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Autore: Road_chan    23/02/2010    1 recensioni
Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto; porto su di me le cicatrici come se fossero medaglie, so che la libertà ha un prezzo alto, alto quanto quello della schiavitù. L'unica differenza è che si paga con piacere, e con un sorriso... anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime. (Paulo Coelho)
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Rabi/Lavi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: La persona che non avreste mai voluto conoscere

Titolo: Jiyuu (libertà)

Pairing: Lavi x Nuovo personaggio

Rating: Giallo

Personaggi: Un po’ tutti, nuovo personaggio (Anya)

Genere: Generale, romantico, triste

Avvertimenti: OOC, What-if?

Note: Questa è la mia prima fiction, la serie di D.Gray-man mi ha appassionato, e quindi mi sono rimboccata le maniche, ho provato ed è uscito questo. Ho fatto il più possibile per evitare che Anya avesse un carattere da Mary Sue, forse all’inizio sembrerà la tipica ragazzina che odia tutti, ma datele l tempo di farsi conoscere.

Il titolo è stato trovato dopo aver fatto tutta una serie di traduzioni (italiano-inglese-giapponese)

Eventuali notizie non chiare all’inizio verranno svelate nei capitoli a seguire.

Ho messo OOC per paura di sbagliare il carattere di un personaggio e What-if perché che non rispetterà la trama originale.

Sapendo che D.Gray-man si svolge nell’Ottocento, ho fatto affidamento alla mia memoria e a quello che ho studiato a scuola.

Ovviamente so già che ci sarà qualcosa di negativo, ma accetto le critiche.

P.S. -> Possono esserci errori di grammatica (vado solo alle medie) e/o di punteggiatura. Ma gli errori di battitura non sono colpa mia (la tastiera è mezza rotta -.-)

Jiyuu (libertà)

Capitolo 1: Dormi bene piccola Anya

Inghilterra, 7 novembre 18??

«Dov’è la mia mamma?»

La voce innocente di quella bambina risuonò fra le mura di quella casa.

Rifece la stessa domanda, fissando il patrigno con gli occhi gonfi, il volto rigato, i capelli castani che mettevano in risalto i suoi occhi azzurro argentato.

«Dov’è ma mia mamma

Ancora una volta quella domanda.

La bambina voleva la sua mamma, la desiderava con tutto il cuore.

«Papà, dov’è mamma?»

La voce innocente della piccola scatenò un senso di oppressione nel padre, quest’ultimo strinse i pugni e i denti. Quella vocina irritante, quella manina che gli teneva l’impermeabile nero.

Come faceva a dirglielo?

«Piccola…ecco…» L’adulto si abbassò a livello della piccina, portò la mano sulla guancia della piccola e le asciugò la lacrima che stava per scendere «Anya, tua mamma è…è…»

Incapace di parlare.

Incapace di dire la verità.

Incapace di mentire.

Incapace e basta.

Il padre era così, era un codardo, incapace di parlare con sua figlia.

«Dai…» Disse il padre prendendola in braccio «Andiamo a prendere dei dolci, ti ?» Concluse sorridendo.

Anya, ormai consapevole del fatto che il padre le nascondeva qualcosa, si asciugò le lacrime con la manica lilla del vestito, e guardò il patrigno. «Io voglio mangiare i dolci con la mamma, non con te…»

Il patrigno fu soprafatto dalla rabbia, si alzò e scaraventò la figlia contro il muro, si avvicinò a lei e la guardò con aria cattiva.

«Tua madre non tornerà più Anya, d’ora in poi farai quello che ti dico.»

L’adulto gli voltò le spalle e oltrepassò la porta; prima di chiuderla guardò in faccia Anya «E che non ti venga in mente di scappare…»

Era il 7 novembre, e Anya era una bambina di cinque anni, era una come tante, solare, capricciosa, affettuosa; Era una bambina.

Suo padre era morto, e sua madre Elisabeth si risposò, poco tempo dopo il matrimonio però, Elisabeth si ammalò gravemente e il patrigno William non sopportava di vedere la moglie soffrire, così la uccise.

