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Autore: Emma Bennet    26/02/2010    7 recensioni
A sei mesi di distanza dalla fine della Seconda Guerra Magica, le conseguenze di quest'ultima si facevano ancora sentire, e gravavano su tutti indistintamente, chi più chi meno. [...] Una donna piangeva, accasciata su una tomba, i capelli castani ingrigiti dall'età erano scomposti e disordinati, le spalle si alzavano e si abbassavano ritmicamente mentre, senza vergogna, la donna si struggeva per i suoi cari: senza dubbio, Andromeda Tonks era l'immagine esatta della disperazione. Narcissa si bloccò a quella visione, riconoscendo la persona che un tempo era stata sua sorella.
One-shot ambientata dopo i Doni Della Morte.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Back to Black'
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Keep Holding On


And it feels like the end, there's no place to go
You know I won't give in, no I won't give in
Keep holding on 'cause you know we'll make it through
Just stay strong 'cause you know I'm here for you


Narcissa Malfoy camminava lentamente per i viali alberati del cimitero, gli occhi lucidi, le mani strette l'una all'altra. Completamente vestita di nero, fatta eccezione per un girocollo di perle, al quale pendeva una B d'oro, i capelli biondissimi erano tirati in un rigido chignon, come a indicare la severità dell'occasione. L'espressione che aveva sul viso era quella di una donna matura, che conosceva il significato del dolore. Accanto a lei, camminava suo marito, Lucius Malfoy. Entrambi erano a testa alta, come solo i componenti della famiglia Malfoy potevano stare: regali, impettiti, gli sguardi tristi ma fieri, incuranti degli sguardi scioccati dei passanti, delle parole sussurrate ma non abbastanza, che erano costretti ad ascoltare ovunque si recassero. "Ma non si vergognano?", "Guardali... sembra che ne vadano fieri, di tutto il male che hanno fatto!", "Certa gente non la capisco proprio... ridicoli", "Mostri! Sono dei mostri!", "Sporchi Mangiamorte che non sono altro", erano solo alcune delle frasi che di solito udivano.
A sei mesi di distanza dalla fine della Seconda Guerra Magica, le conseguenze di quest'ultima si facevano ancora sentire, e gravavano su tutti indistintamente, chi più chi meno. Narcissa era l'unica persona che visitava la tomba della defunta Bellatrix Lestrange, una volta Black: sua sorella. Era stata cattiva, era stata perfida, era stata sadica, ma infondo era comunque stata sua sorella. E lei, Narcissa, pagava le conseguenze delle sue malefatte: veniva additata come la sorella della Mangiamorte più malvagia, nonchè moglie del braccio destro di Lord Voldemort. Alla fine, avrebbe voluto gridare a chi insinuava queste cose "Ma che ne sapete voi? Sapete che mio marito è stato privato della sua bacchetta, a causa di  Lord Voldemort? Sapete che mio figlio è stato quasi ucciso? Sapete di tutto il male che abbiamo dovuto passare anche noi a causa sua?". Perchè la verità era che non lo sapevano, non sapevano niente, ma avevano bisogno di un capro espiatorio: Lord Voldemort ora era morto, e qualcuno doveva pagare. Certo, avevano le sue colpe, ma lo stesso Harry Potter li aveva difesi, al processo, quindi era inutile starci a parlare su.
Persa nelle sue riflessioni, Narcissa fu richiamata da alcuni terribili singhiozzi, così disperati da mozzare il fiato, che la fecero voltare. Una donna piangeva, accasciata su una tomba, i capelli castani ingrigiti dall'età erano scomposti e disordinati, le spalle si alzavano e si abbassavano ritmicamente mentre, senza vergogna, la donna si struggeva per i suoi cari: senza dubbio, Andromeda Tonks era  l'immagine esatta della disperazione.
Narcissa si bloccò a quella visione, riconoscendo la persona che un tempo era stata sua sorella. Un'espressione di stupore le si dipinse sul volto, nel vedere il dolore dell'altra, e  in quel momento capì quanto era fortunata. Era vero, le persone la additavano e le parlavano dietro, aveva perso gran parte della sua dignità, molti dei suoi soldi e dei suoi averi erano stati confiscati dal Ministero, ma aveva ancora un marito che amava, un figlio meraviglioso e una bellissima casa. Andromeda Tonks, invece, non aveva più niente: in un breve lasso di tempo aveva perso il marito, per il quale aveva abbandonato la propria famiglia e rinnegato il proprio nome, una figlia, per la quale aveva lottato duramente, e un genero, a cui si era teneramente affezionata.
«Narcissa... vuoi...?»
Le parole di Lucius la fecero voltare verso il marito, rimanendo comunque in silenzio, aprendo e chiudendo la bocca senza emettere suono. Sì, avrebbe voluto correre dalla sorella che nonostante tutto amava ancora, ma come poteva? Erano passati anni dall'ultima volta che l'aveva vista, o anche solo parlato. Però, sentiva di doverlo fare, non perchè fosse un obbligo, ma perchè era una cosa che le diceva il cuore.
Si avvicinò alla donna con calma, rimanendo in piedi alle sue spalle. Andromeda si accorse di un'ombra dietro di lei, e si voltò. Aveva il volto gonfio dalle lacrime, gli occhi erano rossi e stanchi, e le guance arrossate risaltavano sulla carnagione pallidissima. L'espressione di sofferenza venne sostituita da un ghigno crudele, che la fece assomigliare ancora di più a Bellatrix. «Ma guarda un po' chi si vede... la cara Narcissa» la apostrofò, alzandosi, per poterla fronteggiare. Erano alte uguali, più o meno, solo un paio di centimetri rendevano la bionda più bassa.
«Mi dispiace» disse semplicemente questa. Per tutta risposta, l'altra stese le labbra in un'espressione dura, molto più che arrabbiata. «Cosa me ne faccio del tuo dispiacere? Non riporta indietro nè mio marito, nè mia figlia. Ma infondo per te va bene così, vero? E' meglio. E' meglio che siano morti. Erano solo degli sporchi mezzosangue! Non meritavano di vivere, vero, Narcissa?»
La donna si morse il labbro inferiore, a disagio. «No, Andromeda, non meritavano di morire. Io... ho sbagliato. Ma me ne sono accorta troppo tardi, e sei tu che paghi le conseguenze, ora»
Andromeda sorrise tristemente. «Appunto. E' troppo tardi» mormorò, prima di voltare le spalle e allontanarsi, a testa alta, come una Black sa e deve fare.


