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Autore: Lady Lynx    27/02/2010    6 recensioni
Vola lontana dalla folla che ha invaso la sua nuova casa di Rowena’s Valley, la piccola Cho.
È il giorno del suo matrimonio e per questo pensa che dovrebbe essere il suo giorno.
Ma, disgraziatamente, non lo è.
'Perché ci sono abissi che l’amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali.’
[Cedric/Cho]
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cedric Diggory, Cho Chang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Come una farfalla


Vola lontana dalla folla che ha invaso la sua nuova casa di Rowena’s Valley, la piccola Cho.
È il giorno del suo matrimonio¹, e lei non può evitare di sottoporsi agli sguardi dei presenti per più di una manciata di secondi.
È il giorno del suo matrimonio e per questo pensa che dovrebbe essere il suo giorno.
Ma, disgraziatamente, non lo è.
Si dilegua dalla sala gremita del ricevimento nuziale, nella frenesia urta uno dei camerieri provocando la caduta di un vassoio colmo di quelle costose tartine ordinate dal suo novello marito Brian, si scusa, porge una mano al malcapitato pregando dentro di sé che nessuno abbia notato quella scena imbarazzante, abbozza un sorriso, riprende la sua fuga ostentando calma e dignità, arriva alla scala che porta alla salvezza del piano superiore, appoggia il piede sul primo gradino.
I pensieri vorticano nella sua mente, quando un improvviso ricordo la blocca. Si aggrappa alla ringhiera, inciampa quasi nel suo regale vestito bianco, sente l’irrimediabile suono di uno strappo confermarle il danno causato dalla sua goffaggine, me non se ne cura.
Un flash dipinto davanti ai suoi occhi a mandorla cattura tutta la sua attenzione e scioglie la sua smorfia rigida in un dolce sorriso nostalgico.
“Cedric” sussurra, con la voce mossa dall’immagine così lontana ma nitida “Cedric, se solo tu fossi qui…”
Ricorda la sera del Ballo del Ceppo, quando alla fine della serata salì con lui la gradinata della Sala d’Ingresso di Hogwarts, stretta al suo forte braccio, timorosa di cadere.
Anche in quella occasione indossava un abito bianco ed era bellissima, emozionata, giovane e distratta.
Ma con Cedric, quegli aggettivi non erano sembrati dei difetti.
Con lui, il suo primo vero amore, nulla sembrava sbagliato: il rigido vestito delle cerimonie più importanti non le opprimeva il petto e non la faceva sentire un’anatra zoppa, i suoi occhi brillavano di gioia e non di lacrime represse per la frustrazione, la sua gioventù era simbolo di freschezza e non della sgradita ingenuità, i suoi pensieri erano diretti all’uomo che l’abbracciava e la proteggeva… non ad un altro.
Lei non amava Brian, ma Cedric.
Lo aveva sempre fatto, da quel tiepido giorno di settembre in cui lui le aveva adagiato sulle labbra un bacio alla mandorla.
Sapeva che avrebbe continuato a farlo per l’eternità.
Si riscosse bruscamente dai suoi pensieri, quando sentì la voce da soprano di sua madre sovrastare il brusio degli invitati per chiamare il suo nome.
Raccolse lo strascico strappato dalla voluminosa gonna di tulle, lo avvolse al suo fragile braccio, cercò di salire il più rapidamente le scale sperando di non essere vista e quindi ritrovata.
Non avrebbe sopportato altri sorrisi falsi, altri inviti a baciare un uomo che non amava, altre occhiatacce di sua madre che la spronavano a recitare la parte della novella sposa entusiasta del suo futuro.
Tutta quella ipocrisia, quella mal sopportazione del suo dolore, le ricordava Hogwarts.
I maligni commenti delle sue compagne, gli inviti spudorati dei ragazzi, gli sguardi palesemente preoccupati dei professori.
Le veniva spesso voglia di urlare “amo Cedric, cosa c’è che non va in questo?” oppure “è morta la mia anima gemella, secondo voi dovrei saltellare da un’aula all’altra gettando coriandoli in aria?”, ma non l’aveva fatto.
Sapeva che non avrebbero capito.
Entrò nella stanza che condivideva con suo marito.
‘No, Brian non è mio marito’  si corresse nella sua mente, mentre le sue mani chiudevano tremando la porta e aprivano rapide il cassetto del comodino ‘Lui è solo una scelta di mia madre, di certo non mia’
Estrasse una scatola dal cassetto, la accarezzò sovrappensiero indugiando sulla farfalla posizionata nell’angolo destro della scena orientaleggiante incisa sul coperchio. Le sue labbra ebbero un fremito, i suoi occhi si accesero di calde lacrime, la sua mano si allontanò dall’immagine galeotta.
Era stato il suo anulare sinistro – il dito della fede nuziale - ad accarezzare le lisce ali della povera farfalla, come un simbolo del legame con Cedric.
Lui la chiamava spesso “farfallina”, quando erano fidanzati, perché sapeva il vero significato del suo nome².
Diceva che i suoi genitori non avrebbero potuto scegliere una definizione migliore per la loro primogenita.
Cho sospirò senza volerlo, tolse la fede – temendo di offendere Cedric, profanando quel suo regalo con il simbolo del legame con un altro uomo - e prese il coraggio di appoggiare di nuovo le sue dita sul coperchio della scatola.
