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Autore: Goten    23/02/2010    14 recensioni
Adesso cominciavo sinceramente a essere curioso, chissà che razza di uomo era Charlie Swan. Avvertii il rumore dell'acqua provenire dal piano di sopra, sicuramente era una doccia, sospirai, volevo tornare a casa alla svelta. Scesi dall'albero e attesi che finisse i suoi bisogni umani, avevo intenzione di incontrarlo subito e se fosse stato possibile, lo avrei portato via con me ancora quella stessa mattina. Certo che per essere un uomo ce ne metteva di tempo sotto la doccia, erano già ventisei minuti buoni che stava sotto quel getto. Magari si era sentito male... no, il suo cuore batteva forte e armonioso. Decisi di attendere ancora un po'. Finalmente sentii chiudere la manopola dell'acqua e il suo ciabattare al piano superiore. Aveva un passo leggero per essere un uomo, notai. Contai mentalmente fino a mille, prima di bussare gentilmente alla sua porta, quando questa si aprì, mi trovai di fronte lei, la donna delle pulizie.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Non voglio perderti

Autore: Goten

Beta: Giusy

Capitoli: Non so proprio dirlo... ^^

Paring: Edward – Bella


Sinceramente non so proprio cosa dirvi, se non un enorme GRAZIE! Sono davvero felicissima che la storia vi piaccia ^__^ E sono sempre commossa del vostro sostegno ç.ç siete meravigliose!!!

Ringrazio le 19 persone che lo hanno messo nei preferiti e le 40 che lo hanno messo nelle seguite. Ma sopratutto ringrazio di cuore chi ha commentato... ç__ç vi voglio beneeeee. Non avete idea di come le vostre parole aiutino ad andare avanti ç__ç grazie grazie grazie … ma ora, basta piagnistei! ^__^ Vi lascio alla lettura del secondo capitolo! Spero come sempre che vi piaccia e ci vediamo martedì con il prossimo capitolo! Un bacione! Goten ^^



Capitolo 2


Osservai quel viso grazioso che mi fissava con una piccola ruga in mezzo alla fronte, il mio primo istinto era stato quello di passare il pollice su quella piccola increspatura per lisciarla, ma fortunatamente non mossi neppure un muscolo.

<< Salve. >> Mi disse con voce sospettosa, mi ridestai e decisi di sfoderare tutto il mio charme.

Sorrisi ammaliante. << Buon giorno, sono Edward Cullen, cercavo Charlie Swan. >>

Rimasi sorpreso quando in modo brusco mi rispose << Non c'è, è già uscito. >> E mi sbatté la porta in faccia.

Non mi era mai accaduta una cosa simile in tutta la mia vita. Mai.

Bussai di nuovo, questa volta in maniera decisa.

<< Vada via! >> Mi urlò da dentro la cucina. Mi spostai rapido all'esterno e la vidi attraverso la finestra stava bevendo direttamente dal cartone una sorsata di succo d'arancia, era una grandissima maleducata, ma purtroppo solo lei sapeva, dove potevo trovare Charlie.

Vidi i suoi capelli bagnati, capii che era stata lei fino a pochi minuti prima sotto la doccia. Ma allora chi diavolo aveva fatto scattare quella barriera protettiva la sera prima? E questa mattina? E chi aveva fatto tutti quei rumori durante la notte?

Sembrava ci fosse solo lei in casa, eppure non riuscivo a crederci che lei avesse qualche cosa a che fare con la tecnologia di cui disponevamo... era una donna!

Mi passai una mano fra i capelli, però anche Rosalie era un genio della meccanica e anche lei era una donna. << Dannazione! >> Imprecai a bassa voce.

La cosa si stava complicando.

Il mio cellulare trillò in quel momento, lo afferrai e lessi sul display: era Alice.

Feci scattare la comunicazione. << Dimmi. >>

<< Credo che dovrai essere un po’ più carino con lei o non otterrai nulla. >>

Sospirai. << Hai avuto una visione? >>

Il risolino che sentii mi stava insospettendo. << Diciamo di sì. Ho visto che con lei non serve fare il duro. Insisti Edward, non darti per vinto. >>

Alzai gli occhi al cielo. << Va bene. Mi basta tornare presto da voi. >> E attaccai.

