Salve! Prendo in prestito solo queste poche righe
iniziali, tanto per puntualizzare che…
E’ passato talmente tanto tempo dall’ultima volta
che mi sono trovata qui, da provare ansia come se fosse la prima. “Farewell to arms”,
ovvero “Addio alle armi”, è un racconto diviso in cinque, sei parti, che nasce
originariamente come one-shot, diventando man a mano
qualcosa di più consistente e, forse, di piuttosto noioso. In ogni caso, e in
qualunque direzione vada il vostro giudizio, il disclaimer
eccolo qua:
Harry
Potter e tutti i personaggi sono di proprietà di J.K.
Rowling, a lei va imperituro il mio affetto e la mia stima. Il titolo è
liberamente tratto dal meraviglioso, toccante romanzo di H. Hemingway. Suo è anche
l’incipit che avete letto, con qualche variazione.
Dedicata a Emily Doe
che non credo leggerà mai questa ficci,
anche se mi piacerebbe sapere cosa ne pensa del mio
nuovo ‘orientamento di coppia’…
Farewell to arms
Di Ginny85
Parte Prima
– December Snow
23 Dicembre.
La neve fitta scendeva su una Londra cristallizzata nel traffico e nelle
frenesie degli ultimi acquisti. L'aria era fredda, eppure le strade e i parchi
pubblici brulicavano di vita, bambini e canti.
Osservavo tutto questo dalla finestra stregata del mio minuscolo ufficio.
L'incantesimo mi permetteva di vedere l'esterno in tempo reale nonostante il
Ministero della Magia si trovasse parecchi metri sotto terra. In fondo non mi
interessava nulla della città e della sua vita pulsante. Mi avevano già fissato
i turni di guardia per tutte le sere future, compresi i festivi, e non provavo
alcun desiderio di festeggiare.
Da due anni la mia vita scorreva per forza d'inerzia, completamente assorbita
dal lavoro di Auror - in quei tempi difficili un impegno
non da poco - e dagli studi per diventare giornalista. Come se dovessi
confermarlo a qualcuno in particolare, mentre lasciavo a passo svelto l'ufficio
mi ripetei che non avevo tempo, né voglia, di occuparmi di queste babbanate.
E poi, come se non bastasse, quella mattina il comandante mi aveva dato una
notizia sconvolgente, la peggiore che avessi mai ricevuto. Mi corressi
praticamente subito. La peggior notizia dopo quella che mi avevano dato due
anni prima, sulla soglia ghiacciata di casa.
Non potevo credere che avessero scelto proprio me per un simile incarico. Era
un paradosso, considerati i miei non trascurabili precedenti con il soggetto in
questione, e dovevo ammettere che il tutto suonava pure abbastanza ironico.
"Mi auguro che tu abbia una giustificazione più che valida per
questo" proclamai, entrando a passo di marcia nella stanza
Mi fermai di fronte alla scrivania del mio superiore, anche se raramente
ricordavo di trattarlo come tale. Lui, che se lo doveva aspettare, mi fissò
incuriosito mentre gli sventolavo con forza di fronte al naso la pergamena
recante lo stemma ministeriale. Poche righe, la descrizione di una missione
delicata ma non troppo difficile per un Auror della
mia esperienza: due anni nel Dipartimento Scorte e Programmi di Protezione
Testimoni del Ministero della Magia. Quello che mi riusciva impossibile da
comprendere, e lo dissi ad alta voce anche al capo, era perché avessero scelto
proprio me.
"Evidentemente all'attuale Ministro della Magia non manca una certa dose
d'ironia" conclusi, fredda. "Si può sapere perché al Ministero non
s'informano prima di affidare le missioni? Non so, un'occhiata rapida agli
archivi, un'indagine preliminare, farebbero di certo comodo."
"Cerca di capire. Si tratta di un ordine diretto del Ministro. Sai bene
che lui è uno dei suoi collaboratori più stretti e di recente gli è giunta più
di una minaccia di morte..."
"E' comprensibile che un vigliacco come lui voglia salvarsi la pellaccia,
ma perché interpellare proprio me?" ribattei. "I miei rapporti parlano
chiaro. Tutti conoscono la storia: le angherie, i tradimenti, per non parlare
dell'attacco del dodici novembre e il processo che ne è seguito..."
La sua espressione si rabbuiò, e io mi morsi le labbra. Se c'era una cosa che
avevo sempre odiato di me stessa, era la facilità con cui diventavo crudelmente
schietta.
Mortificata, fissai il mio superiore temendo uno scoppio d'ira. Ma lui si
limitò a fare un debole sorriso nella mia direzione, comprensivo.
Rincuorata presi ad agitare le braccia nell'aria:
"Insomma, ci odiamo dai tempi di Hogwarts e non
è un mistero che ci prenderemmo volentieri a Schiantesimi."
"Non posso aiutarti con un ordine diretto del Ministro, mi dispiace"
fu il commento poco partecipe del mio interlocutore.
Trasecolai.
Erano tutti contro di me, dunque?
"Capo, mi dici come possono sperare che salvi la vita a qualcuno che sai
ucciderei volentieri con le mie stesse mani?"
Cadde il silenzio, interrotto solo dal tamburellio delle dita del comandante
sul legno di noce. Poi quest'ultimo scrollò il capo.
