Ero ad un passo dall'inferno
avvolto dal nulla se non dall'odio.
e tu mi hai trattenuto
hai accolto quello che rimaneva di me
tra le tue braccia
e mi hai aiutato a risalire.
dicembre 2007
Jared
fissò le lettere incise sulla piccola pastiglia per
qualche secondo e,
con un sospiro, si portò la mano alla bocca ma, poco prima
che questa
scivolasse tra le sue labbra, la lasciò cadere nel
lavandino. La guardò
disegnare larghe spirali trascinata dall'acqua e quindi con due ultimi
giri venire inghiottita dallo scarico.
Il
medico gli aveva raccomandato di prendere almeno una
pasticca ai primi
segnali di dolore ma Jared odiava l'effetto che avevano su di lui.
Quella
sensazione di benessere ovattato offuscava la percezione di tutto
ciò che lo
circondava e non poteva permetterselo. Non ora.
Chiuse
il rubinetto ed, evitando il suo riflesso nello specchio, ripose
la
confezione del medicinale nell'armadietto. Spense la luce del bagno e
si lasciò
avvolgere dall'oscurità della casa.
Senza
rendersene conto si ritrovò davanti alla porta della
camera di Shannon
con la mano stretta al freddo ottone della maniglia. Dopo un breve
attimo di
esitazione la girò e la aprì lentamente: le tende
erano scostate
e l'illuminazione della piscina ricreava sulle pareti il
tranquillo
ondeggiare dell'acqua, sottoforma di astratti giochi di luce,
avvolgendo ogni
cosa in un soffuso chiarore.
Quella
stanza aveva da sempre avuto il potere di calmarlo e rilassarlo.
Forse
perchè ogni volta che ne aveva varcato la soglia i
problemi che sembravano
schiacciarlo erano diventati piccoli ostacoli, scacciati ed alleviati
da
qualche parola del fratello. O forse perchè lo portava
dritto nel passato e gli
faceva dimenticare il presente.
Sospirando
sfiorò la spalliera della vecchia poltrona verde.
Il primo mobile
che Shannon aveva comprato con i soldi guardagnati a LA. Prima del suo
arrivo
per sedersi avevano usato delle sedie da giardino di plastica e i suoi
libri.
Ricordò
con nostalgia come, nonostante fosse consumata e il
cuscino tendesse ad
appiattirsi e perdere morbidezza, la considerassero la poltrona
più comoda del
mondo. Erano soliti dividerla la sera quando, mangiando qualche
scatoletta o
gli spaghetti riscaldati della settimana prima, si raccontavano le loro
giornate.
Ridendo,
scherzando e sognando.
Jared zoppicò
verso il letto del fratello
trasalendo alla fitta
che gli attraversò le gambe. Gli sembrava di
camminare su un pavimento di
vetri rotti. I lampi partivano dalla pianta del piede e si
diffondevano
lungo la caviglia in fiamme circolari per poi lambire con la loro
dolorosa
morsa il resto della gamba.
Con
un sospiro si lasciò cadere sul
materasso e non potè trattenere
un'imprecazione quando battè la testa contro
qualcosa di duro. Voltandosi
spostò i vari cuscini e vestiti... e lo vide.
L'album
che Shannon usava per tenere le foto private, quelle che non
sarebbero
mai finite su qualche giornale, booklet o dvd.
Più
volte avevano scherzato sulla possibilità che
durante uno dei loro viaggi
andasse perso. Nel caso la loro reputazione, quella poca che ancora
avevano,
sarebbe stata rovinata per sempre.
Sistemandosi
contro la testata del letto accese la lampada
e lo aprì con
cura.
Sfogliandolo
non potè trattenere le risate davanti ad alcuni
scatti, come
quello di Tomo che mangiava seduto al tavolino del tourbus,
completamente
ignaro di avere la faccia piena di disegni osceni che lui e Matt gli
avevano
fatto con la matita per gli occhi mentre dormiva, o quella che lo
ritraeva
mentre sputava il caffè corretto alla Shannon.
Ancora
oggi si rifiutava di sapere cosa ci avessero messo
dentro.
Poi
arrivò una foto che non ricordava di aver visto. Era
stata scattata nel
corridoio di una delle tante venue.
Jared
era di profilo, una gamba sollevata, il piede
piatto contro il
muro. Era vestito completamente di bianco e i capelli, tinti di nero
con le
punte rosse, risaltavano sulla chiara bandana legata intorno al collo,
pronta
per essere sollevata a coprirgli il volto.
Aveva
gli occhi chiusi, le labbra leggermente schiuse, molto
probabilmente
concentrato nel riscaldare la voce e, nella tensione del suo viso,
chiare tutte
le sue paure prima di salire su un palco. Cercando di ignorare
i brividi
che gli percorsero la schiena, nel vedere così esposti
sentimenti che lui
faceva di tutto per nascondere, passò alla seconda persona
ritratta nella foto.
