosamente, martellante, assordante,  copriva persino i ruggiti del vento, che tuttavia a tratti riusciva a far sentire la sua voce, simile a un coro d’anime furenti e battagliere. Eppure qualcosa riusciva a sovrastare il frastuono: folgori selvagge illuminavano quasi a giorno il tremendo spettacolo, serpeggiando tra le torri di nubi, mettendo quasi a tacere per il terrore la tempesta, che subito tornava a farsi sentire con rinnovato vigore.

Ma se il cielo urlava la sua rabbia, non da meno era il mare: imponenti palazzi d’acqua si innalzavano, culminavano e poi si abbattevano come magli titanici sui possenti bastioni della fortezza, che se pure era stata costruita per resistere a mille di quelle tempeste, subiva inerte ogni colpo, ogni gigantesco cavallone, e tremava dalle fondamenta per l’incessante sforzo di resistere, di affrontare ancora un’onda, e quella dopo, e quella dopo ancora…

 

All’interno della fortezza tutto questo si percepiva appena, niente più che una sorta di vibrazione di fondo,  quindi nello stretto corridoio di pietra,  adornato di simboli della marina e di ritratti di grandi ufficiali, fiocamente illuminati da diverse torce appese al muro, non risuonava nulla oltre al ritmico rumore di passi di un ragazzo. Era un ragazzo alto, dai capelli neri e caschetto; indossava un completo scuro, con tanto di cravatta nera, un uniforme da agente segreto. Non dimostrava più di sedici, al massimo diciassette anni, ma il suo volto era gelidamente inespressivo,  e la freddezza del suo sguardo era sottolineata dalle sopracciglia sottili, dritte come fusi tranne che nel tratto terminale, presso le tempie, in cui si curvavano a uncino verso il basso.

Il suo passo era tranquillo, non lento, ma nemmeno affrettato: la sua destinazione era la porta di legno in fondo al corridoio, oltre la quale lo attendeva il suo futuro capo, il nuovo direttore del CP9, per quella che al lumacofono aveva definito “una riunioncina informale con i miei nuovi sottoposti” poco prima di urlare come una donnetta per il dolore, come se si fosse rovesciato qualcosa di bollente addosso. Il primo approccio con la personalità del nuovo direttore non era stato esattamente dei migliori, ed in quel momento, sebbene non lo stesse dando a vedere, stava decidendo di dimenticare quel primo evento, e di considerare quella che ci sarebbe stata di lì a poco la prima impressione in assoluto. Nonostante questo, si preparava al peggio.

Aveva finalmente raggiunto la porta, la sua mano si stava già protendendo verso la maniglia; dalla stanza che si trovava dall’altra parte non giungeva nessun suono: era perfettamente insonorizzata.

Con un breve sospiro, si decise ad abbassare la maniglia.

 

“Aaaaaaaaaaaaaarghhhhh!!  Scotta scotta scoootttaaaa!!!!”:  furono le prime parole che udì allo schiudersi della porta.

Se la prima impressione era la più importante, quella che si fece in quel preciso istante del nuovo direttore superò le sue peggiori aspettative: si trovava in piedi dietro una scrivania in legno scuro, massiccio, posta  vicino a una caminetto acceso, e stava urlando a squarciagola, con una voce stridula e sgradevole; sul vestito elegante si notava benissimo un’ampia chiazza scura e fumante, odorosa di caffè.

Accortosi della presenza del ragazzo, si fermò di colpo e si ricompose, permettendogli di osservare con maggiore attenzione il suo singolare aspetto:  si trattava di un uomo di corporatura media,non particolarmente alto e i capelli erano di un tenue color lilla, leggermente mossi; la faccia era una di quelle difficili da dimenticare, con occhiaie violacee, un naso misteriosamente dello stesso colore e una specie di maschera di ferro a coprirgli una buona metà del viso.

“Bene bene bene,è arrivato anche il giovane Rob Lucci!”, disse il direttore Spandam con la sua voce sgradevole e suadente, “Prego, accomodati.”

Lucci entro nella camera lentamente, impassibile. Mentre la porta gli si chiudeva da sola alle spalle, si guardò intorno, studiando con attenzione la camera ed i suoi occupanti: era di forma quadrata, non particolarmente ampia; la parete sul fondo era quasi completamente occupata dalla scrivania e dal caminetto, quelle laterali da divanetti e poltrone.