Qualche giorno dopo, Andromeda se ne stava rintanata nella cucina della sua villetta, un tempo' così luminosa e gioiosa, ora solo spenta. Come lei. Pioveva, fuori, a dirotto per lo più, un clima decisamente adatto allo stato d'animo della donna. A causa della Guerra aveva perso veramente ogni cosa, era sola come mai lo era stata. L'unico affetto che le rimaneva era suo nipote, Teddy, ancora troppo piccolo per capire davvero.
Quel giorno, il bambino era andato a trovare Harry, e avrebbe trascorso la giornata dal padrino. Solamente quando lui non c'era, Andromeda si concedeva di piangere e di deprimersi, per il resto, si sforzava di andare avanti, di ricominciare a vivere, o almeno fingeva di farlo. Era seduta nella poltrona preferita del marito, mentre in grembo teneva un pesante album fotografico, affianco a lei un bicchiere di Firewhisky, vuoto da tempo.
Ted rideva, cingengole la vita con un braccio, attirandola a sè, e sul proprio viso traspariva la felicità: radiosa, l'avrebbe in seguito definita il marito. Si ricordava di quando l'avevano scattata, quella: si erano da poco sposati, ed erano andati a vivere in quella graziosissima villetta gialla, che lei tanto amava. Stavano ancora finendo il trasloco, infatti sullo sfondo si scorgevano scatoloni vari, sparsi disordinatamente. Avevano passato due settimane a svuotarli tutti, a mettere a posto, a decidere cosa mettere  dove, eppure non era stato un peso, anzi. Era stato bello, e lo era stato perchè erano insieme. Andromeda voltò la pagina, sorridendo malinconica nel vedere un Ted  commosso che stappava una bottiglia di spumante: era stato quando gli aveva detto di essere incinta. Poco dopo, una cameretta rosa e bianca, arredata di tutto punto, faceva bella mostra di sè, la camera che sarebbe stata di Ninfadora. Accanto, una bambina scalciava e strillava, mentre i suoi capelli da rosa passavano a un indefinito color prugna. Ninfadora, a un mese circa, era terribilmente capricciosa: piangeva fin quando il padre non l'accontentava. Però era stata una brava bambina, la migliore di tutte. Una lacrima solcò una guancia oramai abituata al pianto, mentre la donna girava nuovamente pagina. Ninfadora che faceva il bagnetto, che dormiva, che rideva, che cambiava la forma del naso, che abbracciava il papà, che cresceva sotto i suoi occhi, fino alla foto del suo primo compleanno. Aveva indosso un adorabile vestitino giallo a pois bianchi, e perfino i capelli erano di un allegro color canarino. Soffiava su una torta al limone e alla panna, mentre la madre la teneva in braccio, facendo l'occhiolino all'obiettivo.
A interrompere il suo rivangare il passato fu il campanello. Chiedendosi chi fosse, Andromeda andò alla porta, tirando su con il naso, e fermandosi i capelli con un fermaglio marrone. Si trovò davanti un giovane alto e snello, slanciato ed elegante. I capelli biondi, appesantiti dalla pioggia, gli ricadevano sulla fronte in un modo tuttavia affascinante, gli occhi azzurrissimi, seri e vigili, la scrutavano. Se la donna rimase stupita, nel trovarselo davanti, non lo diede a vedere. Si fece da parte, facendogli un cenno con la testa.
«Entra, Draco»


