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Autore: NeverThink    21/02/2010    8 recensioni
Si dice che non ci sia niente di meglio dell’amore.
Si dice che l’amore elevi l’animo dell’uomo, ingentilendolo.
Si dice che l’amore ti trascina, ti travolge e ti sconvolge.
In fondo è vero, lo so perché l’ho provato.
Ma soprattutto si di dice che l’amore sia irrazionale…

[..] Poi ci sono giorni in cui, invece, non ti va di fare ciò che dovresti fare. Ed era ciò che stava succedendo a me in quel momento. Mentre con la mente mi perdevo in spazi infiniti, nel mare azzurro dei Caraibi, nella bianca e sottile sabbia della spiaggia, qualcuno bussò crudelmente alla porta. Riemersi dall’oceano di fantasia e immaginazione mi ero immerso ritornando alla realtà… che di certo non era tanto dolce ed assolata come quella dei Caraibi.
Ero steso sul piccolo divano, con la testa che penzolava dal bracciolo e spirali di fumo che si alzavano nell’aria. La luce della luna, pigra e chiara, filtrava attraverso il vetro, illuminando la piccola stanza.
Si, quello non era decisamente una spiaggia caraibica. Sospirai e spensi la sigaretta nel posacenere poggiato ai piedi del divano. [..]
[Non è Robsten... più o meno]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Nuovo personaggio, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You could be my unintended
Choice to live my life extended
You could be the one I'll always love
You could be the one who listens to
my deepest inquisitions
You could be the one I'll always love
I'll be there as soon as I can
But I'm busy mending broken pieces
of the life I had before.
Muse, unintended.

 

Capitolo sei

Bob e Rachy

 

 

«Una birra.» disse Kellan prendendo posto su uno sgabello, davanti al bancone di legno logoro ed invecchiato.
«Anche per me.» dissi poggiandomi on un gomito sulla superficie. La barista, una ragazza dai capelli rosso fuoco, annuì e ci sorrise, strizzando un occhio e allontanandosi per riempire due bicchieri.
Eravamo in un tipico bar irlandese, costituito da pareti di legno e luci soffuse, anche se nella periferia di Los Angeles. Era una buona ricostruzione, quel pub, in fondo. Kellan era passato a prendermi, come deciso, e durante il tragitto non aveva fatto altro che parlare. Distrattamente gli prestavo ascolto. Inutile dire che già aveva scelto la meta, perciò volente o nolente, mi sarei dovuto adeguare.
«Te l’avevo detto che questo posto era magnifico.» disse su di giri Kellan, voltandosi verso di me.
Corrugai la fronte. «E’ passabile.» ammisi guardandomi velocemente intorno.
Rise e scosse il capo. Aprì la bocca per replicare ma da essa non vi uscii suono, poiché la barista arrivò con due enormi bicchieri di birra fredda. I suoi occhi indugiarono sui miei, e una luce maliziosa lampeggio in essi. Guardo Kellan e poi, sorridendo, si allontanò.
«Eh, Rob, adesso fai colpo anche su innocenti ragazze dietro un il bancone di un bar.» scherzò Kellan.
«Ha guardato te allo stesso modo, quando siamo entrati.» disse prima di bere un sorso di birra. Fredda scese fino allo stomaco, solleticandomi l’esofago.
«Non me ne sono accorto.» disse corrugando la fronte e guardando la ragazza che, dall’altro lato della stanza, gli sorrise maliziosamente.
«Ricordati di Eliza.» lo canzonai.
Kellan si voltò di scatto. «Non potrei mai dimenticarla.», ed una strana luce gli illuminò gli occhi chiari. «Che idea assurda.»
Quella luce era il leggero canto del suo cuore, ne ero certo. Vi era dolcezza, quando pronunciava il suo nome, il tono di voce era morbido e denso come il miele. Sorrisi. Non era da Kellan essere così.
«Qualcosa mi dice che te ne sei innamorato.» dissi bevendo ancora una sorsata di birra.
«E’ così evidente?» chiese quasi imbarazzato.
«Solo per un buon osservatore.» risposi. Quelle parole, uscite senza premeditazione dalla mia bocca, mi riportarono al pomeriggio, al viso di Rachel alla sua voce sottile e i suoi strambi discorsi. Fissando un punto indefinito del bancone, sorrisi a me stesso.
«Pensi a qualcuno in particolare?» chiese curioso.
Alzai il capo e feci segno di no con la testa, mentendo. Non mi andava di raccontare a lui di Rachel… anche perché non c’era nulla da raccontare.
«E’ strano vederti così.»
«Così come?» chiese confuso.
«Così… così innamorato.», e sorrisi.
«Arriva il tempo, Rob, in cui l’amore ti ruba l’anima.» disse. E sembrava essere sincero, credere davvero a quel semplice, ma complicato, concetto. Io, in fondo, ci credevo. Avevo perso la testa per Kristen, ero convinta di amarla, di desiderala con tutto me stesso. Ed in quel momento era così. Ma la vita riserva sempre un sacco di sorprese, avvenimenti che non ci è dato conoscere.
«Ma come siamo profondi oggi.» ridacchiai.
«Il momento arriva per tutti.» disse serio.
Lo guardi negli occhi per istanti interminabili, poi feci un risolino e scioccai la lingua prima di affondare il viso nel bicchiere.
Forse… arriva per tutti…

