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Autore: Camelia Jay    25/02/2010    5 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Eheh (non fucilatemi per quello che ho scritto!!!!! XD)

Capitolo decimo

Che significava, tutto questo? Insomma, era un periodo decisamente “no”, dove se stavo male per qualcuno dovevo per forza parlarne con qualcun altro e… in questo caso quel “qualcun altro” era Kyle. Adesso i ruoli si erano un po’ invertiti, insomma. Però, in tutto questo tempo, ho cercato qualcuno che mi stesse vicino, prima Jonathan, adesso invece c’è anche Kyle e a volte anche Sharon… ma alla fine nessuno di questi tre viene da me per dei consigli, o per essere appoggiato. Alla fine sembra che nessuno dei tre abbia bisogno di me. E io mi sento sola.

Almeno se Kyle mi avesse dato qualche dimostrazione, forse lì sarei stata un po’ più felice. Il punto era: cosa doveva fare? Non mi bastava che si aprisse con me, no, io volevo qualcosa di più, ma non sapevo cosa. Mi ripetevo in continuazione che era solo un amico. Un amico speciale.

Quel giorno a scuola Kyle non si presentò, e mi preoccupai senza una valida ragione. Poteva aver avuto qualsiasi cosa, un semplice raffreddore o non aveva semplicemente voglia di venire a scuola… però era sempre una scusa per sentirlo.

Fortunatamente stava bene, aveva solo avuto una visita, ma era un’altra prova, quella, che nonostante il poco tempo che ci conoscevamo, mi ero legata a lui talmente tanto che non riuscivo più a staccarmi dalla mente il suo pensiero, mentre a lui sembravo totalmente indifferente, e ciò mi faceva male. Una parte dei sentimenti che provavo per lui, evidentemente, mi erano ancora ignoti. Stavo lì in bilico, tra l’amicizia e un sentimento più grande.

Il campanello di casa suonò. Sperai con tutto il mio cuore che fosse uno dei due, ma tanto era (di nuovo) mercoledì pomeriggio, chi poteva essere?

Aprii io la porta, siccome ero da sola in casa, e appena lo vidi lì con la chitarra sotto braccio gli saltai addosso.

– Allora…? Come stai? – mi preoccupavo per lui molto di più di quanto non si preoccupasse lui per sé stesso.

– Tutto bene, dolcezza.

E mi scompigliò i capelli, rimandandomi al ricordo di Kyle una settimana prima che aveva fatto la stessa cosa, ma i due lo facevano in modo completamente diverso.

Andammo in camera mia, iniziando a provare, ed era uno di quei momenti, il mercoledì pomeriggio, che con Jonathan mi godevo pienamente. Anche se lui era ancora un po’ diverso, non ancora del tutto “guarito”. Lo guardai nei suoi occhi quasi da bambino, perché in fondo sì, lui era ancora un bambino.

– Sicuro che adesso vada tutto bene?

Lui sorrise al suono della mia voce, poi andò a cercare il testo di una canzone che voleva farmi provare, senza rispondermi.

– Okay… – sussurrai, ma sicura che lui avesse sentito. Tornò davanti a me, squadrandomi, gli vidi in viso uno strano sorriso, poi, come se non riuscisse a sostenere il mio sguardo, fissò altrove.

– Non sai, quant’è difficile trattenermi in questo momento.

In che senso? Cosa voleva dirmi? Voleva dirmi tutto?

– E allora? Apriti con me, no? Sono qui apposta, in fondo…

Lui sghignazzò, dicendo, infine:

– Davvero lo vuoi?

– Sì!

Peccato che intendevamo sue cose diverse. Era tutto un equivoco, io avevo capito che doveva dirmi qualcosa, ma le sue intenzioni erano altre. Non era ciò che mi voleva dire, ma ciò che voleva fare.

Si avvicinò, lentamente, prendendomi, tenendomi le braccia, quasi non mi volesse far scappare, il cuore che sobbalzava, che voleva fare, che voleva fare, che cosa diamine stava facendo?!

Le nostre bocche si sfiorarono, si toccarono, si unirono. O meglio, la sua si unì alla mia. Io, sconvolta, non riuscivo a realizzare cosa stesse succedendo.