Inspirò per un attimo il profumo del legno di rose, e finalmente aprì lo scrigno dei suoi segreti.
I suoi tesori erano molti, e comuni all’apparenza.
Un braccialetto di legno, costituito da piccole perle di cedro e mandorlo attorno ad una farfalla di ciliegio.
“Per il nostro fidanzamento…”
Una cravatta a strisce bronzee e blu, con la firma di Cedric vergata sul retro tutta svolazzante.
“Hufflepuff aveva battuto Ravenclaw a Quidditch, avevo perso la mia scommessa…”
La statuetta di un Grugnocorto Svedese, che sbatté pigramente le alucce intorpidite.
“Me l’aveva regalata alla fine della Prima Prova del Torneo Tremaghi…”
Quattro rotoli di pergamena color crema, tre dei quali accuratamente stretti da nastri colorati.
“Le lettere che mi ha scritto per il nostro primo appuntamento, per celebrare i tre mesi passati insieme, per il mio compleanno… e l’ironico finto testamento scritto prima della Terza Prova, quasi fosse stato consapevole del suo destino…”
Infine tante, tantissime foto.
Cho dovette però passare il dorso delle sue mani sulle sue ciglia costellate di lacrime, e poi sulle guance pallide bagnate di quelle stesse gocce di rugiada, per riuscire a vederle.
Le sfogliò distrattamente, e la sua espressione cambiò repentina davanti ad ogni immagine.
Labbra strette dal dolore, davanti ad un loro ritratto in Sala Grande, presi in un valzer durante il Ballo del Ceppo.
Un piccolo sorriso amaro, in una foto che la immortalava con una mano appoggiata scherzosamente sulla gola di Cedric – come se avesse voluto ucciderlo, ma naturalmente per finta.
Un sospiro, guardando loro due mano nella mano nel giardino di Hogwarts e il famoso Harry Potter sorpreso sullo sfondo con una faccia da cane bastonato.
Una incessante fila di singhiozzi nel ritrovarsi Cedric, bellissimo nella sua smorfia divertita, che la salutava con la mano e le mostrava a tratti la lingua.
Così perfetto, per lei. Lo era stato, lo era, lo sarebbe sempre stato.
“Cedric, amore mio… vorrei essere lì con te, vorrei abbracciarti di nuovo… non voglio stare qui, non voglio quel Brian… io voglio te…” sussurrò la ragazza, con la voce rotta dall’emozione.
Come se avesse potuto sentirla, il suo amato nella foto smise di muoversi e si pietrificò in una posa rigida, quasi severa.
Cho appoggiò timidamente le sue labbra alla foto, macchiandola delle sue lacrime e del suo rossetto perlato.
Non le importava, in fondo, di rovinarla. Era solo una stupida fotografia e non le avrebbe restituito il suo Cedric.
Ma voleva avere un contatto, uno qualsiasi, con lui.
Anche baciare un pezzo di carta era già qualcosa, anche se nulla avrebbe potuto eguagliare Cedric.
“Ogni foto è l’immagine crudele di un ricordo, è il ritratto di quella che era la mia vita prima di morire con te… non smetterò mai di pensare a come mi sorridevi, a come mi guardavi, mi parlavi, mi stringevi, mi… mi amavi?
La sua ultima parola uscì esitante, tremula come un soffio di vento, forse troppo intensa da esprimere con certezza.
“Cho! Cho, dove diamine ti sei cacciata?”
La voce di sua madre risuonò alta nel silenzio dei ricordi, tagliò l’atmosfera con la sua rabbia e la sua prepotenza.
La ragazza abbassò rapidamente gli occhi sulla foto che teneva tra le mani, in un ultimo fuggevole sguardo, e si accorse che Cedric aveva ripreso a sorridere e salutarla con calore.
Che si fosse immaginata quella posa di rimprovero?
Che fosse sul punto di impazzire proprio nel giorno delle sue nozze?
“Cho! Ovunque tu sia, scendi assolutamente a fare il tuo dovere con gli invitati!”
No, non lo avrebbe fatto.
Non voleva, non sarebbe tornata là sotto, non dopo aver avuto il coraggio di rivedere dopo anni Cedric e i ricordi a lui legati.
“Amore, cosa devo fare? Aiutami, ti prego, io voglio stare con te…” mormorò lei con voce stranamente decisa, venata di urgenza “Se mi senti fai qualcosa… se mi ami, fai qualcosa…”
I passi della temibile Laine Chang si facevano sempre più vicini, e la distanza da loro percorsa accresceva la paura di Cho. Emise senza volerlo un gemito di sconforto, ormai rassegnata all’evidenza.
Appoggiò una mano sulla maniglia della porta, pronta alla resa, e solo in quel momento si accorse della presenza di una farfalla sulla fede che si era tolta.
Era blu e chiazzata di un arancio bronzeo, quasi fosse stata una spiritosa riproduzione della sua antica cravatta di Ravenclaw, appoggiata elegantemente su quel cerchietto d’oro che la rendeva tanto triste.
‘La mia farfalla… sei la mia piccola farfalla…’ diceva sempre Cedric, quando lei si sentiva talmente oppressa dal mondo da voler scappare lontano ‘Sfuggirai sempre così ai problemi, sai? Io ti conosco, so che li affronterai sempre volando via’
Lo diceva scherzando, a volte più serio, ma sembrava crederci veramente.
Per un attimo Cho si sentì sciocca, pensando che quello potesse essere l’aiuto di Cedric davanti alla sua richiesta.
“Ma in fondo, perché non provare?”
La mano della ragazza sfiorò l’ala della farfalla nello stesso istante in cui quella della madre abbassò la maniglia della stanza.
E poi fu il buio.