 

La mattina successiva la sveglia suonò alle sei ed, io, ero andato a dormire solo quattro ore prima.
Presi un foglio dal taccuino in cucina, vicino a telefono e, con una grafia da far invidia ad una scimmia, scrissi disordinatamente “non farsi abbindolare dalle crisi esistenziali di Kellan Lutz”. Presi una semplice calamita nera e appesi il foglio al frigo, lì, in bella mostra. Sorrisi soddisfatto di me stesso, prima di bere un buon caffè, che riuscì appena a darmi la forza per chinarmi ad allacciarmi le scarpe.
La solita macchina, mi lasciò davanti quell’edificio che antro poco avrei considerato la mia seconda casa… forse. Scesi, e sospirando salutai Oliver, l’autista, e mi diressi verso la grande entrata affiancata da grandi vetrate. Arrancai sui pochi scalini che mi separavano dall’entrata, quando udendo lo stridio delle ruote,  mi fermai e mi voltai di scatto. Una macchina sgommò prima di premere il freno e fermarsi di colpo in un posto macchina del parcheggio.
Osservai ad occhi spalancati la piccola macchina gialla, sapendo bene di chi fosse. Lì, diversa fra la moltitudine di macchine nere e grigie. Sì… diversa.
La portiera della macchina canarino si aprì di scatto, per poi essere sbattuta con violenza. Rachel, con i capelli arruffati, borsa e felpa fra la braccia, si  precipitò verso l’edificio. D’un tratto, però,si voltò e ritornò alla macchina, chiudendola con la chiave. Risi, dell’immagine di quella ragazzina con i capelli arruffati e la fronte corrugata di preoccupazione.
Prese a correre, saltando agilmente un’aiuola che divideva l’entrata dell’edificio dal parcheggio, senza esser costretta ad aggirarla. Quando arrivò in prossimità dei gradini si bloccò, incontrando il mio viso.
Arricciai le labbra e inclinai il capo di lato. «Il traffico?» chiesi alzando poi un sopracciglio.
Rachel sbuffò e rabbrividì quando una leggera folata di vento mattutino le sfiorò le spalle. «Okay, okay, ho fatto tardi.» sbuffò alzando gli occhi al cielo e infilandosi la felpa. «Scusa, ti dispiace tenermela?» disse lanciandomi la borsa rossa che riuscii a prendere per un soffio.
«Ma certo.» mormorai trattenendo una risata.
«So che vuoi  ridere. Perciò fallo. Ma ricorda, la testa è tua.» aggiunse come fosse un insignificante dettaglio. Sorrise amorevolmente, facendo spallucce.
Sospirai, e gli porsi la borsa quando allungò il braccio.