Su una poltroncina della parete alla sua sinistra, Lucci vide un ragazzo più giovane di lui, forse tredicenne, dai cortissimi capelli bruno-dorati e dagli zigomi particolarmente incavati, indossante una camicia color paglia e pantaloni di velluto rossi lunghi fino a metà polpaccio; lo giudico privo di interesse e passò alla parete di destra, dove un altro ragazzo dormiva stravaccato su un divano. Questo indossava degli abiti scuri di taglio orientale,  portava i lunghi capelli neri raccolti in una coda di cavallo e non dimostrava più di un anno di Lucci. “Jabura!”, pensò, mentre, senza che se ne accorgesse, la sua espressione si faceva impercettibilmente più sprezzante, per poi ammorbidirsi quando si fu accorto dell’ultimo occupante della stanza: era un ragazzo dal corpo sproporzionato, le cui gambette sparivano quasi sotto l’imponente massa dei muscoli  del busto e delle braccia, il tutto sormontato da un volto inespressivo, quasi bovino. Malgrado l’aspetto, Lucci sapeva che quel ragazzo, Blueno, aveva portato a termine diverse missioni, soprattutto di spionaggio, ed era uno dei pochi colleghi che meritassero il suo rispetto.

 

 “Molto bene”, iniziò Spandam, “ ora che siamo tutti qui, possiamo iniziare. Svegliati Jabura!”

Il ragazzo si svegliò come se avesse appena chiuso gli occhi e si mise un po’ più composto, pronto ad ascoltare.

“ come stavo dicendo, possiamo cominciare, ma prima le presentazioni. Lucci, Jabura, Blueno, tra di voi dovreste già conoscervi, ma questo ragazzino per voi dovrebbe essere un volto nuovo. Il suo nome è Ray, ed è l’allievo del maestro Jeff.”

I tre membri del CP9 guardarono il nuovo venuto con occhi sgranati: Jeff era un uomo leggendario, che si diceva avesse padroneggiato le tecniche Rokushiki ad un livello inimmaginabile, e che i suoi allievi fossero straordinari; come poteva quel moccioso essere allievo di una simile leggenda?

Senza perdere la sua fredda calma, Lucci mormorò una singola parola: “Shigan!”, per poi lanciarsi all’attacco più veloce di un proiettile, con un dito proteso altrettanto letale.

Senza scomporsi, Ray mormorò a sua volta: “Soru!”, sparendo dalla sua poltrona e ricomparendo in piedi sul braccio rigido di Lucci. Ma l’attacco non era ancora finito. Jabura e Blueno urlarono all’unisono: “Rankyaku!”, scalciando in aria e creando correnti d’aria tanto violente da squarciare la pietra.

Sempre impassibile, il ragazzino sussurrò: “Tekkai!”, al che le tecniche degli avversari si infransero sul suo corpo senza causargli alcun danno. Dispersa la corrente d’aria tagliente, Ray rilassò il corpo duro come l’acciaio e fissò gli altri con aria serafica. “Finito?” chiese, prima di sparire dal braccio di Lucci e ricomparire sulla poltrona, come se non fosse successo nulla.

 

Lo scontro era durato pochissimi istanti, ma aveva lasciato Spandam completamente basito. Mentre i giovani agenti tornavano composti, anche lui si riprese, e iniziò a pensare: “ Se avrò dei tizi bestiali come questi al mio servizio, la mia carriera sarà inarrestabile! Muhahahahaha!!!”, assumendo un espressione comicamente esaltata, con tanto di stelline luccicanti intorno alla testa e lacrimoni di gioia.

Fu Lucci, ora soddisfatto per le prestazioni di Ray, a interrompere i suoi sogni di gloria: “Stava dicendo, direttore?”.

“ Come? Ah, sì! Ora ascoltatemi bene! Io sono il nuovo direttore del CP9, il mio nome è Spandam, e mi è stato affidato questo incarico per i miei meriti nel CP5 e per aver risolto brillantemente un caso a Water Seven”, disse, tralasciando la “spinta” data dall’influenza di suo padre.