"Credimi, anche a me non piace questa storia. Capisco cosa provi, ma non
possiamo farci nulla. Tu sarai la scorta del presidente della Malfoy & Co. da domani e finché si riterrà necessario.
Diventerai la sua ombra, seguendolo sempre e dovunque. Nel frattempo dovrai
anche scoprire chi è che sta cercando di ucciderlo, e possibilmente evitarlo."
L'ultima parola venne enfatizzata da un tono più ironico. "Per la cronaca,
strangolarlo nel sonno non rientra nell'incarico."
Sospirai. Era impossibile. Conoscevo i miei limiti, sapevo quando dovevo
abbassare la testa e accettare gli 'ordini dall’alto'.
"Lo so benissimo. Tranquillo, tu mi conosci. Quando si tratta di
lavoro..."
"...il lavoro viene prima di tutto il resto" concluse rivolgendomi un
sorriso Harry Potter, un sorriso che soltanto per un attimo diradò il velo di
tristezza dietro i suoi occhi verdi. Sembrava invecchiato enormemente in quegli
ultimi anni.
"Sono sicuro che farai come sempre un ottimo lavoro, Hermione."
"Vorrei poterne essere altrettanto sicura" borbottai, congedandomi
dal comandante degli Auror.
***
Intendiamoci, apprezzavo la fiducia del mio comandante nonché mio migliore
amico, ma in qualche modo intuivo che questa storia di dover aiutare Draco Malfoy si sarebbe rivelata
tutt'altro che gradevole. Continuavo a chiedermi chi potesse aver fatto il mio
nome al Ministro per affidarmi la missione.
Percorsi l'intero corridoio rimuginando su questa cosa. Ricordavo fin troppo
bene chi erano i Malfoy e cosa avevano fatto a tutti
noi, specialmente a Harry. A dirla tutta non riuscivo proprio a concepire la
sua tranquillità in merito.
Se pensavo che solo due anni prima, quella terribile notte di ottobre, il nome
di Malfoy era echeggiato nell'aria densa di morte,
insieme a quelli di decine di altri suoi compagni, tra le grida di dolore e
sofferenza dei superstiti che difficilmente avrebbero dimenticato quello
scempio… lo scempio dei Mangiamorte, dei servi di Colui-che-non-deve-essere-nominato… mi veniva un nodo alla
gola e una forte nausea.
Un serpente. Un traditore. Un assassino.
Questo era Draco Malfoy, lo
sapevano tutti. Dunque, perché aiutarlo? Se i Mangiamorte
avevano deciso di farlo fuori, c'era da augurar loro che ci riuscissero quanto
prima.
Percorsi l'infinito corridoio del terzo piano, la mente infestata di pensieri,
fino a raggiungere l'ultima porta sulla destra. L'ufficio del Ministro della
Magia.
Bussai, attendendo di essere ricevuta. Quando mi fu risposto 'Avanti' entrai,
chiudendomi la porta alla spalle.
"Buongiorno, signore. Mi ha fatto chiamare?"
"Vieni, vieni pure avanti Granger. Grazie per
essere venuta."
Come se avessi scelta… pensai
sarcastica, restando sull'attenti.
"Sono pronta per iniziare la mia missione, Ministro."
L'attuale Ministro della Magia si sfregò soddisfatto le mani paffute. Era un
tipo viscido e ambiguo. Non trovavo altri aggettivi per descriverlo. Non mi
piaceva affatto. Ma evidentemente tutti gli altri lo trovavano perfetto per
quel ruolo, visto che era già al suo secondo mandato.
"Benissimo, benissimo" ripeté, rivolgendo la sua attenzione altrove.
"Lei è una dei nostri migliori Auror, è davvero
in gamba, te ne accorgerai. Grazie a lei cattureremo presto gli uomini che ti
vogliono morto."
Percepii, più che vedere, il sorriso tagliente della persona a cui si stava
rivolgendo il Ministro.
Fui presa alla sprovvista, accorgendomi solo in quel momento che c'era qualcuno
seduto sul divano.
Quando parlò, scoprii con un moto spiacevole allo stomaco che la sua voce era
rimasta la stessa, viscida e fredda, dei tempi della scuola.
"Lo spero caldamente, Ministro. Non vorrei ritrovarmi in una situazione
difficile e vedermi costretto a difendere lei, anziché viceversa."
Dannato, piccolo serpente codardo…
Mi voltai rapida scoccandogli un'occhiata funesta che sperai manifestasse
pienamente i miei sentimenti. Non potevo fare altro per palesare il mio odio.
Ingaggiare una lite nell'ufficio del Ministro, con il Ministro presente, non mi
avrebbe certo aiutata nella mia ascesa di carriera.
Mi costrinsi a restare calma, professionale e del tutto indifferente ai freddi
occhi grigi che mi osservavano, divertiti, da quel divano.
Nel frattempo il Ministro si era lanciato in un resoconto degli ultimi
avvenimenti accaduti, e che li avevano persuasi dell'esistenza di un complotto
ai danni del facoltoso mago.
Ascoltai, essendone costretta.