«Buono a sapersi.» dissi osservandola. Gli occhi chiari erano turchese vivo alla luce del mattino. I capelli erano color della pece anche alla luce… involontariamente mi ricordarono quelli di Kristen e scossi il capo, cercando di cacciare via dalla mente l’immagine del suo viso. Rachel se ne accorse, e fraintese. Si spostò appena col busto, per guardare la sua immagine riflessa nella vetrata dietro di me. Sgranò gli occhi e indietreggiò col capo, scioccata. «Oh, cavolo.» disse poi affinando lo sguardo e avvicinando nuovamente il capo, con gli occhi ridotti a due fessure. «Ma sono io quella?» chiese prendendo una ciocca di capelli e sollevandola in aria, quasi fin sopra il capo.
Feci un risolino. «Ti chiami Rachel? Occhi chiari e capelli scuri?»
Annuì ed alzò lo sguardo su di me.
«Bene, allora sei tu.» dissi sorridendo.
«Ah-ah, divertente. Sto morendo dalle risate.» disse mettendosi eretta e salendo gli scalini, passandosi la mano fra i capelli, nel tentativo di domarli.
Sorrisi e scuotendo appena il capo la seguii dentro l’edificio.
«Ehi, armadio a due ante, mi fai entrare?» chiese Rachel con voce angelica quando fu davanti ad un addetto alla sicurezza.
«Certo signorina Stevens.» rispose lui accennando un inchino degno dei tempo del seicento. Scordante con l’aspetto burbero dell’uomo. Rachel rispose anch’ella con un inchino, fingendo di tenersi un vestito immaginario con le dita esili. L’uomo ci fece entrare.
«Buona giornata, Steve!» esclamò allegra e raggiante Rachel.
«Buona giornata anche a te Raky!» tuonò l’uomo.
«Oh andiamo, Steve! Non credi basti?»
«Mmm… no, Raky.», e le strizzò un occhio. Rachel sbuffo e alzò la braccia al cielo per poi farle ricadere sui fianchi, borbottando qualcosa di incomprensibile, mentre la porta alle nostre spalle veniva chiusa. La risata sommessa di Steve svanì.
«Raky?» chiese confuso corrugando la fronte.
Rachel, che camminava davanti a me, si voltò di scattò.
«Sssh!» sibilò portandosi un dito sulla labbra. Si guardò un attimo intorno accigliata, poi si ricompose, mettendosi dritta. «E’ un… soprannome che mi ha affibbiato Steve e non voglio che circoli. La mia carriera potrebbe essere troncata sul nascere.» spiegò voltandosi teatralmente e prendendo a camminare, fiera.
«Rachel?» la chiamai incrociando le braccia al petto.
«Si?» si voltò lei. Le indicai un cartello con le indicazioni per la stanza occupata il giorno precedente.
«Oh, sì.» disse scuotendo il capo, «giusto. », e prese a camminare dalla parte opposta, verso di me. Fu allora che non riuscii a trattenermi, sfociai in un momento di forte ilarità e Rachel mi guardò scioccata. Poi l’espressione sul suo viso mutò e, nel giro di due secondo, si piegò su stessa tenendosi l’addome per le troppe risate.
«Adiamo, ragazzina.» disse poi aiutandola a mettersi eretta e cercando di darmi una controllata.
«Grazie… Bobby.» disse prendendo a camminare ancora fra le risate.
Sconcertato la fissa per alcuni istanti… Bobby?
«Ehi!» esclamai.


