Era da un po’
che non lo facevo, ma prima che passiate a leggere il capitolo ho un paio di
precisazioni da fare ... Nello scorso capitolo cito una canzone dei Rasmus “
Last Waltz “ che trovo davvero Bellissima e che consiglio vivamente, e la
fiction citata durante la conversazione MSN tra Nadia ed Andrea esiste
realmente, trattasi di “ My little Angel “ di Lady Cassandra e
consiglio anche questa!^^ … Ed ora, buona lettura!
Le cose erano tornate ad una quiete che, a volte, metteva
Andrea a disagio.
Le sembrava troppo maledettamente simile a quella pace che precede una
tempesta, una di quelle belle potenti.
- ... Peccato che questa tempesta colpirà soltanto me ... E mi riporterà
a Milano ... Per poi andarsene e non tornare più ... -.
La ragazza non riusciva a non pensarci.
Avrebbe voluto, ma non era semplice ignorare quella realtà che l' avrebbe
strappata al suo sogno realizzato e lei non riusciva a credere che quel momento
sarebbe arrivato fin troppo presto, proprio adesso che le cose andavano bene,
proprio adesso che le cose avevano trovato il giusto equilibrio.
A quel pensiero la sua mente volò a Nadia.
Era maledettamente contenta per la sua amica, adorava vederla al fianco di David,
adorava vedere il sorriso dolce e a volte distratto che le appariva sul viso
ogni volta che parlava di lui o che stava con lui.
Era imbarazzante, a volte e, altre volte ancora, persino lei se ne sorprendeva,
sebbene conoscesse Nadia da anni.
Ma era una sorpresa talmente piacevole che non riusciva ad esimersi dal
sorridere a sua volta, dolcemente.
Le era sembrato che anche i ragazzi guardassero alla coppia con affetto e per
lei era una sorpresa in più vedere quello sguardo sereno e persino addolcito, talvolta,
sul volto di Tom, vedere quel sorriso giocosamente compiaciuto sul volto di
Georg o quello soddisfatto di Gustav.
E Bill ...
Lui riusciva persino a ferirla quando lo scopriva ad osservare Nadia e David.
Nei suoi ambrati occhi nocciola vedeva un velo di malinconico rimpianto.
Sapeva che Nadia non era mai stata un suo interesse, eppure era esattamente
quello che vedeva.
Un rimpianto per qualcosa che non faceva parte della sua vita da troppo tempo,
lei lo sapeva fin troppo bene e le faceva male.
E soprattutto la feriva il rendersi conto che quel male non era abbastanza da
desiderare che lui fosse felice.
Si sentiva uno schifo.
A questo e ad un sacco di altri concetti confusi stava pensando, mentre
osservava il ragazzo seduto di fronte a lei, discosto eppure vicino, tanto che
avrebbe potuto sfiorarlo se avesse allungato la mano ...
Se.
Ma sapeva che non lo avrebbe fatto.
Bill e Andrea erano seduti sul pavimento della terrazza della villetta dei
ragazzi.
Il piccolo micio nero era accoccolato tra le gambe incrociate della ragazza che
lo accarezzava apparentemente concentrata solo su di lui e comunque distratta.
Distratta da quella linea sottile di fumo che saliva dalla sigaretta che
lentamente si consumava tra le lunghe, affusolate dita perfettamente curate di Bill.
Il ragazzo, in jeans e felpa pesante, era seduto sulle lucide mattonelle nere,
la schiena appoggiata alla ringhiera in ferro battuto che creava delle sinuose
astratte linee curve, le gambe raccolte, cinte dalle esili braccia, il mento
appoggiato alle ginocchia aguzze.
Sembrava non osservare nulla di particolare, teneva lo sguardo dritto davanti a
sé, intento sulla piccola testolina del gattino e sulla mano della ragazza che,
delicatamente, posava leggeri grattini dietro alle piccole orecchie della testa
minuta del cucciolo.
Bill, quasi inconsciamente, si portò una mano nella tasca dei jeans e
istintivamente le dita si strinsero forte attorno ad un foglietto che teneva
ben nascosto infondo a quella tasca, accartocciandolo fino quasi a segnarsi la
pelle candida con le sue stesse unghie laccate.
Sapeva perfettamente cosa c’ era scritto su quel foglietto, conosceva quelle
parole che aveva vergato lui stesso dopo molti ripensamenti, dopo aver
accartocciata una discreta quantità di palline di carta nel cestino della sua
stanza.
Ricordava l’ umiliazione che aveva dovuto subire da Tom quando, ridendo, gli
aveva chiesto cosa ci facessero tutte quelle cartacce con, in mezzo, anche il
cestino della carta.
Bill aveva raccontato di avere una crisi di creatività, di non riuscire a
scrivere una parte di un testo che aveva in mente, dopo di che aveva dovuto farsi
in quattro per convincere Tom di non avere bisogno del suo aiuto e che, no, non
era necessario che lui andasse a prendere la sua chitarra per dargli una mano a
trovare le maledette parole della maledetta canzone fantasma.
Ma non aveva certo potuto dirgli che la canzone non esisteva.
Comunque era riuscito in qualche modo a spedirlo fuori dalla sua stanza ed a
tornare a concentrarsi su quelle righe che faticavano ad uscire dalla penna.
Si sentiva un perfetto idiota, si osservava riflesso sul vetro della finestra e
non riusciva certo a credere che, il ragazzo che ora lo osservava attento,
fosse lo stesso che aveva scritto “ Spring Nicht” o il loro più grande
successo, “ Durch Den Monsun” …
- ... Tom non se l’è cavata male con “ Schwarz”... Forse dovrei ricorrere
al suo aiuto ... -.
- ... Certo, come no! Così poi dovrai spiegargli come mai stai penando
tanto per scrivere un benedetto bigliettino da dare ad Andrea assieme a questo
... -.
A quel punto il ragazzo aveva dovuto fermare i sui pensieri per concentrarsi
sul lieve struscio che gli stava solleticando le caviglie nude.
Aveva preso tra le mani grandi quell’ esserino minuscolo e pelosetto, che ciondolava
appena, ancora malfermo sulle sue zampette, gli occhietti ancora semichiusi dal
risveglio.
Lo portò in alto, fino ad averlo esattamente di fronte a lui, guardandolo
intenerito.
- ... Sei stato fortunato che Tomi non ti abbia visto ... E lo sono stato
anche io ... Avrebbe cominciato a deridermi come al suo solito, dicendo che tu,
tutto spennacchiato e col pelo morbido, spelacchiato e piumosetto, mi assomigli
e né tu né io avremmo avuto più vita semplice, sai? ... -.
Aveva sorriso dell’ espressione attenta del suo piccolo strano interlocutore.
Poi lo aveva osservato, i piccoli occhietti color dell’ ambra, il pelo nero
come la notte, le orecchie grandi, le zampe posteriori lunghe; inarcando un
sopracciglio, piegando appena la testa di lato a cercare la giusta prospettiva,
come valutandolo.
- ... E avrebbe avuto ragione ... Mi assomigli davvero sai? ... -.
Sorrise.
E, presa la penna, aveva scritto quelle poche parole, si era munito del
nastrino di velluto arancione che aveva comprato e lo aveva legato attorno all’
esile collo della bestiola che aveva cominciato ad agitarsi, strattonandolo per
toglierselo, rincorrendo in cerchio un capo del laccetto che vedeva spuntare dal
fiocco sghembo che Bill era riuscito a legare, facendolo scoppiare a ridere.
Vi avrebbe legato assieme anche il biglietto e poi lo avrebbe lasciato davanti
alla porta di Andrea.
O, se non altro, quello era stato il suo piano, diabolicamente architettato
quel pomeriggio mentre rientrava a casa col micio, fasciato nella sua giacca
nuova, accoccolato sul sedile del passeggero.
Ma l’ allegra risata di Bill, che non era stato abbastanza accorto da cercare
di soffocare, aveva attirato la suddetta ragazza che aveva bussato alla sua
porta e si era sentita invitare ad entrare.
Infatti, preso alla sprovvista, Bill aveva esclamato un fin troppo immediato
<< Avanti >> ed aveva, preso dal panico, nascosto quel
foglietto nella tasca dei suoi jeans ...
Dove si trovava anche adesso, mentre lo stringeva forte.
Andrea aveva trovato adorabile quella bestiolina e, dopo aver ascoltato la
storia del ritrovamento del gattino vicino ad un cassonetto della spazzatura,
aveva sorriso a Bill e detto che aveva fatto bene a prendere con sé quel
gattino abbandonato, che con quel gesto aveva ripristinato gli equilibri del
mondo condividendo, con quel micetto senza casa, un po’ della sua fortuna.
A quel punto Bill non aveva più trovato il momento giusto per dirle che in
realtà avrebbe voluto regalarlo a lei.
Così adesso quel foglietto era ancora accartocciato nei suoi jeans e il piccolo
Macky, quello era il nome che aveva scelto per lui, era entrato a pieno titolo
nella famiglia dei Tokio Hotel, tra le risate generali, o meglio, tra le risate
sguaiate di Tom e quelle malamente trattenute di Gustav e Georg.
<< Certo che quando si tratta di autocelebrarsi, Bill, non ti batte
nessuno! Avresti potuto chiamarlo Bill junior o Bill secondo, che fa molto
stirpe reale! ... Ha anche l’ espressione vagamente stupita e meravigliata che
a te riesce alla perfezione! Quella di chi è appena caduto sulla terra da non
si sa quale misterioso e lontano pianeta! >>.
Aveva esclamato il chitarrista sotto lo sguardo offeso di Bill, che sapeva
perfettamente perché avesse scelto quel nome.
E che non poteva rivelarglielo.
<< Ooohhhhh, Tom, stai zitto!!! Questo batuffolino è pieno di
vitalità, coccolone, affettuoso, ruffiano, ma adorabile ... E Macky è un nome
perfetto! Quindi smettila e cuciti quella boccaccia! >>.
Andrea aveva preso in braccio il gattino e rivolto un sorriso a Bill, che glielo
aveva restituito con gratitudine.
Tom, decisamente offeso per l’ imposizione del silenzio da parte della ragazza,
si era girato malevolo verso il fratello e gli aveva sussurrato tra i denti.
<< Complimenti, Bill! Ti ha descritto perfettamente ... Hai tutte
le divine caratteristiche di un micetto che barcolla su quelle zampettine
rachitiche ... Bellissimo complimento, direi! >>.
<< Tooom! Ti ho sentito ... Credo che stasera la tua parte di dolce
andrà divisa tra il piccolo Macky ed il Macky grande ... Per provvedere
al loro rachitismo! >>.
Aveva urlato Andrea dalla cucina, provocando una risata generale tra i ragazzi
e uno sbuffo da parte di Tom che, un espressione corrucciata e un palese
pensiero che gravava su di lui - ... Malefici! Che razza di amici che ho
... - era partito, le mani affondate nelle tasche degli enormi
jeans, diretto in cucina, alle spalle della ragazza, preparandosi mentalmente
all’ ardua prova che lo attendeva :
prodigarsi in una serie di smorfiette ruffiane per farsi perdonare ed avere il
suo dolce.
<< Andiamo Ann! Non starai dicendo sul serio vero? Sotto questi
abbondanti vestiti si nasconde un fisico deperito pari a quello di Bill ...
Siamo gemelli no? ... >>.
Stava dicendo piagnucoloso il ragazzo, additando il suo stomaco che già, all'
odore della cena quasi pronta, aveva iniziato a gorgogliare.
Andrea gli rivolse uno sguardo sornione, girandosi verso di lui e lanciandogli
una penetrante occhiata accompagnata dall’ elegante alzarsi del suo
sopracciglio sinistro, mentre incrociava le braccia al petto.
<< Ma davvero? >>. Chiese maliziosa.
Tom sbuffò esasperato, trattenendo a stento una risata.
Ancora ricordava quella ragazzina che, sebbene fosse più grande di loro,
sembrava temere ad avvicinarsi o solo di sfiorarli e che, se capitava,
avvampava in viso che si dipingeva di un intenso rossore pudico.
Ricordava una delle prime volta che le era capitato di entrare in casa e
trovarli quasi tutti praticamente seminudi dopo la palestra e la doccia, tutti
tranne Bill che aborriva la palestra quasi si trattasse della peste; ricordava
come era violentemente arrossita lanciando loro addosso le prime magliette che
si era ritrovata per le mani ...
Ricordava il suo primissimo giorno di lavoro, quando era rimasta praticamente a
corto di fiato, salivazione e, supponeva, anche di qualsiasi pensiero logico,
davanti a lui e a Georg mezzi nudi ...
E adesso, quella stessa ragazza, ormai avezza alla loro divina, disinvolta,
abitudine di girare per casa decisamente poco vestiti, chi più chi meno, lo
stava fissando maliziosa, i grigi occhi scintillanti di una giocosa sensualità,
come se il suo sguardo potesse penetrare i due strati di magliette che aveva
addosso e posarsi sui suoi addominali ancora lontani dalla perfezione di quelli
di Georg, ma senza ombra di dubbio, migliori di quelli di Bill.
Sorrise tra sé capendo che quel primo tentativo di persuasione era fallito e
sperò di riuscire ad avvicinarsi, se non ad eguagliare, all’ espressione
zuccherosa di suo fratello ...
- ... E di quel micetto ... -. Pensò frustrato dalla consapevolezza
che, no, non ci sarebbe mai riuscito.
La dolcezza era l’ ultima carta che gli rimaneva da giocare.
Se fosse stato bravo sarebbe riuscito a raggirarla.
Non era solito lasciarsi andare alle smancerie che sembrava lei apprezzasse, ma
proprio per questo, quando utilizzava quel trucchetto, lei si scioglieva come
neve al sole, deponendo l’ artiglieria e concedendogli ciò che desiderava.
Come quel dolce che, al momento, era il suo obbiettivo.
Come aveva previsto Andrea si era lasciata abbindolare e, alla fine della cena,
si vide servire la sua porzione di dolce per primo, godendosi l' espressione
offesa del fratello.
<< Andrea, avevi detto che il suo dolce sarebbe stato mio!
>>. Piagnucolò.
<< Gnè, gnè, gnè ... Bill! Sembri un bambino idiota! Ma la vuoi
finire di frignare?!? >>.
Bill sbuffò, chinando un musetto triste sul suo piatto e vedendoselo restituire
poco dopo da Andrea con una abbondante fetta di torta, grande almeno il doppio
di quella di Tom.
<< Ehy! Ma non vale! Gli basta fare due moine e due capricci e
ottiene sempre quello che vuole! >>.
Capriccioso, esattamente come il gemello.
Andrea sorrise, intenerita da quelle due adorabili pesti che gli sarebbero
immensamente mancate.
<< Zut! Non voglio sentire una parola di più! Stasera sei stato
quasi miracolato! Per cui mangia e stai zitto! >>.
Gli diede una pacca sulla spalla e rise allegra della linguaccia di Bill che il
ragazzo cercò prontamente di nascondere quando la vide voltarsi verso di lui.
<< Signore ... In un asilo nido, siamo finiti, mica in una band!
... >>.
Georg aveva alzato gli occhi e le braccia al cielo in una disperata ricerca
della divina provvidenza che gli desse una risposta, ma l' unica che ottenne fù
un suono strozzato da parte dei gemelli dalla bocca ripiena di dolce ed
una bassa risata da parte del suo amico di sempre.
<< Gustav! Salvami da questo delirio! Portami via, o biondo angelo
salvatore! >>.
Andrea aveva abbracciato il batterista alle spalle e si era accoccolata sulla
sua spalla, beandosi del sorriso che lui le rivolse.
La cena era proseguita serena come era iniziata e Andrea aveva passato una
bellissima serata.
Era passato qualche giorno, il micio si era perfettamente ambientato nella sua
nuova, grande casa.
Aveva preso possesso di ogni letto, divano, tappeto o cuscino presenti in ogni
stanza, compresa quella del reticente Tom, svicolandogli tra le gambe ed
inciampando nei baggie del ragazzo; aveva rosicchiato ogni filo o cavo che gli
era disgraziatamente capitato tra le zampette, compreso quello della piastra di
Georg o dell’ ipod di Gustav, si era rotolato nel lavandino assieme ai
cosmetici di Bill dopo averli fatti cadere tutti dalla mensolina di vetro su
cui erano ordinatamente disposti dando vita ad una breve e divertente crisi
isterica del cantante, ed aveva eletto la felpa più bella e costosa di Tom a
suo tiraunghie personale.
L’ espressione del ragazzo, la prima volta che si era accorto di questa
adorabile scelta della bestiola era stata impagabile.
Strattonando la suddetta felpa in una mano e quello che lui considerava un
piccolo demonio arrivato in quella casa al solo scopo di allearsi con Bill
per farlo impazzire, nell’ altra , si era recato a passo di marcia in
cucina, berciando.
<< Ed io adesso cosa dovrei farci con questa? >>.
Andrea, faticando a rimanere impassibile di fronte ad un Tom spettinato e
decisamente incazzato, impostando la voce in maniera più seria possibile, data
l’ espressione furente del giovane, aveva risposto laconica.
<< Se ti riferisci alla felpa, credo tu non abbia più molto da
farci, se non decidere di essere gentile e generoso per una volta nella tua
vita, e regalarla a Macky ... Se ti riferisci a Macky stesso, credo che l’
unica cosa che tu possa fare sia metterlo a terra, chiedergli scusa per come lo
stai maltrattando e trovargli un posticino comodo dove sistemare la felpa e
dove possa farsici le unghie in tutta tranquillità >>.
La mascella di Tom era precipitata poco dignitosamente verso il basso.
Poi aveva borbottato.
<< Arpia infida, ti preferivo di gran lunga quando te ne stavi
spaventata da me in un angolino ... Ti verrà detratto il costo di questa
maledetta felpa dallo stipendio ... Così mi dirai se valeva la pena utilizzarla
per permettere a questa peste diabolica di farsi le unghie! >>.
Andrea, coccolando il maltrattato Macky, posò la punta del naso su quello tutto
nero del micio e sussurrò con una vocetta dolce ma che, stranamente, non
strideva alle orecchie di Tom.
<< Nulla è troppo per la nostra piccola mascotte, non è vero?
>>.
Il ragazzo sorrise davanti a quell’ espressione di tenerezza.
Sorriso che fece svanire in tutta fretta quando vide Bill sulla porta della
cucina che spostava incuriosito lo sguardo vagamente sornione dalla ragazza e
il micio a lui, si voltò verso il fratello e gli ringhiò.
<< Il tuo cazzo di gatto ha davvero un nome perfetto! Sa combinare
solo casini e farsi perdonare con due fusa da gran ruffiano! Esattamente come
te! >>.
Poi era tornato in camera sua, maltrattando qualunque cosa trovasse sul suo
cammino e sbattendo forte la porta.
Ma Bill aveva notato quel sorriso e, né lui né nessun’ altro, si era poi
stupito quando lo avevano sorpreso ad osservare il piccolo Macky farsi le
unghie sulla famosa felpa, in un angolo della stanza di Tom.
<< bhè … >>.
Si era giustificato il moro, spostandosi in malomodo le lunghe treccine nere
dalle spalle e borbottando a denti stretti.
<< La felpa è la mia ... E’ giusto che stia nella mia stanza
no? >>.
In quel momento nessuno ebbe più alcun dubbio che Tom avesse definitivamente ed
incondizionatamente accettato Macky, che era riuscito ad abbattere anche l’
ultima cortina di diffidenza del ragazzo con qualche affettuosa, prepotente
zuccatina.
<< Certo >> aveva concesso Andrea << La
felpa è la tua ... >>.
Poi si era chinata sul ragazzo e gli aveva posato un breve bacio sulla guancia,
tornando in cucina.
Tom era rimasto basito dal gesto della ragazza, che fino ad allora era sempre
stata piuttosto reticente a certe manifestazioni di affetto, almeno verso di
lui.
<< Andy ... >>.
<< Sì, Tom? >>.
<< Non c’è bisogno che tu mi ripaghi la felpa ... >>.
Si sorrisero e tornarono ognuno alle proprie occupazioni.
Tom a fissare quel batuffolo di pelo nero e Andrea a preparare qualcosa per
cena, con dipinto in volto uno di quei bei sorrisi che solo chi sa di aver
vinto possiede.
Quel micio aveva conquistato tutti, compreso Dave che, l’ ultima volta che era
stato all’ appartamento, aveva passato una buona mezzora a coccolarlo,
dilungando all’ infinito il tempo di bere un caffè.
Il micio si era avvicinato un po’ timoroso a quello sconosciuto strusciandovisi
incerto sulle caviglie per poi vedersi fissare sul musetto puntato verso l’
alto, due brillanti occhi azzurri che lo osservavano incuriositi da quel
batuffolo di pelo nero di cui non si distingueva nulla tranne i piccoli
occhietti color ambra.
In silenzio si era chinato ed era poi tornato in posizione eretta con Macky tra
le mani, tenendolo sotto le piccole ascelle, valutandolo dalla distanza delle
sue braccia, per poi sedersi ed accoccolarselo sulle gambe, in attesa che Andrea
portasse il caffè, iniziando a parlare brevemente con i ragazzi.
Per tutto il tempo della sua visita il micio era rimasto sulle sue gambe
emettendo delle basse fusa deliziate dalla mano attenta che allisciava il suo
pelo nero, per scendere protestando con dei seccatissimi pigolii quando l’ uomo
aveva dovuto andarsene.
Macky aveva imparato ad osservare, attento ed immobile, seduto sul marmo bianco
accanto al lavandino, Bill mentre si truccava, il musetto puntato sul viso del
ragazzo, seguendo ogni suo gesto, a non toccare il rotolo di scotch di Gustav
quando si preparava le mani prima di una sessione alla batteria, né le corde
del basso di Georg quando il ragazzo lo stava accordando, e a non giocare con i
lunghi cornrows di Tom mentre questo dormiva.
Per lo meno non troppo spesso.
E quando capitava, il ragazzo si svegliava sgridandolo per poi passare lunghi
minuti a giocare con lui, permettendogli di passeggiargli sulla faccia con i
morbidi polpastrelli tiepidi delle lunghe zampette e sbuffando delle risate
quando la coda sottile del micio gli finiva tra le labbra.
E con Andrea ... Con lei aveva un rapporto speciale.
Di lei si era fidato ciecamente, istintivamente, dal primo istante in cui l’
aveva vista.
A riprova di questo, quella notte, se ne stava accoccolato tra le sue braccia,
permettendole di grattarle il piccolo delicato pancino, affidando alla sua
dolcezza la sua stessa vita.
