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Autore: Ever Dream    28/02/2010    3 recensioni
“Cosa sono le fotografie se non frammenti di passato ,attimi rubati al tempo e alla storia della nostra vita?”
- un viaggio nel passato di Jared dall'infanzia ai giorni nostri.
Rating : verde (fino a cap. 5)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: Non conosco Jared Leto nè Shannon ,Constance e gli altri personaggi che popolano questa fiction. I fatti narrati non sono reali, sono solo il frutto della mia fantasia e di tanto tempo a disposizione. :))
 Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro
.

A/N: non posso piu' assicurare un aggiornamento settimanale, quindi ci saranno periodi in cui pubblicherò più capitoli altri in cui non pubblicherò nulla, ma  la storia non verrà lasciata incompleta. promesso ;).

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A/N2:
Questa volta il ritardo non è colpa mia -_- problemi di connessione.

+/- 9.000 parole (circa 17 pagine) ... per recuperare il tempo perso ho unito due capitoli in uno... spero sia di vostro gradimento. :)




Sailing The Waves of Past

Navigando le onde del passato




§

Capitolo XVII ~ Lost on a road I don't belong
( ..perso in una strada che non mi appartiene)




Ero ad un passo dall'inferno
avvolto dal nulla se non dall'odio.
e tu mi hai trattenuto

hai accolto quello che rimaneva di me 
tra le tue braccia
e mi hai aiutato a risalire.


dicembre 2007


Jared fissò le lettere incise sulla piccola pastiglia per qualche secondo e, con un sospiro, si portò la mano alla bocca ma, poco prima che questa scivolasse tra le sue labbra, la lasciò cadere nel lavandino. La guardò disegnare larghe spirali trascinata dall'acqua e quindi con due ultimi giri venire inghiottita dallo scarico.

Il medico gli aveva raccomandato di prendere almeno una pasticca ai primi segnali di dolore ma Jared odiava l'effetto che avevano su di lui. Quella sensazione di benessere ovattato offuscava la percezione di tutto ciò che lo circondava e non poteva permetterselo. Non ora.

Chiuse il rubinetto ed, evitando il suo riflesso nello specchio, ripose la confezione del medicinale nell'armadietto. Spense la luce del bagno e si lasciò avvolgere dall'oscurità della casa.

Senza rendersene conto si ritrovò davanti alla porta della camera di Shannon con la mano stretta al freddo ottone della maniglia. Dopo un breve attimo di esitazione la girò e la aprì lentamente: le tende erano scostate e l'illuminazione della piscina ricreava sulle pareti il tranquillo ondeggiare dell'acqua, sottoforma di astratti giochi di luce, avvolgendo ogni cosa in un soffuso chiarore. 

Quella stanza aveva da sempre avuto il potere di calmarlo e rilassarlo. Forse perchè ogni volta che ne aveva varcato la soglia i problemi che sembravano schiacciarlo erano diventati piccoli ostacoli, scacciati ed alleviati da qualche parola del fratello. O forse perchè lo portava dritto nel passato e gli faceva dimenticare il presente.

Sospirando sfiorò la spalliera della vecchia poltrona verde. Il primo mobile che Shannon aveva comprato con i soldi guardagnati a LA. Prima del suo arrivo per sedersi avevano usato delle sedie da giardino di plastica e i suoi libri.

Ricordò con nostalgia come, nonostante fosse consumata e il cuscino tendesse ad appiattirsi e perdere morbidezza, la considerassero la poltrona più comoda del mondo. Erano soliti dividerla la sera quando, mangiando qualche scatoletta o gli spaghetti riscaldati della settimana prima, si raccontavano le loro giornate.

Ridendo, scherzando e sognando. 

Jared zoppicò verso il letto del fratello trasalendo alla fitta che gli attraversò le gambe. Gli sembrava di camminare su un pavimento di vetri rotti. I lampi partivano dalla  pianta del piede e si diffondevano lungo la caviglia in fiamme circolari per poi lambire con la loro dolorosa morsa il resto della gamba.

Con un sospiro si lasciò cadere sul materasso e non potè trattenere un'imprecazione quando  battè la testa contro qualcosa di duro. Voltandosi spostò i vari cuscini e vestiti... e lo vide.

L'album che Shannon usava per tenere le foto private, quelle che non sarebbero mai finite su qualche giornale, booklet o dvd.

Più volte avevano scherzato sulla possibilità che durante uno dei loro viaggi andasse perso. Nel caso la loro reputazione, quella poca che ancora avevano, sarebbe stata rovinata per sempre.

Sistemandosi contro la testata del letto accese la lampada e lo aprì con cura. 

Sfogliandolo non potè trattenere le risate davanti ad alcuni scatti, come quello di Tomo che mangiava seduto al tavolino del tourbus, completamente ignaro di avere la faccia piena di disegni osceni che lui e Matt gli avevano fatto con la matita per gli occhi mentre dormiva, o quella che lo ritraeva mentre sputava il caffè corretto alla Shannon.

Ancora oggi si rifiutava di sapere cosa ci avessero messo dentro. 

Poi arrivò una foto che non ricordava di aver visto. Era stata scattata nel corridoio di una delle tante venue. 

Jared era di profilo, una gamba sollevata, il piede piatto contro il muro. Era vestito completamente di bianco e i capelli, tinti di nero con le punte rosse, risaltavano sulla chiara bandana legata intorno al collo, pronta per essere sollevata a coprirgli il volto.

Aveva gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse, molto probabilmente concentrato nel riscaldare la voce e, nella tensione del suo viso, chiare tutte le sue paure prima di salire su un palco. Cercando di ignorare i brividi che gli percorsero la schiena, nel vedere così esposti sentimenti che lui faceva di tutto per nascondere, passò alla seconda persona ritratta nella foto.

Tomo era di spalle, stava parlando con Buck e gesticolava. Anche se non poteva vedergli il volto, poteva immaginare dalla postura la sua espressione e sorrise affettuosamente.

Ma il sorriso svanì quando si concentrò sulla quarta persona: Matt.

L'ex-bassista era ritratto frontalmente, la sua spalla poggiata contro il muro opposto a quello di Jared. Il basso gli pendeva di lato e il suo volto era rivolto verso di lui.
 


Fresno , California - 12 dicembre 2006


Matt Wachter aveva cominciato ad analizzare la sua vita a fondo. Per ciò che era stata, quella che era e quella che voleva fosse o diventasse. Stare in tour per un 11 mesi l'anno dava molto tempo per riflettere e lui era giunto alla conclusione che le due cose più importati per lui:

Libby e la musica

non potevano coesistere.

Ma mentre la prima era esattamente tutto ciò che aveva sempre sognato in una compagna per la vita la seconda, invece, cominciava ad allontanarsi da quello che si era prefigurato.

Per mesi si era tormentato sul trovare un modo per bilanciare le due cose fino a quando , per caso, aveva scorto uno spiraglio.

Un modo per trovare finalmente una sua dimensione.


Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da Jared che aprendo lo sportello entrò nella roulotte. Senza guardarlo si avvicinò ad uno dei borsoni e cominciò a rovistare alla ricerca di qualcosa.

Gli occhi del bassista si posarono su di lui.  Jared era in piedi da quella mattina alle 6. Lo sapeva perchè , come mezzo autobus, era stato svegliato da una serie di parolacce gridate dal cantante al povero disgraziato dall'altra pare del suo cellulare. Da quello che si era capito dovevano esserci dei problemi con  il tour australiano. Da allora non si era fermato un minuto.

Per Matt era un mistero capire dove trovasse tutta quell'energia, non ricordava di averlo mai visto fermarsi e rilassarsi per più di un paio di minuti in quei cinque anni.

Sbuffando Jared cambiò borsone e continuò la sua ricerca, ignaro di essere osservato.