Il primo attentato alla vita di Draco Malfoy risaliva a due settimane prima. Ne erano seguiti
altri due in rapida successione e la dinamica era stata più o meno la stessa:
un Mangiamorte aveva preso le sembianze di uno dei
collaboratori del mago - il poverino, o meglio i suoi resti, erano poi stati
ritrovati in uno stretto vicolo non troppo distante - e aveva lanciato una
Maledizione senza perdono da una distanza di circa cento metri. Sbagliando
clamorosamente mira e uccidendo l'assistente personale di Malfoy.
Quando il Ministro definì l'evento una "triste e imprevedibile
coincidenza", dovetti fare appello a tutte le mie forze per non commentare
a gran voce che era fin troppo fortunata,
per essere una coincidenza! Quasi sospetta, anzi.
"Vorrei dirle che per me tutto questo è solo una ridicola sceneggiata,
caro Ministro, inoltre lei non si rende minimamente conto a chi sta stringendo
la mano."
Avrei voluto gridarlo a pieni polmoni, ma ovviamente ero solo una subordinata e
non avevo l'appoggio di nessuno, neanche del mio comandante.
"Sarà uno spasso lavorare insieme, Granger"
dichiarò Draco Malfoy,
facendomi incontrare per la prima volta il suo sorriso.
Calmo. Cattivo. Lo stesso sguardo che avevo sperimentato su di me già una
volta. Nonostante i miei sforzi, i ricordi non fecero fatica a riemergere dalle
nebbie delle memoria.
***
In pochi minuti, il campo antistante il castello di Hogwarts
si era trasformato in un campo di battaglia. La tormenta soffiava con violenza,
cancellando il paesaggio della Foresta Proibita all'orizzonte. Da ore la neve
precipitava dal cielo. Il rosso del sangue imbrattava il prato, mescolandosi
col bianco. Decine di corpi esamini erano sparsi un po' ovunque, sul perimetro
del parco. Un centinaio di metri più in là, sull'ex-campo di Quidditch, l'inferno era ancora in corso.
Incantesimi di ogni genere e intensità si libravano nell'aria carica di grida,
il cielo attraversato da lampi come fuochi d'artificio in una notte di festa si
accendeva a intermittenza di rosso, verde e viola. Forti esplosioni facevano
regolarmente vibrare il terreno, riempiendo l'aria di fumo grigio e nauseante.
Hermione Granger, nominata Auror da appena due mesi, si faceva freneticamente strada
tra guerrieri duellanti, cadaveri e Anatemi Mortali. Affannata, scarmigliata,
una striscia rossa le attraversava la parte destra del viso, e un rivolo di
sangue scendeva da una ferita non troppo profonda sulla fronte. Bacchetta alla
mano, cercava. Cercava i suoi amici, i suoi compagni, cercava lui. Era spaventata, ma non troppo da
perdere la lucidità. All'attacco da parte di un oscuro incontrato sul cammino
rispose con pari impeto, ignorando il grido di sconfitta del suo avversario,
mentre caracollava a terra privi di sensi.
"Hermione!"
Qualcuno la chiamò nel turbine di vento, neve e sortilegi che impazzavano
nell'aria.
"Dove sei? Dove sei?" gridò con quanto fiato aveva in gola,
girando su se stessa per capire la direzione della voce.
La battaglia era al suo culmine, Auror e Mangiamorte formavano una massa unica e informe. Combattere
o soccombere.
Non vedeva nulla, la neve ghiacciata le finiva negli occhi, facendoglieli
bruciare. Fu solo grazie ai suoi sensi sviluppati dall'addestramento che si
accorse della figura alta e scura che le stava venendo incontro. L'impatto fu
meno violento di quanto sarebbe stato se non avesse intercettato in tempo
l'arrivo del nemico. Hermione rotolò sul terreno, si
rimise in ginocchio praticamente subito, mantenendo per tutto il tempo salda la
presa sulla sua bacchetta.
Ma un'altra bacchetta era puntata contro la sua faccia adesso. Il suo
avversario era in piedi e la sovrastava, avvolto in un mantello nero. La teneva
a tiro d'incantesimo. Il cappuccio gli era sceso sulle spalle nello scontro
fisico, rivelando un volto magro e affilato, ancora molto giovane, pallido come
la neve che vorticava attorno a loro.
Draco Malfoy.
Hermione Granger lo
riconobbe subito, scandendo il suo nome, e con la stessa rapidità seppe che era
la sua fine.
"Se devi uccidermi fallo in fretta" dichiarò, senza staccare gli
occhi da quelli di ghiaccio.
Lui la studiò per qualche istante, apparentemente senza riconoscerla. Sembrava
sconvolto, respirava affannosamente. Ciocche bionde gli si riversavano sul viso
sudato in maniera casuale e disordinata. La bacchetta si mosse tra le sue dita,
vibrando, ma dalla punta non scaturì alcun Anatema Mortale. In Hermione accelerò il ritmo del respiro. Come mai esitava?
Poi, uno schianto a pochi centimetri dalla testa di Malfoy
spezzò quel duello di sguardi.
"Hermione!" Un altro Auror
stava correndo verso di loro, la sua bacchetta sputava incantesimi con caotica
irruenza.
Malfoy si voltò con un guizzo del mantello e con un
ultimo sguardo indecifrabile dietro di sé entrò nel cuore della battaglia,
scomparendo.