Bill non poteva fare a meno di osservarli.
Erano così carini assieme.
Non era riuscito a regalarglielo ufficialmente, ma sapeva di aver visto giusto
:
quei due sembravano fatti per stare assieme, lei era perfetta per Macky …
Per un solo istante che scacciò in fretta, si chiese se
quello fosse l’ unico Macky per il quale lei fosse perfetta.
Il gattino sembrava persino apprezzare la stessa musica che amava la ragazza.
Dal cellulare di lei si libravano le note di “ Ten Black Roses” ed il micetto
sembrava apprezzare facendo delle sonore fusa e strusciando il musetto sull’
apparecchio.
Il ragazzo rilassò lentamente la presa su quel biglietto ormai consumato quasi
e rivolse quella domanda, che gli premeva alla gola da un po’, alla ragazza.
<< Hai qualche ricordo legato a questa canzone? L’ ascolti sempre
... Magari legato al tuo ragazzo ... >>.
Ecco, lo aveva detto.
E adesso poteva solo stare ad aspettare che la ragazza gli dicesse di farsi gli
affari suoi o magari che iniziasse a raccontargli che l’ avevano ballata la
prima volta che erano usciti assieme o cose del genere.
Sperò che lei lo sgridasse.
Ma lei gli porse un’ altra domanda in risposta.
<< Se non ti piace posso spegnerla ... Non ti piace?
>>.
<< No, al contrario ... Ero solo curioso ... Scusami, non volevo
essere invadente ... >>.
<< Bill Kaulitz che non vuole essere invadente? >>.
Chiese lei sarcastica sorridendo dell’ immediato broncio che si era disegnato
sulle labbra del ragazzo.
Poi sospirò e decise di rispondergli nella maniera più sincera possibile.
<< No, a lui non piace la musica che ascolto io … Nessun ricordo
particolare ... >>.
Bill alzò gli occhi su di lei, in attesa di un resto della storia che sembrava
essere evidente esserci.
<< No è che ... Mi prenderai per una stupida ragazzina sentimentale
e patetica ... >>.
<< Non credo di potermelo permettere, sai? >>. Le
sorrise lui.
<< Bhè ... Mi piace ... Quasi tutte le canzoni dei Rasmus hanno una
nota malinconica, quasi dolorosa, ma si tratta di un dolore sottile,
strisciante, che ti coglie lentamente, quasi senza che tu te ne renda conto, ti
avviluppa in delle spire sottili ma inesorabili ... Credo che quello cantato in
questa canzone sia una cosa davvero molto dolce ... Sapere che c’è qualcuno che
si prende cura di te senza chiederti nulla in cambio se non la tua stessa
presenza, che si preoccupa per te, che ti osserva in silenzio e capisce quando
hai bisogno di percepire la sua presenza ... Che si palesa a te attraverso
dieci rose nere ... >>.
Rise imbarazzata.
<< Forse è solo che mi piacciono le rose nere e, come hai detto tu,
la canzone in sé ... E tutte queste sciocchezze che ti ho appena propinato sono
solo dovute all’ ora tarda ... Lasciamo perdere, dai ... >>.
Gli sorrise.
Seguirono alcuni minuti di silenzio durante i quali le ultime note vibranti
della canzone si spensero disperdendosi nella notte, lasciando spazio al
silenzio che accolse solo le fusa del micio addormentato in braccio ad Andrea.
Poi Bill parlò sottovoce, quasi temendo di spezzare una sorta di incantesimo.
<< Non credo che tu abbia detto delle sciocchezze ... Credo che ci
sia spesso solitudine nelle canzoni dei Rasmus, e credo che solo chi la abbia
mai provata possa percepirla in maniera forte così come tu la hai descritta ...
Non necessariamente insopportabile ma comunque dolorosa ... Anzi, a volte si
sente il bisogno di avere un po’ di solitudine e la si anela ... Ma questo non
significa che faccia meno male ... A volte i “non ricordi” sono peggiori
dei ricordi stessi ... Soprattutto quando quei “non ricordi” assomigliano
maledettamente a desideri che si sa essere irrealizzabili ... >>.
Bill aveva parlato piano, un sussurro amplificato dal silenzio o forse
semplicemente dal dolce stupore che lei sentiva dentro nello scoprirlo così
simile a sé.
- ... Bill ... -.
Non riusciva a pensare ad altro.
Quella canzone unita alle parole ed alla voce flebile e dolorosamente intensa
del ragazzo, avevano toccato corde fin troppo delicate e lei non sapeva come
affrontare tutto questo.
Non con quel cielo nero e terso che li osservava trapunto di gelide
scintillanti stelle, non con quell’ aria limpida e fredda che sembrava faticare
a raggiungere i suoi polmoni e le bruciava la gola, non con la luce di quella
sottile falce di luna che illuminava il profilo perfetto di Bill.
Aveva bisogno di quella solitudine adesso, del dolore nel riconoscerla sua
compagna, di colmare l’ assenza di quei “non ricordi” con le lacrime che
sentiva pungerle gli occhi.
Tenendo lo sguardo basso si alzò da terra.
<< Andrea ... Scusami, non volevo rattristarti, io ...
>>.
<< Tu non hai fatto nulla di male, Bill ... Mi hai tenuto compagnia
e sei stato onesto con me, mi hai espresso i tuoi sentimenti ed io i miei ...
Gli amici lo fanno ... Credo sia semplicemente ora di andare a dormire, non
credi? >>.
Gli sorrise.
Si chinò portando il viso all’ altezza di quello del ragazzo e fece per baciare
la sua guancia.
Bacio che, nell’ istante in cui lui stesso stava porgendole il proprio viso, si
posò accanto all’ angolo della bocca, troppo vicino alla bocca, troppo
pericolosamente vicino a quelle belle labbra.
I loro occhi si incrociarono per un istante, entrambi stupiti, forse spaventati,
per diverse ragioni.
Poi Andrea si rialzò e svanì dalla vista di Bill, lasciandolo solo con un
misero foglietto stretto tra le dita e pensieri confusi a fargli compagnia.
Giunta nella sua stanza si richiuse la porta alle spalle percorrendola con la
schiena mentre si lasciava scivolare sconfitta, verso il basso, sedendosi a
terra.
Strinse un po’ più al seno il micetto addormentato fiducioso chiedendosi,
bevendo le sue stesse lacrime, se fosse il Macky giusto quello che stringeva
tra le braccia.
O quello che lei davvero desiderava.
Il suo contratto stava per scadere, a breve sarebbe dovuta rientrare a Milano,
dimenticare quella parentesi della sua vita e tornare a quella di sempre, fatta
di corse in giro per fare qualche supplenza scolastica e per fare la spesa e
cucinare prima che Fabrizio rientrasse dal lavoro.
Fabrizio ...
Non aveva più pensato molto a lui, sebbene gli telefonasse almeno una volta
alla settimana.
Ma erano chiamate senza senso, prive di quella scintilla che dovrebbe scoccare
al suono della voce della persona che ami.
Lei non la sentiva e sapeva che nemmeno lui la sentiva, quella scintilla.
La sua voce era sempre posata, tranquilla, come se la desse per scontata.
Ed era esattamente così che si sentiva, per lui.
Scontata.
Adesso era troppo addolorata dalla sua imminente partenza per poter pensare a
lui.
Avrebbe avuto tutta la vita per farlo, per occuparsi di lui.
Ma aveva solo due giorni, due miseri giorni, per occuparsi dei suoi ragazzi, di
quei quattro bambinoni troppo cresciuti che erano diventati fin troppo
dipendenti da lei.
E lei da loro.
E questo la angosciava.
Questo suo maledetto modo di affezionarsi alla gente la spaventava ed aveva
tutte le ragioni per spaventarla.
Tutte le persone alla quale lei era stata legata come adesso si sentiva a loro,
erano poi uscite in silenzio dalla sua vita, lasciandole solo l’ eco di risate
condivise, di abbracci che aveva creduto sinceri, facendola soffrire
enormemente.
Fatta eccezione per due sole persone : Nadia e Fabrizio.
Nadia non l’ aveva mai lasciata e Fabrizio era rientrato prepotentemente nella
sua vita.
All’ inizio lei aveva pensato che fosse una cosa meravigliosa, che fosse
esattamente la cosa più giusta per loro due.
Purtroppo aveva dovuto ricredersi e, per la prima volta nella sua vita, aveva
pensato che, forse, le persone che ci lasciano lo fanno per un motivo ben
preciso e che non dovessero tornare.
Perché, una volta tornate, tutto sarebbe stato differente.
**********
**********
Un bussare insistente alla porta della depandance la fece trasalire ed andare
ad aprire in fretta.
Tom stava davanti a lei, un sorrisetto sghembo sul viso ed una ambasciata.
<< Dato che dopodomani te ne andrai, sei ufficialmente invitata a
trascorrere questi due giorni a casa con noi ... E non provare a controbattere!
Georg e Gustav si sono offerti volontari per venire a prenderti di peso e
trascinarti in casa con la forza bruta dei loro possenti muscoli ... Avrebbero
potuto aggregare anche Bill ma la scarsa presenza di muscoli nel suo corpo
gracilino lo avrebbe reso totalmente inutile ai fini della missione! Sai, la
sua prestanza fisica è quella che è ... >>.
Tom aveva detto tutto di un fiato, cercando di buttare la situazione sul
ridere, ma la sua allegria era forzata.
Aveva omesso di propria scelta un piccolo ma significante particolare :
erano almeno due giorni che Bill era chiuso in camera sua e, il fatto che
avesse una forte ed incessante emicrania, era solo una banalissima stupida
scusa che, tutti, si erano bevuti più o meno coscienti della verità.
Osservando il sorriso spento della ragazza si chiese quanto Andrea credesse a
quel mal di testa arrivando alla conclusione che, probabilmente, non avere Bill
perennemente sotto gli occhi fosse comodo per lei.
<< Allora andiamo, dai! Mi piacerebbe vederti trascinare in casa
come un sacco di patate da Georg e Gustav, ma non sarebbe dignitoso, per te,
immagino ... E faticoso per le due, seppur rubuste, G ... >>.
Disse compunto, prendendo un po’ in giro certi suoi atteggiamenti ed
occhieggiando divertito i fianchi morbidi di lei.
<< Punto primo, smettila di alludere alla mia stazza, e poi ... Non
vorrei disturbare, Tom ... Bill non sta bene e ... >>.
<< ... E adesso sta meglio! Su, smettila Andy! Dovessi aprire in
due io stesso quella zuccaccia vuota di mio fratello, non permetterò ad una
stupida emicrania di privarci di te in questi giorni, chiaro? >>
... Non volevano privarsi di lei. Aveva detto così ...
E, per l' ennesima volta si domandò cosa avesse mai fatto per meritarsi tutto
questo.
Rise e lo abbracciò di slancio.
Non c’ erano occhi indiscreti adesso e Andrea sperò che lui se ne rendesse
conto ed abbandonasse quella benedetta aria da super duro che aveva eretto
attorno a sé e che decidesse di abbracciarla.
Aveva davvero bisogno di quell’ abbraccio.
Da parte sua Tom non sapeva esattamente cosa fare.
Lei era stretta contro di lui e sembrava stesse quasi trattenendo il respiro in
attesa di qualcosa.
Non era così stupido da non sapere cosa lei attendesse.
Si chiese solo se fosse giusto farlo.
Cosa avrebbe comportato?
Non si sentiva in colpa nei confronti di suo fratello, questo no.
Andy gli piaceva e, sebbene avesse rivalutato già da un po’ anche il suo
aspetto fisico, e qualche volta l’ avesse trovata decisamente troppo attraente
per essere semplicemente quella che avrebbe dovuto essere, almeno negli intenti
di David, la loro scialba interprete, troppo sexy, aveva capito che lei non gli
si sarebbe concessa e sapeva che, se per uno sfortunato scherzo del destino
fosse capitato, avrebbe pagato a caro prezzo qualche ora di piacevole
divertimento con lei, mandando a puttane l’ unico rapporto umano, civile e
paritario con una ragazza che avesse mai avuto.
Le voleva bene.
Ed ammetterlo spudoratamente solo ora che lei stava per andarsene sembrava un
patetico scherzo che non lo faceva affatto ridere.
Il suo maledetto orgoglio, condito da una abbondante dose di strafottenza,
stupidità e fiducia in sé stesso, o meglio in ciò che sapeva gli altri
percepivano di lui, lo aveva portato ad essere sempre un po’ al di sopra delle
righe con lei.
Ma forse era giunto il momento di abbassare le difese.
E non solo perché in giro sembrava non esserci nessuno, ma soprattutto perché
lo desiderava.
Desiderava ricambiare quell’ abbraccio forte e quasi disperato che la ragazza
gli aveva riservato.
Così, lentamente, alzò le braccia e le chiuse attorno al corpo di lei, forte,
stringendola a sé fino ad impedirle quasi di respirare.
Andrea quasi si sentiva ridicola e patetica per quel suo gesto improvviso ed
irrazionale, e stare lì ad aspettare che Tom la abbracciasse, a pretendere
qualcosa che lui con ogni probabilità non aveva la benché minima idea di
concederle, la stava solo rendendo sciocca e puerile ai suoi occhi ed ai
propri.
Stava per allontanarsi da lui con un sospiro quando le braccia del ragazzo l’
avevano avvolta prima, e stretta poi, in una morsa d’ acciaio, impedendole di
muoversi e soffocandole in gola quel sospiro.
<< ... Mi piacerebbe che tu rimanessi, sai ragazzina?
>>. Le aveva sussurrato nei capelli.
Andrea non rispose, sapeva che quel sussurro non le sarebbe stato ripetuto, ma
lei non ne aveva bisogno, lo aveva sentito chiaramente e la aveva colpita e
ferita a sufficienza.
Troppe cose sarebbero dovute essere dette, cose taciute troppo a lungo e per un
buon motivo.
Quando si sciolsero da quell’ abbraccio un po’ titubante, lei prese ad elencare
tutto quello di cui avrebbe avuto bisogno.
Ma ridendo Tom la afferrò per una mano e la trascinò verso casa.
<< Smettila di programmare sempre tutto, benedetta ragazza! Se non
ci sbrighiamo li vedremo arrivare davvero le due G a prenderci in consegna
entrambi! >>.
Anche lei rise, un po’ amara.
- ... Ti sbagli Tom ... Non programmo tutto ... Quello che sento adesso
lo avevo temuto ed ero ben decisa ad evitarlo, ma di certo non lo avevo programmato
... -.
Quando finalmente misero piede in casa ad attenderli c’ erano tutti e tre i
ragazzi, Georg già con le chiavi del suv di Tom in mano.
<< La divina qui ha deciso che si sarebbe schiodata dalla sua
stanza solo per una sessione di shopping sfrenato ... Ed io e Gustav abbiamo
dovuto accontentarlo per non ritrovarci sul groppone un ameba immalinconita
dall’ astinenza da spese inutili! Che ne dite, vi va? >>.
Tom e Andrea risero della perfetta descrizione fornita da Georg, anche se il
ragazzo non amava troppo andare in giro per negozi.
Non quanto suo fratello almeno che, se non altro, aveva abbandonato la sua
stanza, si era accuratamente preparato per uscire e sembrava aver deciso di
cucirsi in faccia un espressione un po’ meno melodrammatica di quella che aveva
avuto nei due giorni precedenti e che lo aveva irritato a sufficienza da fargli
seriamente pensare che un gemellicidio in quel caso sarebbe stato visto come un
atto di legittima difesa dei propri poveri nervi stanchi e, con ogni probabilità,
come un atto di bene per la popolazione mondiale tutta.
Non che non lo comprendesse ...
Lo capiva più di quanto Bill stesso potesse immaginare.
Del resto il suo gemello era sempre stato un libro aperto per lui, il suo volto
uno specchio nel quale lui leggeva i suoi stati d’ animo, i suoi pensieri.
Bill non gliene aveva parlato, non chiaramente e non di sua spontanea
iniziativa, ma lui sapeva.
C’ erano stati molti giorni confusi per lui, giorni in cui si era chiesto più
di una volta cosa girasse nella testa dei due ragazzi, dispiacendosi nel
constatare che suo fratello non era più così trasparente per lui, in quegli
ultimi tempi e questo poteva significare una sola cosa :le cose non erano
chiare nemmeno per lui stesso. Lui non riusciva a decifrare quello che sentiva
ed impediva al gemello di vedere.
Adesso credeva di aver capito ed era fortemente convinto che anche Gus e Georg
sapessero ...
Senza contare che la ragazza sarebbe mancata molto anche a lui.
Ma adesso non aveva molta importanza, decise di inscenare un po’ di malumore
per la decisione dei tre, ad uso e consumo del divertimento di Andrea che amava
lo shopping quasi quanto Bill, strappò le chiavi del suo suv dalle mani di Georg
in malo modo e borbottò.
<< Già avete deciso di trascinarmi per negozi ... Non avrai creduto
sul serio che ti avrei permesso di guidare il mio suv, vero, Hagen?
>>.
Come previsto, Andrea soffocò una risatina poi, sviando le lamentele dei
ragazzi, era corsa nella depandance a prendere la sua borsa ed era tornata ad
accomodarsi sul sedile posteriore del comodo suv tra le due G con un’ aria
palesemente soddisfatta.
- ... Benedetta ragazza! ... Non riuscirai ad impedirci di coprirti di
regali, lo sai, vero? ... - .
Sghignazzò Tom fra sé, avviando il motore ed immettendosi sulla strada con una
manovra non proprio da manuale ma perfetta per una scena di Fast and Furios.
<< Tomi, se hai deciso di liberarti di noi oggi, fammelo sapere che
agguanto i restanti due quarti dei Tokio Hotel, Andrea e ci prendiamo un taxi
... Maggiormente dispendioso ma anche maggiormente sicuro ... Sai, preferisco
sostituire un chitarrista idiota che si crede uno stuntman che l’ intera band
... E’ più semplice >>.
Aveva dichiarato Bill con un tono pacato ed una smorfia che aveva fatto
sorridere i ragazzi sui sedili posteriori.
<< Ah sì? ... E un gemello meraviglioso, gentile e disponibile,
come fai a sostituirlo? >>.
Era stata la pronta risposta di Tom.
Bill aveva sgranato gli occhi.
<< Sostituirlo?!? Ma sei impazzito?!? >>.
A quelle parole scioccate il maggiore dei gemelli stava già gongolando
vittorioso.
<< Non lo ho mai avuto!!! Magari ne trovo uno e vedo l’ effetto che
fa!!! >>.
Le risate che invasero l’ abitacolo furono immediate ed assordanti.
Il chitarrista, allibito e imbronciato, rivolse uno sguardo al fratello che,
con uno schiocco malizioso della lingua, gli lanciò un sorriso soddisfatto che
Tom ricambiò immediatamente.
Bill aveva deciso di fare il buffone.
E ci riusciva egregiamente.
Fu un pomeriggio memorabile.
Seduta davanti ai camerini di una boutique del centro, aveva osservato sfilare
a turno i ragazzi vestiti Armani dalla testa ai piedi.
Vedere Gustav, il loro iperattivo, sportivo batterista costretto dentro un
elegante gessato blu notte completo di camicia celeste e cravatta scura era
stato divertente ma anche una piacevole sorpresa.
<< Gus, sei favoloso vestito così! Assolutamente perfetto!
>>.
Aveva esclamato la ragazza in estasi davanti a cotanta trabordante eleganza.
<< Sì, perfetto per un funerale ... Il mio ... >>.
Aveva risposto lugubre il ragazzo, agognando ad un paio di comodi jeans e ad
una semplice t-shirt.
Andrea rise di gusto, almeno fino a quando la voce alterata di Tom non le
giunse dal camerino di prova.
<< Dovrei uscire di qui conciato a questo modo? Non credo proprio Bill!
>>.
Ma il moro doveva avergli dato uno spintone perché un istante dopo, Tom stava
saltellando per mantenere l’ equilibrio, per poi drizzarsi in tutta la sua
altezza, messa in evidenza da abiti finalmente della sua misura, davanti a due allibiti
Georg e Gustav ed una scioccatissima Andrea, che, portandosi una mano al cuore,
si voltò con aria da dramma cinematografico verso Bill e Georg.
<< Spero possiate perdonarmi ... Ma adesso io rapirò questi
due rari esemplari di eleganti, perfetti maschi, fuggirò in un paese dove la
bigamia non sia un reato e me li sposerò il prima possibile! >>.
Concluse voltando lo sguardo su Gustav e Tom che si sentivano parecchio
ridicoli ma che si riscoprirono, nelle iridi grigie e luminose della ragazza,
migliori di quello che loro stessi pensassero, oltre che vagamente lusingati.
Il completo di Tom era formale quanto quello di Gus, un doppio petto serio ed
elegante, nero, con una abbagliante camicia bianca ed una cravatta di pelle
sottile a dare un tocco stravagante al completo classico, assieme ad una
cintura dalla fibbia decisamente vistosa seppure dalla linea pulita.
Quando fu il turno di Georg il ragazzo non necessitò dell’ aiuto di Bill, uscì
con passo felpato da pantera a caccia della sua preda, lo sguardo verdissimo
scintillante e oltremodo, sconvenientemente, sexy , ogni linea del fisico
asciutto messo in risalto dal taglio dell’ abito verde foresta che cadeva
preciso sul corpo statuario, sfilando davanti a loro, in attesa che anche Bill
facesse il suo ingresso sulla virtuale passerella.
Andrea era abbacinata dalla presenza di Georg, così ingombrantemente elegante
eppure sensuale, ma non era ancora finita ...
Il cuore della ragazza mancò un battito.
La linea dell’ abito dell' ultimo dei suoi modelli personali, era pulitissima,
la camicia nera come il cravattino sottile simile a quello di Tom, la fibbia
della cintura era piccola ma scintillante, le scarpe erano in realtà
lucidissimi stivali a punta.
Bill era uscito di casa appena truccato, i capelli sciolti sulle spalle, ma
doveva essersi portato dietro la matita, perché adesso i suoi occhi erano
contornati da una linea più spessa, che sottolineava maledettamente l’ intenso
sguardo ambrato del ragazzo, il pallore della pelle chiara del suo bel
viso lasciato libero dai capelli che aveva raccolto in una coda morbida.
Quello sguardo lo sentiva trapassarla da parte a parte e, sorridendo
imbarazzata, si volse verso tutti loro domandando direttamente a Tom.
<< Hai le chiavi del suv a portata di mano, vero? >>.
<< Sì ... Perché? Hai intenzione di scappare senza pagare?
>>. Rise il ragazzo.