“ Come vostro direttore, è mio compito e volere imporre ovunque la nostra giustizia, con qualunque mezzo, se necessario”. Qui si interruppe brevemente, soffermandosi con lo sguardo su ognuno dei sottoposti, poi ricomincio, parlando lentamente, in modo che le sue parole non potessero essere fraintese: “ Con qualunque mezzo. E questo ci porta al motivo per cui siete qui. Ho letto con molta attenzione i vostri fascicoli, e sono giunto alla conclusione che siete i migliori a cui affidare un simile compito. Lucci, il lavoro che ti ha permesso di entrare nel CP9 a soli tredici anni, quello in cui da solo hai soppresso tutti i soldati di n regno presi in ostaggio dai pirati è stato a dir poco encomiabile. Jabura, hai sempre portato a termine le tue missioni di assassinio come pochi professionisti saprebbero fare. Blueno, la tua abilità nell’infiltrazione e nello spionaggio è senza pari. Giovane Ray, il fatto che tu sia allievo del Maestro Jeff e che sia già nel CP9 nonostante la giovane età fanno di te una promessa.”

“Tuttavia, tutto questo non basta!” esclamò, battendo un pugno sulla scrivania ber darsi maggiore enfasi. “Se vogliamo che quest’era di pirateria abbia fine, quello che ci serve è il potere, ed il potere è ciò che intendo darvi!”

 

Detto questo, pestò col piede una pietra del pavimento di forma ottagonale: il gesto attivò un meccanismo segreto che fece scorrer via parte del pavimento nel centro della stanza. Dal buco apertosi si sollevò tra mille cigolii, ma per il resto nel perfetto silenzio, una bassa figura rettangolare, coperta da un drappo azzurro con sopra ricamato il simbolo del Governo Mondiale.

Quando la base sulla quale la figura poggiava ebbe raggiunto il livello del pavimento, smise di salire con un fragoroso Clonck. I giovani agenti fissarono la figura con cortese curiosità, che si trasformò in meraviglia e stupore quando il direttore, con un gesto teatrale, levò il drappo, rivelando cosa si nascondeva sotto di esso: poggianti su una morbida base di seta rossa, sorretta da una colonna piena di bassorilievi, e protetti da una teca squadrata trasparente, stavano davanti ai loro occhi ben sei grossi frutti multicolori, tutti di forme diverse, ma accomunati da un ben noto motivo di spirali: i leggendari Frutti del Diavolo!

Fu Jabura, con la mascella scardinata fin quasi a toccar terra, a spezzare il silenzio di stupore e reverenza: “ MA COME HA FATTO A PROCURARSENE TANTI, DIRETTOREEEE!!?”

“Ehh, beh… vi basti sapere che ho anch’io i miei mezzucci… “, disse ridacchiando e portandosi una mano dietro la nuca con fare assieme divertito e imbarazzato.

 

La scena si tinge momentaneamente di tonalità scure, mentre un flashback ci riporta a pochi giorni prima, in una località sconosciuta.

Spandam si trova in un locale buio, seduto ad un tavolo, solo, eccetto che per un individuo quasi completamente nascosto dall’ombra, che sta concludendo un discorso:

“… e questo è quanto. Di certo capirà le mie ragioni se le chiedo il pagamento anche senza maggiori informazioni…”

Spandam guarda il suo interlocutore con fare sospettoso, ma mette comunque mano alle valigie che appoggiate sul pavimento.

“ Ecco i soldi, un miliardo e cinquecento milioni di Berry, come pattuito. Puoi controllarli se vuoi, ma ti assicuro che sono tutti, e veri. Sei sicuro di non potermi dare più informazioni su questi frutti?”

Una mano grassoccia, appesantita da una decina di anelli, si protende verso la prima valigia per verificarne il contenuto, mentre un’altra, altrettanto carica, sospinge una cassa verso il nuovo direttore del CP9.

“Assolutamente sicuro. Ho controllato su tutte le enciclopedie sui Frutti del Diavolo, ma non li ho trovati. Posso solo fidarmi di ciò che mi ha detto il mio fornitore, e ti ho riferito le sue esatte parole: Due appartenenti alla classe Paramisha e quattro alla Zoo-Zoo. Quello  color indaco è lo Zou-Zou, che permette di trasformarsi in elefante. Ti assicuro che se sapessi altro, a un cliente come lei lo direi subito.”

“Molto bene, in questo caso non mi resta che salutarla e sperare in un futuro pieno di affari proficui tra noi, sinor…ehm… come posso chiamarla?!

“mi può chiamare Nemo, se proprio vuole”, disse al figura in ombra. “ È stato un piacere fare affari con lei, un  piacere che spero si ripeterà al più presto.”