Hermione rimase immobile sulla neve, la schiena
frustrata dal vento. Un istante dopo, il mago che aveva lanciato l'incantesimo
la raggiunse e la trascinò con sé, molto lontano dalla battaglia.
***
Ribollivo di rabbia. La riunione con il "presidente" - quel titolo
affiorò con automatico sarcasmo nella mia mente - e i suoi collaboratori stava
durando più di quanto mi era stato detto, ed ero ormai stanca di attendere
fuori dal corridoio.
Io, trattata come una qualsiasi impiegata.
"Ma chi si crede di essere?"
Andavo avanti e indietro come un leone in gabbia, sbuffando, sotto lo sguardo
sdegnato della segretaria personale del Presidente della Malfoy
& Co, una strega bionda dalla bellezza scandalosamente mozzafiato, la quale
evidentemente riteneva del tutto increscioso il mio comportamento.
Con chi si crede di avere a che fare?
pensai nervosa. Non sono certo la sua
assistente che può mollarmi qui a suo piacimento!
Ancora una volta mi ritrovai a soppesare la missione assolutamente
inaccettabile che mi era stata imposta.
Proteggere un uomo che in passato era stato catturato e processato come Mangiamorte. Assolto per insufficienza di prove, a detta
loro. O per corruzione della maggior parte dei componenti del Wizengamot, avrei detto io senza esitazione.
Restava comunque il fatto che Draco Malfoy era coinvolto nell'attentato del dodici novembre di Hogwarts, e adesso era libero, sì, ma minacciato di morte
dai suoi ex compari. Evidentemente durante il suo breve soggiorno ad Azkaban si era lasciato sfuggire qualche nome di troppo,
chissà…
Una risata sardonica mi ribolli’ dentro. E poi si va
a dire in giro che la vera giustizia non esiste. Peccato che un ordine diretto
del Ministro della Magia mi vedeva costretta a difendere la vita di un
individuo come Draco Malfoy,
in caso di tentata attuazione di quella giustizia.
"Adesso basta" annunciai e marciai verso la porta.
"Signorina, non può…" cominciò a dire la segretaria con voce piccata.
Bussai con energia, una, due volte. Poi, senza attendere un invito e ignorando
gli spropri dell'impiegata, spalancai la porta entrando con l'irruenza di una
fiera nella stanza. Glissai volontariamente sull'esplosione di lusso esagerato
della sala e la dozzina di paia di occhi che si posarono, simultaneamente, su
di me.
Evitai perfino gli sguardi decisamente malevoli di quei maledetti ruffiani, per
lo più ex-maghi oscuri, ne ero certa.
"Scusate l'intrusione signori" parlai secca. "Ma il signor Malfoy ha un appuntamento importante ed è già in
ritardo."
Sotto il mio sguardo eloquente, vidi il mago in questione ricambiare con
un'espressione perplessa, più che irritata, insieme ad una lieve innalzarsi di
sopracciglia. Poi, senza dire nulla, lasciò il suo posto recuperando il
mantello dalle mani di un servile impiegato.
"Per fortuna la mia collaboratrice è giunta a ricordarmi i miei pressanti
impegni" disse ai presenti, con fredda cortesia. Alzò gli occhi chiari su
di me. "Signorina Granger, vuole essere così
gentile da raccogliere i miei documenti sulla scrivania?"
E prima ancora di ricevere una risposta qualsiasi si congedò dalla riunione
lasciando a passo di marcia la stanza.
Una volta fuori dalla sala, la sexy segretaria bionda lo bloccò con voce
accalorata.
"Presidente, ho qui quei documenti che dovrebbe firmare…"
"Non ora, Karen. Facciamo così, me li porterai tu tra quaranta minuti nel
mio ufficio, insieme a una tazza di caffè. Oh, e ovviamente mi aspetterai lì
finché non sarò di ritorno."
Malfoy le ammiccò al di sopra della spalla destra,
senza smettere di camminare. La segretaria balbettò qualcosa d'incomprensibile,
che suonava come un 'sissignore'. Era arrossita visibilmente, un contrasto
orribile con i suoi capelli chiari.
Avevo assistito disgustata alla scena, facendo fatica a reggere quella montagna
di pergamene amministrative e plichi che il "presidente" mi aveva
ordinato senza alcun diritto di trasportare. Ciò mi fece montare di nuovo una
rabbia sorda.
Lo raggiunsi allungando il passo e mettendomi di fianco a lui.
"A parte che è sorpassato e patetico flirtare con la propria segretaria, è
ora che noi due chiariamo bene una cosa, Malfoy"
sbottai.
"Cosa vuoi, Granger?" domandò annoiato il
mago, avanzando a larghe falcate.
Alzai la voce, non disposta a nessun compromesso.
"Primo, non sono la tua collaboratrice, tanto meno la tua galoppina
personale, perciò piantala di trattarmi come tale in pubblico."
"Strano, credevo fosse questa la tua copertura" m’interruppe Malfoy, senza guardarmi in faccia. "Il Ministro non
vuole creare disagi per la presenza di un Auror
all'interno della sede, ricordi? Svolgere il ruolo dell'assistente non mi
sembra un lavoro tanto difficile, o forse per te lo è, Granger?"
"Quello che mi secca è che tu mi dia ordini" ribadii.