 ***

“E’ con immenso rammarico che porgiamo il nostro ultimo saluto a Cho Chang, figlia obbediente e sposa devota” recitò il cerimoniere, avvolgendo con una fitta nuvola di incenso la candida bara posizionata davanti a sé.
La folla vestita in bianco³ era scossa da singhiozzi, sussulti di rabbia e pensieri sconvolti per la perdita così inaspettata di una giovane promettente.
La ragazza vestita in bianco, quasi volesse far parte della scena, guardava la gente con il sorriso dipinto sulle labbra.
Stringeva leggermente la mano del suo amato, incurante della farfalla che le si era posata sulla chioma nera.
Era fuori luogo in quel momento di nuda tristezza, fasciata nell’abito sfarzoso delle sue sfortunate nozze.
“Mi dispiace di aver procurato loro del dolore con la mia morte…” mormorò infine, incurvando le labbra in una piccola smorfia pentita.
“Sei una farfalla, non puoi non procurare del dolore” rispose dolcemente lui, accarezzandole i capelli per consolarla “è nella tua natura volare via”
E, quasi per confermare le parole di Cedric, la piccola farfalla blu si levò in alto e scomparve lasciando soli i due innamorati.
Era ormai lontana, come la realtà.
Mentre loro si sentivano sempre più vicini, come i ricordi.
Cho chiuse gli occhi, inspirando profondamente il profumo dell’incenso che circondava la sua bara – sì, la sua bara, per quanto le sembrasse assurdo dirlo – e lasciò che le braccia forti del suo Cedric le circondassero con gentilezza la vita.
Si abbandonò a quel tocco familiare, concesse il riposo ai suoi sensi.
Si sentiva felice.