In mezzo secondo capii tutto ciò che c’era da capire: io per Jonathan ero solo un ripiego, per di più ero più piccola di dieci anni, ragione in più per pensare che mi stesse solo usando per divertimento, ciò che mi stava profondamente deludendo, e la cosa che finalmente capii maggiormente, che volevo capire da un bel po’, era che mi rendevo conto che in realtà Jonathan mi piaceva, e molto. Non importava se ero un ripiego, quel bacio che mi stava regalando, non me l’avrebbe probabilmente dato mai più. Tuttavia, una parte di me desiderò che ci fosse Kyle al suo posto. Ciò andava completamente contro tutto il resto dei miei pensieri, per me Kyle era solo un grande amico, ma poteva una grande amicizia nascere in così poco tempo? No, ecco qual era il problema. Un’amicizia si costruisce passo per passo, non tutta in una volta. Allora cos’era, cos’era…? La verità era che in quel momento ero combattuta fra due ragazzi, uno di un’età spropositata in confronto alla mia, l’altro di cui non sapevo nulla, solo che adoravo quando sorrideva e mi abbracciava, e quando mi perdevo nei suoi splendidi occhi blu.

Lui si staccò, il mio cuore che pompava a più non posso. Il mio primo bacio lo avevo buttato per soddisfare un capriccio del mio migliore amico ventiquattrenne.

– Scusami, scusami, scusami per favore…

Immediatamente mi abbracciò, stringendomi forte, ma non c’era lo stesso calore che sentivo tra le braccia di Kyle. Questa cosa faceva differenza. Io ovviamente ero senza parole.

– Oddio, ti prego Jen scusami non volevo… è che io in fondo ti considero una della mia stessa età…

Mi staccai da lui, leggermente afflitta:

– Non importa… non farmi certe cose se ti servo solo come ripiego…

La verità era che aveva solo bisogno di un bacio… che cosa inverosimile…

– Già… scusa, non farti delle illusioni inutili, lo dico per il tuo bene.

E mi accarezzò il viso, sussurrandomi continuamente che mi voleva bene. Il casino però ormai l’aveva combinato, e io dovevo subirne le conseguenze: come facevo a non farmi delle illusioni? Era più forte di me.

Volevo farlo andar via, ma ci pensò prima lui a togliersi di torno. Gli promisi che non avrei detto nulla alla mamma, e che dovevamo dimenticare questa faccenda. Era il ragazzo più immaturo che avessi mai conosciuto, e mi aveva creato in testa una gran confusione.

Poco dopo suonò il telefono, non potevo credere ai miei occhi: era la prima volta che Kyle mi chiamava. E, dopo tanto tempo, mi sentì parlare di nuovo con voce sgomenta:

– Pronto…?

Non ascoltai ciò che mi stava dicendo, stavo solo capendo il loro senso. Succede, uno non ascolta però le informazioni gli entrano comunque nel cervello.

Aveva per caso intuito che avevo voglia di vederlo o era una pura casualità? Ero confusissima in quel momento. Ma se vederlo avesse significato confondermi ancora di più, l’avrei fatto lo stesso. Così, un po’ sollevata, accettai la sua proposta di farmi un giro con lui, sempre nel tratto tra casa sua e la mia, e me ne uscii il più curata possibile in quel momento, con il mio giubbotto nero e gli stivali che usavo per saltellare nelle pozzanghere come una bambina piccola. Una bambina piccola e confusa.

Lui era lì, di fianco a me, e io che nemmeno riuscivo a sostenere il suo sguardo. Mi sentivo malissimo, come se gli avessi fatto un grande male. Mi sentivo, nella mia testa, come se l’avessi tradito. E lui che non sapeva niente. Oggi le parti si erano invertite, io ero depressa, mentre lui ogni volta che mi guardava sorrideva. Però notò che avevo qualcosa di strano. Quasi subito.

– Ehi, Jenice che cos’hai? – disse in tono dolce, un tono che mai gli avevo sentito usare. In quel momento pensai tante cose, ecco Kyle, tira fuori la parte morta di te, ad esempio, la parte che non hai mai mostrato per due anni…

Ci sedemmo su un muretto, la luce fioca del sole ci riscaldava. Come potevo fare a dirglielo? Avevo talmente tanta voglia di sfogarmi con lui per l’ennesima volta, ma non sapevo come fare…

Quando però appoggiai semplicemente la testa sulla sua spalla, poi con la mano sinistra gli strinsi la manica del giubbotto, me ne fregai del trucco, e le mie lacrime scesero giù per il suo braccio.

Aaaaah ed eccovi servito un assaggio JenicexJonathan… ma pensate durerà? Scopriamolo nel prossimo capitolooooo! Commentate ;)

Comunque anch’io sono molto impegnata nello studio in questo periodo… tanto che non sono riuscita a studiare storia x la verifica di ieri!! Il prof mi ha beccato con il libro sotto al banco O.O fortunatamente l’ho scampata, ma quasi quasi gli avrei detto “Prof scusi, ma a che mi serve il libro sotto al banco se ho già i bigliettini e le fotocopie pronte sotto la verifica?!?!?!?!” =P ;) xDxDxD Bye Bye…

   
 
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