Matt gli era affezionato ma lavorare con lui era sempre più difficile. Cominciava ad essere stufo di sopportare i suoi drammi, era stufo di dover urlare per farsi sentire, per dare a qualche sua idea almeno la possibilità di essere presa in considerazione. Ed era sempre più difficile provare affetto per un progetto che sembrava diventare giorno dopo giorno una questione tra Jared e il resto mondo. Spesso  si trovava a chiedersi se  valesse la pena, vivere in quella perenne corsa di esibizioni, date , concerti e perdere contatto con le persone che amava. La sua vera famiglia.

Jared nella rincorsa ai suoi sogni aveva sacrificato tutto il resto ma Matt non pensava di essere pronto a fare altrettanto.
 
Inconsciamente passò una mano sul cellulare e ripensò a quell'sms.

« Matt?»  il bassista focalizzò lo sguardo sul cantante che, accovacciato dall'altra parte della roulotte, era circondato da vari vestiti e qualche maschera.

«mhm?» 

«...-ti ho chiesto se hai visto la mia bandana» Jared con una smorfia si alzò in piedi e gli si avvicinò «tutto bene?»

«eh? oh si si» rispose cercando di evitare di incrociare lo sguardo dell'altro «ero sovrappensiero»

Il cantante lo guardò sospettoso e Matt potè sentire le sue guance andare a fuoco «ok--» disse quindi prima di spalancare gli occhi e sporgersi verso di lui tra l' incuriosito e lo sconvolto «ma cosa hai fatto ai capelli?»

Matt borbottò qualcosa e  gli lasciò  passare le dita su ciò che rimaneva delle sue ciocche «il rasoio è impazzito , si nota così tanto?»

«hai praticamente un buco in testa!! ma come hai fatto?» Jared aveva cercato di rimanere serio ma fallì miseriamente scoppiando in una risata.

Era raro sentir ridere di cuore Jared, certo, sorrideva e ridacchiava durante le piccole scenette che creavano quando si annoiavano durante le interviste ma non era lo stesso, e Matt si ritrovò a  sorridergli di rimando «te l'ho detto, è tutta colpa del rasoio... e di Shannon!»

«Shannon?» Jared si asciugò gli occhi , solo Matt poteva mettersi in certe situazioni.

«si lui... stamattina--lo sai come sono fatto, mi sono svegliato ed ho pensato che fosse ora di cambiare taglio. Ho iniziato a passare in testa quell'aggeggio infernale ed ho notato che non funzionava, » Matt scosse la testa al ricordo di quei terribili momenti «Shannon  ha voluto darmi una mano ed ecco qui il risultato!»

«oh povero il mio Mattastrophe!» Jared gli pizzicò giocosamente le guance «ma come faremo senza di te! »  il suo cellulare cominciò a squillare e il cantante ancora ridacchiante si avviò verso l'uscita «pronto? ah ciao! senti, ti ho chiamato un quarto d'ora fa, riguardo la data di Berli--..»

Matt tirò un sospiro di sollievo, la voce del cantante ,man mano che si allontanava, diventò sempre più debole fino a sparire. Fortunatamente Jared , troppo preso dal suo blackberry, non aveva notato la sua reazione a quelle parole. Era stata una battuta ma per un attimo il  cuore gli si era fermato.

..senza di te...

Sconsolato sprofondò nel divanetto di pelle nera e prese il suo cellulare:

t_del 10/12/2007 21.30 pm
ogg: ..
hey watcher ! ho sentito che avete una pausa per Natale, che ne dici di organizzare quella famosa cena? Jen vuole assolutamente ricambiare l'ospitalità di Libby e.. noi potremmo parlare ... fammi sapere.


Texas , 2 marzo 2007

Jared prese un respiro ed alzò il braccio destro «... questa è una canzone che parla di cambiamenti... di un nuovo inizio.... il diventare chi si è realmente.. e voglio dedicarla a Matt Wacther.. » scese dall'amplificatore e guardò alla sua sinistra dove Matt stava assistendo al concerto «ti vogliamo bene!»

e quindi dopo una breve pausa « la canzone si intitola R-Evolve!»

Il riflettore si spense lasciando che i tre sul palco diventassero delle sagome senza volto su uno sfondo blu elettrico. Jared si avvicinò alla piattaforma di Shannon cercando nello sguardo dell'altro la forza necessaria, quindi chiuse gli occhi e ,voltandosi verso il pubblico,  si concentrò sulle note iniziando a cantare.

A revolution has begun today for me inside .
 The ultimate defence is to pretend.
Revolve around yourself just like an ordinary man.
The only other option is to forget

La sua voce era più roca del solito mentre cercava di tenere a bada le sue emozioni. Doveva essere tutto perfetto e fece del suo meglio affinchè ogni singola nota , ogni singola parola fosse carica dei suoi sentimenti e che arrivasse intatta al destinatario.

Does it feel like we've never been alive?
 Does it seem like we've only just begun?

Mentre l'atmosfera intorno a lui si tingeva di rosso si allontanò dalla batteria e si avvicinò ai fans in prima fila. Sporgendosi invitò il pubblico a farsi sentire e quindi gettò la testa all'indietro, allargando le braccia lasciandosi travolgere dalle grida. Consapevole che due occhi chiari lo stavano seguendo.

Li poteva sentire.

♫Defy yourself just to look inside the wreckage of your past
 To lose all you have to do is lie ♫

I suoi vestiti bianchi sembravano brillare il quel gioco di luci. Sfumature di viola e blu danzavano illuminandolo mentre si spostava dall'altra parte del palco, allontanandosi dal punto in cui Matt era solito suonare e che ora era occupato da un altro.

♫ The policy is set and we are never turning back 
It's time for execution; time to execute ♫

Nel frattempo dietro le quinte Matt si asciugò gli occhi cercando di liberarli da quelle dispettose lacrime. C'erano dei fans nel backstage e farsi vedere piangere non era la cosa migliore, in più non voleva perdersi nulla di quel momento.

Quella dedica era molto più che un semplice saluto. Era il modo di Jared per  mandargli un messaggio.

Guardò con nostalgia il palco, i fans, la musica, l'adrenalina, gli sguardi complici e i sorrisi divertiti...  tutto ormai  parte del suo passato.

Alla fine Matt rinunciò a combattere le lacrime e le lasciò scorrere liberamente lungo il suo viso, sperando che l'oscurità e le cupe luci le mascherassero. 

Alzò la testa e guardò Shannon.

Il batterista aveva gli occhi chiusi e ,completamente perso nella musica, guidava la canzone. I suoi colpi energici e pieni di passione come sempre, se non di più. Sorrise ripensando alle interminabili nottate trascorse davanti ai videogiochi, le loro chiacchierate fino a tarda notte davanti a calde tazze di caffè mentre il resto del bus dormiva.

Era stato l'unico ad aver accettato la sua decisione senza accuse, forse perchè aveva sempre saputo che quel giorno sarebbe arrivato.

Sospirando spostò lo sguardo sul chitarrista dalla parte opposta del palco, i suoi capelli gli coprivano il volto ma non potè non notare quanto fosse cresciuto e cambiato in quei tre anni Tomo. Era certo che gli sarebbe mancata la sua compagnia, il modo in cui solo lui sapeva farlo arrabbiare, infastidirlo...e farlo ridere. Come sempre Jared aveva visto giusto. Tomo era il tassello mancante e il suo arrivo aveva dato ai 30 seconds to mars quel pizzico in più per diventare ciò che volevano essere.

Era diventato parte della band in un modo che per lui era stato da sempre impensabile....

Quindi guardò Jared, il suo abbandono era stato un duro colpo per lui ma si sarebbe rialzato. Pronto ad abbattere la serie di muri basati sul pregiudizio ed invidia per proseguire il suo cammino.

Matt sapeva che gli sarebbero mancati i loro battibecchi, il suo vizio di far sparire tutte le caramelle alla ciliegia ,la sua pedanteria o il modo in cui riusciva a tirar fuori la parte goliardica che era in lui. Ogni volta che avrebbe indossato una t-shirt con scritto Campione di pac-man  avrebbe ripensato al cantante e al suo sorriso furbetto quando ne combinava una delle sue. 