Elisabeth proveniva da una famiglia ricca, aveva altri due fratelli, erano tutti imprenditori, e lei possedeva un’industria metal-meccanica.

William in realtà non uccise la donna per sofferenza, ma per ereditare tutto il suo denaro e avere un posto sicuro in Inghilterra..

Era il 7 novembre l’ultimo giorno di libertà di Anya, erano passati otto anni da allora, la ragazza si divertiva a creare bambole con i tessuti che il padre gli portava, andava in giro sempre con i suoi tre amici Ago, Filo e Forbice.

Anya desiderava solo la libertà.

Ma non era sicura di cosa significasse quella parola.

Passarono otto anni d’allora. Anya non uscì più di casa, la luce del sole la scaldava attraverso i vetri delle finestre.

Il motivo della decisione del padre era semplice: Lui sapeva che quella “mocciosa” era furba, e aveva capito che Anya intuì che la madre era morta.

Aveva solo cinque anni, quando lo capì. Ma in tutto il tempo passato a cucire bambole e a lavorare i pezzi di ferro che il padre le portava da lavoro per farle passare il tempo, ne ebbe la certezza: William aveva ucciso sua madre.

Ora di cena.

Una sala, enorme, le pareti di un colore blu scuro, al centro una tavola di legno di ebano lungo, con sopra una tovaglia ricamata a mano; Al capotavola c’era il patrigno, vestito bene, che muoveva con grazia il calice riempito con del vino rosso, che a sua volta, ballava dentro il bicchiere, come una farfalla quando vola, graziosa e silenziosa.

Alla sinistra del padre, c’era una ragazza, alta, con gli occhi azzurro argentato e i capelli castani, non molto lunghi tagliati a casaccio, con lo sguardo basso; In mano una bambola di pezza con gli occhi fatti con i bottoni, uno rosa e l’altro nero, il vestito era verde e i capelli biondi con due trecce.

Anya toccava i capelli di quella bambola quasi come la sfiorasse, i modi di fare della ragazza erano tremendamente fini e aggraziati, e pensare che con quelle mani scendeva in cantina e con le cameriere e maggiordomi lavorava il ferro…

Il tavolo era pieno di ogni pietanza, o almeno, i piatti già scoperchiati, piatti di ogni dimensione e forma, riempiti di delizie di ogni tipo, dal semplice pane con qualche condimento, fino alle verdure perfezionate in ogni minimo particolare.

La cameriera portò un piatto e lo posò alla destra di William, quest’ultimo bevve quel sorso rimasto dentro il calice, posò il bicchiere e fissò la cameriera, la quale posava forchette e coltelli alla sinistra e alla destra del piatto.

«Che stai facendo?» Disse con disinvoltura il padre.

La cameriera alzò lo sguardo e fissò gli occhi profondi di Anya, per poi rivolgerli a William.

«Signore…ecco…me ne ero scordata, mi scusi»

Sul volto dell’uomo si dipinse un’espressione di rabbia, si alzò e con un gesto rapido del braccio, spazzò via le stoviglie messe in precedenza dalla cameriera.

«E’ la terza volta questo mese, possibile che non sei nemmeno in grado di capire che Elisabeth è morta?!» Sbraitò William guardando la cameriera per terra e con un taglio sulla guancia provocato da un frammento di piatto.

«Mi…scusi.» Supplicò la cameriera

«Pulite questo casino. »

William si alzò e iniziò a percorrere le scale, e un’attimo prima di girare l’angolo, guardò dall’alto in basso la stanza,

«Siete una massa di incompetenti…» Disse a gran voce con disgusto, «Dopo che avete pulito, andatevene. Siete licenziati…» E dopo aver pronunciato l’ultima parola, sparì; senza lasciar traccia.

Anya aveva capito che quella sera sarebbe andata a dormire senza cena, e che alcuni suoi “amici” se ne sarebbero andati…per sempre.

Era notte fonda, il cielo del 7 settembre era illuminato dalle stelle, la ragazza si girava e si rigirava nel letto, fino a quando non si soffermò sulla visione che aveva alla sua destra:

Una finestra, sbarrata.

Da ormai otto anni quella finestra non filtrava la luce delle stelle.

Questo le fece ricordare che era in trappola.