<< Guarda ... Ti posso assicurare
che pagherei tutto di tasca mia più che volentieri solo per potervi vedere
ancora vestiti così, sarei ben disposta a vendere mia madre e compagnia bella
... No, volevo essere sicura che mi avresti portata al più presto al reparto
rianimazione del più vicino ospedale ... Ragazzi! Siete ... Da togliere il
fiato! >>.
I quattro sorrisero chi più chi meno imbarazzato, poi, decisero di comprare quegli
abiti.
<< Per quello che mi riguarda non lo indosserò mai più temo, ma mi
sembri davvero convinta ... E poi! Non sia mai detto che tu possa ritrovarti
sprovvista della tua enorme incasinatissima famiglia per colpa nostra!
>>.
Esclamò Tom, ridendo.
Ma, quelli dei ragazzi, non furono gli unici abiti che si portarono via, anche Andrea
comprò un paio di abiti da sera, uno candido, color avorio, che a suo dire la
faceva assomigliare dannatamente a Moby Dick, ed uno nero.
Anche lei, come Tom, sapeva che non avrebbe mai avuto occasione di indossare
nuovamente quegli abiti una volta tornata a Milano, alla sua vecchia vita, e la
cosa non la faceva sorridere quanto aveva fatto sorridere l' amico.
Ma per quel giorno aveva deciso di non pensarci, di afferrare la vita al volo
...
“ Lieb Die Sekunde ”! Quello sarebbe stato il suo motto della giornata!
Così infilò i sacchetti assieme agli altri nel portabagagli e risalì in
macchina.
I ragazzi l' avevano avvertita che, quel giorno, ognuno di loro aveva scelto un
negozio dove portarla, a sorpresa.
E adesso si stava dirigendo al primo dei quattro che avrebbe visitato.
Un grande negozio di fumetti che si estendeva su ben tre piani e che richiese
un giro completo che durò quasi un’ ora.
Georg avendo notato i manga che Andrea si portava spesso in giro e che
sfogliava assorta durante le pause tra un’ intervista e l’ altra per distrarsi,
aveva deciso di cercare un posto che avrebbe potuto soddisfare questa sua
passione.
Ed aveva scoperto quel negozio che, una volta giunti al terzo ed ultimo piano,
aveva mandato Andrea in estasi, facendola quasi piombare in quella che poteva
sembrare una sorta di crisi mistica, essendosi trovata davanti una enorme area
dedicata al suo manga preferito : Nana di Ai Yazawa.
Aveva sgranato gli occhi, poi, come una bambina, aveva lasciato indietro i suoi
accompagnatori per fiondarsi quasi letteralmente sui mille articoli, quasi
introvabili altrove, del manga.
Gioielli, stampe, calendari, action figure ...
Qualsiasi cosa lei avesse mai immaginato lì poteva trovarla e Georg le regalò
un sacco di roba firmata Nana e Black Stones, ovviamente :
dalla borsa e portafoglio al porta cellulare, dall’ anello di Nana Osaki, la
sua preferita, al lucchetto con la chiave di Ren ...
Andrea era decisamente imbarazzata dal suo stesso comportamento e dal fatto che
lui la stesse coprendo di regali.
<< Georg! Smettila! Posso comprarmela da sola questa roba! E poi
... Mi prenderanno tutti per una bambina! >>.
<< Ma è esattamente quello che sei! Una adorabile, cocciutissima,
bambina! ... Te lo abbiamo già ripetuto : oggi sei la vittima designata della
nostra gentile galanteria! E poi ... Mica ti impedisco di comprarti
nulla! >>.
Ghignò il ragazzo dubitando seriamente che, con due enormi buste firmate Nana
già appese alle braccia, la ragazza avesse ancora il coraggio di comprarsi
qualcosa; ma lei, solo per il gusto di deludere le sue aspettative, comprò
anche le action figure dei Blast al gran completo, compresa quella di Yasu con
tanto di batteria!
Avrebbe dovuto aggiungere una grande mensola spaziosa in casa, ma non le
importava!
Ma non fù l’ unica cosa che comprò.
Acquistò anche due cappelli di peluches a forma di Mokona, uno bianco con la
pietra rossa sulla fronte ed uno nero con la pietra blu e le due grandi
orecchie che penzolavano ai lati, uno per Tom ed il secondo per Bill, un paio
di pantofolone di Totoro per Gustav ed una maglietta con un adorabile cucciolo
di cagnolino in versione Skelanimals per Georg, con una serie di scintillanti
particolari glitterati spudoratamente, vergognosamente, rosa.
Uscirono sorridenti e soddisfatti, risalirono in macchina e si diressero al
secondo posto, quello scelto, dopo una lunga ponderazione, da Tom.
Quando si trovarono di fronte all’ entrata di un sexy-shop per poco a Bill e Georg
non prese un colpo.
Andrea credette di aver perfettamente intuito l’ intenzione ironica del
ragazzo, e Gustav ...
Bhè, lui aveva imparato a non stupirsi più di nulla.
Non appena convinti gli altri due, si ritrovarono in un’ enorme locale suddiviso
in diverse aree, provvisto di ogni sorta di “giocattolo”, per qualsiasi gusto.
Trascinandosi dietro un reticentissimo Georg ed un imbarazzatissimo Bill, Tom e
Andrea decisero di dare fondo ad ogni qualsivoglia ritegno e di fare gli idioti
fino in fondo, fermandosi con esclamazioni di puro, fintissimo, stupore davanti
ad ogni strano gadget che si trovavano di fronte, arraffandolo curiosi e
osservandolo da ogni angolazione, cosa che mise segretamente la ragazza in
imbarazzo.
Alla fine comprarono persino qualcosa, ed uscirono, con un Bill che ringraziava
ogni santo di cui fosse anche solo vagamente a conoscenza data la sua scarsa
frequentazione con la chiesa, e anche qualcuno di quelli che non conosceva,
persino qualcuno che si era inventato lui sul momento, che quella tortura fosse
finita, sistemando nel portabagagli un enorme sacchetto contenente tutto il
necessario per una seratina sado-maso, con tanto di frustino e manette
pelosette e biancheria intima che si poteva mangiare al gusto di fragola.
<< Possibile che io non le abbia mai provate? >>.
Rise forte il chitarrista, vedendosi così rifilare un aspettatissimo
scapellotto nemmeno troppo delicato da suo fratello. << Ti ricordo,
per l’ ennesima volta, che non ci interessano affatto le tue abitudini sessuali,
Tom ... >>.
Risalirono in macchina e si diressero al luogo scelto da Gustav.
<< Gus, ti rendo noto che nel portabagagli non ci entra più nemmeno
uno spillo! >>.
Gli ricordò la ragazza.
<< Infatti, lo immaginavo ... E poi uno sono un ragazzo semplice,
che adora il sollazzamento immediato ... Inoltre sono le cinque del pomeriggio
e non abbiamo ancora messo nulla sotto i denti ... >>.
E, dando poche precise istruzioni a Tom, si ritrovarono in pochi minuti, in uno
delle più eleganti pasticcerie che Andrea avesse mai visto.
<< Forse dovremmo tornare in macchina ed indossare i nostri abiti
eleganti, non credete? Mi sembra l’ occasione giusta, no? >>.
Sussurrò Andrea all’ orecchio dei ragazzi, consiglio che stuzzicò la perversa
fantasia di Tom.
Ma Gustav li stava già sospingendo verso una piccola sala che aveva,
evidentemente, prenotato.
<< Il migliore thè inglese che si possa trovare in tutta la Germania,
accompagnato da assaggi di una delle pasticcerie più rinomate di tutta Europa,
che ne dite? >>.
<< Dico che ci toccherà tornare in boutique a cambiare la taglia
degli abiti quando avremo finito qui! >>.
Esclamò Bill, lo sguardo già famelico di chi pregusta ore di piacevole
distrazione immerso fino alla punta del naso nella panna montata.
Letteralmente, dato che, poco dopo Andrea stava passando delicatamente un
tovagliolo proprio sulla suddetta punta del suddetto naso del suddetto ragazzo,
che non era riuscito a mantenere la sua solita, falsissima, compostezza,
davanti a quei bignè sormontati da una piccola, imponente montagna di panna
montata.
Di nuovo i loro occhi che si incrociavano, di nuovo quella scintilla di
spaventato imbarazzo, di nuovo il ricordo di quella notte sulla terrazza, di
quelle parole, di quel quasi bacio, che aleggiava su di loro.
Bill tornò ai suoi bignè, passando a quelli al cioccolato, mentre lei affogò i
suoi pensieri in una meravigliosamente invitante fetta di torta alla frutta.
Uscirono da quella pasticceria satolli come mai prima d’ ora, Gustav teneva un
libro dall’ aria preziosa, rilegato in una copertina sulla quale una lamina
dorata riportava il nome della pasticceria e la dicitura : ” Le
Migliori Ricette”.
<< Così avrai il tempo per allenarti e la prossima volta ci
preparerai una di queste delizie, che ne dici? >>.
L’ invito implicito ad una “prossima volta” con loro ed il fatto che il suo Pooh
si ricordasse bene di quando lei gli aveva confessato che le sarebbe piaciuto
saper cucinare bene i dolci, la commosse e, non appena lui le porse il libro
lei lo abbracciò in silenzio.
- ... Grazie, Pooh ... -.
<< Adesso tocca a me ... Andiamo ragazzi! >>. Bill
interruppe quel momento di tenerezza fra i due ragazzi.
<< Magari a piedi, così potremo smaltire questi quintali di calorie
che abbiamo ingurgitato! ... Lo so che a te non serve divino trampoliere, ma
noialtri, qui, siamo esseri umani! >>.
Brontolò Georg rivolgendo un’ occhiataccia a Gustav, colpevole di averlo
sottoposto alla tortura di dover scegliere tra la sua forma fisica perfetta e
tutti quei dolci, ritenendolo apparentemente colpevole anche della propria
debolezza nello scegliere quella montagna di panna, cioccolato, frutta e creme
varie, ed una a Bill, incolpandolo per una colpa che, in fondo non aveva.
<< Cosa ci posso fare se il mio fisico assimila pochissimo e brucia
tutto a gran velocità? ... Non è carino essere invidiosi di ciò che madre
natura ci dona ... Ti ho forse mai invidiato i tuoi muscoli o i tuoi occhi da
pantera, io? >>.
Chiese innocentemente Bill scrollando appena le spalle e scacciando elegantemente
una mosca che non c’ era.
<< No ... E certo! Non ne avevi il benchè minimo bisogno, divino
cerbiatto! >>.
Mugugnò Georg burbero.
Tra le risate generali risalirono in macchina, dopo quaranta interminabili
minuti di traffico, si ritrovarono davanti ad un incrocio e svoltando l’ angolo
sarebbero stati finalmente a destinazione, come dalla confusa spiegazione di Bill
che, approfittando dell’ ennesimo semaforo rosso, si volse verso i sedili
posteriori con aria leggermente contrita.
<< Bhé ... Se devo essere proprio sincero sincero sincero ... Ho
preso spunto da Georg per la mia sorpresa ... >>. Si stava
giustificando il moro.
<< Ma spero che ti piaccia lo stesso ... >>.
Tutti si stavano chiedendo cosa potesse essere simile ad un negozio di manga,
quando l’ enorme insegna della boutique elegantemente punk in cui erano
diretti, scintillò davanti a loro.
Vivienne Westwood!
Andrea, scese di corsa dall’ auto senza riuscire a contenere la sua emozione.
Non era mai riuscita ad entrare in uno di quei negozi.
Sorrise un radioso sorriso a Bill per poi entrare veloce, come se quel posto
fosse potuto sparire da davanti ai suoi occhi da un momento all’ altro.
L’ atrio era piccolo e privo di porte, ma Bill fece strada con un sorrisetto
ambiguo e aprì una botola sul pavimento che lasciò intravedere davanti ai loro
occhi una ripida scala che scendeva al piano interrato.
Scesero con qualche difficoltà per ritrovarsi poco dopo immersi in un’
atmosfera punk che ricordava quei locali tipici londinesi degli anni dei Sex Pistols.
Andrea era estasiata, si guardava attorno attenta, le foto dei Sex e Vivienne
in bianco e nero, gli abiti sui manichini, esultando quando incontrava qualche
maglia o pantalone o scarpa che assomigliasse a quelli visti nel manga di Nana.
Ecco perché Bill aveva detto di essersi ispirato all’ idea di Georg,
rivisitandola con la sua personalissima passione per la moda.
Il ragazzo aveva intanto fermato un commesso che gli si era avvicinato ed aveva
chiesto se il suo ordine fosse arrivato.
A quella domanda gli occhi degli altri quattro si puntarono su di lui e sul
commesso che era sparito dietro ad una tenda per tornare poco dopo con un
ingombrante scatola firmata Vivienne con il riconoscibile logo, il Globe, in
bella vista.
Bill la prese in consegna ringraziando il ragazzo con un gran sorriso e la
porse ad Andrea, che una volta posata sul banco, prese ad aprirla.
<< Spero di aver azzeccato la misura ... >>. Le
sussurrò lui.
Poco dopo, tra le mani della ragazza, c’era l’ abito rosso che Nana aveva indossato
la prima notte in cui aveva sentito suonare Ren e ...
La giacca con il cuore!
<< Bill! Questa giacca ... Era in esposizione alla mostra di Vivienne
Westwood a Milano, io ... Credevo che non fosse nemmeno più in vendita
... >>.
Era choccata ed emozionata.
Era la giacca di Nana ed era un regalo di Bill ...
<< In effetti … Ho dovuto trafugare un paio di manga dalla tua
collezione e portarli qui per poter ordinare quegli abiti ... Per fortuna il
commesso se ne intendeva più di quanto me ne intendessi io! >>.
Sorrise il ragazzo prima di vedersi travolto da un rapidissimo abbraccio della
ragazza.
<< Ok ... Perché adesso non vai a provarteli? >>.
Lei non se lo fece ripetere, si fece portare un paio di calze a rete che
strappò diligentemente, si sistemò gli anfibi con dei nastri rossi ed uscì.
Bill credette di non averla mai vista così bella e radiosa.
<< Certo ... >>. Stava dicendo ora lei, fissandosi allo
specchio con aria critica.
<< Nana è decisamente più magra ... >>. Sospirò.
I ragazzi sbuffarono alzando gli occhi al cielo in perfetto sincrono.
Non potendo sprecare l’ occasione, Andrea regalò a Tom, Gus e Georg due
magliette ed una camicia firmate Vivienne ed un paio di pantaloni bondage
identici a quelli di Shin a Bill.
Finalmente fuori da quel locale fumoso, si accomodarono in machina, Andrea con
l’ ingombrante scatola sulle gambe, diretti finalmente a casa, dove giunsero
alle otto passate.
Portarono tutti i pacchi all’ interno abbandonandoli accanto alla porta e
corsero tutti alla ricerca del piccolo Macky.
Fu Tom a trovarlo, accoccolato sulla sua felpa in camera sua, lo prese in
braccio e lo portò di sotto dagli altri.
<< Eccolo qui il piccolo delinquente! Dormiva sulla mia ... Cioè,
sulla sua ormai, felpa >>.
Andrea lo accolse tra le braccia coccolandolo e chiedendo agli altri cosa
avessero intenzione di mangiare quella sera.
<< Non vorrai metterti a cucinare, spero! >>. Esclamò
Gustav.
<< Stasera si va avanti con l’ abbuffata di roba malsana! Adesso
ordino le pizze, Bill va a controllare la scorta di schifezze da bere, Tom quelle
da mangiare e tu e Georg tirate fuori qualche dvd, ok? >>.
Andrea annuì grata.
Lo avrebbe fatto, se glielo avessero chiesto.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per loro.
Ma fu grata al suo Pooh per aver preso in mano la situazione ed averle impedito
di mettersi ai fornelli.
Quella nottata fu davvero fantastica per lei.
Guardarono Mulan sotto la minaccia infantile dei capricci di Bill e Andrea che,
entrambi in maniera vergognosamente imbarazzante, adoravano il piccolo
draghetto, Mushu, per poi cedere alle insolite moine di Tom di vedere, per la
millesima volta, Fast and Furious, cosa che alla ragazza non dispiacque essendo
Vin Diesel, assieme all’ espressione leggermente invidiosa e molto attenta di
Tom, una buona ragione per sopportare le maledette corse con le macchine di
quel film, per poi passare ad un film demenziale scelto dal maturissimo Georg
ad una commedia musicale, brillante e classica di Gustav.
Risero e si divertirono, specialmente quando Tom si alzò misteriosamente per
tornare in sala con un pacchetto equivoco tra le mani.
<< Mhhh ... Ma per provarlo come funziona? Tu lo devi prima
indossare e poi noi lo assaggiamo? >>.
Chiese con uno sguardo malizioso, fin troppo sexy ed invitante, osservando
insistentemente la ragazza che, imbarazzatissima, gli si sporse addosso
recuperando il pacchettino e rifilandogli una gomitata nelle costole.
<< Mi era parso di capire che io non fossi affatto il tuo tipo
... >>. Rise.
Tom sbuffò spazientito.
<< Cristo Andrea! Per quanto ancora mi rinfaccerai questa cosa?
>>.
- ... Solo fino a dopodomani mattina ... Poi smetterò, per forza di cose
... -.
Pensò un po’ triste.
<< Ti ho già chiesto scusa, non mi sembra il caso di approfittare
della mia debolezza, e ti ho anche già detto che ho cambiato idea no? Cosa devo
fare per dimostrartelo? >>.
Concluse il ragazzo guardandola sornione.
Lei avvampò di nuovo.
Tom sapeva essere davvero intrigante e accattivante quando voleva.
E lo voleva spesso.
<< E poi, scusa ... Ma chi lo ha detto che solo voi dobbiate
assaggiarle? E se le volessi assaggiare anche io? >>.
Disse lei sostenuta.
<< Direi che la cosa potrebbe farsi decisamente interessante dato
che si tratta di intimo femminile e che nessuno di noi quattro potrebbe
indossarla ... Tranne Bill, forse ... >>.
Quattro cuscini si abbatterono su di lui simultaneamente, rischiando di
soffocarlo.
<< Dicevo così, solo per dire ... Infondo è quello più magro fra di
noi ... >>.
Questa volta, a raggiungere la spalla del ragazzo, con un colpo secco, preciso
e abbastanza forte, fu il telecomando che Bill aveva lanciato contro di lui
decidendo, generosamente, di mirare alla spalla, risparmiando il viso del
fratello che, se non altro per lavoro, gli sarebbe ancora potuto servire.
Tom lasciò il pacchetto alle mani incerte di Andrea, massaggiandosi la spalla
lesa.
<< Fottiti Bill! >>.
<< Dopo di te ... Dopotutto hai la precedenza che spetta al
fratello maggiore, no? >>.
Nel frattempo la ragazza aveva estratto un tanga color fragola dalla confezione
e lo osservava con aria scettica, un sopracciglio inarcato in una buffa
imitazione di Bill.
<< Certo che il mercato dell’ hard ha sempre un occhio di riguardo
per i maschietti ... Questo affare sembra scomodissimo ... Sembra fatto di
lattice ... Solo infilarselo potrebbe risultare una tortura troppo grande
rispetto ai giochini che potrebbero seguirne ... >>. Disse.
<< Andrea! Così tu mi sconvolgi! Ma ... Ma ... Parlare di queste
cose! >>.
Il tono oltraggiato e scioccato di un Gustav dagli occhioni comicamente
sgranati la fece esplodere in una risata imbarazzata.
<< Ehhh ... Cosa vi avevo detto ? La nostra Andy è diventata
grande! >>.
<< Togliti quell’ aria orgogliosa dalla faccia, sottospecie di ex
mocho dei miei stivali! Andy non è diventata grande ... E’ solo stata traviata
dal troppo tempo passato a stretto contatto con ninfo-kaulitz! E’ tutta colpa
tua! >>.
Gli rispose Georg puntandogli un accusatorio indice sul naso.
E così, ridendo e scherzando, avevano finito col passarsi quelle striminzite
mutandine, prendendone un gommoso morso a testa.
Gustav fu il primo, seppure un po’ titubante ed un po’ imbarazzato, poi le
porse a Georg, fu il turno di Tom che le passò a Bill con aria di sfida.
Bill si infilò tra le labbra un pezzetto di quel tanga mangiucchiato e ne strappò
un piccolo brandello.
<< Sembra una caramella gommosa alla fragola ... Tanto vale che mi
compri un chilo di orsetti gommosi, mi soddisfano di più e costano di
meno! >>.
Tutti risero, poi, trovando quel coraggio probabilmente nel fondo della terza lattina
di birra che si era scolata, Andrea si allungò verso di lui, chinandosi fino a
sfiorargli le gambe col petto ed a rubargli dalle mani l’ ultimo pezzo di
intimo, direttamente con la bocca.
Sentendosi sfiorare le dita dalle labbra morbide di lei, un lieve diffuso
rossore apparve sul viso di Bill che rimase come imbambolato, la mano a mezz’
aria, osservandola masticare, senza distogliere gli occhi da lui, la sua parte
di tanga commestibile.
C’ era silenzio e tensione, sembrava quasi che persino gli altri avessero
smesso di respirare.
Fu Tom ad interrompere quell’ apparente silenzio.
<< Bhè, il tuo giudizio di donna? >>.
<< Niente male, ma nulla di eccezionale ... Concordo con Bill sugli
orsetti gommosi ... Chi lo dice che non possano essere “divertenti” anche
quelli? >>.
Tom rise.
- ... Piccola sfacciata ... Dove hai tenuto tutte queste fantasie
erotiche fino adesso? ... -.
Poi decise di risponderle.
<< Assolutamente nessuno, specialmente se disposti su un bel corpo
e mangiati da lì direttamente con la bocca ... >>.
<< Oooook ... Adesso basta però! Passiamo ad altro ... State
diventando imbarazzanti! >>.
Esclamò Georg.
<< Da adesso in poi solo acqua per voi due! Persino la coca cola
potrebbe essere deleteria ai vostri neuroncini fusi! >>.
Risero molto, quella notte, giocarono a cuscinate, come i bambini, mangiarono
schifezze, ancora e ancora, poi crollarono addormentati in salotto.
Georg buttato su una poltrona, Gustav tra i cuscini sul pavimento Tom sbracato
sul divano, il sedere scivolato sui cuscini, le gambe larghe, un braccio dietro
la nuca, uno sulla spalla della ragazza che si era addormentata, la testa
appoggiata sulla gamba del ragazzo.
Nonostante tutti i discorsi piccanti che avevano potuto inscenare quella sera,
Bill non aveva mai visto suo fratello in maniera più dolce di quel momento.