Entrammo nella stanza dalla pareti color del latte e il grande tavolo di vetro e metallo, in perfetto orario… più o meno. Tutti erano già seduti ai loro posti, quelli del giorno prima, e parlavano fra loro, sollevando nella stanza un fastidioso chiacchiericcio, più simile ad un insistente cicaleccio.
John e Adam, parlavano fra loro, maneggiando scartoffie e annuendo, o scuotendo, di tanto in tanto, la testa. In silenzio Rachel prese posto ed, io, girando attorno al tavolo raggiunsi il mio, guardando la ragazzina con la coda dell’occhio. Fissava un punto indefinito, oltre la finestra, ma non potei vedere e capire quale. A tracolla aveva ancora la borsa rossa, un colore che sembrava una costante in lei… almeno, nelle poche occasione in cui ero stato giovato della sua compagnia.
Scuotendo il capo, come riprendendosi dal momento di ipnosi nel quale era caduta, si tolse la borsa e la felpa. Rise.
Corrugai la fronte e mi voltai a guardarla e nello stesso istante i suoi occhi turchesi incontrarono divertiti i miei.
«Ridi da sola, adesso, ragazzina?» sibilai senza voce, aggrottando la fronte e sorridendo appena.
«E’ un reato… nonnino?» mimò con le labbra, prima che un angolo della sua bocca si sollevasse verso l’alto.
«Raky.», ed incrociai soddisfatto le braccia, poggiandomi allo schienale della sedia. Fece una smorfia di disapprovazione.
«Bobby.» ribatté poi facendomi la linguaccia.
«Signorina Stevens, crede per caso di essere al circo?», la voce di John fece sobbalzare Rachel sul posto. Lei voltò il capo con occhi sgranati e bocca spalancata. Soffocai un risolino portandomi una mano sulle labbra.
«Ma io…»
«Non cerchi scuse.»
«Ma…»
«Niente ma.»
«Si, però…»
«Stevens!» sbottò John sgranando gli occhi. Rachel sobbalzò e poggiando un gomito sul tavolo, si appoggiò con mento sul palmo della mano.
«Mi perdoni, capo.» disse in una smorfia, e non potei non pensare ai tempi del liceo, in cui venivo costantemente ripreso dagli insegnati per la mia scarsa attenzione.
Con un sorriso a colorarmi il viso, fissai Rachel che, dopo ave sbuffato, poggiata ancora alla mano, scomposta sulla sedia, mi lanciò uno sguardo inceneritore. Feci spallucce e le strizzai un occhio.
Era evidente che si sforzava di tenere il broncio e rimanere seria, ma le sue labbra piene alla fine si incresparono in un sorriso che illuminò i grandi occhi turchese.
Poi tornai a guardare, con mio grande dispiacere John e ne fui sorpreso.
Perché i miei occhi desideravano i suoi?