Tomo
era di spalle, stava parlando con Buck e gesticolava. Anche se non
poteva
vedergli il volto, poteva immaginare dalla postura la
sua espressione e
sorrise affettuosamente.
Ma
il sorriso svanì quando si concentrò sulla
quarta persona: Matt.
L'ex-bassista
era ritratto frontalmente, la sua spalla poggiata contro
il muro
opposto a quello di Jared. Il basso gli pendeva di lato e il suo volto
era
rivolto verso di lui.
Fresno , California - 12 dicembre 2006
Matt
Wachter aveva
cominciato ad analizzare la sua vita a fondo. Per
ciò che era
stata, quella che era e quella che voleva fosse o diventasse. Stare in
tour per
un 11 mesi l'anno dava molto tempo per riflettere e lui era giunto alla
conclusione che le due cose più importati per lui:
Libby
e la musica
non
potevano coesistere.
Ma
mentre la prima era esattamente tutto ciò che aveva
sempre sognato in una
compagna per la vita la seconda, invece, cominciava ad allontanarsi da
quello
che si era prefigurato.
Per
mesi si era tormentato sul trovare un modo per bilanciare le due
cose fino
a quando , per caso, aveva scorto uno spiraglio.
Un
modo per trovare finalmente una sua dimensione.
Il
filo dei suoi pensieri fu interrotto da Jared che aprendo lo
sportello entrò
nella roulotte. Senza guardarlo si avvicinò ad uno dei
borsoni e cominciò a
rovistare alla ricerca di qualcosa.
Gli
occhi del bassista si posarono su di lui. Jared era in
piedi da quella mattina alle 6. Lo sapeva
perchè , come mezzo
autobus, era stato svegliato da una serie di parolacce gridate dal
cantante al
povero disgraziato dall'altra pare del suo cellulare. Da quello che si
era
capito dovevano esserci dei problemi con il tour australiano.
Da allora
non si era fermato un minuto.
Per
Matt era un mistero
capire
dove trovasse tutta quell'energia, non ricordava di averlo mai visto
fermarsi e
rilassarsi per più di un paio di minuti in quei cinque anni.
Sbuffando
Jared cambiò borsone e continuò la sua
ricerca, ignaro di essere
osservato.
Matt
gli era affezionato ma lavorare con lui era sempre più
difficile.
Cominciava ad essere stufo di sopportare i suoi drammi, era
stufo di dover
urlare per farsi sentire, per dare a qualche sua idea
almeno la
possibilità di essere presa in considerazione. Ed era sempre
più difficile
provare affetto per un progetto che sembrava diventare giorno dopo
giorno una
questione tra Jared e il resto mondo. Spesso si
trovava a chiedersi
se valesse la pena, vivere in quella perenne corsa di
esibizioni, date ,
concerti e perdere contatto con le persone che amava. La sua vera
famiglia.
Jared
nella rincorsa ai suoi sogni aveva sacrificato tutto il resto ma
Matt non
pensava di essere pronto a fare altrettanto.
Inconsciamente
passò una mano sul cellulare e
ripensò a quell'sms.
«
Matt?» il bassista
focalizzò lo sguardo sul cantante che,
accovacciato dall'altra parte della roulotte, era circondato da vari
vestiti e
qualche maschera.
«mhm?»
«...-ti
ho chiesto se hai visto la mia bandana»
Jared con una smorfia si
alzò in piedi e gli si avvicinò
«tutto bene?»
«eh?
oh si si» rispose cercando
di evitare di incrociare lo sguardo
dell'altro «ero sovrappensiero»
Il
cantante lo guardò sospettoso e Matt potè
sentire le sue guance andare a
fuoco «ok--» disse quindi prima
di spalancare gli occhi e sporgersi
verso di lui tra l' incuriosito e lo sconvolto «ma
cosa hai fatto ai
capelli?»
Matt
borbottò qualcosa e gli lasciò
passare le dita su ciò che
rimaneva delle sue ciocche «il rasoio è
impazzito , si nota così tanto?»
«hai
praticamente un buco in testa!! ma come hai
fatto?» Jared aveva
cercato di rimanere serio ma fallì miseriamente scoppiando
in una risata.
Era
raro sentir ridere di cuore Jared, certo, sorrideva e ridacchiava
durante
le piccole scenette che creavano quando si annoiavano durante le
interviste ma
non era lo stesso, e Matt si ritrovò a sorridergli
di rimando «te l'ho
detto, è tutta colpa del rasoio... e di Shannon!»
«Shannon?»
Jared si
asciugò gli occhi , solo Matt poteva mettersi
in certe situazioni.