"Chiariamo un'altra cosa, allora."
Malfoy si bloccò all'improvviso, squadrandomi. Il suo
sguardo era talmente minaccioso che pensai stesse meditando di attaccarmi con
qualche incantesimo. Le iridi cosi’ chiare da
sembrare ghiaccio rovente, privi di emozioni. O forse no. Non erano
completamente atoni, notai. Una scintilla, una fiammella di un sentimento
antico, probabilmente odio, si agitava in quegli occhi, giù in profondità. Il
suo viso appuntito non era invecchiato neanche un po' con gli anni, a parte un
sottile strato di barba lasciata incolta sul mento.
E mi osservava come se volesse incenerirmi su due piedi.
Alzai il mento, sostenendo il suo sguardo senza che scalfisse la mia sicurezza.
"Il tuo unico incarico, Granger - per quanto
incredibile - è quello di evitare che mi facciano la pelle" sibilò Draco Malfoy, alitandomi in
faccia. "Per il resto puoi anche smetterla d'inciamparmi tra i piedi in
continuazione. Quindi gradirei la smettessi di intrometterti nel mio lavoro e
di rivolgermi la parola in presenza dei miei collaboratori. Sono stato
chiaro?"
Sgranai gli occhi.
"Inciamparti tra i…?"
Era il colmo. Ignorando i buoni costumi e il luogo in cui mi trovavo cominciai
a gridare.
"Come osi rivolgerti così a me, Malfoy?
Ricordati che sono un pubblico ufficiale e che se voglio posso
arrestarti!"
Il biondo scoppiò in una risata, allontanandosi di un passo da me.
Lentamente allentai la presa intorno alla bacchetta custodita nella tasca della
divisa, che le mie dita avevano stretto del tutto istintivamente.
"Non lo faresti mai, Granger. La tua
incrollabile moralità ti impedirebbe di arrestarmi per un tuo capriccio personale."
Punta sul vivo, abbassai il livello di voce ad un ringhio minaccioso.
"Scommettiamo? Ho abbastanza autonomia da decidere di abbandonare la
missione in qualunque momento, e in quel caso vorrei proprio sapere come ti
difenderai da un eventuale attacco."
"Immagino molto meglio di te, perciò accomodati pure. Anzi, se vuoi puoi
anche mandare un gufo per avvertirli" concluse il mago, voltandosi con uno
svolazzo impetuoso del mantello. "A proposito, già che ci sei riporta quei
documenti in archivio. Ah, e devono essere in ordine alfabetico."
E si allontanò, lasciandomi sola e vibrante di sdegno dalla testa ai piedi.
Il mio sfogo emotivo, pochi attimi dopo, fece sbucare dai vari uffici una
schiera di teste incuriosite.
"Malfoy, sei uno stupido idiota!"
***
La neve precipitava ancora dal cielo cupo, appesantita da cristalli di
ghiaccio sciolto che la rendevano più simile a pioggia ghiacciata.
Dopo ore di sangue versato e morte, sul campo antistante Hogwarts
la battaglia perdeva di ritmo e intensità. Da una e dall'altra fazione i
sopravvissuti erano rimasti in pochi, stremati elementi. Eppure, nessuno di
loro accennava a voler smettere di combattere per quello in cui credevano. A
intermittenza, nel buio, si accendevano ancora anatemi e incantesimi.
A pochi metri dal punto dove il cuore della battaglia ancora pulsava energico,
alle soglie ombreggiate della Foresta Proibita, una voce acuta di donna si
accese:
"Ti ho detto che non m'interessa se è pericoloso! Non me ne starò nascosta
come una vigliacca a vedere gli altri che combattono e muoiono, mi hai
capito?"
La ragazza gesticolava all'indirizzo del mago dai capelli rossi che bacchetta
magica alla mano la osservava esasperato, dando le spalle al campo di Quidditch. Ron Weasley sapeva fin
troppo bene quanto potesse essere cocciuta Hermione,
quando ci si metteva. Era proprio per questo che se ne era innamorato. Lei lo
sapeva, e ne era stata felice. Questo era successo prima che cominciasse
quell'inferno che li aveva portati a scontrarsi apertamente col Male in persona.
Lui tentò ancora di farla ragionare.
"Tesoro, ti prego, dammi retta. Voglio solo proteggerti. Non voglio che ti
facciano del male."
"Starò attenta che non me ne facciano. Sono un'Auror
addestrato, non te lo dimenticare. So badare a me stessa."
"Ma come devi dirtelo che non c'è bisogno che anche tu combatta? Dio
santo" imprecò Ron. "Possibile che voi donne non sappiate cosa sia la
cautela? Anche Ginny ha voluto a tutti i costi
seguire Harry in questa battaglia, siete delle folli, stupide…"
Stanca, pallida e sanguinante, Hermione esplose di
nuovo:
"Non chiamarmi stupida, Ronald!"
Una detonazione più forte delle precedenti invase con prepotenza l'aria. Hermione s'interruppe, cambiò espressione. Nei suoi occhi
sembrava non ci fosse più posto per nient'altro che la rabbia.
"Devo andare" concluse, oltrepassandolo.
"Ti ho detto di no!" disse Ron afferrandola con trasporto. Hermione urlò di dolore. "Possibile che tu non voglia
capire? Ti amo, non potrei sopportare di vederti uccisa!"