Per tutto il pomeriggio non facemmo altro che provare  delle scena che sarebbero state girate nei gironi successivi, in modo tale che sia io che Rachel avremmo potuto lavorare con tranquillità alle canzoni che sarebbero stare inserite nella colonna sonora del film.
Ad ogni modo, dopo aver parlato e provato per ore, fummo rilasciati ad una vita normale, anche se per solo mezz’ore. In sintesi, avemmo una pausa. 
Quando John disse: «Pausa. Ci vediamo qui fra trenta minuti esatti.» sperai di poter passare quel tempo con Rachel e bearmi della sua risata contagiosa. Ma quando mi alzai per andarle incontro, le sparì, oltre la porta bianca della stanza. Sbattei più volte le palpebre, corrugando confuso da fronte. Così mi diressi verso la porta ed uscii anch’io dalla stanza.  Mi guardai intorno in cerca di Rachel, ma il corridoio era vuoto e di lei non vi era traccia.
Perché desideravo così tanto vederla? Perché desideravo ridere con lei? Forse, semplicemente, volevo… sentirmi in pace con me stesso e, per qualche inspiegabile motivo, con lei ci riuscivo. Forse era la sua semplicità, la sua allegria a farmi sentire… il ragazzo di ventitré anni che ero. Forse era quella la chiave di tutto: avevo perso me stesso, mi ero dimenticato chi ero e non mi stavo godendo quella giovinezza che mai più sarebbe tornata.
Sospirai, poggiandomi al muro e passandomi una mano fra i capelli, indugiando sulla nuca, ignorando le persone che si dirigevano verso le scale o l’ascensore.
«Bob?» alzai di scatto il capo, guardando prima a destra, ma non notando nessuno. Così guardai a sinistra e la vidi infondo al corridoio. Aveva la mani penzoloni all’altezza del ventre. 
«Rachel.» risposi sorridendole.
«Cosa ci fai qui?» chiese inclinando il capo.
Feci spallucce. «Pausa, ricordi?»
«Oh, giusto.» annuì. Si avvicinò saltellando, fino a che non mi fu di fronte. «Che hai intenzione di fare?» mi chiese scrollando le mani bagnate davanti al mio viso. Mi allontani istintivamente quando goccioline d’acqua bagnarono il mio viso.
«Non lo so.» dissi passandomi una mano per asciugarmi.
Rachel corrugo la fronte, preoccupata, guardandosi le mani. «Aspetta non sono ancora asciutte.» disse poi strofinandosi le mani sulle mie guance.
«Rachel!» l’ammonii scrollandomi le sue mani di dosso ed allontanandola. Lei rise e si poggio con una spalla al muro.
«Scusa. Non ho resistito.» rispose cercando di reprimere le risate.
Alzi un sopracciglio e le roteò gli occhi scuotendo il capo. «Tu non hai fame?» chiese.
Accennai un sorriso. «A dire il vero… un po’.»
«Bene, perché prima di andare alla toilette per donne,» disse indicando con pollice dietro di sé, la fine del corridoio, «avevo intenzione di chiederti se ti va una cioccolata calda. Oggi non credo di aver ingerito abbastanza zuccheri.»
«Mi piace… Rachy.»
Lei sbuffò e afferrandomi per un braccio mi trascinò lungo il corridoio, verso le scale.

 

*

Ringraziamenti.

Ryry_ : ciao, Sò! Ooooh, sono contenta ti sia piaciuto lo scorso capitolo! E spero ti sia piaciuto anche queste… un po’ molto noioso. Tu sei troppo buona, davvero! Oh, non sai quanto mi abbia resa felice la tua recensione, davvero. Un bacio, ragazza sfacciata XD
Xx_scrittirce_xX: ciao, Ely! Ovviamente a te va un ringraziamento speciale – per ovvi motivi. Non credevo la reazione di Rachel ti facesse questo effetto! Waw. Comunque è una cosa che non posso spiegare ora, saranno i capitoli successivi a mostrarti il tutto ^.^ Grazie davvero di cuore, tesoro.
Nessie93: ciao, Chirè! Se mi scrivi cose del genere è normale che poi mi gongolo e mi sciolgo. Sono contenta di sapere che il capitolo precedente è stato di tuo gradimento! Quella macchina è la mia preferita, sai? Dovevo per forza inserirla in qualche fiction… e quale meglio di questa? Secondo me, rispecchia a pieno il personaggio. Spero di non averti troppo annoiata con questo capitolo Grazie, mille, ancora.
Railen: ciao, Ire! Oh, non sai quanto mi renda felice leggere le tue recensioni! Ci tengo al tuo parere, sul serio. E lo sai. Ad ogni modo, sono contenta ti piaccia la storia! *-*  Spero ti sia piaciuto anche questo capitoli, in caso contrario, ti prego dimmelo. Grazie davvero di cuore, cara. Grazie davvero.
Lucy_Scamorosina: ciao! *-*  Sono contenta ti sia piaciuto il capitolo e che tu abbia riso! Spero di non averti annoiata con questo! Grazie di cuore per la recensione!

A voi, con affetto,
                          
Panda.

   
 
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