Il volto sereno, nessuna ambiguità nell’ espressione beata di chi sta dormendo
il sonno del giusto.
C’ era familiarità in quell’ immagine che si palesava miracolosamente davanti
ai suoi occhi :
Tom con una ragazza e nessuna intenzione di portarsela a letto.
Bill, a gambe incrociate, appoggiato con i gomiti al tavolino, non riusciva a
fare a meno di osservarli.
Passò lo sguardo da Tom ad Andrea.
Le lunghe gambe nude raccolte, il viso rilassato, i capelli asimmetrici e
adesso corvini sparsi sulla gamba di Tom, indossava un’ enorme maglietta di suo
fratello che le arrivava a metà coscia e le lasciava maliziosamente scoperta
una spalla candida, su cui una ciocca più lunga e ribelle delle altre si posava
leggera.
Era bella.
Non che lui se ne accorgesse solo adesso, ma solo adesso sembrava avvertire una
fitta dolorosa al pensiero che quella bellezza presto avrebbe lasciato il suo
lavoro, la sua casa, tutti loro ...
Lui.
Alla fine si addormentò.
La mattina dopo un invadente raggio di sole che penetrava dalla finestra
giocando fastidioso tra le tende ed il suonare insistente del citofono del
cancello svegliò Georg che, stiracchiandosi, fece in tempo a vedere un Gustav
già vestito che andava a controllare chi fosse e Andrea alzarsi
stiracchiandosi.
<< E’ il tuo ragazzo, Andy >>.
La voce atona quanto l’ espressione di Gustav fece trasalire Georg e la ragazza
stessa che, di certo, non si aspettava quella sorpresa apparentemente non molto
gradita.
Si alzò e, senza fiatare, si diresse alla porta.
- ... Fabrizio? Cosa ci fa lui qui? ... -.
Ma, forse per via della levataccia traumatica, forse per via del fastidioso mal
di testa post sbronza o per colpa delle poche ore dormite la notte precedente,
i suoi pensieri non erano del tutto coerenti e tendevano a schizzare
fastidiosamente da una parte all’ altra del suo cranio rimbombando
maledettamente, aggravando di minuto in minuto l‘ emicrania che sentiva
arrivare fastidiosa.
Dimentica di avere addosso semplicemente una delle magliette di Tom, aprì un
poco la porta trovandosi davanti il suo ragazzo perfettamente vestito di un
paio di jeans, una giacca blu e una camicia che riprendeva esattamente il
colore azzurro scuro dei suoi occhi che adesso erano puntati su di lei,
apparentemente inconsapevoli dell’ aspetto decisamente più informale, per usare
un eufemismo, di Andrea.
Ma quegli occhi non erano inconsapevoli, piuttosto, stavano guizzando rapidi
alle spalle della ragazza, cercando di intravedere cosa lei stesse cercando di
nascondere.
Quello che vide fu un ragazzo con un paio di jeans addosso, solo quelli, che si
avvicinò alla porta con un sorriso decisamente preimpostato sulle labbra.
<< Buongiorno ... Fabrizio, se non ricordo male, vero?
>>.
<< Sì, buongiorno >>.
Rispose freddo il giovane uomo allungando una mano verso il castano che, del
tutto imprevedibilmente, lo invitò ad entrare, sotto lo sguardo sbigottito di Andrea
che cercò di riprendersi immediatamente da quello choc.
- ... Ma ... Che cazzo ha intenzione di fare, Georg? ... E’ impazzito,
non può essere altrimenti ... -.
<< Georg ... >>. Provò a dire timidamente, la voce
appena strozzata.
<< ... Ehm ... Forse non è il caso ... Magari potremmo andare alla
depandance ... >>.
<< E perché mai? E’ ora di colazione, possiamo offrirgli un caffè
no? ... Se ti riferisci al disordine ... >>.
Il castano si volse verso Fabrizio.
<< Siamo uomini, immagino che non si scandalizzerà di certo davanti
a qualche pop corn per terra o a qualche bottiglietta di birra sparsa in giro
... Non c’è nulla di cui né io né nessun’ altro >> sottolineò.
<< Debba vergognarsi ... >>. Sorrise sghembo in direzione
dell‘ ospite.
Sorriso che venne ricambiato prontamente da uno freddo e falsamente cortese di Fabrizio.
- ... Uomini ... Io forse lo sono ... -.
E, con questo pensiero poco gentile verso chi gli aveva appena offerto di
entrare in casa sua a prendere un caffè, superò Andrea senza degnarla di uno
sguardo, passando oltre, diretto in cucina dove lo attendeva una scena poco
dignitosa.
Almeno ai suoi occhi.
Bill e Tom si erano svegliati a loro volta ed avevano accolto in due maniere
decisamente differenti la notizia, data da Gustav, dell’ arrivo di quell’
estraneo in casa loro.
Bill si era chiuso in un ostinato silenzio, turbato dall’ espressione fin
troppo maliziosa e vagamente subdola di suo fratello.
<< E’ un po’ in anticipo mi pare ... Andrea lavora per noi ancora
fino a domattina ... Vedremo se avrà voglia di restare qui ... >>.
Bisbigliò con un sorriso sghembo e malvagio.
Non appena entrato nell’ ampia, luminosa cucina, davanti al suo sguardo
apparentemente imperturbabile trovò, in ordine :
un Georg ancora in jeans che, sempre sorridendo, lo invitava ad accomodarsi, un
Gustav, palesemente fresco di doccia che preparava un caffè e che lo salutò in
maniera cordiale e due sottospecie di amebe insonnolite.
La prima, quella con una inguardabile massa di orrende, disordinatissime
treccine nere aggrovigliate, aveva un ghigno che sarebbe dovuto essere cortese
e che risultava semplicemente foriero di qualcosa che Fabrizio non riuscì a
decifrare, seppure gli sembrasse tutt’ altro che gradevole ed indossava solo un
paio di boxer blu, l’ altra, quella specie di signorina che, per quanto
ricordasse doveva essere il cantante del gruppo, con i lunghi capelli corvini
che ricadevano sufficientemente arruffati sulle spalle, una orrida tuta di un
fastidioso, accecante color arancione e nera, chiuso in un’ espressione
imbronciata e silenziosa.
Si accomodò con disinvoltura su uno degli alti sgabelli che circondavano la
penisola della cucina e osservò attento i movimenti della ragazza intenta,
aiutata da Georg, a preparare la colazione.
Adesso, presa in quei gesti che le risultavano semplici e assolutamente
naturali, Andrea aveva dimenticato la presenza di quel quinto ragazzo che
stonava maledettamente in quella cucina, in quella casa, in quella città, in
quella sua vita ...
Il pensiero improvviso la paralizzò con una tazza ferma a mezz’ aria.
Aveva due vite ...
E quella precedente, che sembrava essere tornata a palesare prepotentemente la
sua esistenza nel corpo e nella presenza di quel ragazzo, il suo ragazzo, non
le mancava affatto.
Chiuse gli occhi per un istante, cercando di riprendere il controllo su sé
stessa, poi si voltò sorridente e preparò la tavola per la colazione.
Non fu esattamente una passeggiata visto che il ripiano era ingombro di ogni
sorta di involucro vuoto abbandonatovi sopra la sera precedente.
Tom spinse, con noncuranza una scatolina proprio sotto il naso del ragazzo.
Fabrizio la osservò un istante, giusto il tempo necessario per comprendere di
cosa si trattasse.
Andrea, vedendo lo sguardo del suo ragazzo mutare impercettibilmente, si sporse
rapida sul tavolo e arraffò veloce la scatola che aveva contenuto il tanga,
incrociando gli occhi con quelli di lui che la osservavano con decisione.
<< E’ solo uno scherzo ... >>. Sussurrò lei cercando di
giustificarsi.
<< Immagino ... >>.
Rispose lui con un sorrisetto sarcastico ed un tono che non piacque per nulla a
Tom, ne a nessuno dei ragazzi che avevano assistito a quel breve scambio di
parole e di sguardi.
Quel tipo trattava la loro Andy con la sufficienza di chi si crede superiore, Tom
era certo che stesse pensando che lui lavorava mentre lei stava in casa di
cinque ragazzi a fare la poco di buono ...
Vide rosso in pochi istanti.
- ... Come si permette? Chi si crede di essere questa specie di pallone
gonfiato e supponente? ... Non ha ben chiaro chi si trova davanti e chi si sta
mettendo contro ... -.
Una volta che la tavola fu sistemata e la colazione servita, Andrea si sedette
sul ripiano accanto al lavandino, con una tazza di caffè lungo e fumante in
mano e la speranza che bastasse per farle passare almeno un po’ quel fastidioso
mal di testa che la stava tormentando.
<< Andy! Hai dimenticato i miei cereali ... Lascia, ci penso
io >>.
Dicendo questo Tom si era alzato ed avvicinato alla ragazza facendole l’
occhiolino.
Andrea non credeva di aver compreso cosa Tom volesse intendere, ma una vaga
idea le venne in mente mentre lui le si sdraiava addosso, allungandosi per
raggiungere la mensola più alta del mobiletto che stava proprio sopra di lei.
<< Ragazza! Sei sempre in mezzo ai piedi! >>.
E, detto questo, senza darle il tempo di spostarsi, le afferrò le gambe
richiudendole attorno ai propri fianchi sottili, la costrinse a chiudere le
braccia attorno al suo collo, poi le afferrò poco elegantemente il sedere
tirandosela addosso per poi riposarla sul ripiano qualche passo più in là.
Andrea, stretta al corpo di Tom, leggermente intontita dal palesarsi virile di
lui, la pelle contro la propria, le sue mani attorno al collo di lui, lo aveva
osservato con gli occhi sgranati, chiedendogli implicitamente, cosa cazzo
stesse facendo.
Ma il sorriso sornione ed innocente che lui le rivolse, accennando brevemente
con la testa al ragazzo seduto alle loro spalle, le fece scappare uno sbuffo
divertito che fu chiaramente udito da tutti.
Ben presto, con uno sguardo furente, Fabrizio si alzò da tavola, ringraziando e
richiamando a sé la ragazza con un gesto, così come si potrebbe chiamare un
cane.
In quel momento Tom si chiese se, con il suo innocente scherzo, non avesse
messo nei guai Andy.
<< Forse ho un po’ esagerato ... >>.
<< Lo credi davvero? >>.
Fu la laconica risposta di Bill che, sbattendo malamente lo sgabello, si
diresse alle scale deciso a chiudersi in bagno per le prossime due ore, almeno.
Ma per andare al piano di sopra dovette, necessariamente, passare accanto all’
entrata ed assistere ad una conversazione che, non aveva dubbi, quel ragazzo
avrebbe desiderato mantenere privata.
<< Forse sarebbe il caso che tu andassi a vestirti, prendessi le
tue valige e venissi in albergo con me ... Partiremo domattina presto
>>. Il tono sembrava non ammettere repliche.
<< No >>. Fu la semplice risposta della ragazza.
<< No??? >>. Chiese sarcastico lui.
<< Non credi di esserti divertita abbastanza con questi quattro
bambocci? >>.
<< Divertirmi?!? Io ci lavoro, per loro, e non sono dei
bambocci! >>.
Andrea si stava alterando, una sottile rabbia serpeggiava nella sua voce.
<< Certo! Lavorando! Tutte le interpreti di questo mondo lavorano
con addosso solo una maglietta appartenente ad un dei suddetti datori di lavoro
e utilizzano dell’ intimo commestibile, vero? >>.
La ragazza rimase scioccata per qualche secondo.
<< Mi stai dando della poco di buono, Fabrizio? >>. Il
tono era minaccioso e fermo.
<< Non abbiamo fatto nulla di male, ci siamo solo svagati un po’
ieri sera ed io non ti devo alcuna spiegazione! >>.
Il tono di voce che si alzava un po’ ad ogni parola furente che fuoriusciva
dalle sue labbra.
<< E poi ... Sono pagata fino a domani mattina e fino a domani
mattina resterò qui! >>.
<< Certo! A preparare la colazione e a cercare i vestiti sparsi in
giro per casa di quelle mezze cartucce che si credono delle grandi star, non è
vero? >>.
<< Quelle mezze cartucce, come le chiami tu dall’ alto della tua
immane ignoranza e presunzione, sono delle rockstar ... E per quello che ne so
a te non dispiace quando ti preparo da mangiare o raccolgo, lavo e stiro i tuoi
di vestiti! >>.
Il ragazzo, punto sul vivo, le afferrò forte il polso, stringendolo fino a
strappare un gemito soffocato alla ragazza, ed avvicinò pericolosamente il viso
a quello di lei, ringhiandole in faccia.
<< Tu sei la mia ragazza, mia, capisci? Non sei la fidanzatina di
questi quattro frocetti! >>.
Davanti all’ espressione scioccata della ragazza Bill non potè restare nascosto
dietro la porta e cominciò freneticamente a pensare ad una scusa plausibile per
poter entrare nell‘ atrio senza dare l‘ impressione di aver ascoltato tutta la
conversazione avvenuta tra i due.
Fece l’ unica cosa che gli venne in mente.
Estrasse dalla tasca della tuta il suo cellulare e compose il numero della
ragazza, facendole squillare l’ apparecchio posato sul tavolino del divano,
corse a prenderlo e comparve annunciato dalle note di “ Ten Black Roses “, la
suoneria scelta da Andrea, nell’ atrio, porgendolo a lei, davanti allo sguardo
poco gentile di Fabrizio che, sentendolo avvicinare, aveva repentinamente
lasciato il polso della ragazza che si era voltata verso Bill.
<< Oh, scusatemi ma ... Andy, ti suona il cellulare ...
>>.
Prima che la ragazza potesse rispondere, Fabrizio le disse che l’ avrebbe
aspettata l’ indomani mattina in un albergo vicino all’ aeroporto e, senza
degnare di uno sguardo o di un saluto il ragazzo moro ancora impalato davanti
alla porta, si volse e se ne andò a passo svelto.
Andrea non fece in tempo ad accettare la chiamata che il cellulare smise di
suonare, alzò lo sguardo e si accorse di essere rimasta da sola nell’ atrio.
Fabrizio se ne era andato, Bill era salito al piano di sopra e lei stava
impalata davanti alla porta ancora aperta con in mano il cellulare, spettinata,
la sola maglietta di Tom addosso, i piedi nudi ed un sacco di pensieri che non
sembravano affatto decisi a trovare un giusto posto nella sua testa.
Pigiò il tasto delle chiamate perse ed i suoi grandi occhi grigi parvero
occupare tutto il suo viso.
Il numero dell’ ultima persona che aveva provato a chiamarla, poco prima,
lampeggiava insistendo per sapere se lei volesse richiamare.
Spense il cellulare.
Qualsiasi cosa avesse avuto da dire a Bill, non era necessario richiamarlo.
Avrebbe potuto dirglielo una volta che fosse uscito dal bagno ...
Sedendosi sul divano, lasciando vagare lo sguardo su quel desolante casino che
la circondava, dubitava che gli avrebbe detto nulla.
- ... Cosa dovrei dirgli, dopotutto? : scusa, ma il mio ragazzo è un
povero idiota che non capisce un cazzo di musica e meno che nulla di buone
maniere e adesso mi sto vergognando come un cane all’ idea che tu abbia visto
che razza di stronzo sa essere e che sappia che, suddetto stronzo, me lo sono
andata a scegliere proprio io ... Io che non ho fatto altro che sgridare Tom
per come tratta male le donne? ... Sì, certo ... -.
Quell’ ironia che si palesava nella vocetta saccente e fastidiosa della sua
coscienza la irritava notevolmente.
Mentre se ne stava ancora rannicchiata sul divano, questo sprofondò accanto a
lei cedendo sotto il peso del ragazzo che vi si era lasciato poco elegantemente
cadere seduto.
Tom adesso la osservava di sottecchi :
le ginocchia raccolte, la sua maglietta maltrattata, che lei aveva tirata fino
a coprirsi con essa le caviglie, lasciando intravedere sola la punta dei suoi
piedi scalzi.
Ma non gli importava.
Quell’ espressione triste e un po’ arrabbiata, gli parve, sul volto della
ragazza valeva molto più degli ottanta euro sganciati per quella stupida
maglietta.
<< Scusami per prima ... Volevo solo ... Non so ... Probabilmente
volevo solo farlo incazzare perché sono uno stronzo ... Volevo che lui capisse
che ... Bhé, che qui sei come a casa tua e che in qualche modo tu ... Ci
appartieni ... >>.
Il ragazzo aveva parlato passandosi un dito dietro l’ orecchio, in imbarazzo, e
adesso si stava mordendo la lingua per ciò che aveva appena detto.
Sapeva quanto lei detestasse certe manifestazioni di stupida egoistica
possessione, soprattutto se riguardava un’ altra persona, nel suo caso quasi
sempre donne.
Secondo lei denotava mancanza di rispetto.
Lo credeva anche lui, dopotutto.
E adesso aveva detto quella infelice frase usando proprio lei come soggetto.
Colpevole si guardava le mani, senza osare alzare gli occhi su di lei, temendo
lo sguardo inceneritore che gli riservava sempre in quelle occasioni.
Ma quando, spinto dal prolungato insolito silenzio di lei, specie quando lui
offendeva l’ onore di un qualsiasi essere femminile, decise di alzare gli
occhi, incontrò quelli dolci e un po’ intimiditi della ragazza, che si
abbassarono veloci, impedendogli di scorgere fino in fondo ciò che celavano.
<< Non devi scusarti, era solo uno scherzo ... Magari un po’
stupido, ma ... Casomai dovrebbe farlo lui ... E’ stato maleducato nei vostri
confronti ... Per quello che riguarda i vostri diritti di appartenenza su di me
... Potrei fare un eccezione e non prendermela, per questa volta ...
>>.
Poi si volse sorridente e giocosa verso di lui.
<< Del resto ... Non capita tutti i giorni di “appartenere” ai
tokio hotel! >>.
Gli si slanciò addosso rubandogli la fascia che conteneva i suoi capelli e
scompigliò i suoi cornrows, dopo di che si alzò svelta e con un urlo ben poco
delicato chiamò a raccolta anche gli altri.
Georg e Gustav apparvero dalla cucina dove, apparentemente, parevano essersi
trincerati, probabilmente fin troppo consapevoli della guerra fredda che si era
scatenata all’ arrivo di quello sconosciuto in casa loro.
<< Bene ... Ora che ci siamo tutti, direi che per le prossime
... >>.
Si guardò attorno portandosi pensosa un dito alle labbra.
<< ... Direi ... Due ore, se ci impegniamo, saremo occupati a riordinare
questo sfacelo! Georg : sacchetti extralarge per l’ immondizia ...
>>.
<< Tooom ... Dove tieni le tue magliette? >>. Chiese il ragazzo
con aria innocente.
<< Fottiti Hagen! >>. Fù l’ altrettanto innocente e
disinvolta risposta del chitarrista.
Gustav e Andrea scoppiarono a ridere.
<< Gustav ... Sai che ti adoro e che per questo semplice motivo ti
esonererei da tutto questo ma ... Temo che da sola non riuscirei a gestire
questi due! Per cui, se sei così gentile da decidere di darmi una mano
... >>.
Sorrise rivolta al batterista che le rispose con un sorriso radioso, mettendosi
sull’ attenti.
<< Scopa, paletta, strofinacci e detergenti vari in arrivo!
>>.
Poi sparì diretto alla dispensa.
Andrea raccolse le treccine di Tom in uno strofinaccio pulito, quelli di Georg
in uno strano muccetto alto sulla testa e legò un grembiule ai fianchi di Gustav
indossandone uno a sua volta.
<< Bene! Adesso siamo pronti! All’ opera! >>.
Mentre raccoglieva bottigliette vuote dal pavimento, Tom cominciò a borbottare
tra i denti.
<< Non è mica giusto però! Qui siamo tutti a lavorare ... E Bill?
Lui è dispensato dall’ ingrato compito di aiutarti? >>.
<< Tanto per cominciare, Tom, nel caso sarei io che aiuto voi ... E
poi ... >>.
- ... Poi Bill mi ha già aiutata abbastanza, per oggi ... -.
Avrebbe voluto aggiungere.
<< Poi cosa, di grazia? Perché se ha fatto qualcosa che gli ha
permesso di evitare tutto questo, voglio sapere di cosa si tratta ... Potrei
farlo anche io ... >>.
Andrea, presa in contropiede, alzò gli occhi su di lui alla febbrile ricerca di
una qualche scusa da rifilare al ragazzo che adesso la osservava in sorniona
attesa di una risposta, aggiustandosi buffamente lo straccio sulla testa.
Lei sorrise.
<< Bhé ... Non credo che tu possa fare quello che fa Bill ... Lui
... Bhé ... Lui è semplicemente Bill ... Hai presente? Sempre gentile e
disponibile, un po’ capriccioso ma in maniera talmente adorabile, un po’
naturalmente infantile ... E quegli occhioni ... >>.
Elencò con falsa aria rapita, giusto per il semplice gusto di irritarlo un po’.
<< Ehhhh, amico mio ... Mi sa che tu non possa recuperare tutto in
pochi minuti ... Anzi, non potresti e basta! Argomentazione impeccabile mi
pare! >>.
Gli disse Georg con aria di cordoglio, battendogli una mano sulla spalla.
<< Ti conviene tirare su la mascella e rimetterti al lavoro!
>>.
<< Umpf! >>. Sbuffò il ragazzo senza trovare alcun argomento
per poter ribattere.
Bill, avvolto da un morbido accappatoio che profumava lievemente di mughetto,
stava ad occhi chiusi davanti allo specchio del bagno, stringendo convulsamente
il marmo bianco del ripiano.
Non voleva vedere l’ immagine che vi si rifletteva, sapeva esattamente cosa vi
avrebbe trovato :
una rabbia repressa e sofferente per quello a cui si era ritrovato, suo
malgrado, ad assistere.
Certo, non lo aveva fatto apposta, ma lo aveva visto e, adesso, avrebbe voluto
poter tornare indietro ed evitarsi tutto questo.
Avrebbe desiderato continuare a pensare che lei sarebbe tornata in Italia dal
suo ragazzo che la amava e che la trattava talmente meravigliosamente bene da
impedirle di accettare di firmare un nuovo contratto con loro.
E invece ...
Aveva visto la verità di quella bugia che, avrebbe dovuto capirlo, era troppo
apparentemente perfetta per essere totalmente vera.
Ma era stato rintanato nel bagno fin troppo a lungo.