Un uccello in gabbia non riesce a volare come uno che vive nella foresta.

La ragazza voleva uscire, vedere di nuovo le stelle la notte e lasciare che i raggi del sole si scontrassero con il suo candido volto, mentre la brezza le scompigliava i capelli profumati e ordinati.

Le mancava tutto questo.

La bruna scendeva le scale, il salone era vuoto, tra il buio rimbombava il suono dell’orologio a penzolo, il quale le ricordava una poesia:

«Tic Tac Tic Tac

E’ un suono melodioso.

Tic Tac Tic Tac

Eppure così inquietante.

Tic Tac Tic Tac

Ti capire che tutto ha un inizio.

Che una volta iniziato questo scorre.

E che poi finisce.

Tic Tac Tic Tac.

E’ una cosa comune.

Prima o poi Tutto finisce.

Tic Tac -

Anche il tempo ha un limite.»

La voce di Anya seguiva il ritmo delle freccette, una voce così sottile e dolce, che sussurrava parole così angoscianti.

Scese in cantina, con una candela in mano, quella fiamma sottile ballava vicino all’occhio destro della ragazza, lentamente dalla candela scendeva una linea di cera; i piedi scalzi provocavano un rumore freddo al contatto con le scale che portavano alla cantina, poi, la mano viene bagnata dalla cera.

«Ahyo!» Sussurrò Anya, dopo aver lasciato la candela dalla mano e di aversi massaggiato quest’ultima con la sinistra, ma le non si arrendeva, e faceva quei ultimi scalini.

Iniziò a vagare un po’ in quella stanza, l’unica cosa che la illuminava era l’enorme forno che aveva davanti a se.

Afferrò qualcosa, e ritornò su.

«Io voglio solo…essere libera…e se serve, anche cattiva»

Si diresse verso il piano superiore, passò davanti alla sua camera, ad altre stanze, e infine, a quella del padre.

Aprì la porta, facendo filtrare un filo di luce che si posò sugli occhi di William, facendo svegliare quest’ultimo.

«Che hai Anya?» Disse con voce stanca William.

La tredicenne si posò sul lato della porta,

«La mamma mi cantava sempre una ninna nanna prima che andassi a letto. Da quando se n’è andata l’ho dovuta immaginare per riuscire a dormire…ma ultimamente, le parole non mi vengono più in mente…» Si fermò la ragazzina avanzando verso il padre.

«Ho sempre pensato che tu la sapessi, ma il 7 novembre di otto anni fa, mi avevi detto che le ninna nanne sono tutte stupidaggini.»

Anya spostò di poco la mano destra che teneva dietro la schiena, così facendo, da dietro la ragazza si vedeva una punta di ferro; William posò gli occhi su quella punta, e poi sugli occhi di Anya.

«L’unica cosa che mi ricordo, è che la mamma finiva sempre con una frase…»

Anya alzò il braccio destro, il padre vide le incredibili cose che la sua figliastra produceva con il ferro.

Una falce.

Un movimento brusco diretto al cuore dell’uomo.

Del ferro freddo macchiato di sangue.

Quella casa ormai era vuota.

Alzò lo sguardo, vedendo il viso spento di William, e muovendo il dito in sincronia con le parole, recitò la fine della ninna nanna:

« Abbraccia le tue bambole dai capelli dorati…

Dormi bene piccola Anya…»

Era rimasta solo lei.

Anya…finalmente libera.

-------

Spazio Autrice.

Allora, non sono molto chiare le cose vero? Lo so…ma l’ho fatto apposta! Verranno spiegate in seguito, quindi non preoccupatevi.

Nessuna traccia di esorcisti…lo so…ma appariranno fra…quanto? Quattro capitoli?

Nei prossimi arriverà quel barbone di Marian Cross, che ne farà delle belle.

Anya per il momento sarà una totale pazzoide e/o chiusa.

Ma anche lei ha i lati buoni del suo carattere…

Qualche commento mi farebbe piacere (anche critiche)Dovete perdonarmi, ma l'HTML fà dei capricci ultimamente e non riesco a metterlo a posto T.T

Kiss.

Road_chan

  
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