"Se mi ami devi anche rispettarmi!" ribatté lei.
"Hermione, aspetta!"
Ron le corse dietro, combattendo contro gli incantesimi che man a mano si
moltiplicavano, a volte sfiorandoli ma senza miracolosamente toccarli.
Fu in quel momento che una nuova violenta esplosione ruppe il cielo, straziando
il paesaggio. Hermione, più vicina al luogo
dell'impatto, perse l'equilibrio e con un gridolino cadde sulla neve. Ron
barcollò, raggiungendola poco dopo e inginocchiandosi al suo fianco.
Lei sentì il calore scaturito dal contatto della sua mano sulla schiena, un
gesto protettivo, o forse per trattenerla semplicemente dal muoversi.
***
Non dormii la notte successiva, ma non fu tanto per la nottata tempestata di
fantasmi del passato che in quel periodo avevano ripreso a tormentarmi, quanto,
evidentemente, la consapevolezza di condividere lo stesso tetto con l'ultima
persona che mi sarei immaginata; e non un tetto qualsiasi, bensì la tana del
serpente.
"Questa Harry me la paga" pensai ad alta voce, talmente esasperata
che avrei voluto piangere.
A nulla erano valsi, naturalmente, i tentativi di scongiurare quell'assurda
minaccia alla mia stabilità mentale. Il Ministro della Magia, e incredibilmente
anche Harry, erano stati irremovibili sul fatto che in qualità di Auror dovevo trovarmi costantemente e il più possibile
vicino al bersaglio per impedirne il ferimento, o peggio ancora, l'uccisione in
qualche nuovo attentato…
Ma per Merlino, addirittura dormire a
casa sua!
La pioggia aveva continuato a precipitare dal cielo per tutta la notte,
battendo sullo spesso vetro della finestra dai massicci ornamenti dorati. Fuori
era talmente buio da rendere completamente invisibile il paesaggio esterno, le
colline brulle che circondavano la sinistra proprietà dei Malfoy.
Ormai sveglia, mi rigirai nell'enorme letto a baldacchino che faceva maestosa
mostra di sé al centro della camera da letto tutta drappi e velluto bordeaux.
Immagini di quella notte di tanto tempo prima mi tormentavano ancora,
impedendomi di dormire. Il volto di Draco Malfoy andava e veniva nei flash, cosa che in effetti non
succedeva da tempo. Era in quei rari momenti che spesso mi ritrovavo a far
cadere la parete d'indifferenza e disinteresse che avevo sapientemente
costruito intorno a me col tempo, e un desiderio prepotente mi nasceva dentro,
annullando tutto il resto. Anche quella volta non fece eccezioni e nell'umido
abbraccio della notte mi lasciai andare, promettendomi scioccamente che fosse
l'ennesima, ultima volta.
Pensai a lui, pensai a quello che eravamo stati.
Due anni potevano essere un periodo di tempo infinitamente lungo se vissuto
lontani, con la crudele consapevolezza che, forse, qualcosa si sarebbe potuto
salvare di quel rapporto andato in frantumi.
Per un motivo talmente sbagliato, poi...
Diedi un pugno alle lenzuola. No, non potevo continuare a torturare me stessa
per quello che era stato. In fondo avevo fatto tanto per allontanare quei
ricordi da me: immergermi nel lavoro fino al collo era stata la più lenitiva -
anche se forse non salutare - delle cure.
Decisi che, trovandomi in un ambiente ostile e sconosciuto, avrei dovuto andare
un po' in perlustrazione.
Tanto più che disperavo ormai di riprendere sonno, inoltre avevo un disperato
bisogno di distrarre la mente.
Sgusciai via dalle calde coperte e infilai i piedi nudi nelle pantofole,
recuperando la vestaglia sulla sedia. Rabbrividii. Quel luogo era freddo e
inospitale, come diavolo facevano a viverci delle persone?
Il pavimento antico scricchiolò sinistramente sotto i miei passi, mentre
guadagnavo la porta della stanza che l'algida vecchia governante di casa Malfoy, la signora Princeton, mi aveva assegnato.
Uscii nel corridoio avvolto nelle tenebre.
Con la fedele bacchetta custodita in una delle tasche della vestaglia, percorsi
qualche metro verso quella che, se ben ricordavo, era la scalinata di pietra
che conduceva al piano inferiore del castello. Nel corridoio spirava una brezza
umida proveniente da chissà dove. Era completamente buio, fatta eccezione per i
candelabri a sette braccia che si alternavano lungo la parete, rischiarando il
corridoio di un aranciato funesto. La luce debole metteva in evidenza i
contorni vaghi dei quadri e delle fotografie appesi alle pareti.
Mi concentrai su una in particolare, che mi colpì. Non si trattava di una
fotografia, bensì di un ritratto. Ritraeva una bellissima donna seduta su una
poltrona. I suoi occhi erano chiari, in netto contrasto con il corvino dei
capelli ondulati, la carnagione bianca come porcellana antica. Teneva un
bambino in grembo, biondo e con la stessa pelle albina della donna; non poteva
avere più di un anno. Strinsi gli occhi. Aveva qualcosa di familiare, con quel
visino un po' imbronciato, gli occhi grigi… poteva essere un ritratto di Narcissa Malfoy e di suo figlio?