Nella migliore delle ipotesi Georg sarebbe potuto salire e buttare giù la porta
mentre Andrea avrebbe chiamato un’ ambulanza, temendo che si fosse sentito
male, nella peggiore, suo fratello in persona sarebbe salito a stanarlo dal
bagno, trascinandolo a forza di sotto e, magari, stressandolo per sapere cosa
cazzo gli stava succedendo.
Non voleva dare spiegazioni a suo fratello.
Dubitava che gliene avrebbe potute fornire di plausibili.
Aprì gli occhi, si vestì con un paio di pantaloni neri di una tuta e una
maglietta a mezze maniche rossa, raccolse gli asciugamani e l’ accappatoio
profumato, per metterli nel cesto della roba da lavare come Andrea desiderava
si facesse, poi posò la fronte su quella piccola e pelosa di Macky che era
rimasto immobile seduto sul lavandino, aspettandolo.
<< Chi farà profumare così il mio accappatoio quando lei se ne sarà
andata? >>.
Gli chiese con un filo di voce.
Infine decise di scendere le scale e si ritrovò davanti una scena che gli fece
dimenticare per un attimo quei pensieri incoerenti :
Tom stava chinato sotto al divano col sedere per aria, mentre Georg lo teneva
sollevato apparentemente senza sforzo alcuno, Gustav stava passando un buffo
bastone peloso e colorato che lui non ricordava di avere mai visto, sulle
mensole più alte, in precario equilibrio su una sedia ed Andrea stava passando
uno straccio immacolato sui vetri della finestra, dove, la sera prima, a causa
dell’ idiozia di suo fratello che aveva shakerato la sua lattina, lui aveva
schizzato con la coca cola.
Si avvicinò alla ragazza e le tolse di mano lo strofinaccio.
<< Lascia ... Faccio io ... >>.
E prese a muoverlo un po' goffamente in senso circolare, come aveva visto fare
a lei.
Quando le dita di Bill le avevano sfiorato la mano lei era rabbrividita.
Lui aveva un dolce profumo di ciliegia e i capelli ancora umidi liberi di
ricadere sulla sua maglietta attillata, bagnandola leggermente, aveva il viso
perfettamente pulito, ogni traccia di trucco sfatto era sparita per lasciare
spazio a quel viso un po’ adulto e un po’ bambino che aveva e che lei adorava
così ...
Nudo, privo di qualsiasi segno che cercasse di nasconderlo.
Raccolsero ogni cartaccia, ogni bottiglia e lattina, pulirono ogni macchia
appiccicosa, aspirarono ogni singola briciola di pop corn da ogni poltrona e
dal grande divano ed infine fu un piacere osservare quei quattro che facevano a
gara per decidere chi di loro avrebbe dovuto passare lo straccio sul pavimento.
<< Io non ci penso nemmeno ... E neanche voi dovreste!
>>.
Esclamò il chitarrista puntando un dito feroce sulle due G.
<< Noi abbiamo passato più tempo a pulire di lui >>.
E a queste parole il dito si spostò fulmineo su Bill.
<< Quindi tocca a lui! >>.
Bill, non molto in vena di discutere col suo, decisamente poco adorabile,
gemello, prese in malo modo in consegna lo straccio e lo spazzettone e si
diresse nel salone, gettando direttamente sul pavimento una abbondante dose di
detersivo.
<< Biiiil!!! Se fai così rischi di dover passare le prossime due
settimane nel tentativo di sciacquare il pavimento! Lascia stare dai, divina!
Ci penso io, ok? ... Ti sdebiterai a tempo debito di questo favore ... Adesso
vai di là! >>.
La voce di Gustav era giunta assordante ma decisamente gradevole alle orecchie
di Bill che, effettivamente, non aveva la più pallida idea di come si facesse a
lavare un pavimento ottenendo un risultato almeno accettabile, sebbene avesse
spesso osservato sua madre farlo, nei lunghi pomeriggi della sua infanzia,
quando stava in casa con lei, troppo timido e spaventato da quei bambini più
grandi che lo avrebbero tormentato se avesse messo piede fuori casa, magari al
parco.
Tom correva il rischio spesso, con molto più coraggio di lui, ma erano molte le
volte in cui decideva di restare a casa solo per fargli compagnia, restando
seduto assieme a lui sulle scale ad osservare la mamma, il piccolo volto
identico al suo appoggiato alle ginocchia aguzze raccolte al petto, nella sua
stessa identica posizione.
Erano questi ricordi che impedivano a Bill di avventarglisi contro con i suoi
artigli quando lui lo derideva pubblicamente, come stava facendo in quel
momento.
<< Bill! O sei abbastanza furbo da sapere come evitare le fatiche,
cosa di cui dubito seriamente, o sei davvero un incapace impedito!
>>.
Suo fratello lo amava, lui lo sapeva, e tanto gli bastava.
Non appena ebbero finito e tutti si furono lavati e cambiati, si accorsero di
avere davanti ancora parecchie ore a disposizione e di non sapere come
riempirle.
Stavano seduti in un imbarazzante silenzio, quell’ ultimo giorno sarebbe
volato, ognuno di loro lo sapeva perfettamente, ma al momento i minuti
sembravano trascinarsi lenti e privi di qualsiasi scopo.
**********
La macchina scivolava silenziosa per le strade stranamente tranquille quel
giorno.
<< Vorrei che ... Avesse più tempo, sai? >>.
<< A chi ti riferisci? >>.
Domanda stupida e retorica :
sapeva esattamente a chi si stava riferendo.
<< E’ sempre stato così per lei ... Ha bisogno di tempo ... Non per
affezionarsi, caso mai ce ne fosse stato bisogno ... E non ce n’ era ... Ma per
lasciarsi andare ... Per fidarsi di loro ... >>.
<< O forse per fidarsi di sé stessa, direi ... >>.
Concluse David, voltandosi verso la sua donna.
Quel breve scambio di battute con Nadia non cambiava le cose.
La mattina seguente Andrea sarebbe tornata in Italia e nessuno di loro poteva
fare nulla per impedirlo.
Non che non ci avessero provato.
Entrambi.
Nadia aveva passato ore con lei, parlando di qualcosa che Andrea non voleva
affrontare, cercando di farla ragionare e David ...
Lui, all’ insaputa dei suoi ragazzi, per evitare di dar loro deboli basi su cui
posare delle altrettanto deboli speranze, aveva più volte proposto alla ragazza
un ennesimo contratto di lavoro.
Cosa che lei aveva prontamente e gentilmente rifiutato e che lui, notando
quanto ogni volta le sue parole, quel suo offrirle quell’ opportunità,
sembrasse ferirla, aveva smesso di fare.
Adesso si stavano recando a casa dei ragazzi.
Avevano riflettuto molto sul da farsi, credevano che avessero il diritto di
stare un po’ fra di loro, ma sapevano anche che quell’ ultimo giorno non
sarebbe stato semplice da affrontare, così alla fine avevano optato per andare
a trovarli nel primo pomeriggio e adesso era proprio da loro che erano diretti.
David posò la mano su quella che la ragazza teneva abbandonata sulla sua gamba,
trovandola pronta ad accogliere la sua e a stringere le sue dita tra le
proprie.
L’ uomo sorrise.
A suo tempo era stato un felice farfallone che svolazzava da un fiore all’
altro, cosa che gli risultava piuttosto facile data la fama, seppure abbastanza
modesta e circoscritta, che aveva ottenuto con i Bed & Breakfast, poi,
sfumata la celebrità, era andata diminuendo anche la sua fama di sciupafemmine
e, pur riducendo drasticamente il numero di donne con cui usciva, non aveva mai
desiderato averne una sola accanto.
In seguito erano arrivati quei quattro ragazzini affamati di successo, ma
ancora di più, divorati dal desiderio di sfondare grazie alle loro capacità.
Con il loro entusiasmo, il loro innegabile talento, la loro spontaneità, la
loro incredibile forza di volontà.
Quella aveva convinto David fin dal primo istante :
la loro forza.
Quella di Georg nascosta dietro quell’ aria seria e apparentemente
disciplinata, quella di Gustav, celata dietro a quel silenzio un po’
imbarazzato di chi, a volte, non si sentiva all’ altezza, quella di Tom
rintanata dietro quell’ espressione da sbruffone, e quella di Bill, che non la
nascondeva dietro nulla ma la palesava in quel suo enorme contagioso sorriso
che occupava praticamente tutto il suo piccolo volto.
Da quel momento in poi lui, David, aveva dimenticato quasi del tutto le donne
per preoccuparsi ed occuparsi di loro.
E non rimpiangeva nemmeno un istante che aveva occupato in quel modo.
Del resto, se adesso aveva seduta al suo fianco quella donna, quella che era
riuscita, col suo adorabile caratteraccio, a fargli desiderare di fermarsi,
doveva ringraziare proprio loro, la loro necessità di avere un’ interprete, l’
insistenza di Bill, la caparbietà di quella ragazzina ...
Voleva bene ai suoi ragazzi ...
Erano la sua famiglia ed Andrea ne faceva ormai parte a tutti gli effetti.
Ancora stringendo la mano di Nadia, svoltò all’ interno del cancello che aveva
aperto col telecomando a distanza e posteggiò l’ auto sul vialetto di ghiaia
chiara davanti alla porta.
Scese aprendo la portiera della ragazza e suonarono al campanello in attesa che
qualcuno venisse ad aprire.
All’ interno della sala, nel silenzio che li aveva avvolti, i cinque ragazzi
sobbalzarono al suono del campanello.
Andrea fu la prima a scattare in piedi come una molla, quasi volesse sottrarsi
da una situazione poco piacevole.
Bill lo notò.
- ... Non vuole stare con noi ... -.
Questa semplice constatazione lo feriva.
Non appena ebbe aperto la porta, l’ immagine che Andrea si trovò di fronte la
fece sorridere, come ogni volta : vedere David e Nadia mano nella mano, la
commuoveva in maniera sciocca ma insopprimibile.
Conosceva Nadia meglio di quanto conoscesse sé stessa.
Sapeva quanto detestasse certe smancerie.
L’ aveva vista passare da un ragazzo all’ altro con estrema semplicità e
scappare ogni volta che qualcuno provava a legarla.
Ma David ...
Sembrava essere riuscito nell’ impresa.
Certo, il loro non era uno di quei rapporti fatti di mille moine e
vezzeggiativi sciocchi; Nadia non si sarebbe mai sognata di chiamarlo cucciolo
né avrebbe mai accettato di lasciarsi chiamare tesorino o cavolate simili, ma
...
L’ affetto che c’ era fra i due era palese, e non era semplice affetto :
l’ amore si svelava nei loro occhi ogni volta che posavano lo sguardo l’ uno
sull’ altro, non necessariamente nello stesso momento.
Aveva visto certi sguardi che la giovane donna posava, quasi adoranti, sull’
uomo e quelli altrettanto dolci, quasi increduli che lui le poneva
delicatamente addosso.
Andrea era contenta per loro.
Certo, le dispiaceva per Tom e per quegli attimi di tensione che tutto questo
aveva portato tra lui ed il manager ma, una volta di più, aveva potuto
rivalutare il ragazzo :
aveva compreso che Nadia non faceva per lui, aveva capito che poteva essere
qualcosa di più che un capriccio per David ed aveva accettato le cose per
quelle che erano.
Era fiera di lui.
Adesso se ne stava beata tra le braccia della sua amica che seppe essere
arrivata in Germania il giorno precedente.
<< Devo assolutamente farti vedere una cosa, Nadia! >>.
E dicendo questo, avvisando con un urlo i ragazzi ancora in sala, portò l’
amica di sopra, nella camera di Gustav, dove aveva messo tutta la roba che
aveva acquistato e che i ragazzi le avevano regalato il giorno prima.
Nadia parve apprezzare particolarmente il libro di ricette di Gustav; non lo
avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura ma era praticamente dipendente dai dolci,
e rise come una matta quando le raccontò della visita al sexyshop che aveva
scelto Tom.
Ma Andrea si era improvvisamente intristita e la risata di Nadia si spense
piano.
<< Cosa è successo, Andy? A me puoi dirlo, lo sai ...
>>.
<< stamattina Fabrizio si è presentato qui ... >>.
Sapeva che era inutile mentire con lei.
<< E si è comportato come un vero, totale stronzo maleducato ...
Certo, Tom magari ha messo in atto uno scherzo non proprio delicato ma ...
Cazzo! Non si fida di me ... E parla di matrimonio! Come può? >>.
La rossa corrugò la fronte.
- ... Matrimonio? ... Questa mi risulta nuova ... Perché Andy non me lo
ha detto prima? ... -.
La ragazza rimase qualche minuto in silenzio, poi la abbracciò.
Cos’ altro avrebbe potuto dirle adesso?
Nulla ...
Anche se avrebbe desiderato prenderla a calci e dirle che sarebbe stata una
stupida se avesse accettato di sposare quel ragazzo, soprattutto dopo la
maniera pessima in cui si era comportato, soprattutto dopo averle dimostrato,
una volta di più se ce ne fosse stato bisogno, che non la rispettava come donna
e come lavoratrice, soprattutto adesso che finalmente aveva capito, sebbene non
ancora ammesso, di non esserne più innamorata.
- ... Perché è così, vero, Andy? ... Lo hai amato e tanto da ragazzina
... Ed era giusto, era bello, ma ... Ma adesso non è più così ... E tu lo sai
... Maledizione! -.
Di nuovo quel desiderio difficile da reprimere, di prenderla a calci.
La strinse più forte a sé.
Detestava vederla soffrire, e lo detestava maggiormente quando fingeva che
andasse tutto bene.
Nella sala le cose erano un po’ migliorate; l’ arrivo di David aveva portato
una sferzata di energia a quella conversazione che faticava a decollare.
<< Hai portato la tua bella nella tana del lupo ... >>.
Ghignò Tom.
David scosse il capo con un sorriso sulle labbra.
Sapeva che Tom stava scherzando, sebbene non sottovalutasse, mai, il fascino
che esercitava in ampia scala sul genere femminile.
Sapeva che poteva fidarsi di lui.
C’ erano stati giorni in cui si era roso il fegato dandosi dell’ idiota per
quel suo sentirsi in competizione con un ragazzino di ben diciassette anni più
giovane di lui, eppure ci si era sentito.
Ed aveva vinto.
- ... No, Dave ... Non hai vinto, né lui ha perso ... Avete fatto l’
unica cosa che potevate fare : lasciar decidere a lei ... Ed ha scelto te ...
Sei solo stato maledettamente fortunato ... Avevate le stesse identiche chance,
semplicemente il destino ti ha sorriso ... E anche lei ... -.
Pensò rivolgendo un sorriso alla rossa.
<< Sì, ce la ho portata e so che non la devo difendere ... Si sa
difendere benissimo da sola ... >>.
Sorrise a Tom che ricambiò il sorriso con una pacca sulla spalla chiedendogli
se gli andasse una birra.
Poco dopo, seduti al tavolo della cucina, chiese ai ragazzi cosa avessero
intenzione di fare, quel giorno.
<< E’ l’ ultimo giorno che passa con noi ... Cosa avete
deciso? >>.
Il silenzio imbarazzato che seguì, in risposta alle sue parole, lo spinse a
fare quella proposta.
<< Sentite >> disse rivolto a Bill e Tom.
<< Vostra madre mi è sembrata entusiasta di lei ... Ed è da un po’
che non la andate a trovare tutti assieme ... Perché non andiamo a trovarla?
Sono sicuro che le farà piacere salutarla prima che parta ... >>.
I ragazzi accolsero bene la proposta e, non appena giunsero nella cucina,
avvisarono Andrea e Nadia che si dissero entusiaste e, poco dopo si erano
divisi tra il suv di Tom e la audi di David.
Nadia aveva chiesto ad Andrea di andare in macchina con loro e si sedette sul
sedile posteriore con l’ amica tormentando un David falsamente scocciato con il
racconto dettagliato della giornata precedente.
In realtà all’ uomo faceva piacere sentire che si erano divertiti ed ascoltò
sorridendo le parole delle due ragazze.
Ben presto giunsero davanti alla villetta dei genitori dei ragazzi e David
seguì l’ auto di Tom all’ interno del cancello posteggiando accanto al ragazzo
e aprendo galantemente la portiera alle ragazze.
Poi si diressero tutti assieme sulla porta e suonarono.
L’ espressione estasiata di Simone alla vista di tutti i suoi ragazzi fu
impagabile, la sua felicità si manifestava chiaramente nei suoi occhi nocciola,
e li accolse tutti con un caloroso abbraccio.
<< Tu sei nuova ... >>. Disse rivolta a Nadia.
<< Sì signora ... Spero di non disturbare, ma Dave mi ha assicurato
che non le sarebbe dispiaciuto se fossi venuta anche io ... Sono Nadia, un’
amica di Andrea ... Piacere di conoscerla >>.
Aveva parlato tenendo gli occhi, verdissimi, puntati in quelli della donna che
la prese immediatamente in simpatia.
Le ricordava un po’ il suo Tom in quanto a sfacciataggine ed in parte David
nella sua educata sicurezza di sé.
<< Andrea lavora per i ragazzi e tu? >>.
Chiese Simone facendo accomodare tutti e chiamando a gran voce Gordon.
<< Io no, purtroppo ... Non mi sono guadagnata col lavoro la mia
presenza qui ... >>.
Sorrise la rossa e Simone notò un lieve rossore sul volto della giovane,
immediatamente celato.
<< No ... In effetti le è bastato maltrattare David e me ... Ma
molto di più Dave, per entrare a fare parte della famiglia dei Tokio Hotel!
>>.
Rise Tom, cercando di trarre Nadia in salvo da quella situazione un po’
imbarazzante.
- ... Cosa dovrei dirle? Che vado a letto col manager dei suoi figli?
... -.
Stava intanto pensando la ragazza, posando istintivamente uno sguardo dolce e
pudico sul volto dell’ uomo, dal basso verso l’ alto, alla ricerca
inconsapevole del suo aiuto.
Ma David non dovette dire nulla, a Simone non era sfuggito quello sguardo.
<< David! Avresti dovuto dirmi che ti eri fidanzato!
>>.
Fu il turno dell’ uomo di imbarazzarsi.
In effetti non aveva mai dato quel nome al suo stare con Nadia.
Gordon era arrivato in salotto a trarre un po’ tutti da quell’ imbarazzo.
<< Navid! Piacere di rivederti ... Ragazzi! E’ un sacco che non
venite a trovarci tutti assieme! Georg, Gustav! Tutto bene? >>.
I ragazzi ricambiarono la possente stretta dell’ uomo con un sorriso, sebbene
non fossero sicuri di poter dire che stesse andando tutto bene.
Bill abbracciò Gordon e sua madre, che lo osservò attentamente.
C’ era qualcosa che non andava, c’ erano troppi sguardi celati o che venivano
ben dissimulati, sebbene non potessero sfuggire ai suoi occhi di mamma.
E credette di capire che tutto rimandava ad Andrea, quella ragazza che adesso
stava leggermente in disparte, in attesa di essere salutata, sempre intimidita
dalla presenza dei genitori dei ragazzi, sempre silenziosamente educata.
<< Andy, tesoro! Tutto bene? ... Venite, accomodatevi in salotto
... Credo proprio che Bill abbia una specie di radar per quello che mi riguarda
... Ho preparato una torta al cioccolato proprio questa mattina ... Va bene per
tutti? >>.
Chiese Simone sorridente.
Ad un cenno affermativo dei suoi inaspettati e graditissimi ospiti, la donna
sparì in cucina per tornare qualche minuto dopo con una teiera fumante e una caraffa
di caffè caldo.
<< No, Bill! Non guardarmi a quel modo ... La torta è già
cioccolato allo stato puro ... Non ti ho preparato la cioccolata calda!
>>.
Tutti risero dell’ espressione delusa del cucciolo di casa Kaulitz-Trumper per
poi passare ad una conversazione piacevole ma non particolare.
Parlarono di come andavano le cose e del lavoro.
<< Andrea ... Tutto bene? >>.
Simone la fissava intensamente e la ragazza si sentì avvampare.
Era inutile continuare a girarci intorno.
<< Sì ... Vede, in realtà oggi i ragazzi mi hanno portata a
trovarvi per ... Bhè, per salutarvi ... Domattina il mio contratto lavorativo
scadrà ed io tornerò a Milano, a casa ... >>.
Quell’ ultima parola le era bruciata nella gola, ma doveva dirla, doveva dirla
per sé stessa.
<< ... Mi sarebbe dispiaciuto andarmene senza salutarvi ...
>>.
Sorrise volgendo lo sguardo su Gordon e Simone.
La donna, nascose prontamente la sorpresa che aveva provato a quella notizia.
Se ne sarebbe andata?
E ... E Bill?
Non diceva nulla?
Non faceva nulla?
Credeva di aver intravisto qualcosa negli occhi del suo ragazzo l’ ultima volta
che l’ aveva visto, sapeva di non essersi sbagliata.
Ricordò di avergli consigliato di non affrettare le cose ...
Ma lo aveva detto semplicemente perché credeva che, le suddette cose, sarebbero
venute da sé, e invece ...
Lei se ne andava, tornava dal suo ragazzo italiano e lasciava solo il suo Bill
...
Non poteva certo fargliene una colpa, ma non riusciva ad evitarsi quella punta
di dolore per il suo cucciolo che appariva terribilmente strano ai suoi occhi,
quel giorno.
A volte avrebbe voluto che i suoi ragazzi fossero come tutti gli altri figli
che si allontanavano dal nido, troncando i rapporti con i genitori e creandosi
una propria vita da cui loro erano esclusi nella maggior parte dei casi, invece
fra lei ed i suoi figli era come se il cordone ombelicale non fosse stato mai
del tutto reciso, in particolare con Bill.
Le sembrava di percepire sempre il suo umore, anche quando erano lontani.
In realtà amava questo loro rapporto speciale, sebbene vederlo stare male non
fosse esattamente una cosa piacevole.
Non lo era mai stato.
Non appena ebbero finito la torta, Simone chiese ad Andrea se aveva voglia di
aiutarla a portare le tazze ed i piattini in cucina.
Tom si era alzato per aiutarle, ma la mano che Nadia gli pose sul braccio lo
fece desistere.
La rossa aveva intuito che le due donne avessero qualcosa di cui discutere, da
sole.
Nella cucina il silenzio era pesante, rotto solo dall’ acciottolare delle tazze
mentre venivano riposte nella lavastoviglie e dal chiacchericcio dei ragazzi
rimasti in salotto con Gordon.
Andrea pensò che era abbastanza imbarazzante da spingerla a parlare.