Tornai con lo sguardo verso la finestra, notai con sorpresa che lei mi stava fissando attraverso le tendine bianche.

Sollevai la mano in segno di saluto, ma tutto quello che ottenni fu di vedere la sua schiena allontanarsi dalla stanza.

Mi avrebbe dato parecchio filo da torcere quella ragazzina.

Il cielo rimase coperto per tutta la mattina e lei non si era più avvicinata, neppure per sbaglio, alla finestra. A dire il vero non avevo più sentito nessun rumore provenire dalla casa, avrebbe potuto passare per inosservata, ma lei c'era. Sentivo il suo cuore battere calmo e tranquillo al piano di sopra.

Mi guardai veloce in giro e con un salto agile salii sul ramo dell'albero, spostandomi poi velocemente da un ramo all'altro, fino ad arrivare di fronte alla finestra dove il battito di quel cuore arrivava forte e deciso.

Sbirciai nuovamente, stavo diventando un guardone!

Mi scappò un piccolo sorriso, era stesa a pancia su, con una rivista sul viso, una mano era appoggiata sull'addome, l'altra pendeva fuori dal grande letto.

Era buffa. Indossava una maglietta troppo grande per lei e dei pantaloni di una tuta. Era assodato che era anche poco femminile.

Rimasi lì appollaiato a fissarla per quasi tutto il pomeriggio. Era rilassante il suo respiro calmo e il suo battito. Mi piaceva, sentivo come se avessi potuto andare in sincronia con quel dolce tum tum. Chiusi gli occhi e per la prima volta, dopo quasi cento anni, mi rilassai sentendomi tranquillo.

Nonostante avessi gli occhi chiusi, il mio cervello continuava a registrare ogni più piccolo cambiamento che avveniva nel mondo esterno, sentivo con chiarezza il rumore del battito d'ali degli uccelli, il ruscello scorrere veloce, il soffio del vento leggero.

Notai con una certa gioia di non avvertire nessun pensiero umano, segno che questa casa era decisamente fuori dal mondo comune. Mi concessi un altro piccolo sorriso. Per quanto fossi abituato a utilizzare il mio potere, era bello non avere in testa i pensieri di altre persone oltre ai miei.

Erano esattamente le cinque e ventisei minuti quando il respiro di lei divenne più veloce e il battito cardiaco cambiò la sua frequenza: si stava svegliando.

Grazie alle nuvole che avevano coperto il cielo, adesso l'oscurità ricopriva tutto ciò che mi circondava. Non era male quella piccola cittadina, forse avremmo potuto anche viverci da persone “normali” io e la mia famiglia. Forse.

Si alzò di scatto dal letto, mettendosi seduta, la rivista cadde per terra, i suoi occhi scuri si spalancarono. << Che stupida! Ecco cosa mancava! >> Esclamò ad alta voce alzandosi dal suo giaciglio camminando poi veloce fuori dalla camera.

La osservai arrivare alle scale, mettere un piede in fallo e scivolare con il sedere su tutti gli scalini. << Dio che botta. >> Mormorò massaggiandosi la parte “lesa”, mentre tentava goffamente di raggiungere una porta dall'apparenza innocua.

Mi ero trattenuto dal ridere, ma quella scena comica sapevo che mi avrebbe accompagnato per l'eternità. Che razza di persona era quella? Scossi la testa ancora con il sorriso sul volto.

Feci scattare lo sguardo verso l'alto quando sentii nuovamente quel rumore metallico che ormai avevo associato a una sola cosa: la barriera.

Avevo visto giusto allora, era lei che attivava quella specie di guscio protettivo. Scattai veloce, stavolta non mi sarei fatto prendere alla sprovvista, entrai rapido dalla finestra della cucina, forzandola un pochino, e dopo esattamente dieci secondi, mi ritrovai sigillato in quella casa fortezza.