Non faceva che ripetersi che era la cosa migliore. Che erano diventati ormai troppo differenti per poter lavorare insieme. Che aveva solo anticipato l'inevitabile. Ma quel senso di amarezza non voleva abbandonarlo. 

Forse Tomo aveva ragione, un giorno se ne sarebbe pentito. 

R-evolve era finita e il concerto andò avanti. I 30 seconds to mars sarebbero andati avanti.

***

Jared chiuse l'album di colpo.

Avevano aspettato fino all'ultimo momento prima di rendere la cosa ufficiale con un messaggio sul sito ufficiale. Era pronto a rimangiarsi tutto e fingere di avere fatto uno scherzo pur di non dover dire davvero addio a Matt.

Cinque anni non si cancellavano con qualche parola di troppo. Ma quando l'aveva visto aiutare Tim , accertandosi che il ragazzo fosse pronto e in grado di sostituirlo,  aveva capito che per quanto facesse male l'altro aveva fatto la sua scelta e non potevano fare altro che accettarla. Accettarla.. non capirla.

Matt non aveva creduto abbastanza, non aveva creduto possibile trovare un modo di rendere le loro differenze ciò che li avrebbe uniti ancora di più. Non aveva creduto possibile trovare un compromesso insieme. Non aveva avuto abbastanza fiducia e, quello che Jared si sarebbe per sempre rimproverato, era il non averlo notato in tempo, aver permesso che si estraniasse da loro. 

Scosse la testa per scacciare quei pensieri e quindi guardò la radiosveglia sul comodino, i numeri brillavano nella penombra: erano le 2.10.

E di Shannon ancora nessuna traccia.

~·~

15 gennaio 1991

La serratura si richiuse con uno scatto. Shannon spinse la ragazza contro la porta intrappolandola con le sue forti braccia... Gabrielle ... si ripetè, cercando di imprimere nella sua memoria quel nome, mentre lento risaliva la  delicata curvatura del suo collo, sfiorando con labbra umide di baci la tenera ed invitante pelle.

La sentì rabbrividire e stringersi ancora di più a lui, lasciandosi sfuggire un impaziente gemito quando i loro corpi si incontrarono. Deciso a non interrompere il contatto iniziò a liberarsi del cappoto, ingombrante ostacolo per quelle intense sensazioni.

Gabrielle approfittò del breve momento di distrazione per invertire le loro posizioni. Posandogli una mano sul petto lo invitò silenziosamente a non muoversi quindi, sorridendo maliziosa, si inginocchiò. 

Shannon sentì il metallico rumore della fibbia ed abbassò lo sguardo, la sua voce bassa e roca « lo sai che quello che stai per fare è illegale in Indiana?»

La ragazza lo guardò divertita «non sei l'unico che ama il rischio».

Le tende erano leggermente scostate e il rossastro neon del piccolo club al piano inferiore penetrava dalle finestre, accarezzandole con la sua cupa luminosità il volto. Shannon tenne gli occhi fissi su di lei mentre un bottone dopo l'altro veniva liberato dall'asola, felice di sentire il ruvido tessuto dei jeans allentare la sua morsa. Con il passare dei minuti i suoi pantaloni erano diventati sempre più scomodi ed opprimenti. Seguì ,quasi trattenendo il respiro, le carnose labbra piegarsi in un altro sorriso prima di posarsi poco più in basso del suo ombelico. 

Gabrielle ripetè il gesto avvicinandosi pericolosamente al bordo dei chiari boxer, quindi, alzando gli occhi, infilò le dita nell'elastico tirandolo leggermente. 

L'aria fredda della stanza colpì la sua pelle surriscaldata e Shannon sospirò, accogliendone con piacere il contrasto. La sensazione venne amplificata dalle labbra della ragazza che lo sfiorarono ancora una volta, dolorosamente vicine al centro del suo piacere. Impaziente si inumidì le labbra e si rilassò contro la porta.

Un attimo e, con uno schiocco cotonato, l'elastico dei boxer tornò al suo posto.

Gabrielle si alzò in piedi e camminando a ritroso verso il piccolo salotto gli indicò, con fare seducente, di seguirla. Si fermò al centro della sala. I vaporosi capelli neri le spiovevano sulle spalle e si muovevano morbidi mentre si sfilava il giubotto jeans e lo lasciava scivolare a terra.

Shannon lo guardò raccogliersi senza rumore ai suoi  piedi e rialzò lo sguardo lentamente, percorrendo con gli occhi le perfette gambe avvolte in scuri fuseaux, soffermandosi sui languidi movimenti del bacino, nascosto dalla corta minigonna, fino all'aderente maglietta nera che lasciava ben poco all'immaginazione. 

Avvicinandosi la sollevò  da terra e, attutendo con l'ennesimo bacio il suo gridolino di sorpresa, la fece ricadere sui morbidi cuscini del divano, o almeno così credeva. Stava infatti per raggiungerla quando la ragazza schizzò in piedi urlando.

C'era qualcosa ,o meglio,  qualcuno sul divano.

Senza perder tempo, mentre Gabrielle terrorizzata si allontanava, si gettò su quell'ammasso di coperte cercando di immobilizzarlo.

«S-Shan?!» la voce dell'intruso era attutita da tutte quelle coperte ma la riconobbe quasi subito, «SHANNON! Ma che diavolo fai?!!». Era quella di Jared.

«Jared? 
» Shannon mollò la  presa e si sporse per accendere una lampada «che cazzo ci fai qui?!!» sorpreso guardò il fratello tirarsi su a fatica, gli occhi socchiusi per l'improvvisa luce, i capelli scompigliati, l'espressione assonnata, le cuffie del walkman messe di traverso.

«..Anche io sono felice di vederti!!..» gli rispose Jared sarcastico tentando di liberarsi dal groviglio di fili e coperte.

Divertito Shannon lo aiutò a mettersi in piedi «scusami è che sono.. sorpreso.. non mi aspettavo una tua visita».

« ...ne sono sicuro» rispose l'altro sogghignando maliziosamente, alternando lo sguardo tra il fratello maggiore e la ragazza che, superato lo spavento iniziale, li osservava imbarazzata.
Sorridendo le si avvicinò e si presentò « io sono Jared , il fratello minore di questo maleducato..».

Shannon non potè ribattere alla frecciatina, in effetti si era completamente dimenticato della presenza di una terza persona nella stanza. In silenzio guardò i due stringersi la mano e, tra una chiacchiera e l'altra, studiarsi a vicenda.

Jared cercava di capire se la ragazza davanti a lui fosse l'ennesima avventura del fratello o qualcosa di più e Gabrielle molto probabilmente cercava di trovare tra i due una qualche somiglianza.

Non passò molto prima che la ragazza realizzò di essere di troppo e decise di lasciare i due fratelli da soli. Shannon l'accompagnò alla porta, scusandosi di nuovo per la brusca interruzione, si offrì di riportarla a casa ma lei rifiuitò e ,con la promessa di rivedersi la sera seguente, uscì dall'appartamento. 

«mi hai fatto prendere un colpo!» Shannon richiuse la porta e vi si poggiò sospirando, 

«e lo dici a me?» ribattè l'altro, che nel frattempo si era avvicinato, « venire svegliato da un sedere in faccia non è proprio il massimo!» 

Ridendo Shannon lo afferrò per un braccio e lo attirò a sè, stringendolo affettuosamente. 
Jared si rilassò immediatamente contro di lui «mi dispiace averti rovinato la serata» momorò contro la sua spalla.

Il fratello ripensò ai suoi piani per la serata andati in frantumi e scosse la testa «non importa» gli rispose, felice di rivederlo dopo tanto tempo. Quell'anno Jared non era riuscito a raggiungerli nè per il ringraziamento nè per le feste natalizie.

«cosa ti ha...» iniziò a dire  ma poi si interruppe e si voltò verso di lui perplesso «come diavolo hai fatto ad entrare?» era certo di non avergli dato le chiavi dell'appartamento.