<< ... Sono arrivata lontano da casa mia, lontano dall’ Italia, ed
ho visto la felicità ... L’ ho vista nascere e crescere ... Ma a volte
... >>.
Deglutì imbarazzata, sapendo che la donna sapeva esattamente a cosa si stava
riferendo, a quelle parole che lei stessa le aveva sussurrato abbracciandola,
qualche mese prima.
<< ... A volte ... Ci sono fiori che non vanno colti ... Che sono
belli proprio perché sono intoccabili, ricoperti da spine che nessuna
protezione può aiutarci ad aggirare ... Quello che ho avuto la gioia di trovare
io era proprio uno di questi bellissimi fiori ... Ci sono molti motivi per cui
devo lasciarlo stare ... >>.
Simone l’ aveva osservata parlare tormentandosi le labbra e le dita, gli occhi
fissi sulle mattonelle del pavimento, ed aveva sospirato.
<< Se credi che sia la cosa giusta da fare ... Non posso certo essere
io a dirti come comportarti ... >>. Le alzò il viso fino ad
incontrare i suoi grandi occhi grigi e leggermente sgomenti.
<< Ma credo di poterti dire senza ombra di dubbio alcuno che a
volte ... In rari, splendidi casi, ci sono fiori per i quali vale la pena
graffiarsi le mani con le spine, correre il rischio ... >>.
Poi le posò una mano sulla spalla avviandosi con lei in sala.
<< Torniamo di là o ci daranno per disperse ... >>. Le
sorrise.
Bill si stava chiedendo come mai sua madre ed Andrea impiegassero tanto tempo
per infilare la roba in lavastoviglie.
Temeva che sua madre stesse cercando di dissuadere la ragazza dal partire,
portando alla sua attenzione argomenti di cui non sapeva nulla ...
O sì?
<< Stai tranquillo ... Mamma non farebbe mai nulla per incasinarci
più di quanto ci incasiniamo da soli >>.
Il sussurro di suo fratello all’ orecchio lo distolse dai suoi pensieri.
Mosse il capo in un cenno affermativo, poi tornò a fissare la porta della
cucina in attesa di vedervi comparire le due donne.
Non gli era capitato spesso, poiché Andrea stessa sembrava decisamente più
piccola e sempre un po’ in imbarazzo con loro, ma in quel momento sentiva
maledettamente il peso della sua giovane età.
Aveva quattro anni meno della ragazza e sette meno del suo fidanzato.
Si sentiva uno stupido ragazzino alla sua prima cotta estiva, quando si rende
conto che l’ estate sarebbe finita e che l’ oggetto dei suoi desideri sarebbe
tornato in città e lui l’ avrebbe perduta.
La sua estate stava per terminare.
Sarebbe terminata la mattina dopo in una, ancora fredda, giornata di fine
aprile.
<< Ti sei trovato proprio una bella ragazza, Dave, amico mio!
>>.
Stava dicendo Gordon in quel momento, posando uno sguardo ammirato su Nadia
che, per l’ ennesima volta, era lievemente arrossita.
- ... Ma guarda un po’ ... La mia stronzissima amica, quella che nulla
poteva imbarazzare, sta diventando una mammoletta ... Stare con David le fa ...
Bene ... -.
Pensò Andrea sorridendo, entrando nella stanza luminosa.
Anche Tom l’ aveva notato.
Aveva notato come la rossa fosse cambiata in quegli ultimi tempi, da quando
aveva deciso quale sarebbe stato il fortunato che le avrebbe camminato al
fianco.
Era cambiata sotto molti aspetti.
Era sempre sexy e affascinante, ma sembrava non sentire più il bisogno di
provocare deliberatamente.
Aveva smesso di indossare certi micro abitini che assomigliavano a dei
francobolli e di atteggiare il suo corpo sottile in pose fin troppo
accattivanti.
Quel giorno ne era la prova :
era compostamente seduta accanto a David, le mani in grembo, indossava dei
jeans a sigaretta neri e delle ballerine viola, abbandonando i suoi
chilometrici tacchi che la elevavano su David, sebbene di poco.
I pantaloni erano a vita bassa, ma accuratamente coperti da un semplice golfino
con lo scollo a “v” dello stesso colore delle scarpe.
Persino il trucco era delicato e un velo di rossetto perlato si posava leggero
sulle labbra.
Solo i suoi capelli erano ancora inesorabilmente rosso fuoco, accecanti.
Tom fece una buffa smorfia.
Nadia aveva ventisei anni e sembrava aver trovato ciò di cui aveva bisogno.
E non era un ragazzino di appena venti anni, viziato e sesso-dipendente.
Era un uomo che riuscisse a farle scoprire il suo giusto equilibrio.
Lo aveva trovato.
E sebbene non potesse affermare candidamente che la cosa non gli bruciasse
ancora un po’, dovette ammettere che era contento per lei ...
E per Dave.
Lui aveva riservato tutte le sue energie e le sue attenzioni solo a loro per
anni, aiutandoli ad arrivare dove si trovavano adesso.
Era giusto che pensasse un po’ a sé stesso.
Comunque fossero andate le cose, ora Tom decise di non pensare a questo,
comunque, e volse lo sguardo su suo fratello che pareva essersi illuminato per
un solo istante all’ entrata della ragazza nel salotto.
- ... Bill ... Maledizione! ... Come posso aiutarti se non mi dici più
nulla? ... -.
<< Ragazzi ... Credo sia ora di rientrare, si è fatto tardi
... >>.
E con queste parole di David si ritrovarono tutti in giardino al solito rito
dei saluti.
Questa volta fu Nadia ad osservare affascinata il sorriso gentile e
assolutamente genuino che Tom riservava a pochissime persone, tra le quali c’
era sua madre, suo fratello e ...
- ... Andy ... -.
Pensò la rossa rendendosi, quasi solo in quel momento, conto di quanta strada
aveva fatto la sua amica nel lavoro e nella vita di quei ragazzi.
Sospirò.
Detestava la maledetta cocciutaggine della ragazza ...
Avrebbe voluto poterla convincere che tornare a Milano si sarebbe rivelata la
cazzata più grande di tutta la sua vita, ma ...
Andrea sembrava non volerla ascoltare ed aveva accennato anche ad una specie di
proposta di matrimonio da parte di Fabrizio ...
Stava facendo decisamente la cazzata più grande della sua vita ...
Aveva ventiquattro anni, davanti tutta la vita, una prospettiva di lavoro
fantastica per quei ragazzi che adorava e che erano diventati suoi amici e ...
Aveva Bill ...
- ... Cosa diamine sta aspettando a rendersi conto di quello che sta
facendo? Di quello a cui sta rinunciando? ... -.
Simone aveva abbracciato tutti i ragazzi, compresi Dave e Nadia e, adesso, stringeva
tra le braccia Bill.
Lo fissò intensamente negli occhi per qualche istante, poi lo strinse forte a
sé.
<< Bill ... Ricordi quello che ti ho detto, vero? Su come sia
necessario lasciare che le cose siano libere di nascere e crescere? ... Bhe ...
A volte anche le mamme possono sbagliare ... Forse ... Forse penserai che sia
tardi ma ... Un tentativo di combattere per quello che desideri puoi ancora
provare a farlo, se te la senti ... Potrei sbagliare di nuovo, ma ... Forse
potrebbe non essere del tutto inutile, sai? E, se non altro, non avrai
rimpianti ... >>.
Lo scostò da sé, cercando di capire se il ragazzo avesse compreso ciò che gli
aveva detto, poi lo sospinse verso la macchina, salutandolo con un rapido bacio
sulla guancia.
Infine strinse Andrea.
<< Buon viaggio tesoro ... Spero comunque di rivederti, un giorno o
l’ altro ... >>.
Una lacrima scivolò rapida sulla guancia della ragazza mentre ancora stringeva
la donna.
- ... Lo vorrei tanto anche io Simone ... Ma significherebbe avvicinarmi
nuovamente ad un fiore che non posso cogliere, per quanto lo desideri ... E la
mia forza di volontà è quella che è ... -.
Si allontanò dalla donna e le sorrise.
<< Grazie ... >>.
Poi salì in macchina con David e Nadia e ripartirono diretti verso casa.
Il viaggio di ritorno fu molto più silenzioso di quello dell’andata e a David
mancarono le chiacchiere delle due ragazze che sedevano l’ una accanto all’
altra sul sedile posteriore.
Nadia stringeva tra le sue la mano fredda di Andrea che teneva ostinatamente
gli occhi fissi sul paesaggio che scorreva fuori dal finestrino, persa nei suoi
pensieri, non guardando nessuno di loro temendo che il dolore che provava
potesse svelarsi a loro attraverso i suoi occhi.
Giunti nuovamente a casa Georg chiese a Nadia e David se volessero fermarsi a
cena ma, osservando le espressioni un po’ tese di tutti i ragazzi, decisero di
declinare l’ offerta.
In oltre Nadia non era affatto sicura di riuscire a sopportare un altro minuto
in compagnia di Andrea senza picchiarla fino a farla rinsavire.
Avrebbero finito col litigare malamente quella sera e lei non lo voleva.
Le voleva molto bene ma aveva imparato ad apprezzare quei ragazzi e a
decifrarli e, quello che adesso vedeva su quei giovani volti, non le piaceva
affatto né le piaceva il fatto che la sua amica sembrasse ignorarli di
proposito, quegli sguardi tristi.
Così pensò che fosse più sicuro che si allontanasse per un po’ da lei, sarebbe
andata a trovarla una volta tornata anche lei in Italia ed allora, quando la
sua rabbia si fosse un po’ sbollita, ne avrebbero parlato seriamente ...
Prima che potesse davvero decidere di sposare quella specie di damerino idiota
ed arrogante.
Tom si era fiondato in camera sua.
Sentiva che la tensione stava arrivando a dei livelli che lui non avrebbe
potuto sostenere a lungo e sapeva che alla fine sarebbe sbottato.
L’ arrivo di quella ragazza nella loro vita aveva cambiato un po’ persino lui,
ma questo non significava che la sua facilità a prendere fuoco fosse del tutto
sopita.
- … Finirei col litigare con Bill o con Andrea, magari … Me lo sento … Magari
potessi svignarmela come hanno fatto Dave e Nadia … Ehy! Ma io posso! -.
Afferrò veloce il suo cellulare e scorse i numeri della rubrica : Giselle, Katrina,
Iivonne, Karin, Amanda …
Al pensiero di quelle ragazze nulla si smosse in Tom …
Non aveva voglia di vedere nessuna di loro, ad essere sincero …
Ma forse, una a caso di loro, sarebbe potuta essere una scusa plausibile per
allontanarsi qualche ora da casa.
- … Potrei dire agli altri che ho un appuntamento ed andarmene in
qualche bel locale a rilassarmi un po’ senza pensare al muso lungo di mio
fratello … -.
Detestava vedere il suo gemello così e sapeva che urlargli contro non sarebbe
servito a nulla se non a peggiorare una situazione già difficile di per sé …
E con Andrea …
Bhe, cosa avrebbe potuto fare con lei?
Obbligarla a lasciare quella specie di uomo inamidato che si era scelta?
Freddo, altero, impassibile, antipatico, duro …
Si chiese cosa la ragazza ci avesse trovato in lui tanto da decidere di viverci
assieme e come potesse adorare in quel modo dolce e pudico suo fratello che
era, sia fisicamente che caratterialmente, l’ opposto del giovane uomo …
Perché Tom, seppure forse in maniera un po’ strana, dovuto a certi suoi
pensieri fissi non propriamente puri ed innocenti, credeva di aver capito che,
fra tutti loro, lui, Bill, sarebbe stato quello che le sarebbe mancato di più.
Eppure non capiva come fosse possibile che lei non si fosse ancora esposta,
come riuscisse a mantenere quel freddo autocontrollo che si era imposta con Bill.
- … Forse io do un po’ troppa importanza alla fisicità dei rapporti ma … Quei
due sono qualcosa di insopportabile … Senza contare che Andrea, essendo più
grande, poterebbe anche decidere di farsi avanti una volta per tutte … -.
La rabbia stava montando nel petto del giovane chitarrista che prese la
definitiva decisione di prepararsi ed uscire, fosse anche stato costretto a
girare per Berlino in macchina, tutta la notte.
Quando scese in salotto per dare la notizia della sua uscita, trovò i ragazzi
raccolti nell’ atrio; Georg che aiutava Andrea a prendere i suoi pacchi, Bill
che fissava il pavimento, avvolto nelle proprie braccia e la voce mogia di Gustav.
<< Stavamo per venire a chiamarti … Andy ha deciso di andare alla
depandance e di andare a letto, stasera … Domani dovrà alzarsi presto …
>>.
- … Fantastico … -.
Pensò depresso Tom sentendo scendere un po’ il suo cuore dalla posizione solita
e convenzionale.
**********
Era da sola nella depandance.
I temporali, specie se violenti come quello, la spaventavano da sempre.
Ed era piuttosto strano dato che lei amava la pioggia, il ticchettio sommesso o
furioso delle gocce d' acqua sui vetri, mille lacrime che cadono e sembrano
volerti narrare una storia, tante storie...
Tutte quelle storie di tutte quelle persone che lei non conosceva e che forse
le assomigliavano almeno un po'e di quelle che, con ogni probabilità, non le
assomigliavano per niente ma che lei sapeva si portavano dentro il proprio
bagaglio di sbagli, errori, gioie, dolori ...
Malinconie ... ... ...
E, ascoltando quelle gocce d' acqua, quelle storie sussurrate spinte dal vento,
riusciva a pensare che le distanze che dividono le vite di tutti, non sono poi
così enormi e insormontabili come credeva, come tutti credono a volte, troppo
coinvolti e chiusi nei propri dolori ... ... ...
Ascoltando la pioggia si sentiva meno sola ... ... ...
Ma i temporali, quei tuoni possenti, quei lampi di luce improvvisa che
straziavano il cielo aprendovi delle ferite luminose, la spaventavano ...
Il pensiero andò ai ragazzi.
Avrebbe tanto voluto poter andare a chiamare Gustav, ma non poteva farlo
sebbene, pur sentendosi miseramente infantile, non riuscisse a stare da sola.
Gustav ...
Infatti, solo due persone conoscevano questo suo " oscuro segreto " :
Nadia, la quale, in caso di temporali, andava a dormire da lei ogni volta che Fabrizio
era fuori città per lavoro, e Gustav appunto, al quale lo aveva confessato una
notte in cui un improvviso temporale li aveva sorpresi proprio mentre lui stava
per accompagnarla alla depandance dopo una nottata passata a vedere un paio di
dvd.
L' aveva osservata in silenzio qualche minuto, poi le aveva chiesto
<< Non ti va di tornare nella depandance da sola, vero? Hai paura
dei temporali? >>.
Lei aveva cercato di sviare il discorso ma alla fine aveva miseramente ammesso
i suoi timori e Gustav, dato che i divani e le poltrone erano occupate da masse
informi di treccine, gambe chilometriche e ancora piastratissimi capelli
castani, le aveva offerto di dormire nella sua stanza.
<< E tu? >> aveva chiesto Andrea dubbiosa.
<< Io me ne approfitto e, come la piccola riccioli d' oro, me ne
vado a provare i letti di questi tre orsi in letargo e a scegliere quello che
preferisco! >>.
Le sorrise e lei scoppiò in una risata silenziosa per non svegliare i suddetti
orsi, poi, accompagnata dal batterista, si era diretta in camera sua ed aveva
indossato un suo pigiama.
Il ragazzo le aveva rimboccato le coperte.
<< Grazie Pooh ... >>. Aveva sospirato lei con un
espressione beata sul viso rilassato.
<< Pooh??? Come ... Come Winnie the Pooh l' orsacchiotto?!?
>>.
Chiese il biondo un po' stupito.
Andrea fece una faccia buffa e arrossì un po'.
Se lo era lasciato sfuggire dalle labbra, ma mai come in quel momento Gustav le
aveva ricordato il tenero orsacchiotto del Bosco Dei Cento Acri.
Sorrise.
<< Sì, proprio come quello ... Spero non ti dispiaccia perché io e Nadia
ormai ti chiamiamo così da un sacco di tempo ... >>.
Gustav finse un espressione arcigna che male si addiceva ai suoi divertiti
occhi scuri.
- ... Ma pensa tu! Ragazzina pestifera! E la rossa non è da meno ...!
-.
Aveva riso tra sè e sè il ragazzo, sedendosi sul letto accanto alla
ragazza.
<< Bene. Allora, in attesa che ti addormenti, avrai il piacere di
spiegarmi gli altri che ruolo abbiano ... David è Tappo, quel coniglio
rompicoglioni e guastafeste, su questo non si discute! >>.
Avevano riso entrambi, poi il batterista proseguì.
<< In alternativa potrebbe essere Uffa, il gufo, ma quello non
rompe abbastanza ... Tom ... Bhè, ci vuole un personaggio schizzato ... Tigro?
Mhhh ... Rimango un po' indeciso ... A Georg gli affibbiamo Ih Oh. Le orecchie
di quell' asino sono sempre perfettamente pendule sul muso ... Proprio come i
perfettamente piastrati capelli di Hagen! E Bill ... Chi gli facciamo fare a
lui? Avrei detto Tigro, ma poi Tom rimaneva senza personaggio ... Pimpi no ...
Bill non è poi proprio così fifone ... Mhhh ... Pensa, pensa ...
>>.
Aveva detto imitando, per la gioia di Andrea, il gesto e la frase del famoso
orsacchiotto che si batteva la zampetta sulla fronte.
<< Oh rabbia ... >>.
Andrea non si era trattenuta ed era scoppiata a ridere e, riprendendo fiato,
aveva detto
<< Potremmo fargli fare Ro ... E' un cucciolo, quindi si stupisce e
si entusiasma di tutto ed è pieno di curiosità ed energia, ed è coinvolgente ma
anche buono ... >>.
Gustav aveva sorriso dolcemente.
<< Buona descrizione del soggetto direi ... E tu? >>.
Le aveva chiesto.
<< Io cosa? >>.
<< Bhè, fai parte della grande famiglia dei Tokio Hotel ormai ...
Quindi devi avere anche tu il tuo personaggio nel Bosco Dei Cento Acri ...
Potresti essere ... Canga ... Sei buona, dolce, generosa, e soprattutto
paziente, ti occupi di tutti noi al di là del tuo contratto di lavoro, ci
ascolti e sei sempre presente ... Direi che ci siamo no? Adesso tutti abbiamo
un personaggio! >>.
Andrea era senza parole.
<< Gus ... Io non faccio parte della famiglia ... Diciamo che sono
come quei parenti ... Una di quelle cugine di secondo grado, in visita di
passaggio ... >>.
Aveva detto piano.
Gustav si era morso la lingua.
Forse aveva parlato troppo, ma non era sua intenzione ferirla.
<< Ok ... Senti, adesso dormi però, mi sembri davvero stanca ... E
lo sono anche io ... E, tranquilla, il tuo segreto è al sicuro ...
>>.
Le aveva posato un bacio sulla fronte e se ne era andato.
Andrea si era addormentata poco dopo, mentre una lacrima, all' idea che quella
visita avesse una scadenza, seppure al momento non vicina, le scivolava sul
viso.
**********
Quel ricordo era stato una lenta tortura, seppure estremamente dolce.
Fra cinque ore esatte si sarebbe chiusa la porta della depandance alle spalle e
si sarebbe lasciata dietro quella casa, quel lavoro, quei ragazzi, quella vita.
Le valige erano già pronte da un pezzo; da un paio, quelle con cui era
arrivata, si erano raddoppiate e adesso aveva quattro valige davanti alla
porta, più un beauty e la sua borsa.
Sospirò.
Avrebbe dovuto fare due viaggi per portare tutta quella roba al cancello e
sperò che il tassista che aveva chiamato per la mattina dopo, sarebbe stato
così gentile da aiutarla a caricare
tutta quella roba nel porta bagagli.
Si sedette sul divano ad ascoltare il temporale, cercando di concentrarsi sul
rumore della pioggia ...
Persino sulla sua paura ...
Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio che pensare ai suoi ragazzi che dormivano
nei loro letti e che lei non avrebbe visto mai più.
Pensò ai saluti brevi ma affettuosi che aveva scambiato con Georg e Gustav e a
quelli freddi con Bill e Tom.
Bill le aveva sussurrato un tristissimo " fai buon viaggio " per poi
sparire su per le scale diretto in camera sua.
Aveva sentito il tonfo sordo della porta richiudersi e poi il silenzio era
sceso.
Tom aveva seguito con lo sguardo il fratello, poi aveva posato gli occhi su di
lei.
Erano due occhi particolarmente furiosi e lei aveva provato uno sgradevolissimo
brivido lungo la schiena, ben diverso da quelli che il ragazzo era solito farle
provare, un po' per sadico divertimento personale un po' per dimostrare,
presumibilmente a se stesso, il suo potere di seduzione.
Quegli occhi adesso le stavano dicendo molte cose e nessuna di questa era
troppo gradevole, o per lo meno, lei non voleva ascoltarle.
Gli occhi delle due G erano rimasti chini sul pavimento, seri, tristi.
Un istante dopo il chitarrista stava prendendo le chiavi del suo suv.
<< Dove stai andando, Tom? >>. Chiese Gustav sottovoce.
<< Ho un appuntamento stasera ... Non ho intenzione di stare qui a
sorbirmi quest' aria pesante! Buonanotte e addio ... >>.
Disse voltandosi verso Andrea.
Le aveva sputato addosso quella parola con feroce ironia e la aveva ferita, lo
sapeva.
Era esattamente quello che voleva.
- ... Del resto lei non si preoccupa di far soffrire noi ... Di far
soffrire Bill ... Non gliene fotte un cazzo nemmeno di Macky ... Perchè mai mi
dovrei preoccupare io di come si sente lei? ... -.
E con tali, sgradevoli pensieri, uscì sbattendosi la porta alle spalle.
<< Non prendertela Andy ... Sai come è fatto Tom ... Non credo che
sarebbe in grado di salutarti in maniera differente adesso come adesso, almeno
... Forse domani ... Dopo che avrà sbollito un po' della rabbia e della
frustrazione che prova nel non essere riuscito a convincerti a restare
... >>.
Le sussurrò Georg.
<< No, va bene così ... Domani non ci sarà tempo ... Ho già
prenotato un taxi per domattina alle sei ... >>.
Si sforzò di sorridere.
<< Se tanto mi da tanto, per quell' ora Tom non sarà nemmeno ancora
rientrato ... Buonanotte ragazzi e ... Grazie di tutto ... Ho passato i mesi
più ... Sì insomma ... ... ... Sono stata bene con voi ... Con tutti voi ...