Le ultime parole si perdono in un nuovo offuscarsi della scena, mentre torniamo al presente.

 

“Come ho già detto, il potere è ciò di cui abbiamo bisogno, e questi Frutti del Diavolo sono il mezzo perfetto per ottenerlo. Ora voglio che ognuno di voi, che siete stati da me riconosciuti come i più meritevoli e promettenti tra gli attuali membri del CP9, ne mangi uno, per diventare parte del grande progetto di cancellare l’Era della Pirateria dai libri di storia! “.

Il viso di Spandam mostrava un’esaltazione maggiore a ogni parola che pronunciava, mentre quello dei giovani sottoposti esprimeva via via sempre maggiore meraviglia.

“Questi due frutti appartengono alla categoria Paramisha o Super-Uomo, e oltre a questo non vi so dire altro”, riprese Spandam indicando due dei Frutti: uno assomigliava vagamente a un limone, a parte il fatto che era blu scuro e grosso come un melone, mentre l’altro era simile a un ananas color tuorlo d’uovo.

“Questi invece sono tutti Zoo-Zoo, e a parte questo qui, che secondo una fonte fidata permette di trasformarsi in elefante, non si sa che poteri possano darvi”.

Lucci, persa del tutto la sua storica impassibilità, era paralizzato dall’eccitazione: aveva sempre sognato di poter mangiare uno Zoo-Zoo, la categoria che l’aveva sempre affascinato più di tutte, dato che potenziava le capacità nel corpo a corpo, e ora poteva scegliere tra ben quattro frutti di quel tipo. A quel punto, l’unico dubbio stava tra lo scegliere di trasformarsi in elefante o il fare un tuffo nel vuoto. La decisione fu semplice: non aveva per niente voglia di diventare un elefante.

 

Senza pensarci due volte sollevò la teca e prese in mano un Frutto simile a un grappolo d’uva celeste e lo mangiò senza esitazione impaziente di scoprire quale potere avrebbe ottenuto.

Gli altri si sbrigarono a imitarlo: Blueno optò per l’ananas, mentre Jabura e Ray scelsero altri due Zoo-Zoo; Lo Zou-Zou, il Frutto indaco, rimase intoccato.

Spandam rimase a guardare soddisfatto i ragazzi che mangiavano con espressione leggermente schifata i Frutti magici ma notoriamente insapori, con un sorriso dal quale proruppe una risata da folle quando i poteri si manifestarono.

Lucci diventò gigantesco, il suo corpo si ricoprì di una pelliccia gialle a macchie, gli occhi, i denti, le unghie diventarono quelli di un felino predatore: a lui era toccato il Felix-Felix, modello Leopardo, e riusciva a stento a credere alla fortuna.

Anche Jabura divenne enorme, si ricoprì di una pelliccia ispida, grigia e nera, trasformandosi in un vero e proprio Uomo-Lupo: aveva mangiato il Canis-Canis, modello Lupo.

Blueno appoggio una mano per terra, trasformando parte del pavimento in una porta: aveva il potere del frutto Door-Door.

L’ultimo a rivelare le sue capacità fu Ray: come Lucci e Jabura diventò più grosso, anche se non come gli altri due; una pelliccia bruno-dorata come i suoi capelli ricoprì il suo corpo, mentre le unghie e i denti venivano sostituiti da quelli di un predatore. Gli occhi assunsero una tonalità verde smeraldo, le orecchie si trasformarono, diventando grosse e triangolari, terminanti con un ciuffo di pelo nero: aveva mangiato anche lui un Felix-Felix, ma il suo era il modello Lince.

 

Così si concluse la riunione, in una cacofonia di urla e ululati, di ruggiti e risate folli tale da sfidare la tempesta che all’esterno continuava a infuriare.

 

 

 

 

 

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Ecco fatto, il primo capitolo è concluso, spero che vi sia piaciuto. Come avete visto, questa è la mia personale versione di come gli users del CP9 sono entrati i possesso dei loro poteri. Ne ho approfittato anche per introdurre i personaggi di Ray e Jeff, che avranno un ruolo in un’altra fic, e di almeno un misterioso quanto ricco commerciante di frutti del diavolo, che potrebbe fare la sua comparsa nei capitoli successivi.

Resta per ora irrisolta la questione della spada-elefante di Spandam, che forse svilupperò nei capitoli seguenti.

  
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