Jared dovette mordersi il labbro per non scoppiare a ridere, «non è stato difficile» rispose mentre l'altro ispezionava la serratura «ti ho aspettato per più di  due ore ..stavo congelando!» aggiunse alla fine, come se questo potesse giustificare il fatto di aver scassinato la porta del proprio fratello.

«Non so se esserne preoccupato o ammirato..» Shannon continuò a fissare la porta incredulo quindi scuotendo la testa si avviò verso la piccola cucina dall'altra parte della stanza «.. hai mangiato qualcosa?» .

Jared fece cenno di no e l'altro lo fulminò «..non puoi campare d'aria Jay!» chinandosi aprì il frigorifero e cominciò a rovistare tra gli scomparti «... dovrebbe essere rimasta della pizza da qualche parte..» 

«no Shan. Non ho fame» era troppo nervoso ed eccitato «hai del thè o qualcosa di simile?».

Shannon lo guardò preoccupato poi ,mentre l'altro si sedeva al tavolino, iniziò ad aprire una dispensa dopo l'altra fino a trovare una piccola scatola di cartone piena di bustine di ogni tipo e colore. Ne estrasse una, la meno sospetta, ed odorandola la posò sul tavolo «del thè verde va bene?»

«si, grazie» Jared si passò le mani sulle gambe cercando di riscaldarsi «so di esser piombato qui senza preavviso ma è stata una decisione ...  improvvisa»

«non preoccuparti...» lo tranquillizzò di nuovo Shannon prendendo una birra fresca dal piccolo frigo e sedendoglisi di fronte «allora, cosa mi dici? Com'è la vita a New York?» poteva percepire il nervosismo del fratello ed aveva deciso di non pressarlo, qualunque  fosse il motivo che lo aveva spinto a raggiungerlo in Indiana sarebbe presto venuto fuori.

«La adoro! C' è un locale, 'Cafè Habana', che devi assolutamente vedere!..» 

Shannon sorrise ed ascoltò il fratello minore raccontargli di tutte le sue nuove scoperte sulla grande mela.

Tra New York e Jared era scoccato un vero e proprio amore. E, sebbene l'indole vagabonda fosse ben radicata in loro, Shannon sentiva che sarebbe potuto rimanere in quella città per sempre.

Era una città in continua metamorfosi eppure con una forte identità, sembrava un controsenso ma bastava camminare lungo le affollate strade per rendersi conto di quella unicità, alimentata dal variegato fiume dei suoi abitanti. Tra moderni grattacieli e vecchi palazzi ci si poteva sentire a casa ma al contempo conservare il piacere di scoprire qualcosa di nuovo e stimolante ad ogni angolo. Era una città in continuo cambiamento... come Jared.

«ti vedi con qualcuno?» domandò alzandosi per immergere la bustina nell'acqua.

Per Shannon la tendenza alla monogamia di Jared era incomprensibile tanto quanto lo era per quest'ultimo la sua incapacità di far durare una storia più di una notte. Il record attuale era un mese, ma erano passati secoli.

«niente di serio. Una storia richiede tempo ed impegno.. che per ora non ho..» gli rispose l'altro con un'alzata di spalle,

«vedi? E' per questo che non voglio relazioni stabili» Shannon allungò il braccio e gli mise una mano sulla spalla per solidarietà.

«dovresti provarci ogni tanto..giusto per fare qualcosa di diverso!. Non puoi saltare da una Gabrielle all'altra in eterno»

«.. è più probabile che assisterai all'Apocalisse piuttosto che vedermi festeggiare San Valentino..»

Jared rise e si portò alle labrra la tazza fumante che l'altro gli aveva posato davanti.

« ti sei preso una pausa dai corsi?» 

«si..diciamo di si» rispose prendendo un profondo respiro.

«Jay..» 

«Un paio di mesi fa per aumentare i crediti mi sono iscritto ad un nuovo corso:  'recitazione per registi'» deglutì e si mise una ciocca di capelli dietro le orecchie per guadagnare tempo,

«sembra interessante!» Shannon prese l'ultimo sorso di birra e buttò la ormai vuota bottiglia nel sacchetto, il tintinnio di vetro contro vetro si diffuse nella piccola stanza, e ne aprì un'altra sistemandosi sulla scricchiolante sedia di legno.

«lo è » Jared annuì e distolse lo sguardo dall'altro puntandolo sulla fumante bevanda «è lì che ho capito..»

«..capito cosa?» 

«che sto solo perdendo tempo» alzò gli occhi e li incrociò con quelli preoccupati del fratello «co-cosa significa?» a Shannon sembrava di vivere un perenne deja-vù.



*** Newton, Massachusetts , 1987

Shannon si portò la sigaretta alle labbra ed attraversò la strada. Poteva sentire la musica del locale e le risate sguaiate dei giovani nel parcheggio agitare l'altrimenti silenziosa notte. Facendo attenzione a non farsi notare si avviò verso il buio vicolo al lato del locale, in un punto in cui aveva una buona visuale di tutte le uscite e, sfruttando l'oscurità e il comodo nascondiglio del lercio cassonetto verde, rimase in attesa.

Erano tre giorni che Jared non tornava a casa. Nell'ultimo periodo capitava che trascorresse la notte fuori da quelli che lui definiva 'i suoi amici' , ma mai per tre giorni di fila.

L'adolescenza era un'eta critica. Lo sentiva ripetere spesso. Ma i problemi del fratello non erano quelli degli altri sedicenni. Non perdeva il sonno a chiedersi se la ragazza dei suoi sogni avrebbe accettato di andare al ballo o se fosse riuscito ad entrare nel team di baseball.

Jared rimaneva sveglio di notte a chiedersi se un giorno sarebbe davvero riuscito ad emergere da quel pantano di mediocrità che li circondava, a cambiare vita, a ripensare e rimuginare sulle proprie ferite. Era convinto che Shannon non sapesse. Che non lo sentisse camuffare di notte i suoi singhiozzi contro il cuscino.

Ma si sbagliava.

Perchè se avesse ascoltato con attenzione avrebbe sentito Shannon piangere con lui.

Giorno dopo giorno la speranza si scontrava con le delusioni, gli ostacoli diventavano vicoli ciechi e l'energia per tirarsi su diminuiva trasformandosi in amarezza e rabbia, alimentando quella parte oscura in ognuno di noi. 

Jared aveva quindi  deciso di proteggersi cercando di estraniarsi da ciò che lo circondava. Aveva  cominciato a passare sempre meno tempo in casa, trascorrendo le sue giornate in strada, alla ricerca di un posto per lui. Una casa, dove sentirsi finalmente a proprio agio e... non pensare. Incurante dei pericoli, ignaro di quanto e come venire in contatto con determinati ambienti lo intaccasse, facendo emergere solo quel lato negativo che aveva dentro di sè .

Perchè farsi tanti scrupoli ,e aggirarsi per il mondo a testa china, quando le persone non avevano scrupoli a calpestare e distruggere quello che era importante per loro?

 
***qualche settimana prima

Shannon si sedette sui vecchi spalti di legno e seguì la traiettoria dello sguardo di Jared: dei ragazzi erano impegnati in un allenamento di baseball. Alcune ragazze erano aggrappate alla rete e gridavano entusiaste ad ogni mossa del capitano della squadra.

«
guardali» disse Jared sprezzante prima di abbassare lo sguardo sull piccolo quaderno pieno di appunti che teneva sulle gambe «sono così noiosi e prevedibili»

Shannon aprì la lattina di Soda e,prendendone un sorso, la porse al fratello minore che declinò con un gesto della mano.

«
stereotipi viventi » continuò e portandosi una sigaretta alle labbra fece un tiro, fu allora che Shannon si rese conto che quella non era una sigaretta.

«
ma sei pazzo?!» esclamò guardandosi intorno «dove diavolo l'hai trovata?»

Jared ridacchiò  «
so dove cercare..vuoi?» chiese quindi passandogli lo spinello.

Shannon si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse nessun professore, ne prese una boccata e lasciò che il fumo gli graffiasse la gola scendendo lento verso i polmoni. 

