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Autore: laolga    22/02/2010    4 recensioni
ecco la nuova ff... Uno sfogo d'amore, dolori patiti, illusioni e chimere... Una rifelssione, insomma, ma nn personale.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seppur l'avessi sempre sospettato



Giurai quella notte, quella cupa e spensierata notte, che mai e poi mai mi sarei concessa di rivederlo. Mai avrei lasciato che i miei sentimenti mi riportassero da lui, quel demone tanto angelico, il mio nero desiderio di felicità. Affondavo le unghie nei miei palmi diafani. Un senso di malessere martellava le mie membra doloranti, bisognose di tutta la mia attenzione, le tempie pulsanti e gli occhi rossi dal pianto. Ah, quanto fa male arrabbiarsi, piangere e disperarsi alla ricerca di utopie! E quanto, scellerata me, avevo cercato e chiamato quelle chimere ingannatrici! M'inginocchiai gemendo, chinata sul suolo umido, i capelli scuri sciolti sul volto rigato dalle lacrime. Così attraverso sciocche illusioni l'avevo incontrato, e da allora non ne avevo più fatto a meno.

E lo vedevo, lo incontravo, e con uno sguardo gli accennavo un saluto; lui sorrideva, ma sorrideva a me? Mi riconosceva? Mi vedeva? O forse vedeva solo il corpo innamorato di una stolta ragazzina, troppo piccola, troppo umile, troppo inaffidabile?

E mi salutava e rideva alle mie battute, ed io così m'illudevo, in balia di sogni lontani, proibiti.

Anche sotto quel dolce pesco fiorito, anche allora, sì, credetti nelle bugie che giorno e notte io stessa mi narravo, frottole amare, eppure io ad esse con forza m'aggrappavo. Ma là tra i fiori odorosi lui, me ne convinsi, lui mi voleva, e mi guardava negli occhi svelandomi cosa si provasse ad amare, amare con tutto il proprio cuore.

Solo allora, forse, egli mi vide per davvero, mi riconobbe, sorrise proprio a me, a me sola, e non alla vuota immagine che rifletteva il manichino della mia essenza.

Da allora tutti i miei desideri più profondi sembrarono avverarsi, placando quella sete asfissiante che era per me quell'amore. Così, assieme, viaggiamo ed imparammo, ci conoscemmo, lui attratto dal mio talento e dalla mia bellezza, io dalla sua completa persona. Eravamo molto uniti, ammirati anche, ma sapevo che quelli erano i più bei momenti che mi potevo permettere. Presto l'aura maligna del fato ci avrebbe divisi, avrebbe sconvolto il nostro amore, poiché, come tutto inizia, tutto finisce.

E non fu tanto la fine di quell'amore che mi uccise, non fu quando lui decise che si era stufato di me, un fantoccio di stoffa troppo sorridente, cucito e rattoppato in giorni allegri di un'altra vita, non fu allora, ma solo quando, sbattendo la porta di casa per l'ultima volta, lui mi disse che tutto ciò che credevamo di aver provato era stato solo frutto dell'immaginazione di due giovani ragazzi spensierati. Solo allora avevo capito che, come temevo, come sospettavo, lui non mi vedeva, non era riuscito a conoscermi realmente, e dei miei occhi pieni di lacrime vedeva solo la pupilla cava e l'iride azzurro, non il mio cuore infranto e neppure il mio animo deluso...

Ma quello che più m'irritava, ciò che più mi addolorava, era il fatto di essermene accorta tanto tardi, innamorata, illusa, seppur l'avessi sempre sospettato.

E così lui, ora così simile al resto della gente, mischiato tra altri, divenne per me un perfetto sconosciuto, per il quale mi ritrovavo stupidamente a provare ancora sentimenti troppo forti.

Ma perchè volersene?

Perchè torturarsi, ripensare al passato, immaginando altre risposte, altri finali?

Mi alzai, barcollante, e, con una mano appoggiata al muro scivoloso, uscii dal cunicolo del dolore.


Lunedì 22 febbraio, Novara


Elena Olga Groppo

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