Note: Ringrazio infinitamente Lithia del Sud aver postato la prima recensione e di averla messa fra i seguiti.
Sono davvero felice che non ci siano cose andate storte nel primo capitolo, anche se non si vedono i personaggi e la storia è confusa.
Ma come ho detto prima…non abbiate timore!! Nel seguire molte cose verranno chiarite.
Volevo scusarmi per la lunghezza della nota del capitolo precedente (era davvero lunga!)
Ma stavolta sono più breve.
Ora vi lascio al secondo capitolo.
MA PRIMA: I prossimi quattro capitoli parleranno dei quattro anni che Anya passerà con Cross. Faranno quattro viaggi, ma io non ve li dico (non mi piace rovinare le sorprese)
Bene, è tutto, e ora vi lascio al secondo capitolo.
Road_chan
Jiyuu (libertà)
Capitolo 2: Incontro.
Inghilterra, 8 novembre 18??
Corse per tutta la notte, senza una meta, senza una via da seguire.
I suoi piedi finalmente erano liberi, andavano al contatto con l’asfalto, faceva male certo, ma in quel momento era la sensazione migliore del mondo.
“Sono libera…” Penso Anya mentre correva per strada, “Ora sono come gli uccelli fuori dalla gabbia”
Anya ebbe ciò che voleva. Essere un uccello che vive nella foresta.
Ma attenta piccola. Ci sono i cacciatori in giro.
La pioggia cadeva sul suo viso candito, acqua, cadeva come le lacrime, quelle che lei ha versato per otto anni.
Avanzava sulla strada principale di quel paesino dell’Inghilterra, dimenticato da Dio, la i dottori non c’erano, le scuole nemmeno. Erano tutti umili contadini o operai, la sua famiglia era la più ricca.
Con la falce in mano, ancora che gocciolava il sangue del padre, respirava l’aria pura.
Bello essere liberi neh?
Ma ricordati
i cacciatori piccolo uccellino.
Fece gli ultimi suoi passi,
prima di andare contro qualcosa di duro, caldo e più
grande di lei.
Cadde per terra, con la mano
destra poggiata in testa, e la falce tra la strada e la sua mano sinistra.
Alzò lo sguardo mormorando
qualcosa per la botta presa, vide dei capelli lunghi e rossi che ricordavano
tanto le fiamme del fuoco; un viso rivolto verso
l’orizzonte, con lo sguardo attento su un punto visibile solo a lui, l’occhio
destro era coperto dai capelli, che a sua volta, nascondevano una specie di
benda con su una croce.
La figura era
alta e possente, vestita con un cappotto nero dagli ornamenti color oro; in
testa un cappello, dello stesso colore della giacca; dei guanti bianchi e in
bocca una sigaretta.
Il soggetto abbassò lo sguardo
e lo rivolse alla ragazza, i loro occhi si scrutarono a vicenda, lei che
guardava con coraggio la sua iride nocciola, lui nello stesso tempo, studiava
la ragazza, guardandola con calma ed indifferenza.
Il soggetto portò la sua mano
vicino alla bocca, allargò lo spazio tra il medio e l’indice e ci inserì la sigaretta che, con rapidità e dolcezza si
staccarono dalle sue labbra; fece un respiro, cacciando dal suo corpo il fumo
che aveva ispirato in precedenza, questo ballò sinuosamente tra le gocce di
pioggia, fino a scomparire nel cielo.
«I bambini non devono essere in
giro a quest’ora…» Disse finalmente.
La ragazza guardò stupita lo
sconosciuto, non sembrava di quelle parti, guardò l’uomo dall’alto in basso,
per averne un quadro completo.
Non c’è che dire:
Inquietante.
Anya si alzò e afferrò la
falce, ma non ebbe il tempo di rendersi conto di quel che faceva che si trovava
sul punto di morte…
Coucou!
…E’ arrivato il cacciatore piccolo uccellino…
Con la schiena eretta, Anya
cercò di guardarsi alle spalle, allungando più che poteva la coda dell’occhio
verso sinistra, sentiva una leggera pressione sulla nuca, le sue mani
abbandonarono la falce presa in precedenza, dalla parte destra del volto scese
una goccia di sudore, quel movimento fù così veloce, che la sigaretta lasciata
dall’uomo tocco terra solo dopo l’estrazione della pistola.
«Ehi bambina, non dovresti
tenere una cosa così pericolosa fra le tue manine, potresti
far del male…»
Anya sorrise a quelle parole,
chiuse gli occhi con la massima tranquillità.
«Forse hai ragione, le mani di
una signorina…» e qua usò una certa enfasi su “signorina”, «…non dovrebbero
tenere in mano una falce, peccato che l’abbia costruita
io…»
Lo sconosciuto abbassò la
pistola e la ripose dentro la giacca,
«Sei forte,»
Aggiunse «Non vorresti diventare un’esorcista?»
I due si scrutarono, fino a quando Anya non riprese da terra la falce, e ripulì la
lama con il bordo della maglietta.
«Io sono Cross.» Disse il rosso,
mentre estraeva un’altra sigaretta. «Marian Cross, ma
puoi chiamarmi maestro. Tu come ti chiami?»
«Anya.» Rispose fredda lei.
«Anya come?» Chiese Cross.
«Solo Anya, non ho famiglia ne pietà. Sono pronta a imparare
maestro.»