«si
lui... stamattina--lo sai come sono fatto, mi
sono svegliato ed ho
pensato che fosse ora di cambiare taglio. Ho iniziato a passare in
testa
quell'aggeggio infernale ed ho notato che non funzionava, »
Matt scosse
la testa al ricordo di quei terribili momenti «Shannon
ha voluto darmi
una mano ed ecco qui il risultato!»
«oh
povero il mio Mattastrophe!»
Jared gli pizzicò giocosamente le
guance «ma come faremo senza di te! »
il suo cellulare cominciò a
squillare e il cantante ancora ridacchiante si avviò verso
l'uscita «pronto?
ah ciao! senti, ti ho chiamato un quarto d'ora fa, riguardo la data di
Berli--..»
Matt
tirò un sospiro di sollievo, la voce del cantante
,man mano che si
allontanava, diventò sempre più debole fino a
sparire.
Fortunatamente Jared ,
troppo preso dal suo blackberry, non aveva notato la sua reazione a
quelle
parole. Era stata una battuta ma per un attimo il cuore gli
si era
fermato.
..senza
di te...
Sconsolato
sprofondò nel divanetto di pelle nera e prese il
suo cellulare:
t_del
10/12/2007
21.30 pm
ogg: ..
hey watcher
! ho sentito che avete una pausa per Natale, che ne dici di
organizzare quella
famosa cena? Jen vuole assolutamente ricambiare l'ospitalità
di Libby e.. noi
potremmo parlare ... fammi sapere.
Texas , 2
marzo 2007
Jared prese un
respiro
ed alzò il braccio destro «...
questa è una canzone che parla di
cambiamenti... di un nuovo inizio.... il diventare chi si è
realmente.. e
voglio dedicarla a Matt Wacther.. » scese
dall'amplificatore e guardò
alla sua sinistra dove Matt stava assistendo al concerto «ti
vogliamo bene!»
e quindi dopo una breve pausa « la canzone si
intitola R-Evolve!»
Il riflettore si spense lasciando che i tre sul palco diventassero
delle sagome
senza volto su uno sfondo blu elettrico. Jared si avvicinò
alla piattaforma di
Shannon cercando nello sguardo dell'altro la forza necessaria, quindi
chiuse
gli occhi e ,voltandosi verso il pubblico, si
concentrò sulle note
iniziando a cantare.
♫
A revolution has begun today for me inside .
The ultimate defence is to pretend.
Revolve around yourself just like an ordinary man.
The only other option is to forget ♫
La sua voce era
più roca del solito mentre cercava di tenere a bada
le sue
emozioni. Doveva essere tutto perfetto e fece del suo meglio
affinchè ogni
singola nota , ogni singola parola fosse carica dei suoi sentimenti e
che
arrivasse intatta al destinatario.
♫
Does it feel like we've never been alive?
Does
it seem like we've only just
begun?♫
Mentre
l'atmosfera intorno a lui si tingeva di rosso si
allontanò dalla batteria
e si avvicinò ai fans in prima fila. Sporgendosi
invitò il pubblico a farsi
sentire e quindi gettò la testa all'indietro, allargando le
braccia lasciandosi
travolgere dalle grida. Consapevole che due occhi chiari lo stavano
seguendo.
Li poteva sentire.
♫Defy
yourself just to look inside the wreckage
of your past
To lose all you have to do is lie ♫
I suoi
vestiti bianchi sembravano brillare il quel gioco di luci. Sfumature di
viola e
blu danzavano illuminandolo mentre si spostava dall'altra parte del
palco,
allontanandosi dal punto in cui Matt era solito suonare e che ora era
occupato
da un altro.
♫
The policy is set and we are never turning
back
It's time for execution; time to execute ♫
Nel
frattempo dietro le quinte Matt si asciugò gli occhi
cercando di liberarli da
quelle dispettose lacrime. C'erano dei fans nel backstage e
farsi vedere
piangere non era la cosa migliore, in più non voleva
perdersi nulla di quel
momento.
Quella dedica era molto più che un semplice saluto. Era il
modo di Jared per
mandargli un messaggio.
Guardò con nostalgia il palco, i fans, la musica,
l'adrenalina, gli sguardi
complici e i sorrisi divertiti... tutto ormai parte
del suo
passato.
Alla fine Matt
rinunciò a combattere
le lacrime e le lasciò scorrere liberamente lungo il suo
viso, sperando che
l'oscurità e le cupe luci le mascherassero.
Alzò
la testa e guardò Shannon.
Il batterista
aveva gli occhi chiusi
e ,completamente perso nella musica, guidava la canzone. I suoi colpi
energici
e pieni di passione come sempre, se non di più. Sorrise
ripensando alle
interminabili nottate trascorse davanti ai videogiochi, le loro
chiacchierate
fino a tarda notte davanti a calde tazze di caffè mentre il
resto del bus
dormiva.