Un altro fuoricampo e le ragazze esplosero in rumorosi applausi e gridolini. Jared non potè resistere e le imitò attirandosi le occhiataccie da alcune di loro. Ridacchiando rivolse loro il dito medio e tornò a sedersi accanto ad un perplesso Shannon.

«
Dio che pena che mi fanno! Così convinte di essere 'cool'» Shannon ridacchiò ma si sentiva a disagio, il fratello si stava comportando in modo strano.

«
vedi lì.. coso..il loro eroe... Bill!! Ecco.. Bill!» Jared guardò il ragazzo vestito con i colori simbolo del liceo, arancione e nero, correre lungo il campo ricoperto di erba  «un ragazzo così promettente» proseguì quindi enfatizzando le parole  «grazie al baseball si ritroverà il diploma in mano e un tappeto rosso steso verso una delle migliori università del Massachussets. Che sia convnto che Archimede è un personaggio della Disney e non un matematico non importa, lui è il *nostro campione* ...»

Jared prese un' altra boccata e sorrise amaramente «
se non metterà incinta una ragazza durante il ballo di fine anno probabilmente si ritroverà a dover abbandonare il college perchè troppo stupido per superare gli esami.. o perchè scoprirà che di giocatori come lui ce ne sono a migliaia-»

Shannon fissò lo sguardo sul telo con la mascotte del liceo, una tigre che ringhiava, muoversi sotto invisibili dita di vento e continuò ad ascoltarlo in silenzio.

«-
finirà coll'insegnare baseball ad un liceo come questo e sfogare tutte le sue frustrazioni sulla povera donna che sarà sua moglie. Che molto probabilmente sarà miss ombretto ..quella lì giù.. c'è feeling tra di  loro-- » rimase in silenzio per un attimo lo sguardo perso in immagini che Shannon non poteva vedere «--ma poi un giorno la tradirà con miss minigonna » disse indicandone un' altra  «..o si sveglierà e deciderà che la sua vita fa schifo e che non si sente di avere una famiglia e sparirà..»

Shannon finì di bere la soda ed aspettò che un'altra ondata di gridolina si attenuasse prima di parlare «
ed io che  pensavo che le canne servissero a sollevare il morale ..»

Jared rise. Ma non c'era niente di gioioso.


***

E Jared aveva scoperto che la vita in strada era molto più intressante ed affascinante del liceo e dei suoi drammi, specie per uno come lui che aveva sempre considerato la scuola un noioso ed inutile obbligo.. Per uno che si sentiva un alieno tra persone con cui, in teoria, avrebbe dovuto condividere sogni ed esperienze.

Per uno che non aveva idea di cosa significasse avere sedici anni per il resto del mondo.

Ai suoi occhi quella che frequentava - i 'suoi amici' -  era gente che aveva il controllo, che aveva trovato la risposta ai tanti perchè che lo tormentavano:  un grosso vaffanculo a tutto e tutti.

Non passò molto tempo prima che decise di averne abbastanza di armadietti e compiti in classe ed abbandonò del tutto la scuola. Constance era quasi impazzita quando lo era venuto a sapere. Shannon non aveva mai visto loro madre così infuriata e disperata allo stesso tempo.


Ma il fratello aveva già deciso, non importava quante parole avessero speso per farlo tornare dietro i banchi. Non c'era nulla che  potessero fare se non stargli accanto e assicurarsi di essere lì ,pronti a rialzarlo quando sarebbe caduto.

Quello che però Shannon non aveva previsto era l'entità di quella caduta.


Una delle porte si aprì cigolando. Un raggio di luce illuminò il piccolo vicolo ed alcuni ragazzi uscirono ridendo. Shannon li guardò sorreggersi l'un con l'altro ed allontanarsi verso la strada. Qualcuno dal parcheggio li aveva riconosciuti e stava urlando il loro nome. Altre risate, il rombo di un motore e poi una sgommata seguita da grida sguaiate.

Erano scene che si ripetevano notte dopo notte. Molti di quei volti sarebbero cambiati con il passare del tempo e, a sostituirli, sarebbero arrivati altri giovani pronti a vivere i loro anni ribelli. Pronti ad animare quelle fredde notti fino a quando non sarebbero cresciuti e i doveri li avrebbero allontanati da quelle follie notturne. Altri volti invece sarebbero rimasti gli stessi ed avrebbero consumato il loro tempo nel cercare di non guardarsi intorno, di non vedere di essere i soli a non cambiare, a non andare avanti. 

Shannon sospirò e si poggiò al muro ricoperto di anonimi strati di colla e carta, rimasugli di poster che vi erano stati affissi nel tempo. La sigaretta era finita. Senza distogliere lo sguardo dall'arruginita porta fece cadere il mozzicone a terra e lo schiacciò con la punta del piede.

Stava per accenderne un'altra quando vide la porta laterale accostarsi di nuovo. La musica del locale inghiottì qualunque altro rumore nel piccolo vicolo e qualcuno uscì sbandando leggermente. La luce era troppo bassa per distinguerne i lineamenti ma a Shannon bastò vedere le sue movenze per riconoscere il fratello.

Jared rimase lì fermo e si guardò alle spalle come se fosse in attesa di qualcuno, la porta era di fatti ancora accostata e si poteva distinguere la forma di una spalla fare capolino.

Dopo qualche minuto anche l'altra figura uscì «--che rompicoglioni» disse prima di ridacchiare e, reggendosi al vecchio passamano di ferro, sedersi sulle scale di cemento. Jared lo imitò e chiudendo gli occhi mandò la testa all'indietro, muovendola al ritmo di una musica che sentiva solo lui, diversa da quella che proveniva dal locale.

Shannon si strinse ancora di più contro il muro, non voleva che lo vedessero, e rimase in ascolto cercando di dare un senso ai loro sconclusionati discorsi. 

«Tieni gli occhi aperti, se noti movimenti strani vai da Mike e lo avverti. » il tizio, che doveva avere almeno venticinque anni, gli porse una piccola scheda «e se ti fermano fai vedere l' ID »

«gli sbirri sono tanto idioti da credere che ho davvero 21 anni?» Jared lesse la carta d'identità falsa divertito «e che sono un buttafuori?!».

«beh... tecnicamente lo sei, butti fuori i guastafeste» gli rispose l'altro ridendo « stai tranquillo. Al massimo pensano che sei un imbucato con  un ID falso. Se dovessero chiudere tutti i locali che permettono ai minorenni di entrare Newton rimarebbe senza pub!».

Il tutto sembrava così irreale, era come assistere ad una scena di un film. Shannon vedeva Jared ma la sua mente rifiutava di riconoscere il fratello in quel ragazzo, non bastava il rossore delle sue guance a dare un minimo di calore a quel sorriso freddo e tirato, talmente vuoto da farlo sembrare una maschera. 

«Cristo! Ma quanto tempo ci mettono?!» esclamò Jared stendendosi sullo sporco cemento del piccolo pianerottolo, «le hai prese nemmeno dieci minuti fa.. » gli rispose l'uomo divertito mentre si accendeva una sigaretta « ..dagli tempo di entrare in circolazione porca puttana!»

«è che--» Jared si tirò su a fatica, in effetti cominciava a sentirsi leggermente stordito, «--è che  tu hai solo robaccia». Cercò di mantenere l'equilibrio e sorrise soddisfatto nel vedere che era riuscito a non versare quello che rimaneva nella bottiglia nella difficoltosa manovra.

«Se hai fretta..so io cosa ti serve» l'uomo cominciò a tastarsi il giubotto alla ricerca di qualcosa e, solo dopo aver controllato almeno tre volte per tasca, si rese conto di avere la bustina già in mano. Ridendo estrasse un piccolo tubetto e lo dondolò davanti agli spenti occhi del giovane.

«cos'è?» chiese confuso Jared guardandolo versare la piccola striscia bianca sul ferro, imitando inconsapevolmente l'espressione del fratello che, alle sue spalle, sporgendosi dalla sicurezza dell'oscurità, cercava di  focalizzare la scena davanti a lui. 