«Bene. Diventerai più forte di
quanto lo sei già»
Cross le diede una pacca sulla
spalla, lei gli fece un mezzo sorriso e lui ricambiò.
Togliendosi la sigaretta con la
stessa eleganza di prima, posò lo sguardo di nuovo su quel punto invisibile.
«Prima di diventare esorcisti,
dovrai praticare un allenamento di quattro anni. Io non sto mai fermo in un
solo paese, e ho intenzione di andare in quattro posti diversi. Il tuo
allenamento consiste del fare esattamente quello che ti dico io, devi farlo bene e senza obiezioni. Qualunque
sia l’obbiettivo. Hai capito?» Spiegò con chiarezza, poi rivolse lo
sguardo ad Anya, la quale annuì, «Non puoi andare in
giro in pigiama…»
«Non intendo andare in giro in
pigiama» Rispose tranquilla lei.
«E
allora che farai?»
Anya si guardò in giro, posò
gli occhi su un negozio, esposti dei tessuti color lilla,
fece qualche passo per raggiungerlo, con il manico della falce ruppe il vetro,
allungò la mano destra per prendere la stoffa.
Posò la falce per terra e alzò
il collo dei pantaloni del pigiama.
Aveva una cavigliera, più che
altro era un porta-aghi, ne estrasse uno, e prese un
filo, si sedette sul bordo della vetrata e iniziò a cucire.
Aveva ormai smesso di piovere,
ma era buio.
Cross guardava quella ragazza,
vedeva le sue mani muovere con agilità lungo la stoffa, le maniche del pigiama
ballavano sulla sua pelle liscia, e la, sulle braccia,
vedeva dei segni.
Non poteva esserne totalmente
sicuro di quello che ha visto.
E preferì non toccare l’argomento.
Ma è stato più forte di lui.
«Ehi…Anya!» Urlò dopo aversi tolto
la sigaretta dalla bocca.
«Si
Maestro?» Rispose senza distogliere lo sguardo dalla stoffa.
«Quei segni
che hai sul braccio. Cosa sono?»
Anya alzò la stoffa che aveva
preso una forma –più o meno- da vestito.
«Tutte le volte che ho provato
a scappare.» Rispose semplicemente. «Questi segni sono
le sconfitte subite per otto anni sulla mia pelle.»
«E non
ti sei arresa?» Chiese Cross.
« Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto;» Esclàmo, «Porto su di me le
cicatrici come se fossero medaglie.» Continuò accarezzandosi
una delle due braccia, «So che la libertà ha un prezzo
alto, alto come quello della schiavitù. L’unica
differenza è che si paga con piacere, e con un sorriso, anche quando quel
sorriso è bagnato dalle lacrime…»
A queste parole Cross accennò
un sorriso e rimise la sigaretta fra le labbra.
Anya continuò a ritoccare la
stoffa.
La notte passò veloce.
Era l’alba ormai.
Cross si era addormentato dopo
un po’, Anya invece ha cucito per tutta la notte,
senza fermarsi.
Inghilterra,
9 novembre 18??
Cross si svegliò bene, si
rimise la giacca che aveva tolto e posato alla sua destra, dalla tasca cacciò
fuori il pacchetto di sigarette, ne prese una e la accese.
Dopo aver fatto il primo tiro
si guardo intorno, con il dubbio di aver dimenticato qualcosa.
E gli passò di sfuggita l’immagine di quelle braccia.
Anya!
Si girò e posò lo sguardo sulla
vetrina rotta dalla ragazza, si avvicinò per vedere meglio quello che era
rimasto.
Vide un’ombra dalle linee
sinuose, si avvicinò ancora, iniziò a distinguere il volto dalle braccia e dal
resto del corpo.
Accese l’accendino e lo posò
davanti a se per fare un po’ di luce.
E la vide.
La sua
allieva, indossante un vestito lilla che lei stessa aveva cucito.
Vide nella sua caviglia il
porta-aghi, e il suo indice avvolto in un pezzo di
stoffa macchiata di rosso.
Vide il suo braccio, una pelle
liscia e leggermente bianca, con delle piccole cicatrici.
Alcune erano segni di scottatura,
altri delle ferite.
Cross rabbrividì al solo
immaginare a quello che ha passato la ragazza.
«Svegliati.» Disse picchiandole
una bottiglia in testa. «E’ ora di andare.»
Anya si svegliò
di colpo, Posò la mano destra sulla testa dolorante. «Certo che
svegliarmi in un modo più dolce non poteva?» Reclamò.
Cross prese un’altra bottiglia
dal nulla e gliela ripicchiò in testa. «E’ meglio non lamentarsi del
trattamento che avrai. Potresti morire.»
Anya si alzò, si aggiustò il
vestito, prese in mano la sua falce e guardò il maestro.
«E ora dove si và?» Chiese.
«Germania, ho un piccolo conto
da pagare…»
La sua avventura era iniziata.
Presto sarebbe diventata un’esorcista.
Spazio Autrice:
Chiedo
umilmente perdono T.T
E’
passato un sacco da quando ho postato.
E
forse è anche un po’ corto questo capitolo, ma se lo mettevo tutto, sarebbe
stato troppo lungo.
Comunque…
Com’è?
Forse un po’ troppo veloce?
Ringrazio
chi la legge (anche chi non recensisce)e mi scuso per il casino con l'HTML del capitolo scorso ç.ç
Alla
prossima (forse)
Road_chan.