Eppure, se ben ricordavo, la madre di Malfoy era
bionda. L'aveva vista solo in poche occasioni, ma le ricordavo tutte fin troppo
bene.
All'improvviso un suono lungo e penoso echeggiò per il castello, simile al
gemito di un'anima straziata. Subito dopo ricadde il silenzio, un silenzio di
tomba.
“Malfoy.”
Lasciai stare il quadro, e feci dietrofront, superando di corsa la mia stanza.
Affidandomi alla memoria, giunsi di fronte a una porta più larga e dai fregi
più ricchi. Puntai la bacchetta contro la serratura e pronunciai: "Alohomora!" con tale irruenza che la
maniglia e parte della porta esplosero, andando in mille pezzi.
Irruppi nella stanza scavalcando i resti di legno e lì mi fermai, respirando
affannosamente l'odore pungente della polvere che avevo sollevato.
"Che diavolo è successo?"
La voce piccata di Draco Malfoy,
in piedi di fronte al letto e con indosso solo il pigiama senza la vestaglia,
mi lasciò un tantino disorientata.
"Allora?" disse il biondo, chiaramente seccato. "Non si usa più
bussare, Granger? Adesso le porte si fanno esplodere
direttamente?"
"Io…"
Mi guardai intorno, senza sapere che dire. Eppure qualcosa avevo sentito, e
proveniva senza dubbio da quella stanza.
Fingendo di non vedere lo sguardo inferocito del padrone di casa, feci quello
che credevo potesse essere una mossa professionale. Cominciai a controllare
ogni angolo della stanza, l'interno dell'armadio e perfino sotto il letto a
baldacchino, nella chiara ricerca di qualcosa, o forse qualcuno.
Qualcuno che, mi accorsi qualche attimo dopo, non era mai esistito.
L’arida risata di Malfoy mi scosse ancora.
"Sei preda di attacchi di paranoia, forse? Mi dici cosa speri di trovare
sotto il mio letto?"
Senza degnarlo della minima attenzione, proseguii imperterrita l'operazione.
Quando ebbi controllato fino al più piccolo anfratto della stanza, tirai fuori
la testa dal ripostiglio e mi ritrovai davanti il viso affilato e chiaramente
interdetto del mago che dovevo proteggere. Proteggere da cosa, poi? mi domandai
fissando quegli occhi ferini con disgusto. Era già abbastanza difficile
resistere alla tentazione di Schiantarlo ed eliminare così quell'espressione
fastidiosamente divertita dalla sua faccia.
"A cosa devo l'onore di questo tuo blitz notturno in vestaglia, Granger?" domandò Malfoy
curvando le labbra sottili e squadrandomi sfacciatamente.
Spalancai gli occhi e sentii l'ennesima ondata di nausea aggredirmi. Mi
allontanai velocemente come ci si allontana da qualcosa d’infetto.
"Oh nulla Malfoy, per un attimo ho sentito un
rumore e ho preferito controllare di persona che fosse tutto sotto
controllo."
"Che genere di rumore?" replicò lui accigliandosi.
Esitai, il suo tono non mi piaceva per niente.
"Un gemito, o almeno credo…"
"Non hai sentito niente di tutto questo, Granger.
Avrai sognato. Puoi anche tornartene nella tua stanza e soprattutto lasciare me
dormire!"
Il tono imperioso del biondo e la reazione esageratamente aggressiva mi
lasciarono frastornata. Tuttavia non avevo altra scelta che ubbidire.
Borbottando qualcosa circa l'ingratitudine di certi individui, lasciai la
stanza, senza neanche accarezzare l'idea di riparare la porta sfondata.
Che se lo facesse da solo.
***
"Allora Hermione, come va con il tuo
protetto? La missione procede bene?"
Lanciai a Harry uno sguardo prossimo all'odio. Terminai in tutta calma di
versare del caffè caldo da un bricco posto sulla mensola, ed infine risposi,
tagliente:
"Non è il mio protetto, Harry, fosse per me mi guarderei bene dal
salvargli anche un singolo capello. Ma finché non scopro qualcosa di più sul
mandante - o i mandanti - degli attentati, temo proprio che dovrò farmi piacere
quest'incarico."
Harry rise brevemente, accettando da me una tazza fumante. Feci il giro della
scrivania e mi accomodai a gambe accavallate sulla sua poltrona.
"E' davvero così odioso come ricordo?" chiese lui.
"Peggiorato, se conti gli anni e l'acidità fermentata… è un antipatico
presuntuoso. E credo anche che mi nasconda qualcosa."
"Parli di attività oscure?"
"Non lo so" risposi, sorseggiando in fretta il caffè e scottandomi la
lingua come mi succedeva sempre. "Ma stai pur certo che lo scoprirò."
M'interruppi, e incerta su quello che stavo per dire sollevai per un attimo lo
sguardo sul mio amico.
"Però avresti potuto dirmi che la sua famiglia è stata trucidata il dodici
novembre di due anni fa, nello stesso attentato in cui eravamo presenti tutti
noi…"
Harry fu chiaramente disorientato da quelle parole pronunciate con una certa
freddezza. In quel momento la sua espressione quasi da bambino smarrito
m’intenerì. Stava torturandosi senza tregua la fede all'anulare sinistro e
quella visione mi strinse il cuore.