«Special K»  l'uomo gli passò il resto della roba mentre con cura sistemava quella che aveva sparso sul passamano « se sei immune pure a questo ti vendo a qualche laboratorio, non sei umano

Jared ridacchiò «mi stai usando come cavia?» l'altrò scrollò le spalle e, mettendogli un mano dietro la testa, lo invitò a chinarsi ed inspirare.

«Brutto figlio di puttana!  » tuonò Shannon catapultandosi  verso di loro, spintonando l'uomo lontano dal fratello  «togli quelle cazzo di mani da mio fratello!» Jared non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo che davanti a lui si alzò una piccola nube bianca.

«NOO!!»  l'uomo ripreso a stento l'equilibrio si gettò a terra  «ma chi cazzo sei?» chiese piagnucolando mentre cercava di salvare la polverina dall'umido asfalto.

Jared sgranò gli occhi sorpreso «Shan?!? Che cazzo ci fai qui?» la sua espressione sarebbe stata comica se non fosse stato per la situazione in cui si trovavano. 

Shannon spostò lo sguardo dalla pietosa scena e lo guardò sconvolto.  Prendendolo per il braccio lo trascinò fuori dal vicolo in un punto più luminoso e, ripetendo qualcosa che a Jared sembrò un'infinita successione di 'no-ti-prego-no', cominciò ad alzargli  le maniche della camicia, controllandogli  l'incavo delle braccia alla ricerca di qualche segno che gli indicasse di essere arrivato troppo tardi. Di aver aspettato troppo nel porre un freno a questa fase del fratello. Non ne trovò.

«ma che fai?» chiese l'altro incerto coprendosi immediatamente le braccia,

«che cazzo stavi facendo?» Jared lo guardò stupidamente come se non capisse la domanda  «cristo Jay! » esclamò combattendo l'istinto di scuoterlo e farlo uscire da quella sorta di stordimento.

«io..io» Shannon gli prese il volto e cercò di farsi guardare negli occhi «cosa ti ha dato Jay? » il ragazzo provò ad elaborare una risposta ma i suoi riflessi sembravano essersi rallentati ,o forse era il fratello che parlava troppo in fretta «cosa cazzo ti ha dato?!?» chiese di nuovo urlando.

«solo qualche pasticca Shan!.. niente di che!» riuscì quindi a rispondere irritato dall'essere sballottato e rimproverato. Shannon lo guardò incredulo «solo..SOLO?!  ..» 

Jared lo ignorò e si voltò versò il vicolo dove l'uomo era intento a leccarsi le dita con quello che rimaneva della ketamina «ma che diavolo ti è venuto in mente?!»

«a me?!?» 

«come gli ripago ora tutta quella roba?» mormorò mettendosi le mani tra i capelli seriamente preoccupato.

Shannon rimase senza parole per un attimo quindi afferrò il piccolo tubetto, che Jared teneva ancora in mano ,lanciandolo verso un cumulo di rifiuti resi informi dalla pioggia di qualche ora prima e lo prese di nuovo per le braccia sbattendolo contro il muro «è questo quello che ti preoccupa?» sibilò scosso da un'improvvisa rabbia « quel pezzo di merda ti stava facendo sniffare chissà cosa quando tu non sapevi nemmeno dire il tuo nome !!»  non era mai stato così arrabbiato e deluso «perchè?»

Questo era un comportamento da deboli. E Jared non era un debole . 

«..lasciami!»

Shannon aumentò la presa sui suoi polsi per bloccarlo e ripetè la sua domanda « rispondimi!»

Jared chiuse gli occhi, non voleva che l'altro lo guardasse in quel modo «smettila Shannon..» rinunciò a lottare , ogni tentativo di liberarsi era vanificato dalla forza del fratello maggiore.

«rispondimi!»  ripetè ignorando come il colore stesse abbandonando gradualmente il volto dell'altro e come la sua pelle fosse sempre più lucida, velata dal sudore.

E Jared sorrise.

Un sorriso così triste che Shannon quasi allentò la presa per stringerlo tra le sue braccia, «sempre pronto a correre in  mio aiuto eh?» nella sua voce una dolcezza che stonava nella tensione del momento, «pronto a salvarmi da tutto e tutti.. » continuò, le labbra tese in quell'imitazione di sorriso, i suoi occhi liquidi e velati da qualcosa che Shannon non riusciva a decifrare «quando imparerai ad essere egoista? A pensare solo a te stesso..? » la maschera era caduta. Il sorriso scomparso. Shannon si ritrovò a guardare dritto in quel pozzo di amarezza e rabbia.

Lo lasciò andare, la sua risposta era poco più di un sussurro «quando tu imparerai a volerti bene..» 

Jared abbassò la testa nascondendosi dietro alle folte ciocche castane. Shannon lo vide annuire, se alle sue parole o a qualche altro strano pensiero che gli aveva attraversato la testa non poteva dirlo, e quindi accostarsi al muro come a cercare un sostegno.

«Volevo solo divertirmi..fare qualcosa di eccitante» sussurrò Jared guardando la strada davanti a sè. Affascinato da quanto i colori potessero essere luminosi e da come le ombre si muovessero abbracciando la flebile luce dei lampioni in quella danza notturna «staccare la spina..sai.. essere felice..» Scosse la testa. Le parole non potevano spiegare il suo bisogno ... ciò che lo aveva spinto a questo.

Il loro stile di vita li portava ad essere in contatto con tante persone, a conoscere e visitare tanti luoghi ma li portava anche a provare una solitudine che la gente, quella che viveva normalmente- per quello che normale poteva significare- non poteva capire. E a volte  il  bisogno di quella normalità, che aveva potuto assaporare e che gli era stata strappata via due volte,  diventava così acuto dal rendere insopportabile la sola vista dei pacchi pronti per l'ennesima partenza agli angoli di una stanza di motel.

«quella non è felicità!» Shannon non potè fare a meno di interromperlo «Sono solo reazioni chimiche..» 

«lo so!» gli rispose l'altro bruscamente, quella strana espressione nei suoi occhi era tornata «avevo bisogno di sentire quella felicità --quella  felicità 'chimica'-- di cui loro tanto parlavano..» Non c'era bisogno di specificare chi fossero i loro.

«Ma..» continuò trattenendo le lacrime «non ho sentito niente... Non sento niente...» gelidi brividi avevano cominciato ad attraversargli il corpo e alzò il volto verso il fratello «chi dice di trovarla in quella roba è perchè non ha mai provato qual'è la vera felicità..» per un attimo le sue labbra bianche si piegarono in un accenno di sorriso  e gli occhi si persero in un lontano ricordo.

Per quanto strano Shannon si sentì sollevato. Quella roba, quel mondo non aveva vinto. Non gli aveva portato via il fratello come temeva. L'aveva sedotto, fatto sbandare ma Jared era più forte di quelle vuote lusinghe, aveva saputo riconoscere la differenza.

Jared rimase in silenzio a lungo quindi chiuse gli occhi ,cercando di tenere a bada un senso di vertigine. Mischiare l'alcol con le pasticche non era stata una buona idea. Sbandando leggermente si accasciò contro il muro e strisciò in basso lungo i freddi mattoni fino a sedersi sul marciapiedi «mi gira la testa» disse sentendo i suoi muscoli contrarsi e i suoi battitti accellarare di colpo. Se dalla paura o per ciò che aveva preso non lo sapeva.

Shannon gli si avvicinò immediatamente e, prendendogli il volto cinereo, gli guardò le pupille; erano preoccupantemente dilatate «Jay»

Jared lo guardò confuso come se si fosse dimenticato che fosse lì con lui .