Draco Malfoy se ne stava seduto su una sedia intorno a un massiccio tavolo in ciliego, aspettando che la padrona di casa gli servisse il tè. Andromeda arrivò con un vassoio di vetro, sul quale stavano due tazze bianche e azzurre, una graziosa teiera, un bricco per il latte, una zuccheriera e due fettine di limone, disposte su un piattino.
«Latte o limone?»
«Limone, grazie»
La donna trattenne un sorriso. «Come tua madre» osservò, spremendo il succo dell'agrume nella bevanda, per poi porgerla al ragazzo. Draco accettò la tazza, ringraziando, per poi portarla alle labbra. Andromeda versò una nuvoletta di latte nel proprio tè, poi si sedette di fronte al nipote.
«E' la prima volta che ci presentiamo ufficialmente» disse, soffiando per raffreddare il contenuto della propria tazza. «E' vero» concordò lui.
«Quanti anni hai ora? Diciassette?»
«Diciotto»
«Capisco». Andromeda lo fissò a lungo, facendogli un attento esame. «Direi che sei la perfetta copia dei tuoi genitori» disse, alla fine. E infatti, Draco aveva i capelli di una tonalità più scura di quella di Lucius, e più chiara di quella di Narcissa. L'azzurro degli occhi era quello della madre, ma erano velati dal grigio del padre. La pelle era diafana come la madre, e l'altezza e il fisico lo rendevano uguale a Lucius alla sua età.
«Anche tu somigli  molto al nonno e a Bella»
I lineamenti di Andormeda si indurirono. «Non ricordarmelo» mormorò, freddamente.
«Mi dispiace»
«Per cosa, Draco? Per avermi paragonato a mio padre e a mia sorella? Per essere venuto a conoscermi dopo diciotto anni? Per aver appoggiato l'uccisione di nati babbani e mezzosangue? Per la morte di mia figlia e mio marito a causa della vostra stupida, patetica causa?» lo assalì lei, concitatamente. Le mani stringevano con forza la tazza, al punto che le nocche erano sbiancate. «Cosa sei venuto a fare quì?»
«Sono venuto a fare questo, Andromeda» rispose lui, dopo un momento di silenzio, guardandola dritto negli occhi «Sono venuto a dirti che mi dispiace. Per essere venuto a conoscerti dopo diciotto anni, per aver appoggiato l'uccisione di nati babbani e mezzosangue, per la morte di mia cugina e di mio zio a causa della nostra stupida, patetica causa»
La donna si riempì nuovamente la tazza, in silenzio, aspettando che l'altro continuasse.
«Voldemort ha umiliato la mia famiglia, ha punito con crudeltà mio padre, ha fatto soffrire mia madre, e mi ha quasi ucciso. A causa sua, ho creduto che certe persone fossero inferiori ad altre. A causa sua, ho passato degli anni d'inferno, a scuola, perchè io ero il 'Mangiamorte figlio di Mangiamorte', a causa sua ho dovuto farmi questo». Draco si alzò la manica del maglioncino, sbottonando il polsino della camicia, ripiegandola sul gomito, per mostrare ad Andromeda il terribile tatuaggio che aveva impresso sull'avambraccio. Lei non battè ciglio.
«Ma soprattutto, a causa sua ho perso molti amici.  A causa sua non ho mai conosciuto Sirius, Regulus, Ted, Lupin, Ninfadora»
«Tonks», lo corresse automaticamente lei. Sul volto del giovane si dipinse un'espressione stupita. «Che?»
«Non le piaceva il suo nome, si faceva chiamare da tutti Tonks» spiegò la donna.
«Ah. In ogni caso, a causa sua non ho mai conosciuto neanche te. Ora loro sono morti, ma tu sei viva, e non voglio rimpiangere il non aver mai conosciuto mia zia. E non ti sto dicendo che ora verrò tutti i giorni quì a prendere il tè, o che sarò presente nella vita di Theodore, o che diventerò il nipote perfetto. Ma forse potremmo provarci. Entrambi»
Andromeda sospirò, posando la tazza sul tavolo. Quando tornò a guardare Draco, un minuscolo sorriso le si vedeva agli angoli della bocca. «Tua madre ti ha mai parlato di me?»
«Una volta lo faceva. Ti vuole bene. So che le manchi»
«Te l'ha detto lei?»
«L'ho capito da come piangeva, dopo averti rivista al cimitero»
Lei si portò un ricciolo castano sfuggito alla crocchia dietro l'orecchio, mordendosi il labbro inferiore.
«E' stato difficile, per me, rivederla. Era la mia sorella preferita, l'ho praticamente cresciuta io, ho fatto di tutto per lei, le ho dato l'anima. Ha anche accettato di vedermi, una volta, dopo che ero scappata. Pensavo che magari avremmo potuto farlo ancora, non volevo perderla, ma poi lei ha interrotto del tutto la comunicazione. Non ha più risposto alle mie lettere»
«Non sono venuto quà per giustificarla, per trovare delle scuse al suo comportamento, ma è esattamente quello che avrei fatto anche io. Solo che la Guerra ci ha cambiati, a me come a lei»
«Non so se basterà a cambiare quello che è successo»
Draco fece spallucce. «Fai come vuoi. Potresti venire qualche volta, a Malfoy Manor. Potresti portare Theodore. Alla mamma farebbe piacere, e anche a me»
«Non ti prometto nulla»
Lui annuì, con aria grave. Bevve l'ultimo sorso del suo tè, ormai freddo, e si alzò, accomiatandosi. Andromeda lo imitò, accompagnandolo all'ingresso. Lo guardò indossare il suo cappotto, decisamente inadatto a una giornata come quella, e con un sospiro, gli porse un ombrello. Allo sguardo interrogativo di Draco, rispose con una scrollata di spalle, e quando lui sorrise, lei gli diede un buffetto sulla guancia. Il ragazzo uscì dall'abitazione, ma dopo qualche passo, tornò a voltarsi.
«Tieni duro. Ricomincia a vivere, zia»