"Scusami" mormorai, addolcendo la voce. "Non volevo essere
crudele, però non riesco a capire perché non me ne hai parlato… ieri notte ho
visto per caso il ritratto di una donna e un bambino piccolo a Malfoy Manor e mi sono
incuriosita su chi fossero. Così ho controllato negli archivi del Ministero,
stamattina presto."
Harry si appoggiò alla scrivania, sorridendo tristemente al fondo marrone della
sua tazza.
"Sarebbe servito a qualcosa metterti a conoscenza del fatto che Malfoy sembra essere il primo responsabile della morte dei
suoi?"
"Come?"
Non ero certa di aver compreso.
"Non può essere... credono che sia stato lui?"
"Durante le indagini è venuto fuori che la serie di incantesimi oscuri che
li hanno uccisi partirono dalla sua bacchetta. Del piccolo hanno trovato solo
pochi, miseri resti." Harry strinse i pugni con forza, facendo diventare
bianche le nocche. Per la prima volta, vidi baluginare nei suoi occhi verdi una
scintilla di collera. Il ricordo del suo straziante grido di dolore nella neve
mi attraversò come una scossa elettrica. "Tuttavia, secondo la sentenza
del Wizengamot, è stato uno sconosciuto a commettere
il duplice omicidio. Curioso, vero? Malfoy è stato
assolto da tutte le accuse, a quanto pare. La sua fedina penale è più immacolata
della nostra, al momento."
"E' davvero inspiegabile..." sospirai. "Ma non posso credere che
Malfoy sia stato capace di fare una cosa simile.
Sarebbe mostruoso, perfino per uno come lui."
Harry fece una smorfia scettica, come per replicare 'E chi può dirlo?'
Mi morsi le labbra. E io, ne ero davvero così sicura da difenderlo a spada
tratta? In fondo, Malfoy si trovava tra le file degli
oscuri, quella notte… una persona malvagia non fa distinzioni tra sconosciuti e
familiari, il suo odio trascende legami affettivi o d'amicizia. Non ha cuore,
perciò non sa cosa significhi amare qualcuno, proteggere qualcuno.
Ha portato via a Harry la sua vita,
quella notte...
Ebbi un flash improvviso, che mi causò un giramento di testa. La brulla distesa
di fronte a Hogwarts, una figura familiare accasciata
in ginocchio in mezzo alla neve che stringeva un corpo inerte tra le braccia,
gridando il suo dolore come mai avevo sentito prima… e noi che non potevamo
fare altro che guardare...
La voce calda di Harry mi riportò temporaneamente alla realtà.
"Il motivo per cui non te l'ho detto era per non suggestionarti
ulteriormente e renderti il compito più difficile" chiarì Harry.
"Spero tu comprenda la mia delicata situazione, Hermione."
Sorrisi per tranquillizzarlo.
"Va tutto bene, Harry. Non spetta a me indagare sugli avvenimenti del
passato di Malfoy e non ho alcuna intenzione di
farlo."
"A proposito, perché mi hai mandato a chiamare?" domandai dopo un po'
in tono più alleggerito. "Era solo per offrirmi un caffè?"
Harry si schiarì la voce e con un incomprensibile disagio, notai, cominciò a
spostare senza motivo apparente gli oggetti allineati sulla sua scrivania.
"Oh, niente di particolare in realtà" rispose nervosamente.
"Visto che almeno per un po' Malfoy è al sicuro
nell'ufficio del Ministro della Magia, volevo solo sapere come procedevano le
indagini. Tutto qui."
"Quel verme ti sta facendo pressioni perché risolva subito il caso,
vero?" domandai, sospettosa.
Harry scosse il capo, un po' stupito. "No, certo che no. Credimi, il
Ministro è entusiasta del lavoro che stai facendo."
"Anche perché fin'ora non è successo niente, logico che sia
soddisfatto" replicai sarcastica. "Grazie del caffè capo, ma se non
hai altro da dirmi adesso avrei da fare. Devo sistemare il mio ufficio, la convivenza
in casa Malfoy mi impedisce di tornare spesso da
queste parti…"
Mi alzai e andai verso la porta, facendo per aprirla. La voce ansiosa di Harry
cercò di fermarmi:
"Aspetta un attimo, prima devo dirti…"
Spalancai la porta, e nello stesso momento andai a sbattere contro il petto di
qualcuno che stava per entrare nella stanza.
"…una cosa importante" terminò Harry, rassegnato.
"Ahio." Sbottai portandomi una mano al
naso.
Ancora stordita, alzai gli occhi e per poco non mi lasciai sfuggire un grido.
Il nuovo arrivato si portò una mano dietro la nuca e con fare impacciato rise.
Un suono che conoscevo benissimo, un suono che non avevo sentito per due anni,
ma che mi raggiunse al cuore come uno sparo. I battiti accelerarono talmente in
fretta da tagliarmi il respiro.
"Ops, scusami tanto, Hermione"
mi sorrise Ron Weasley.
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Nda: Ai posteri l’ardua sentenza… per chi fosse
interessato, aggiornamento fra due venerdi’
(esattamente il 12 Marzo).