Le luci erano accese ovunque, ma i rumori provenivano da quella porta, dove lei era sparita pochi attimi prima. Decisi di far tacere la mia coscienza e di proseguire. Con tutti i sensi all'erta aprii quella porta e con mia somma sorpresa notai che dietro ad essa c'erano delle scale che conducevano sotto terra. Interessante. Le scesi al massimo della mia velocità, non feci alcun tipo di rumore udibile ad orecchio umano. Alla fine notai uno sprazzo di luce, mi sporsi e rimasi più che stupito. Cosa diavolo c'era lì dentro?!

<< Accidenti. >> Sibilai pianissimo.

Avevo davanti a me il laboratorio più avanzato del mondo!

Le pareti erano ricoperte di lastre di metallo, così come il pavimento, ogni sorta di macchinario esistente sembrava stesse lì dentro.

Quasi al centro della stanza c'era lei che parlava al computer, mi dava le spalle ma notai senza difficoltà cosa copriva il suo corpo. Incredibile! Non aveva alcun tipo di monitor in quel laboratorio, dal pavimento uscivano dei raggi luminosi che creavano in tridimensione tutto ciò che lei stava chiedendo, e con un semplice tocco delle mani sull'immagine che veniva creata, lei riusciva a modellare a suo piacere ogni cosa.

<< Assurdo. >> Mormorai ancora.

Ma se era lei a creare tutto questo, allora chi era? E dove era il fantomatico Charlie Swan?

<< Non è carino rimanere lì a fissarmi sai? >> Tornai con lo sguardo verso di lei. Mi stava guardando accigliata. << Non saresti dovuto entrare. Vi avrei spedito quello che vi serviva a breve. >> Mi voltò nuovamente le spalle riprendendo a lavorare sul suo disegno tridimensionale.

Diverse cose stava notando la mia mente, possibile che non si fosse spaventata nel vedermi lì? Cosa intendeva dire con “vi avrei spedito quello che vi serviva a breve?” Lei sapeva chi ero? Impossibile. Oppure no?

Mi feci avanti, io non avevo nulla da rischiare, non ero io l'umano indifeso.

<< Ti chiedo scusa se mi sono intrufolato in questo modo, ma ho assoluto bisogno di parlare con Charlie Swan. >> La mia voce era risuonata chiara e netta perfino alle mie orecchie.

Lei non si scompose e continuò ad osservare minuziosa il suo lavoro.

Decisi allora di avvicinarmi, mi fermai solamente quando fui accanto a lei. Era concentrata su quel disegno dal colore azzurrino.

<< Stupido coso. >> Borbottò con una nota di frustrazione.

Arcuai un sopracciglio. Possibile che non avesse capito cosa fossi? Non mi stava dando neanche una briciola della sua attenzione. Assurdo.

Stavo nuovamente per parlare quando lei alzò la mano ponendola aperta di fronte al mio viso. << Solo un momento. Poi risponderò a tutto. >> Non mi aveva neppure guardato, era sempre assorta su quell'affare.

<< Ingrandisci del trenta per cento. >> Ordinò. E il disegno divenne più grande. Puntò l'indice su un determinato punto di quello che assomigliava tanto ad un microchip per computer. La parte sfiorata dal suo dito divenne rossa. << Elimina. >> Sentenziò e il computer la fece sparire, il resto del disegno era ancora color azzurro. << Salva >>

I tratti azzurri divennero verdi, probabilmente segno che il salvataggio era avvenuto con successo. << Spegni >>

E tutto sparì. Adesso avevo tutta la sua attenzione.

<< Sono Isabella Swan e tu non dovresti essere qui. >> Mi fissava decisa, senza alcuna indecisione nella sua espressione.

<< Mi è stato chiesto di venire a controllare. Non abbiamo più avuto notizie di Charlie Swan. >> Se lei voleva essere fredda e decisa, beh aveva trovato pane per i suoi denti.

Spostò per una frazione di secondo il suo sguardo, sembrava indecisa, ma poi tornò a fissarmi senza più alcuna traccia di debolezza nel suo sguardo. << Tu sei un vampiro, dico bene? >>

Cosa potevo dirle? No sono solamente un po’ pallidino e freddo? Era meglio dirle la verità, decisi di seguire il consiglio di Alice.