« Jay..mi senti? » riprovò scacciando il panico e cercando di agire il più in fretta possibile. Alzando la testa si guardò intorno e, a pochi metri da loro, notò una fontana. «Jay! Ho bisogno che ti tiri su..Jay!» il fratello fissò le due appannate figure davanti a lui ed annuì debolmente. Si sentiva gelare fino alle ossa eppure la sua pelle scottava come fosse avvolta tra le fiamme. La voce di Shannon, i suoni della strada gli sembravano lontani, come se la sua testa fosse immersa in acqua, le sue tempie battevano insistenti a ritmo del suo cuore impazzito.

A fatica Shannon lo trascinò verso la piccola fontana. Poteva sentirlo abbandonarsi sempre di più tra le sue braccia e, senza perder tempo, si bagnò le mani cominciando a rinfrescargli il viso. Continuando a parlargli nell'intento di calmarlo, inondandolo di frasi senza senso.

Per un attimo Jared sembrò riprendere contatto con la realtà e gli afferrò la manica guardandolo dritto negli occhi.

Lucido e terribilmente spaventato.

Il suo corpo continuava a tremare sconvolto da involontari spasmi e Shannon poteva sentire e vedere la leggera t-shirt bagnarsi di sudore. « S-Shan?» disse stringendo ancora di più la presa sulle sue braccia «Shan?»

«sono qui Jay..» Shannon lo strinse come per provargli che non stava mentendo «sono qui» nella sua voce non c'era traccia della rabbia di poco prima. Il suo tono era calmo, pacato, il che lo sorprese visto il puro terrore che sentiva stringergli il cuore. Gli posò la testa contro i capelli e pregò chiunque ci fosse lassù di aiutarli, di non abbandonarli proprio ora, di non lasciarlo da solo.

Jared prese un respiro, cercando di riprendere il controllo del suo corpo, quando un'improvvisa ondata di nausea  lo costrinse a gettarsi in avanti. Shannon, seppur colto di sorpresa, riuscì  a tenerlo ed evitare che cascasse nella fontana. Jared sentì lo stomaco rivoltarsi, ogni fibra del suo corpo tentava di espellere quell'intrusa sostanza ma non emise altro che aria. Il cemento della fontana era un' indistinta macchia grigia per i suoi occhi appannati. Un altro lampo. Gli intestini si contrassero nello sforzo ma ancora una volta non rimise nulla. Dolorante e tremante si accasciò contro il petto del fratello «non ce la faccio» 

Shannon non gli rispose. Non sapeva cosa fare. Sentiva che l'altro stava soffrendo e non sapeva cosa fare. Con gli occhi perlustrò la deserta strada e con tutta la sua volontà respinse la nuova ondata di paura. Sentì Jared scivolare sulle sue gambe e raggomitolarsi  stringendosi l'addome «oh Dio..» si tese di nuovo, un leggero rantolo gli sfuggì dalle labbra e prima che entrambi potessero rendersene conto arrivò un nuovo conato, questa volta una vischiosa sostanza biancastra gli riempì la bocca e Shannon rendendosi conto che l'altro non aveva assolutamente percezione della sua posizione lo fece ruotare in modo da farla scivolare, insieme a ciò che rimaneva di tre piccole pasticche, sull'asfalto «erano solo tre?» chiese e Jared scosse la testa, gli occhi arrossati e lucidi per lo sforzo, la gola secca ed irritata «quante ne hai prese Jay?»

Non rispose. Non lo ricordava. 

Quando gli sembrò che l'attacco di vomito fosse terminato Shannon aprì l'arrugginito rubinetto e, riempendosi la mano d'acqua, la portò alle secche labbra dell'altro. Gli rinfrescò il volto di nuovo sollevato nel sentire che la temperatura corporea del fratello cominciava a diminuire e che il battito fosse meno frenetico. Fu in quel momento che si rese conto che l'altro aveva indosso solo una camicia. Allontanandolo dalla fontana si sfilò il suo cappotto e lo coprì, abbracciandolo mentre il suo corpo continuava a smalire gli effetti delle pasticche.

Trascorsero minuti, ore, il tempo sembrò dilatarsi e passare velocemente allo stesso tempo.

Entrambi rimasero in silenzio. Shannon fissava la strada deserta davanti a lui scioccato da ciò che aveva visto e Jared cercava di tenere a bada le sensazioni del suo corpo: un momento poteva sentire ogni muscolo tendersi e contrarsi nonostante lui cercasse di rimanere immobile, in un altro era distaccato da tutto e il calore di quelle braccia era l'unica cosa di cui era consapevole insieme al cielo nero china su di loro. 

«dovrei portarti al pronto soccorso» il fratello maggiore ruppe il silenzio e lo sentì, mentre distrattamente gli accarezzava i capelli,  irrigidirsi e quindi scuotere la testa «n-no, sto bene»

«non puoi saperlo» 

«Si . Lo so.. » Jared si tirò su a sedere reggendosi la testa, la sentiva così pesante.

Shannon provò a respingere le immagini di quello che sarebbe potuto succedere se il fratello si fosse sentito male quando era da solo, o peggio, quale sarebbe potuta essere la reazione del suo fisico se avesse assunto anche la ketamina «devi  farti controllare, vedere un medico e ...smetterla con questa roba! »

«Può capitare che qualche pasticca.. non funzioni» ribattè Jared cercando di allontanarsi ma Shannon non aveva intenzione di allentare la presa su di lui.

« per poco --» non riusciva nemmeno a dirlo « --se io non ero qui potevi svenire, battere la testa, strozzarti con il tuo vomito o morire assiderato! Potevi ... cazzo! Non voglio nemmeno pensarci..» che Jared se ne rendesse conto o no, non erano esseri invincibili ed immmortali.

«Ho sbagliato a mixarle con del liquore» si difese debolmente l'altro troppo stanco per continuare la lotta per liberarsi.

«Sai benissimo che quella reazione non è dovuta solo  all'alcool!»
sbottò Shannon sconcertato dal vedere con quanta leggerezza parlasse di assumere quelle sostanze «chissà quanta roba hai preso in questi tre giorni!»

Jared si irrigidì.

Shannon abbassò la testa e vide la confusione e il terrore sul volto del fratello «hai idea di quando è stata l'ultima volta che sei tornato a casa?». Nessuna risposta. Deglutendo cercò di ignorare la forte fitta allo stomaco «quanto tempo pensi sia passato? » Jared si portò le mani alla testa «..ieri.» rispose insicuro,

«ieri per il mondo o ieri nel'universo in cui sei stato questi tre giorni?!»

Lo guardò. Sembrava così piccolo avvolto nel cappotto. E lo era. Una cosa che spesso dimenticavano era proprio questo, per quanto fossero diversi dai loro coetanei non erano altro che degli adolescenti. 

«..Non lo so ..»
Jared aveva ripreso a tremare ma questa volta le pasticche non c'entravano «io-- io non ricordo .. a --» aspettò che concludesse la frase ma l'altro rimase in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.

Shannon sospirò e si alzò, al momento era inutile parlare. Era certo che gran parte di ciò che aveva detto la mattina dopo sarebbe stato solo un confuso ricordo «dai..» disse tirandolo su «andiamo a casa» il fratello lo guardò per un attimo in silenzio quindi annuì e barcollante lo seguì.

Non ricordava il viaggio in macchina, nè l'arrivo a casa. Per Jared erano passati pochi secondi  dal freddo vicolo. Ed ora si ritrovava a boccheggiare piegato in due stringendo il bordo del water nel piccolo bagno del loro appartamento. Il suo esile corpo sconvolto da violenti e vuoti conati. Non riusciva a distinguere le parole che Shannon gli stava mormorando ma il suo tono carico d'affetto , calmo e rassicurante fu sufficiente a farlo crollare.

«mi dispiace.. mi dispiace così tanto» piagnucolò disperato e stremato, la sua testa poggiata sul braccio piegato «non volevo..non volevo Shan... non volevo dirle quelle cose. Glielo dirai vero? Glielo dirai a mamma?» Shannon gli massaggiò la schiena «glielo dirai tu Jay..non stai per morire»

«la vostra vita sarebbe  molto più semplice senza di me» pensò, e per un attimo credette di averlo detto ad alta voce, ma non ne era certo. L'eventuale risposta di Shannon si perse in quell'insieme di singhiozzi, coperta dal ronzio delle sue orecchie quando per l'ennesima volta rimetteva quell'amara sostanza biancastra.