«Decisamente tipico di Narcissa» borbottò Andromeda, guardando con disapprovazione i gradini di marmo. Sul cancello in ferro battuto nero, alto e sicuro, vari riccioli andavano a formare due lettere, M e M.
Una signora bionda si affacciò dalla porta d'ingresso, chiedendosi chi mai potesse essere. Erano passati mesi, dall'ultima volta che qualcuno era andato a trovarla. Quando scorse una figura familiare dietro il cancello, sorrise. «Sei venuta!» esclamò, correndole incontro.
«Siamo rimaste solo noi, Cissy»
«Allora vuol dire che ci faremo compagnia a vicenda»















Author's Corner: one shot scritta di getto, sentivo veramente il bisogno di scriverla. E' ambientata sei mesi dopo la fine della Guerra Magica, come ho già detto, quindi dopo la fine dei Doni della Morte, ovviamente, perchè sono portata a credere che le due sorelle di siano riavvicinate. Andromeda e Narcissa Black (rispettivamente in Tonks e in Malfoy) sono due dei miei personaggi preferiti, ho sempre pensato che prima della fuga di Andromeda, il rapporto tra loro fosse molto stretto. Tornerò sicuramente a scrivere su di loro, ho già qualcosa in cantiere. La canzone iniziale è Keep Holding On, di Avril Lavigne, se non la conoscete ascoltatela perchè è stupenda. Piccolo avviso per chi segue Set My Soul Alight, non sono morta, ma l'ispirazione per quella ff è pari a zero infranto, e siccome il capitolo che dovrei postare è molto importante, voglio scriverlo per bene. In conclusione, perdonate eventuali errori di battitura, spero vi sia piaciuta e le recensioni sono sempre gradite <3
   
 
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