<< Sì, lo sono. >>

Lei annuì solamente e fece qualche passo verso di me, adesso veramente uno di fronte all'altro, solo pochi centimetri ci separavano. << Mi dispiace di non essere riuscita a spedirvi la merce in tempo, ma ho avuto delle complicazioni. >> Si passò la mano sull'addome corrugando le sopracciglia. Stavo per parlare, ma lei mi anticipò. << Comunque, a breve finirò il lavoro e vi manderò il tutto quanto prima. >> Era tornata a essere risoluta, niente più incertezza nel suo sguardo.

Io invece lo assottigliai. Cosa diamine voleva dire con quella frase? Socchiusi le labbra e le porsi la mia domanda, anche se in realtà mi sembrava assai assurda. << Tu sei Charlie Swan? >>

Corrugò le labbra, distendendole poco dopo. << No, sono sua figlia. >>

Quindi lei non era la persona che stavo cercando. << Dove posso trovare tuo padre? >> Volevo trovare quell'uomo e tornarmene a casa.

Mi osservò arcuando un sopracciglio scuro. << Al cimitero. >> Mi rispose ed io rimasi impietrito. << E' morto due anni fa. >> Ero sempre più immobile.

<< Morto? >> Domandai quasi con un filo di voce.

Annuì nuovamente. << Sì, se non hai altre domande intelligenti, io riprenderei il mio lavoro. >> Mi diede le spalle, i suoi capelli ondeggiarono sulla sua schiena. << La strada la conosci. Premi il pulsante blu accanto alla porta, sbloccherai le pareti di difesa. >>

Scattai in avanti afferrandole un polso. << Cosa diavolo stai dicendo?! >> Esclamai cercando di ricomporre tutti i pezzi.

<< Vuoi che ti stringa la manina mentre ti accompagno all'uscita? >> Domandò con una nota ironica mentre si rivoltava nuovamente verso di me.

Mi stava letteralmente antipatica. << No! >> Sbottai. << Voglio sol capire. >> Sospirai frustrato. << Se tuo padre è morto da due anni, chi diavolo ha assemblato tutto quello che abbiamo?! >>

Sorrise sarcastica. << Non ti sembra ovvio? >>

Ovvio? No che non era ovvio! Non poteva essere lei! << Tu? >> Domandai ancora stupito.

<< No, la regina dei mille anni. Certo che sono stata io! >> Esclamò alzando di qualche tono la sua voce.

Questo di sicuro non me lo sarei mai aspettato. << Da quanto tempo? >> La mia presa si era ammorbidita, lasciandole così andare poco alla volta il polso.

<< Cosa? >> Domandò massaggiandoselo.

<< Da quanto tempo sei tu e non tuo padre a costruire tutte le nostre tecnologie. >>

<< Da quasi cinque anni. >> Ammise, continuando a guardarmi.

Feci un breve resoconto mentale, mi ero accorto della differenza che da qualche anno era avvenuta nelle nostre armi, ma non potevo minimamente sospettare che dietro a tutto quello ci fosse lei.

Stavo per porle una nuova domanda, quando una luce rossa attirò la nostra attenzione. Sul monitor appeso alla parete, apparve la figura di un ragazzo biondo che attendeva davanti alla porta di casa.

<< Merda... >> Sibilò Isabella avvicinandosi allo schermo.

<< Chi è? >> La domanda mi sorse spontanea, senza che io potessi fare nulla per impedirlo.

<< Una persona che dovrebbe evaporare. >> La sua voce era arrabbiata.

Il suono del campanello s’irradiò per tutta la casa. << Bella! Apri, dobbiamo parlare. >> Continuava a ripetere quel ragazzo davanti alla porta chiusa.

<< Non gli apri? Magari è importante. >>

Si voltò con uno sguardo freddo verso di me. << Fatti gli affari tuoi, vampiro. >>

Era anche stronza.

<< Bella aprimi! Lo so che ci sei! >> Continuava a ripetere lo sconosciuto, tenendo premuto il campanello. Decisamente cominciavo ad odiare anche lui.


   
 
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