Passarono un altro paio d'ore prima che le pasticche smettessero di fare effetto. Per tutto il tempo Shannon gli rimase accanto ascoltando il suo piagnucolare senza senso e parlandogli di tante cose: del loro futuro, di quei progetti, occasioni e successi che aspettavano solo di essere colti e realizzati. Gli aveva confidato , certo che Jared non capisse nè ricordasse, di quanto fossero orgogliosi di lui e di come fosse certo che  avrebbe fatto della sua vita quello che voleva.

Durante quel fiume di parole Jared si rese conto di quanto volesse che diventassero realtà. Cercò di ripensare ai motivi per i quali si era lasciato andare e questi venivano schiacciati senza pietà dalla forza di quei sogni e da quella speranza.

Man mano che diventava più lucido cominciò a sentire anche le conseguenze di quelle ore... giorni di black-out. Non c'era muscolo che non gli dolesse. Provò a spostarsi per cercare una posizione più comoda sulle bianche mattonelle e non potè trattenere un lamento. Shannon si voltò e, come se gli avesse letto nel pensiero, si alzò «dai Jay un ultimo sforzo» avvicinandoglisi lo afferrò per il braccio e lo tirò su, guidandolo verso la loro camera.

Una volta seduto sul letto Jared cercò di resistere all'istinto di lasciarsi cadere all'indietro e dormire  vestito e lasciò che l'altro lo preparasse. Guardò il fratello iniziare a sbottonargli la camicia e la realizzazione di ciò che aveva fatto lo colpì di nuovo con tutta la sua forza.

Shannon gli fece muovere un braccio alla volta con cura, attento a non sforzare troppo i deboli e dolenti muscoli. 

«ho fottuto tutto» 

Il fratello maggiore arrestò brevemente i suoi movimenti e alzò gli occhi «no» gli rispose premendo delicatamente  il collo elastico della maglietta pulita sulla sua testa «non tutto» e, una volta che fu riuscito ad infilargliela, lo guardò sorridendo dolcemente.

«e adesso?» chiese Jared ma l'altro non rispose subito, in ginocchio davanti a lui gli slacciò le scarpe e inizò a sfilargli  i jeans.

«Una cosa alla volta» gli rispose alla fine con calma mentre scostava le coperte e lo invitava a stendersi posandogli delicatamente una mano sulla spalla  «ora riposati..ne hai bisogno.»

Jared si girò di lato e si lasciò coprire dalle calde coperte. Shannon gli si sedette accanto «domani porteremo quelle tue quattro ossa a fare delle analisi--» quando provò a protestare l'altro gli lanciò un'occhiata ammonitrice «--e riprenderemo da dove avevamo lasciato».

«Andremo avanti. Noi tre insieme» concluse quindi sentendo la tensione abbandonare il corpo del fratello.

Guardò le sue palpebre cedere alla stanchezza fino a chiudersi completamente e rimase a lungo lì seduto a fissare le luci dell'alba penetrare attraverso le vecchie tapparelle . Quando fu certo che l'altro fosse addormentato si lasciò andare.

Pianse per la paura, per la rabbia, per il fatto che non importava quanto si sforzasse nel cercare di alleviare il vuoto che opprimeva il fratello, di evitare che sbagliasse... non era mai abbastanza.

Non sapeva quanto tempo fosse passato ma ad un certo punto sentì la porta dell'appartamento aprirsi e i leggeri passi della madre. Era tornata dal turno notturno al centro sociale. Si asciugò velocemente le lacrime e, prendendo un respiro, cercò di ricomporsi.

Pronto a mentirle.


***

«hai ricominciato?» Shannon sentì il cuore battergli furiosamente nel petto.

Jared capì al volo a cosa si riferisse e  lo guardò allucinato «no!»

«Jay cazzo..» parte di lui sapeva che il fratello non avrebbe mai commesso lo stesso sbaglio due volte ma al contempo era consapevole di quanto potesse essere vulnerabile.

Quando anni prima Jared studiava a Philadelphia ed aveva cominciato ad allontanarlo era quasi impazzito per paura che fosse ricaduto in qualche strano giro. Fortunatamente i suoi rimasero solo timori.

«ti ho detto di no Shannon!» ripetè scocciato. Non importava quanto tempo fosse passato il fratello non avrebbe mai dimenticato quel periodo, quel suo errore. 

Dopo qualche minuto di silenzio Jared riparlò «ho lasciato la scuola » mordendosi il labbro decise di dire tutto senza ulteriori preamboli «e voglio che vieni con me a Los Angeles».

Shannon quasi non si strozzò «sei impazzito?.. P-perchè cosa non andava in questa scuola? E cosa diavolo dovremmo fare dall'altra parte degli states?!»

Jared si sporse leggermente sul tavolino, era importante per lui che Shannon capisse, che vedesse in questo azzardato piano l'occasione che stavano aspettando da una vita «costruirci un futuro! Posso imparare le cose che mi insegnano allo SVA direttamente sul posto e .. cazzo Shan! Dobbiamo dare una scossa alle nostre vite! »

«E tu pensi che andando a LA avremo un futuro?» non che l'idea di partire e darsi un'altra chance non lo allettasse ma lui doveva essere il razionale dei due e quella che Jared gli stava proponendo era una pazzia « ti dico io cosa succederà! Tempo una settimana .. al massimo un mese... e ci ritroveremo a fare la fila per un pasto con i senzatetto!!  »

«Questa è una mentalità da perdente e noi non siamo perdenti. Non ricordi? Sei stato tu a dirmi che dovevamo farcela, metterlo in culo a tutti!» 

«non puoi fare sul serio»

«vieni con me o no?»
-----

 

Ed io farò lo stesso.

 



tbc


A/N:

i.  Jared dopo aver lasciato la  University of the Arts di philadelphia si è trasferito a new york per frequentare la School of Visual arts.

ii.  da un' intervista del 2006 per www.absolutepunk.net

[..]
Jared: Who did it and why?
Matt:  I just started to cut… [..] Yeah, I’m very impulsive when it comes to haircuts. I just decide to start cutting hair, and what I’m left with is this.[..]

 » foto


iii. l'ultimo concerto di matt è stato ad el paso, texas il 1/3/07 . Il 2/03/07 Jared eg li altri gli hanno dedicato R-Evolve:


iv. Tra le scuole frequentate da Jared figura una certa 'Newton North High school' la cui mascotte è una tigre xD

"I dropped out in the 10th grade (16-17anni) because I just wasn't interested. I was a bad boy. I'm reformed now. Let's put it this way, just wait until they make the Dazed and Confused of my generation."

"[..] Jared got hold of a fake ID at the age of 16 and become a doorman."

"I was a much more devious 17 years old.." (Big England '98)

v. I miei sospetti su cosa intendesse con l'essere un bad boy sono stati confermati dalla famosa intervista 'rivelatrice'  di Kerrang! Molto probabilmente la questione è stata leggermente 'più seria' nella realtà ma ho deciso di continuare così come l'avevo pensata.

"Well I lived on the street when I was a kid, I wasn't even at school, so I had a whole different set of experience for those formative years. I was out, I was gone. [..] when you're a kid you feel invincible, and you're less breakable in some ways. At least I think I was.

What got me through? I suppose when I was young there was a small part of me that always believed that something was possible, that there was more to life than just the mundane and mediocre. [..]

Well I did a lot of drugs then. I was in a  very precarious place when I was younger. And I suppose then there was a transformation that took place. Sometimes there is a bit of divine intervention out there and I certainly had some moments of luck. [..]

I got very close (to the edge) [..] I would say I came as close as you can get. I looked down into the abyss,into Dante's Inferno, and gazed upon the river Hades..
"

vi. "I was studying at School of Visual Arts in New York and left to join my brother, who was doing demolition derby, in Indiana." Jared Leto

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