Grazie ... >>.
Li aveva abbracciati, forte.
Aveva riversato su di loro tutto l' affetto che non aveva potuto riservare a Bill
e Tom, cercando in loro quel calore che i gemelli, in maniera differente ma
ugualmente dolorosa, le avevano volutamente negato.
Dopo di chè, senza più voltarsi, aveva aperto la porta, era uscita sotto la
fitta pioggerellina sottile ed era andata alla depandance.
Ora, alle due del mattino, quella pioggerellina si era trasformata in un
violento temporale, lei stava sul divano con addosso solo la maglietta di Tom
che era diventata, da poco, ufficialmente il suo pigiama, e per poco lo sarebbe
stata; una volta arrivata a Milano l' avrebbe chiusa in un baule, quello stesso
in cui avrebbe chiuso i vestiti firmati Armani, quelli di Vivienne Westwood, il
libro di Gustav e i regali di Georg e Tom, ad osservare quella fitta cortina di
pioggia che le impediva di vedere ad un metro; non riusciva nemmeno a vedere la
casa stessa.
Sospirò.
Forse era meglio così.
**********
La luce della cucina era accesa seppure i faretti sembravano regolati piuttosto
bassi.
Gustav si mosse in quella direzione, ben sapendo chi vi avrebbe trovato.
- ... Non che tu abbia molto di cui essere fiero, caro il mio Sharlock Holmes!
... Tom non è ancora rientrato e Georg russa come un trattore nella stanza
accanto alla tua, dopo ore passate a rigirarsi nel letto ... Escludendo che Macky
abbia improvvisamente deciso di farsi una camomilla, direi che l' unico che
rimane sia ... -.
<< Bill ... Cosa ci fai in piedi a quest' ora? >>.
In risposta il ragazzo ottenne un suono gutturale e la totale, assoluta
mancanza di interesse da parte del moro che continuò ad armeggiare con un
pentolino, il latte e della polverina profumata.
<< Lascia ... Siediti, ci penso io ... >>.
Bill si arrampicò su uno sgabello e raccolse le chilometriche gambe al petto,
in quella posizione che mostrava chiaramente la sua debolezza, cercando
vanamente di proteggersi.
- ... Non hai nulla da temere da me, Bill ... Nè da Georg o Tom ...
Perchè non ce ne parli? Perchè ti ostini a tenerti dentro questa cosa che,
comunque, trapela da ogni sguardo che le rivolgi? ... Dannazione! ... - .
Poco dopo seduti ai lati opposti del tavolo, stavano gustando una tazza di
cioccolata calda in silenzio.
Gustav avrebbe preferito che Bill parlasse come al suo solito, che lo
sommergesse con una valanga di parole ...
Quel silenzio, innaturale sulle labbra del ragazzo, lo inquietava.
<< Sarebbe meglio che tu dormissi un po' ... >>.
Il moro scosse la testa.
Aveva provato a dormire, si era rigirato per ore tra le lenzuola, aveva preso Macky
con sè nel letto ...
Ma nulla era servito.
Prese un altro sorso di cioccolata, prolungando quel silenzio che Gustav parve
accettare sebbene a malincuore. Vuotata la tazza si alzò e si diresse alle
scale.
<< Grazie Gus ... >>.
Il biondo era terribilmente indeciso.
Sapeva che il suo consiglio sarebbe potuto essere deleterio per entrambi i
ragazzi, in particolare per Andrea che aveva volutamente deciso di stare da
sola quella notte, ma vedere Bill in quello stato gli faceva troppo male e
così, mentre il ragazzo era già sulle scale lo richiamò.
<< Bill ... >>.
L' amico si voltò, osservando il volto buono di Gustav nella penombra
illuminata dai fulmini di quella notte di tempesta.
Sembrava stanco o, semplicemente, addolorato.
Bill deglutì facendo muovere il pomo d' adamo in maniera evidente.
<< Andrea ... Le avevo promesso di non dirlo a nessuno ma ... Ha
paura dei temporali come questo ... >>.
<< Mi dispiace ... >>. Sussurrò il moro mostrando poco
interesse.
<< Bill ... >>.
Il tono del biondo adesso era vagamente esasperato e lui si fermò nuovamente
senza voltarsi.
<< Va da lei ... Ha bisogno di te ... >>.
Questa volta Bill si voltò di scatto verso il batterista, osservandolo con
occhi ridotti a due fessure infuocate.
<< Lei non ha bisogno di nessuno tanto meno di ... >>.
<< ... Di te sì, Bill ... E non importa se tu o lei ve ne rendiate
conto ... Va da lei ... >>.
Un colpo al cuore.
- ... Gustav ... Gus siamo amici noi ... Non farmi questo ... Non posso
sopportarlo ... In realtà mi sento come se non potessi sopportare nemmeno la
stessa aria che respiro ... Non potrei sopportare di essere mandato via da lei,
adesso ... Non posso ... -.
Ma gli occhi scuri di Gustav non si decidevano ad abbandonare il viso pallido
di Bill, quasi cercasse di convincerlo della verità delle sue parole con la
sola forza del pensiero.
Avrebbe voluto essere un maledetto burattinaio ed avere il potere di manovrare
quella maledetta, chilometrica marionetta per fargli fare la cosa giusta.
- ... Giusta ... Gustav Wolfgang Shaffer, chi stai cercando di prendere
in giro? ... Potrebbe essere la cosa peggiore per entrambi ... Potresti aver
appena consigliato all' ingenua cappuccetto rosso di gettarsi tra le fauci del
lupo ... Il problema che qui non c'è nessun lupo cattivo ... Sono entrambi
vittime e carnefici ... E solo loro possono decidere del loro futuro ...
Maledizione, maledizione, maledizione! ... -.
Ma qualcosa, con le sue parole, il biondo, dubbioso batterista lo aveva
ottenuto.
Adesso Bill lo stava fissando intensamente come a cogliere la verità dei
problemi impliciti nelle parole dell' amico.
Perchè sapevano che ce ne erano.
... Il problema era capire se era il caso di correre quei pericoli ... Per lei
...
- ... Sì ... Forse ... Forse per lei potrei ... Ho sempre avuto una
maledetta paura di dipendere tanto da una persona ed ho cercato di evitarlo
finchè me ne è stato possibile, ma adesso ... Adesso, più cerco di allontanare
il pensiero di lei, la sua immagine, il suono della sua voce e della sua risata
da me, più mi trovo intrappolato in lei ... Forse ... Forse ha ragione lui ...
E la mamma ... Devo tentare, per lei ... -.
Lo aveva fatto, era tornato indietro e si era fermato qualche istante in quel
silenzio rotto solo dai tuoni, davanti al volto sereno e mesto di Gustav, lo
aveva brevemente abbracciato.
<< Grazie Gus ... >>.
Poi, senza preoccuparsi di prendere un ombrello, era uscito sotto il diluvio
che inondava il giardino ed era corso verso la depandance, arrivando sotto il
piccolo porticato già sufficentemente bagnato, bussando al vetro della porta
della ragazza.
Un tumulto di pensieri e parole che gli vorticavano feroci nella mente,
graffiandola, il cuore che batteva forte nel timore che lei lo ignorasse,
nessun suono coerente che volesse affacciarsi alle sue labbra per poter
giustificare la sua presenza lì ed un grido nell' anima tormentata.
Lei stava ancora fissando quella pioggia fitta ed insistente quando le parve di
scorgere qualcuno che si muoveva veloce verso la depandance.
Poco dopo, davanti ai suoi occhi era apparso Bill, bagnato come un pulcino, un'
espressione strana sul volto pulito, la mano alzata a bussare contro il vetro,
gli occhi puntati nei suoi che sembravano quasi implorarla di lasciarlo
entrare, di non mandarlo via.
Che cosa avrebbe dovuto fare? ...
Erano le due e mezza di notte, le rimanevano tre ore e mezza da passare in Germania,
in quella casa che era diventata la sua casa ...
Voleva davvero passarle da sola?
- ... Bill ... Vattene, vattene per favore ... -.
Anche lei lo stava supplicando.
- ... No ... Rimani ... Rimani con me, ti prego ... -.
Si sentiva estremamente stupida e confusa.
Aveva già preso la sua decisione, la aveva presa nell' istante stesso in cui
aveva deciso di accettare quel lavoro, e adesso ...
Adesso non poteva tornare indietro.
Eppure ...
Si alzò lentamente dal divano, aprì la porta scorrevole che dava sulla veranda
e si spostò per lasciarlo entrare, sebbene, adesso che era stato invitato ad
accomodarsi, Bill sembrasse non sapere esattamente cosa volesse o dovesse fare.
Stava fermo davanti alla porta a vetri, davanti a lei, altrettanto immobile,
avvolti nella penombra squarciata dai fulmini che sembrava cancellare i colori.
Due ragazzi in bianco e nero, pallidi, indecisi ed insicuri.
Andrea infine si mosse come al rallentatore, si diresse al bagno e gli porse in
silenzio un asciugamano con il quale lui si tamponò i capelli, le braccia, il
volto ed i vestiti, cercando di non gocciolare su tutto il pavimento, poi
i suoi occhi si posarono sulle valige che troneggiavano, minacciose, accanto
alla porta.
Distolse lo sguardo.
Non voleva vederle, non voleva pensare a nulla che non fosse quella ragazza con
addosso quella maglietta di Tom che le cadeva maledettamente sexy e morbida
addosso.
Adesso se ne stavano seduti sul divano, al buio, parlavano sommessamente o
forse non parlavano affatto.
Un tuono un po' più vicino, un po' più forte, la fece sobbalzare all'
improvviso e si ritrovò poco dopo con il cuore che batteva ad un ritmo
forsennato ed un braccio di Bill sulle spalle che la stringeva protettivo a sè.
L' eco del tuono si era dissolto ma il ragazzo non sembrava disposto a
lasciarla andare ...
Andrea strinse i denti e rilassò il respiro, cercando di calmare i battiti
frenetici del suo cuore che le rimbombava nel petto tanto che lei temette
potesse essere sentito dal ragazzo.
Un dubbio, che assomigliava maledettamente alla realtà, quella che lei stava
strenuamente cercando di ignorare da mesi, invase la sua mente.
Non era colpa di quell' ultimo tuono se il suo cuore non riusciva a ritrovare
il suo battito regolare.
Era colpa di quel braccio che le cingeva gentile ma perentorio la spalla, della
presenza di lui contro di sè.
Bill nello stesso momento si stava chiedendo perchè mai non avesse ancora tolto
quel braccio dalle spalle di lei, dandosi mentalmente dell' idiota.
- ... Lasciala Bill! Togli quel maledetto braccio dalla sua spalla! ...
Subito! ... -.
Ma una vocina dentro di lui, una vocina che avrebbe tanto voluto ignorare,
sapendo che era la cosa giusta da fare, data la situazione, gli suggeriva il
contrario.
Gli faceva malignamente notare che la pelle di lei era così dolce e profumata,
e che non aveva mai toccato nulla che avesse quella fresca morbidezza.
Sentiva il cuore della ragazza battere frenetico e si chiese se il motivo, ora
che il tuono era passato e non se ne sentiva più nemmeno l' eco, fosse lui...
Quella possibilità lo fece fremere, per un attimo dimenticò tutto.
Dimenticò chi era lui e chi era lei, quali erano i loro rispettivi ruoli,
dimenticò le parole di David che non gradiva certi coinvolgimenti con i
collaboratori, e soprattutto dimenticò che di lì a meno di quattro ore il
contratto di lavoro della ragazza sarebbe scaduto e che lei sarebbe dovuta
tornare a Milano, dal suo ragazzo che, con ogni probabilità, le avrebbe chiesto
di sposarlo per impedirle di firmare un eventuale altro contratto con loro ...
Ignorò quel fulmineo susseguirsi di pensieri e dimenticò tutto ...
Tutto quello che non fosse quel corpo morbido che stava ancora stringendo a sè,
così dolcemente, inconsapevolmente invitante nella sua ritrosia, così profumato
di quella pioggia che lui stesso le aveva posato addosso...
Abbassando gli occhi poteva vedere i suoi capelli adesso corvini dal taglio
eccentrico che lui le aveva consigliato e che facevano risaltare maledettamente
la sua pelle naturalmente bianca ed i suoi grandi occhi grigi, la linea del
naso, non proprio perfetta, e quella della bocca, di quelle labbra morbide ed
invitanti ...
La fece voltare verso di sè e la baciò.
Si stavano baciando.
Bill sapeva di cioccolata e di pioggia.
Lui non era una margherita...
Lui era una rosa nera, una rosa macchiata dal sangue delle passioni.
Il suo profumo era inebriante fin dal primo istante, la travolgeva ed inibiva
la sua razionalità ...
Il suo sorriso, le sue braccia, i suoi baci, non erano tiepidi, non la
scaldavano ...
No, lui non era un calore tiepido ...
Lui era un fuoco che la bruciava purificando, e macchiando allo stesso tempo,
la sua anima e lei si rese conto con stupore che bruciare era esattamente
quello che desiderava ...
Sentiva di non potersi accontentare del fuoco consolatore di un camino, aveva
bisogno di un incendio che le strappasse l' anima donandogli la dannazione
eterna ...
Le labbra del ragazzo erano bollenti ed incendiavano la sua pelle laddove lui
la sfiorava, infiammavano il suo cuore ed il suo respiro che ora si posava
ardente sulla pelle di Bill, sul suo petto ormai privo della maglietta, candido
e caldo sotto le sue dita fredde che lo sfioravano donandogli dei brividi ...
Ma le mani di Andrea si stavano rapidamente scaldando, quel calore lo sentiva
pervadere ogni centimetro del suo essere.
Bill la stava stringendo tra le braccia con una passione che lei non aveva mai
sperimentato con nessuno.
Mai ...
E questo la sconvolgeva ...
Lui faceva aderire perfettamente il proprio corpo con quello della ragazza, non
era più lui ad averne il controllo, e quel corpo adesso si muoveva lento e
sensuale contro quello di lei dimostrandole quanto la desiderasse.
Cercava la sua pelle con le labbra, non riusciva a staccarle da lei nemmeno per
un istante.
Nemmeno per respirare ...
E per un attimo Bill si chiese se fosse poi così necessario farlo, dopotutto
...
La voleva, la voleva tutta e subito, le intrecciava le dita nei capelli,
tirandoglieli, procurando dei lievi gemiti da parte della ragazza, ma non era
dolore, era desiderio.
Bill le sfilò piano la maglietta con la quale lei dormiva, spostandole piano il
reggiseno nero in abbagliante contrasto con la pelle chiara, sfiorando con la
bocca morbida il suo seno.
Andrea sospirò tra i suoi capelli umidi e profumati di pioggia dove teneva
intrecciate le dita stringendolo a sè, poi prese il viso di lui tra le mani
portandolo all' altezza della propria bocca e lo baciò con passione e desiderio
in un bacio infinito, respirando il suo respiro che si posava sulle sue labbra,
sulla sua gola, fece scivolare le mani sul petto di lui, sul ventre piatto fino
all' elastico dei pantaloni della tuta che lui indossava, facendovi scivolare
le mani all' interno ...
Bill si staccò con un gemito da lei, sentendosi sfiorare in quella maniera così
dolcemente timida eppure decisa, così intima e tanto desiderata ...
Respiravano entrambi a fatica, i respiri ardenti che si fondevano in uno ...
La guardò così intensamente da farle tremare il cuore.
<< ... No ... Non possiamo ... >>.
Quelle parole lo stavano uccidendo, gli faceva male doverle dire, doversi separare
da lei ...
<< Stiamo arrivando a qualcosa da cui non potremo più tornare
indietro ... >>.
Si alzò dal divano, scostandosi da dosso, dolorosamente, il corpo di lei che lo
osservava, i grandi occhi grigi e luminosi sgomenti ma allo stesso tempo consapevoli,
il respiro ancora irregolare.
Bill se ne andò lasciandola sola, sconsolata, straziata da ciò che provava, da
quella verità che ormai non poteva più fingere di ignorare e che le premeva
dentro.
Non era mai stato facile, ma il mantenere il suo ruolo lo aveva reso più
semplice ...
Adesso quel fragile equilibrio si era spezzato e lei sapeva che non avrebbe
potuto recuperarlo.
Non più.
Rimase immobile ed insoddisfatta ...
Per quanto se ne vergognasse, Bill aveva risvegliato in lei desideri e sensazioni
che credeva perduti, forse mai davvero provati e adesso il suo corpo, sfuggendo
a qualsiasi razionale controllo, aveva bisogno di lui ...
Di lui.
Nessun' altro avrebbe potuto soddisfare quel bisogno nè lei desiderava qualcun'
altro.
Il ragazzo era corso via sotto la pioggia ma a qualche metro dalla porta si
fermò, volgendo lo sguardo alla depandance.
Un brivido caldo lo percorse al ricordo del corpo di Andrea, della sua pelle
liscia che esigeva di essere sfiorata, al pensiero che lei fosse ancora lì, su
quel grande divano, da sola ...
Stava lì dritto in mezzo al prato, la pioggia che batteva violenta sul suo
corpo, ma non sentiva freddo ...
In quel momento, con il ricordo dei baci e delle carezze ardenti della ragazza
ancora perfettamente nitidi nella sua mente e sulla sua pelle, credette che non
avrebbe sentito freddo mai più.
Quel calore era troppo intenso per essere vinto dalla pioggia gelida, lo stesso
lui sperava che potesse servire, che riuscisse a portare via almeno un po' di
quel desiderio di lei che sentiva dilaniargli il petto ...
Tutto il suo corpo anelava a lei, e quel desiderio non sembrava volersi
placare, anzi, aumentava ad ogni respiro ... Respiro che si condensava rapido
uscendo dalle sue labbra al contatto con l' aria fredda e che lui avrebbe
voluto ardentemente condividere ancora con lei, fondere al suo come era
successo poco prima.
E, con stupore e dolore nell' evidente impossibilità che ciò potesse accadere,
si ritrovò a desiderare che potesse succedere ancora e ancora, e ancora ...
Per infiniti giorni, fino alla fine dei suoi stessi giorni ...
Rientrato in casa si chiuse in camera sua, si trascinò sul letto senza
preoccuparsi di bagnare le lenzuola, e stette steso per ore cercando di
ignorare il suo corpo frustrato dall' impossibilità di averla, di farla sua, di
essere suo ...
Perchè Bill, pur già sapendolo, ebbe la conferma di averne preso davvero coscienza
solo in quel momento ...
Lui la desiderava, certo, ma ancora di più desiderava essere suo, appartenere
davvero a qualcuno, appartenere a lei, come non aveva mai desiderato altro ...
Un bussare sommesso ed improvviso alla sua porta lo distolse dai suoi pensieri.
Chi poteva essere adesso dato che era il solo sveglio in casa?
Dubitava che potesse essere Andrea, seppure lo desiderasse ...
Si sedette sul letto e pronunciò un guardingo << chi è? >>
occhieggiando la sveglia ed il pesante soprammobile in stile gotico che
troneggiava in mezzo al comodino accanto ad essa.
Riprese a respirare quando vide affacciarsi alla porta una piccola faccia
sormontata, e quasi del tutto nascosta, da un cappellino fradicio che lasciava
cadere ancora qualche goccia d' acqua sul pavimento della sua stanza che,
comunque, non versava nella migliore delle condizioni.
<< Sei sveglio? ... Posso entrare? ... >>.
Bill sbuffò appena.
Tom era tornato fin troppo presto dal suo appuntamento e lui non si sentiva in
grado di reggere ad uno dei suoi racconti post incontro erotico.
Non quella notte.
Lo stesso gli fece cenno di entrare e di sedersi dove gli pareva.
Tom si sedette sul letto accanto a lui ed invece di lasciarsi andare contro la
parete accendendosi una sigaretta e buttandosi a capofitto in un
particolareggiato resoconto delle sue gesta erotiche, se ne venne fuori con una
domanda.
Una domanda alla quale Bill non seppe come rispondere.
<< Come mai sei già qui? >>.
Dopo un attimo di smarrito silenzio il moro rispose.
<< Veramente dovrei essere io a domandartelo ... E poi ...
Dove dovrei essere, scusa? ...Ti ricordo che, per quanto possa non farti
piacere, sono tuo fratello, gemello per giunta, e il cantante della band, ed
abito qui ... >>.
Cercò di scherzare.
<< Bhè >>. Rispose a sua volta Tom.
<< Io mi stavo annoiando ... La tipa voleva farsi pregare e
desiderare ... Per un po' è stato anche eccitante e divertente, ma poi ... Bhè,
che palle no? ... Non riuscivo a concentrarmi sulla nottata che mi si
prospettava ... Così me ne sono tornato a casa... >>.
- ... Una balla, Tom, ecco cosa stai raccontando a tuo fratello ... Una
balla grande quanto il tuo maledetto ego che non ti permette di ammettere che
sei stato per ore seduto su uno scomodo divanetto di pelle senza riuscire a non
pensare a questo tuo maledettissimo gemello che stava male, da solo a casa o ad
Andrea che se ne va e ci lascia tutti soli ... Cazzo! ... -.
Disse con un sospiro ed un sorrisetto sghembo e continuò.
<< ... Per quello che riguarda te, non ho certo dimenticato i
vincoli che mi obbligano a sopportarti, ma direi
che ... >>.
Roteò gli occhi al cielo, esasperato dal fatto che suo fratello tentasse, ogni
volta che lo riteneva possibile, di farlo fesso.
<< ... Insomma Bill! La mamma non ti ha insegnato che non si fanno
certe cose quando i divani sono posizionati proprio davanti alle porte
finestra? Ti ho visto con Andrea, mentre rientravo ... Sembravate andare alla
grande ... Insomma ... Parecchio presi e poco vestiti e molto appassionati
... >>.
Rise piano, ma non avvertendo nessuna rispostaccia, nè alcun segnale che gli
facesse capire che lo aveva sentito, alzò gli occhi su suo fratello e sentì una
inaspettata fitta dentro.
Bill stava con la schiena contro la parete, le gambe strette al petto cinte
dalle braccia, la fronte appoggiata alle ginocchia, il viso nascosto dai lunghi
capelli corvini ancora bagnati di pioggia, ricordandogli maledettamente altre
notti, notti vissute quando erano bambini prima e appena adolescenti poi, e Bill
aveva qualcosa dentro, un dolore che solo lui, Tom, poteva davvero vedere e
consolare.
Deglutì un po' a fatica, immaginando, adesso come allora, quale potesse essere
il problema e sperando, allo stesso modo, di sbagliarsi.
Ma difficilmente il suo radar sbagliava ...
