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Autore: andrea    21/07/2005    3 recensioni
Lucius alle prese di un giovanissimo Draco Malfoy, i suo pensieri e le sue promesse di padre.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nulla di nuovo in paradiso

Nulla di nuovo in paradiso

 

 

 

“Oh, per Merlino! Ora che c’è?”. Un urlo squarcia l’aria tiepida della notte. Un bel urlo vibrante, a polmoni pieni, seguito poi da una serie di singhiozzi bagnati di lacrime.

Sinceramente io, Lucius Malfoy, non posso considerarmi un intimo intenditore delle abitudini dei neonati, men che meno so dei loro pianti, tuttavia…tuttavia ho l’inquietante sospetto che il pianto di mio figlio non è poi tanto…normale, ecco.

Posso immaginarmelo: le manine strette a pugno, il viso tutto corrugato e grosse lacrime che rotolano copiose su quelle guance rosate. E poi quel urlo perforante. Sul serio, mi è difficile credere che un bambino così piccolo possa emettere un suono così alto e soprattutto così fastidioso.

Forse è l’effetto a sorpresa, nel cuore di una notte estremamente silenziosa, a farlo apparire più forte di quanto sia. Ma, a dir il vero, ne dubito.

 

Un’altra cosa trovo davvero inquietante: so sempre, almeno dieci secondi prima, quando mio figlio sta per mettersi ad urlare come un ossesso. Lo percepisco, non chiedetemi come, e immancabilmente ecco che arriva quel suono, inesorabile come la morte.

Uno si potrebbe chiedere come mai un uomo ricco e potente come un Malfoy sta lì ad aspettare il pianto del figlioletto come l’arrivo della peste bubbonica. Di certo avrà una nurse dove relegare il pargoletto, di certo avrà una schiera intera di tate e governanti per soddisfare e, anzi, per anticipare ogni bisogno del piccolo primogenito. Questo uno in tal caso farebbe ottime supposizioni. Ma di fatto Lucius Malfoy non sa spiegarselo. Semplicemente me ne rimango fermo sotto le coperte con gli occhi fissi al soffitto, sentendomi uno stupido.

 

Se non fossi così dannatamente orgoglioso, o arrogante, riuscirei ad ammettere, almeno con me stesso, che ciò che mi tiene sveglio, ciò che mi impedisce di chiudere gli occhi e addormentarmi è un latente quanto opprimente senso di colpa. E’ proprio così. Non è un macigno che mi pesa sulle spalle e che non mi permette di pensare ad altro se non a quel peso, no, è qualcosa di più insidioso e forse anche più doloroso. E’ uno spillo sottilissimo impiantato nello sterno; non sempre lo sento, non sempre si fa sentire; ma so che c’è, è lì. Non so nemmeno prevenirlo, arriva e basta. Può arrivare in un momento di assoluta noia, quando sono chiuso nel mio studio, o quando sono seduto a tavola, con la mia nuova famiglia, oppure quando sono totalmente immerso in Narcissa. Arriva questo dolore acuto, pungente e io me ne resto immobile, sbigottito; arriva e si porta via tutti i miei pensieri, le mie idee, le mie aspirazioni.

 

Se fosse quel tipo di senso di colpa simile a un peso insostenibile che ti grava sulle spalle e tu veramente non puoi far altro che pensare ad esso per tutta la tua giornata, sempre, be’ uno si regola e  decide che forse è meglio mettere fine alla sua miserabile vita. Ma il fatto è che io questa colpa la sento da quando sono nato e in un certo modo sono riuscito a renderla latente, camuffarla dietro una serie di azioni, parole e pensieri. Ne sono divenuto l’involucro e allo stesso tempo l’incarnazione. Tuttavia ultimamente, di preciso dall’arrivo del mio primogenito e dei suoi pianti, questa lama si fa sentire più spesso, forse in maniera meno acuta ma molto più prolungata.

 

Vi starete chiedendo chi o che cosa abbia causato questa colpa, credetemi: non lo so. Ci sono nato, ecco; è qualcosa di atavico, che sento, prescinde da me, dalla mia famiglia; una sorta di peccato originale. Vorrei dire che mi sta corrodendo dentro, che mi sta portando alla morte, ma mentirei. Io e questa colpa siamo un’unica cosa inscindibile, qualcosa che mi porterò sul letto di morte, ma questa non arriverà per mano mia, ne sono certo.

 

Narcissa dorme accanto a me, lei è così tranquilla e serena. Con i suoi capelli biondi sparsi sulla cuscino, la bocca carnosa e gli occhi grandi; sembra un’eterna ragazzina, anche se pure lei si sta avvicinando ai trenta. Abbandono quel caldo giaciglio delle sue braccia voluttuose per addentrarmi in un freddo corridoio del maniero verso mio figlio. Mio figlio. Non avei mai creduto che questa parola fosse così dolce. Eppure per quanto io sia stato sempre consapevole che avrei dovuto dare alla luce un figlio, ero stato abituato sin da piccolissimo a questo, per portare avanti il nome Malfoy, mai avrei creduto che l’arrivo di un bambino potesse sconvolgere tanto la mia vita. Quando avevo sposato Narcissa il pensiero di un figlio era solo un’idea estremamente astratta, vedevo un bimbo in fasce senza volto e nemmeno senza nome, se non Malfoy. Ma all’improvviso l’idea si è concretizzata e non c’è nulla di più destabilizzate di quando un immagine nebulosa della mente diventi improvvisamente realtà.

 

Draco, nome che ha scelto Narcissa un mese prima della sua nascita, non chiedetemi dove salti fuori, spero solo che non sia il nome di qualche suo amore impossibile, Malfoy, vorrei dire di averglielo scelto io questo cognome, ma i cognomi non si scelgono, è capitato e basta come a me.

Ora riposa nella sua culla, sotto le sue copertine di cotone bianchissimo. Guardandolo non riesco a non chiedermi perché questo bambino possa aver risvegliato il mio senso di colpa. Perché, Draco? Sei tu che mi tormenti ultimamente?. Forse non sei contento di dove sei capitato? Forse volevi essere un altro bambino? Mi fai una colpa di essere quello che sei? Ebbene, forse è meglio se getterai su di me tutte le tue colpe così che tu potrai vivere libero, se non felice almeno sereno.

Ma ti prometto che ti sto costruendo un futuro nuovo, migliore. C’è questo mago, molto potente, lui renderà il nostro mondo un posto fantastico, pulito, ordinato. Ti prometto che aiuterò questo mago in ogni modo possibile, anche a costo della vita. Per te e per il tuo domani. Perché anche tu non debba fare questa promessa a tuo figli. Per espiare tutte le nostre colpe, Draco.

 

E dopo un’ultima occhiata nella culla, lentamente me ne ritorno nella mia stanza, nel mio letto, nell’abbraccio di Narcissa. Domani ho molto lavoro da sbrigare, ci sono diversi piani che devono essere messi in atto e ancora un’ipocrita facciata da mantenere perché c’è ancora qualcuno che non crede nei miei stessi ideali. Non fa niente, un giorno si renderanno conto di quanto noi avessimo ragione e quel giorno, so per certo, è vicinissimo.

 

 

 

 

  
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