***

La prima cosa che scorse, una volta risvegliata da quel sonno ristoratore, fu il viso della sua sorellina Maliya.
Una stretta allo stomaco si aggiunse agli inesplicabili dolori che sentiva attanagliare le sue povere ossa.
“Sei… morta?” farfugliò angosciata, allungando debolmente una mano verso quel giovane viso che la fissava inespressivo.
“Cho, io… no, io non sono morta…”
“Ma tu quasi sì” intervenne un’altra voce, più forte, più severa, quasi contrariata. Quella di sua madre.
Allora non era vero quello che aveva visto. Non era il suo funerale, non era la sua occasione di unirsi a Cedric quella che si era dipinta davanti ai suoi occhi.
Con stupore si accorse di non essere preoccupata di aver quasi posto fine alla sua vita.
No, lei era preoccupata di dover vivere ancora.
“Il veleno della farfalla non ha funzionato… perché?” sussurrò sovrappensiero, mentre il suo sguardo viaggiava dalle asettiche lenzuola verdine del letto in cui giaceva alle spoglie mura della stanza che la rinchiudeva.
“Farfalla? Tu stai delirando, Cho!” sbottò la madre, scambiando sguardi apprensivi con Maliya, lanciando occhiate ansiose alla porta chiusa “Ti sei gettata dalla finestra della tua stanza perché credevi di essere una farfalla?”
Lanciata dalla finestra della sua stanza. Come una farfalla.
“Come credi che possiamo esserci sentite io e tua sorella nel sapere del tuo tentativo di suicidio? Puoi immaginare l’imbarazzo e la disperazione nel vederti agonizzante, tra la vita e la morte, davanti a decine di persone anche sconosciute? E tu l’hai fatto credendo di essere una farfalla? Non sei più una bambina!”
Prima che potesse rispondere, magari decidere di raccontare alle sue due familiari lo strano sogno della sua unica felicità per dare un senso al suo involontario gesto, entrò un uomo dalla porta.
Suo marito Brian.
“Ti senti meglio, passerotto mio?” chiese lui con fare premuroso ma leggermente rigido, avvicinandosi a lei e stringendole la mano tra le sue.
Cho rimase immobile, lo sguardo fisso davanti a sé, i pensieri insistentemente sintonizzati su Cedric.
Brian sembrò non accorgersene, iniziò a blaterare qualcosa a proposito della sua preoccupazione nel vederla a terra nel giardino alla fine del ricevimento nuziale, dell’umiliazione subita davanti a tutti i loro invitati, della frenetica corsa in ospedale per salvarle la vita.
“Ma ora tu non proverai più a volare, vero, colombella del mio cuore?
Lo disse con un tono che lei trovò disgustosamente melenso, coronato da uno scadente tentativo di essere spiritoso.
Cho chiuse gli occhi, isolandosi dai dolori del suo corpo, dalle sofferenze della sua mente, dalle parole incessanti del marito e dai silenzi assordanti della madre.
‘No, Brian, non lo farò più’ replicò amaramente nella sua testa, mentre sentiva una lacrima solcare solitaria la sua guancia ‘Perché ci sono abissi che l’amore non può superare, nonostante la forza delle sue ali.’ ⁴
E se non è permesso all’amore, è proibito anche ad una piccola farfalla.
Come è proibito a me.

Note varie:

1. Ambientata dopo i sette libri della saga;

2. “Cho” in giapponese significa “farfalla”;

3. Il colore del lutto per i cinesi è il bianco;
4. Da “Lo zigrino” di Honoré Balzac.


Note dell'autrice

Grazie a tutti quelli che hanno provato ad arrivare fino a qui.
Questa storia è nata in principio per partecipare ad un concorso, ma in seguito a vicissitudini varie non mi è stato possibile utilizzarla per il suo scopo primario.
Sarete quindi voi i miei giudici, avete la possibilità di bocciare o promuovere questa mia prima fanfiction "romantica".
Risponderò alle recensioni attravero la funzione "contatta", se ve ne saranno.

Lady Lynx
  
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