Soprattutto se c'era di mezzo Bill.
<< Cucciolo ... Che ti prende? Cosa è successo? ... >>.
Bill sospirò soffocando un singhiozzo.
<< Non è successo nulla Tomi ... Nulla ... Non ti devi preoccupare
... >>.
La voce soffocata nel lenzuolo.
Non era successo nulla.
E allora perchè a Tom quel nulla pronunciato con dolore da Bill sembrava così
pieno di ... Tutto, invece?
Quelle cinque lettere che avrebbero dovuto placare la sua ansia la accrebbero
maggiormente.
Nulla ...
<< Bill ... Cosa ... Cosa significa che non è successo nulla? Lei
ti ha respinto o tu non sei riuscito a ...
>>.
<< Tom! Che cazzo stai dicendo?!?
>>.
Bill aveva alzato il viso e guardava suo fratello come se fosse un essere
sconosciuto.
<< Cosa cazzo stai pensando?... Noi ... Io ... >>.
Balbettava appena, il viso un po' colorito dall'
imbarazzo.
<< Senti, non mi va di parlarne! E
poi non c'è nulla da dire ... Lasciami in pace Tom ... Vattene in camera tua o
vai a cercare qualcuna con cui terminare la serata, ma lasciami in pace!
>>.
Tom sapeva di aver commesso una gaffe, ma essere trattato così da suo fratello
gli dava incredibilmente fastidio.
Lui si era preoccupato e quell' ingrato di Bill non voleva spiegargli cosa
diamine gli stesse succedendo?
Bene.
Lo avrebbe costretto a farlo, e sapeva esattamente come ...
Per vendicarsi di come lo aveva trattato e perchè ...
In fondo, sapeva che Bill aveva bisogno di parlare di questa cosa ...
Mise in atto il suo piano.
<< Bene ... Come vuoi ... Vado ... Del resto, per quello che ho
visto, e so di non sbagliare, non dovrò fare molta strada prima di trovare una
ragazza con un bel po' di desiderio insoddisfatto ... >>.
Non se ne accorse nemmeno, ma poco dopo era con le spalle contro la porta
chiusa, suo fratello, il suo fragile indeciso Bill, ve lo teneva contro, il
naso a pochi centimetri dal proprio, due furenti fiammeggianti occhi nocciola
che si specchiavano identici nei suoi, la voce bassa, una rabbia a stento
trattenuta, ansimava appena.
<< Sei mio fratello e non me ne è mai importato molto se qualcuna
delle ragazze che avrebbero potuto interessarmi finivano inevitabilmente nel
tuo letto ... Ma Andrea ... Non ti azzardare a toccarla ... Lei non è un
giocattolo Tom, non è la tua ennesima bambolina da collezionare ... Non ti
permettere di sfiorarla nemmeno col pensiero altrimenti
io ... >>.
Tom ghignò soddisfatto, aveva raggiunto il suo scopo.
<< Altrimenti tu cosa, Bill? ... Faresti a pugni con me, sapendo
che avrei comunque io la meglio, per difendere il suo onore? ... O per
salvaguardare il suo più che barcollante rapporto con quel tizio italiano? O
per quale fottuto motivo Bill?!? Perchè?!? >>.
Urlò.
Ed un identico urlo gli giunse in risposta.
<< Perchè io la amo, idiota! >>.
Due identici respiri affannati, uno sguardo indecifrabile sul viso di Tom, le
mani di Bill che allentavano la presa sulla maglietta bagnata del fratello.
Un lampo che squarciava il cielo ed il rombo di un tuono che non riuscì a
coprire la forza del sussurro del giovane chitarrista.
<< Lo so ... >>.
Bill seduto sul bordo del letto, la testa tra le mani, alzò il viso sul gemello
che si era accovacciato davanti a lui per permettere ai loro visi di essere
alla stessa altezza.
Tom gli scostò piano una ciocca di capelli umidi dal viso, sorridendo mesto,in
silenzio, in attesa.
<< Fa male Tom ... Fa maledettamente male sapere di non potere
avere ciò che si desidera più di qualunque altra cosa al mondo, sapere che non
posso averla ... So che ha quasi quattro anni più di me, so che è fidanzata, so
che è bellissima e che, anche fosse mia, vivrei con la paura perenne di
perderla ma ... La desidero, io ... La amo ... >>.
Gettò le braccia al collo del gemello che si lasciò sedere a terra trascinando
il fratello con sè e stette così, seduto sul morbido tappeto peloso di Bill, in
attesa che quel gattino tremante e disperato si calmasse abbastanza da poter
dormire e da potergli permettere di pensare lucidamente a quale sarebbe dovuta
essere la sua prossima mossa.
- ... David... -. Pensò scuotendo impercettibilmente la
testa.
- ... Temevi che il mio interesse per il sesso avrebbe rovinato
tutto ... E guarda cosa hai ottenuto ... Hai cercato una brava ragazzina
insignificante basandoti solo sulle apparenze ... E sbagliando alla grande! Non
avevi messo in conto che lei avrebbe potuto rivelarsi inappropriatamente
diversa, vero? Non lo avevo minimamente immaginato nemmeno io ... Siamo stati
due idioti ... E tu ... Hai evitato il problema " ormoni di Tom " per
cacciarci in un casino anche peggiore ... Spero tu sia contento, adesso
... -.
Sì, aveva decisamente bisogno di lucidità e di una tazza di caffè.
Con Bill in lacrime tra le sue braccia, i suoi singhiozzi soffocati sulla gola,
la sua parte razionale andava allegramente a farsi fottere.
Quel pensiero ingiusto su David ne era la prova.
Del resto non era solo colpa di David ...
Non lo era di nessuno e, non poter incolpare qualcuno di quel casino lo faceva
imbestialire ...
Era colpa di tutti e di nessuno.
Era colpa di Dave che la aveva scelta, dell' attempata segretaria che aveva
deciso di consegnare quel maledetto portafoglio, perso da lei, proprio al loro
manager facilmente influenzabile dai capricci di Bill che aveva insistito tanto
per contattare proprio quella ragazza distratta e pasticciona ....
Ragazza che si era poi dimostrata sì un po' pasticciona e distratta ma anche,
paradossalmente, attenta quando si trattava del suo lavoro, prima, e di
qualsiasi cosa che li riguardava, dopo, ricordando certe loro abitudini e
risultando quasi indispensabile quando uno di loro non trovava qualche cosa ...
Lei riusciva a perdere persino la testa, ma sapeva sempre che fine facesse lo
schotch di Gustav o la maglietta preferita di Georg, ricordava perfettamente
quale abbigliamento lui desiderasse avere pronto per una certa intervista o
quale era il profumo preferito dell' ammorbidente o del bagnoschiuma di Bill ...
Era snervante a pensarlo adesso, perchè lo portava inevitabilmente ad
immaginare come sarebbe stata la loro vita da adesso in poi, il moltiplicarsi
dei piccoli litigi quando non avrebbero più trovato la loro roba, aggiunto alla
rabbia ed alla frustrazione per la mancanza di lei ...
Ed era colpa loro che si erano lasciati conquistare da lei, diventando
dipendenti dalle sue piccole ma preziose attenzioni e, soprattutto, dalla sua
presenza, dal suo modo di sorridere e di raggirarli tutti con quel sorriso ...
- ... Maledizione! ... -.
Bill si era addormentato e Tom lo issò con qualche difficoltà sul letto,
cercando di disincastrarsi dalle sue lunghe braccia che lo cingevano, senza
svegliarlo.
Aveva l' aria stanca.
E frustrata.
E lui non lo sopportava.
Scese in cucina, trascinandosi stancamente, premendosi le dita sulle tempie che
gli pulsavano dolorosamente.
Si avvicinò alla cucina, ma l' idea di mettersi ad armeggiare con la macchina
del caffè non gli sorrideva particolarmente, così si prese una birra dal frigo
e si abbandonò scompostamente sul divano, osservando lo schermo del televisore
che rimandava solo la sua immagine, essendo spento.
<< Sai, è un bel pensiero, ma non credo che sia una buona idea
... >>.
Georg era apparso accanto a lui, una bottiglietta di birra in una mano e, nell'
altra, quello che sarebbe stato il regalo del chitarrista per Andrea.
<< Non potevo certo farla andare via avendole regalato un frustino,
un paio di manette pelose e un tanga al gusto di fragola che, tra l' altro ci
siamo anche mangiati ... >>.
Cercò di sorridere Tom.
Georg accese la cornice e cominciò ad osservare le immagini che presero a
scorrere lente davanti ai suoi occhi.
Alcune erano davvero buffe come quella che vedeva un Tom palesemente oltre la
furia, decisamente sulla soglia della disperazione, mentre reggeva l' ennesima,
costosissima, maglietta che Macky aveva usato per dormire, o Georg stesso con i
capelli piastrati solo a metà quando un blackout improvviso aveva fatto saltare
la corrente ed il suo autocontrollo.
C' era anche Gustav che dormiva con la bocca larga, una immagine poco dignitosa
e poco adatta a quello che Andy considerava un angelo, o Bill appena alzato,
spettinato, col trucco sfatto, un logoro orsacchiotto dalle lunghe zampe
sottili che gli pendeva dalla mano e Macky stretto al petto.
E poi c' erano foto di loro tutti assieme.
Una scattata da David nei minuti precedenti la prima intervista a cui Andrea
aveva partecipato come loro interprete ed una scattata immediatamente dopo.
L' espressione della ragazza era sempre un po' timida ma il terrore che le
parvadeva il viso nella prima foto aveva lasciato il posto ad una luce
orgogliosa nei suoi occhi in quella dopo.
Tom sorrise.
Seppure all' epoca non avesse ancora molta simpatia per la ragazza, anche lui
aveva notato quel cambiamento nella sua espressione.
<< Le farai del male con questo ... >>.
<< Non più di quanto possano farle male i vestiti o un libro o una
borsa di Nana ... O i suoi stessi ricordi ... Non è evitando di guardare delle
foto che riuscirà a cancellare questi mesi della sua vita ... Potrà anche
chiudere tutto in una cantina o in una soffitta o bruciarlo, per quello che mi
riguarda, ma non le servirà a dimenticare ... >>. Disse Tom
caparbio.
<< Lo so ... >>. Sospirò il castano affranto.
<< Ma così non la aiutiamo a soffrire meno ... >>.
<< E perchè mai dovremmo, scusa? Lei non si preoccupa di non fare
soffrire noi! E lascia qui anche Macky! ... Lei non si preoccupa di noi! Perchè
dovremmo fare diversamente? >>.
Il ragazzo stava trattenendo la voce, naturalmente bassa e potente, a stento.
<< Tom ... Non è bello quello che pensi di lei, lo sai, vero? ...
Macky è abituato a vivere qui, portarlo via potrebbe non essere la cosa giusta
da fare, per lui ... >>.
<< E allora perchè non resta lei? Con Macky ... Con ... Noi?
... >>.
Se Tom non fosse stato Tom e lui non fosse stato lui, adesso avrebbe
abbracciato quel ragazzino dall' espressione smarrita che aveva davanti.
A volte la fragilità di Tom veniva fuori, in maniera del tutto inaspettata,
riuscendo ad eludere quella barriera che il ragazzo stesso aveva eretto attorno
a sè, risultando maledettamente simile a Bill e altrettanto bisognoso dell'
aiuto e della presenza delle persone che amava.
Ma fra loro le cose stavano diversamente.
Seppure anche i due " uomini " di casa Tokio Hotel avessero i loro
attimi di debolezza e manifestassero qualche volta il loro lato sentimentale,
questo non avveniva mai tra di loro.
Tom riservava certe smancerie solo a Bill e lui ... Lui anche, a volte ... E ad
Andy ...
Le sarebbe mancata anche per quello.
- ... Cosa devo rispondergli adesso? ... Quella maledetta espressione
devono possederla al mondo solo questi due gemelli del cavolo! ... -.
Sospirò tra sè Georg cercando le parole adatte.
<< Vedi, io credo ... Credo che lei ... >>.
Georg sbottò, capendo che le parole giuste non c' erano e che, se anche ci
fossero state, non sarebbe stato lui il fortunato a trovarle.
<< Non lo so, Tom! Non lo so perchè non rimanga! Forse vuole
semplicemente dimostrare a sè stessa di non aver sbagliato tutto con il suo
ragazzo, tornando da lui e cercando di costruire quello che credeva di
desiderare ... O forse ha solo paura, paura di non essere all' altezza
... >>.
<< All' altezza di cosa, dannazione? >>.
<< ... Nostra, Tom ... Dei Tokio Hotel, forse ... O, molto più
semplicemente ... Di tuo fratello, suppongo ... >>.
L' espressione di Tom lo avrebbe fatto ridere se l' argomento non fosse stato
così maledettamente serio.
<< All' altezza di ... Ma non le legge le interviste? Quante volte
abbiamo ripetuto di essere dei semplici ragazzi come tutti gli altri? ...
>>.
<< Certo, Tom ... Ogni ragazzo qualunque dichiara la sua estrema
normalità dalle pagine delle più importanti testate giornalistiche, vero?
>>. Chiese Georg con un sopracciglio alzato ed un mezzo sorrisetto sulle
labbra, sottolineando ironicamente le parole " qualunque " e "
normalità ".
<< Tutti i ragazzi normali portano le amiche da Armani e Vivienne Westwood,
senza nemmeno preoccuparsi di avere dei soldi con sè e girano con un suv che
potrebbe valere almeno dieci rate del mutuo della casa di Andy ... Andiamo Tom!
Ovvio che siamo delle persone normali ma ... >>.
<< " ma " un cazzo Georg! Credevo che lei fosse riuscita
a vedere al di là di tutto questo! >>.
Esclamò Tom abbracciando in un ampio gesto la stanza che li circondava.
<< Se non è così .. Bhè, mi deluderebbe ... >>.
Di nuovo quell' espressione persa di chi non sa cosa fare.
<< Bhè, ammettere che tutto quello che abbiamo ottenuto possa
essere destabilizzante per chi non c' è abituato non è mica un male ... E
nemmeno essere impreparati lo è ... Andrea ci vuole bene, lo sai anche tu, ma
... Noi abbiamo un sacco di gente che ci gira intorno, che si occupa di noi
praticamente per tutto ... Mentre lei è sempre stata abituata a pensare per sè
ed anche per altri ... Inoltre ... Ci sono molte ragazze che gravitano attorno
al fenomeno Tokio Hotel ... Che girano attorno a tuo fratello, ed ognuna non
desidera altro che averlo tutto per sè, fosse anche per una notte sola
... >>.
Tom era sbigottito.
<< Ma Bill ... Sai di chi stiamo parlando, vero Hagen? Lo stesso Bill
che non osa nemmeno spassarsela di tanto in tanto con una bella ragazza , che
rifugge da sempre la dipendenza da un' altra persona ... >>.
<< Sì. Lo so di chi stiamo parlando, Tom ... >>.
Sospirò Georg, sull’ orlo dell’ esasperazione davanti alle affermazioni,
innegabili, del ragazzo.
<< Bhè, allora, forse, dovresti anche sapere che adesso, che lo
ammetta o meno, lui e' dipendente da un' altra persona ... Lo è già da un po'
... E questa persona vuole lasciarlo ... Lui non la farebbe soffrire ...
>>.
<< Non deve esserci necessariamente una ferita reale e visibile per
sentire dolore ... Tom ... Potresti anche concederle il diritto di avere paura
... >>.
<< NO! Non se questo prevede mio fratello che piange tra le mie
braccia mentre mi dice di amarla, mentre mi dice che morirebbe di gelosia anche
se la sapesse sua! Crede davvero di essere l' unica ad avere il diritto di
essere spaventata? Bene! E allora che se ne vada! Che se ne vada e ci lasci in
pace una volta per tutte! >>.
Tom si era alzato e sovrastava il ragazzo ancora seduto che lo guardava
leggermente scioccato dalla confessione che gli aveva fatto su Bill, sebbene
seppe che non giungeva del tutto inaspettata, e preoccupato che potesse
svegliare tutti quanti urlando.
Era il momento, doveva farlo.
Si alzò a sua volta e, dimenticando i rispettivi ruoli che avevano all' interno
della band, strinse a sè quel ragazzino che, seppure lo superasse di una
spanna, adesso gli sembrava semplicemente arrabbiato e disperato.
Tom non si aspettava quel gesto da parte dell' amico, ma si rese conto di
averlo desiderato.
Di solito era compito suo abbracciare a quel modo suo fratello per consolarlo.
Adesso sentiva un disperato bisogno di qualcuno che consolasse lui.
Abbracciò Georg a sua volta.
<< Vorrei che non se ne andasse ... Che riuscisse a fidarsi
abbastanza di sè stessa e di noi ... Abbastanza da decidere di restare
... >>.
Una sola lacrima scese rapida e, rapidamente e rabbiosamente, venne asciugata da
Tom; ma il dolore nella sua voce era fin troppo palese e forte e Georg non se
la sentì di lasciarlo andare, non ancora.
… Ed eccoci giunti alla fine di questo ennesimo
capitolo …
Vorrei dire tante cose ma non me ne viene in mente
nessuna …
Chiedo scusa se troverete qualche errorino di
battitura o distrazione, ma lo ho riletto mai tante volte da non vederli
nemmeno più! X°D!
Spero che i collegamenti con certi momenti riferiti
ai precedenti capitoli si riescano a cogliere e di non aver fatto troppa
confusione.
Questo capitolo era pronto già da un po’ e strava
qui in attesa di essere pubblicato.
Spero Vi piaccia, a me soddisfa molto, ma il
giudizio di chi scrive, sebbene importante, è sempre un po’ di parte! X°D!
In ultimo, per chi non la abbia mai ascoltata, consiglio “ Ten Black Roses”
dei Rasmus (che io ho “riscoperto” relativamente da poco, la canzone è
bellissima e non potevo non inserirla! n_____n)
Passo direttamente a Voi …
LAYLA : Ciao, immaginavo che Avilash sarebbe potuto piacerti e
mi fa molto piacere^^ (avevo notato
questa “passione” anche nelle tue fic!^^)
…
Credo che Andy non fosse davvero sciolta ma semplicemente convinta di voler
sistemare un pochino le cose! Caspita!
Stavano esasperando anche me! (e comunque in questo cap mi pare davvero più
sciolta, che ne dici? X°D!)
Anche a me piace molto
il rapporto che si è creato tra Tom e Andy! *___* mi piace scrivere di loro, anche quando fanno un po’ gli “sfacciati”!
n______n
Come vedi ho esaudito il piccolo desiderio di dare una smossa ai due begli
addormentati (mi sembra una bella smossa, no? Ù__ù)
David e Nadia dovrebbero finalmente aver raggiunto la pace dei sensi, credo
proprio che non mi accanirò più si di loro n___n’
Per Fabrizio … Allora
questo capitolo non sarà bello quanto il precedente (X°D!) dato che ha una sua parte fondamentale, il rompibolle … ç_ç
Grazie per i complimenti sempre graditi e mi fa davvero piacere
che ti piaccia il rapporto tra Nadia ed Andy, credo sia quello che ognuno possa
desiderare …
Alla prossima^^ (sebbene sia del
tutto mancante il capitolo e non ho idea di quando riuscirò a finirlo … T_____T’’’)
Eccoti accontentata! Che dici? Basta?^^
Questa volta ci ho messo un po’ a pubblicare e col prossimo temo sarà anche
peggio, ma spero ti soddisfi!^^
Alla prossima e Grazie ancora!^^
(p.s. ti è arrivata la mia mail in risposta alla tua richiesta di un consiglio
per il corso? O____O?)
Capitolo lungo quello precedente e anche questo … spero non noioso! X°D! (e chissà quando mi capiterà mai
più di farne di simili … T_T’ )
Come hai perfettamente
notato il cambiamento era nell’ aria, in particolare per Nadia, e Avilash mi è
sembrato un buon punto di partenza per svelare un po’ la ragazza stessa (sono
contenta che ti piaccia, ma ahimè non è stato un personaggio a lungo ponderato …)
e ti rivelerò un segreto … Immaginavo, come mi hai confermato, che la “nuova
Nadia” la avresti apprezzata forse di più (lo avevo capito da altre recensioni
che mi hai lasciato nel corso del mio breve cammino di pseudo scrittrice ^^!) e sono contenta che sia così, che
ti piaccia, credevo fosse necessario che il cambiamento interiore di Nadia si
manifestasse anche all’ esterno.
Che promessa … Avrei
dovuto lasciare che la rossa peccasse! Saresti davvero arrivata fino a qui? …
No … E’ che mi sembrava necessario un momento decisivo, la classica goccia che
ti fa decidere di spaccare quel maledetto vaso e gettarti tutto DEFINITIVAMENTE
alle spalle!
Per il resto … Anche io adoro David e Nadia, in separata sede e assieme! Ù__ù
Lieta che ti piaccia
Tom, personaggio che desideravo evolvere dall’ inizio di questa storia, e Bill …
Titubante ma adorabile (io alla Tour Eiffel non riesco a rinunciare … Ci sono
salita solo una volta al tramonto e la sera è scesa in fretta e ne sono rimasta
affascinata in maniera indelebile, come se non riuscissi a cancellare quella
vista da davanti agli occhi e quelle sensazioni) quell’ abbraccio … per un
sacco di tempo li ho tenuti così distanti e adesso, in due capitoli, hai visto
cosa ti ha combinato la nani? Spero ti piaccia e che non risulti un po’ … “troppo”
… ^^’
E’ innamorata certo,
ma come vedi, ancora non riesce a liberarsi del suo passato ad ammettere di
aver sprecato del tempo con Fabrizio (anche io non lo nominerei ma in quest’
ultimo capitolo te ne ho rifilato una buona dose, direi T__T’) …
La senti un po’ tua, questa storia? Senza di te non avrebbe avuto titolo! X°D!
Andrea e Nadia …
Esatto! La mia intenzione era quella di creare un’ Amicizia che potesse
risultare QUASI (*___*) incredibile,
e l’ ispirazione si trova quando non la
si aspetta più … e non aggiungo altro perché le parole che dedichi alle
nostre due ragazze nella tua recensione spiegano esattamente tutto!
Anche per me è stato emozionante quella conversazione tra di loro in msn e
credo che ci stia davvero bene (me si loda da sola! =__=’)
Per quello che riguarda “My Little “ sono io che devo ringraziare Te, la
mia Prima recensione, il motivo per cui mi sono scritta in EFP!
E adesso ti saluto, in attesa di sapere cosa ne pensi di questo ennesimo “polpettone”,
ti abbraccio forte e … Grazie, di TUTTO!
A presto^^