Era stato
l'unico ad aver accettato
la sua decisione senza accuse, forse perchè aveva sempre
saputo che quel giorno
sarebbe arrivato.
Sospirando spostò lo sguardo sul chitarrista dalla parte
opposta del palco, i
suoi capelli gli coprivano il volto ma non potè non notare
quanto fosse
cresciuto e cambiato in quei tre anni Tomo. Era certo che gli sarebbe
mancata
la sua compagnia, il modo in cui solo lui sapeva farlo
arrabbiare,
infastidirlo...e farlo ridere. Come sempre Jared aveva visto giusto.
Tomo era
il tassello mancante e il suo arrivo aveva dato ai 30 seconds to mars
quel
pizzico in più per diventare ciò che volevano
essere.
Era diventato
parte della band in un
modo che per lui era stato da sempre impensabile....
Quindi
guardò Jared, il suo
abbandono era stato un duro colpo per lui ma si sarebbe
rialzato. Pronto
ad abbattere la serie di muri basati sul pregiudizio ed invidia per
proseguire il
suo cammino.
Matt sapeva che
gli sarebbero
mancati i loro battibecchi, il suo vizio di far sparire tutte le
caramelle alla
ciliegia ,la sua pedanteria o il modo in cui riusciva a tirar
fuori la
parte goliardica che era in lui. Ogni volta che avrebbe indossato una
t-shirt
con scritto Campione di pac-man
avrebbe ripensato al cantante
e al suo sorriso furbetto quando ne combinava una delle sue.
Non faceva che
ripetersi che era la
cosa migliore. Che erano diventati ormai troppo differenti per poter
lavorare
insieme. Che aveva solo anticipato l'inevitabile. Ma quel senso di
amarezza non
voleva abbandonarlo.
Forse Tomo
aveva ragione, un giorno
se ne sarebbe pentito.
R-evolve era finita e
il concerto andò
avanti. I 30 seconds to mars sarebbero andati avanti.
***
Jared chiuse
l'album di colpo.
Avevano
aspettato fino all'ultimo momento prima di rendere la cosa
ufficiale
con un messaggio sul sito ufficiale. Era pronto a rimangiarsi tutto e
fingere
di avere fatto uno scherzo pur di non dover dire davvero addio a Matt.
Cinque
anni non si cancellavano con qualche parola di troppo. Ma quando
l'aveva
visto aiutare Tim , accertandosi che il ragazzo fosse pronto e
in grado di
sostituirlo, aveva capito che per quanto facesse male l'altro
aveva
fatto la sua scelta e non potevano fare altro che accettarla.
Accettarla..
non capirla.
Matt
non aveva creduto abbastanza, non aveva creduto possibile trovare
un modo
di rendere le loro differenze ciò che li avrebbe uniti
ancora di più. Non aveva
creduto possibile trovare un compromesso insieme. Non aveva avuto
abbastanza
fiducia e, quello che Jared si sarebbe per sempre
rimproverato, era il non
averlo notato in tempo, aver permesso che si estraniasse da
loro.
Scosse la
testa per scacciare quei pensieri e quindi guardò
la radiosveglia sul
comodino, i numeri brillavano nella penombra: erano le 2.10.
E di Shannon ancora nessuna traccia.
~·~
15 gennaio
1991
La serratura
si richiuse con uno scatto. Shannon spinse la ragazza contro la porta
intrappolandola con le sue forti braccia... Gabrielle
... si ripetè,
cercando di imprimere nella sua memoria quel nome, mentre lento
risaliva
la
delicata curvatura del suo collo, sfiorando con labbra umide
di baci la
tenera ed invitante pelle.
La
sentì rabbrividire e stringersi ancora di più
a lui, lasciandosi sfuggire un
impaziente gemito quando i loro corpi si incontrarono. Deciso a non
interrompere il contatto iniziò a liberarsi del cappoto,
ingombrante ostacolo
per quelle intense sensazioni.
Gabrielle
approfittò del
breve momento di
distrazione per invertire le loro posizioni. Posandogli una mano sul
petto lo
invitò silenziosamente a non muoversi
quindi, sorridendo maliziosa, si inginocchiò.
Shannon sentì il metallico rumore della fibbia ed
abbassò lo
sguardo, la sua voce bassa e roca « lo sai
che quello che stai per fare
è illegale in Indiana?»
La ragazza lo guardò divertita «non sei
l'unico che ama il rischio».
Le tende erano leggermente scostate e il rossastro neon del
piccolo club
al piano inferiore penetrava dalle finestre, accarezzandole con la sua
cupa
luminosità il volto. Shannon tenne gli occhi fissi su di
lei mentre un
bottone dopo l'altro veniva liberato dall'asola, felice di sentire il
ruvido
tessuto dei jeans allentare la sua morsa. Con il passare dei minuti i
suoi
pantaloni erano diventati sempre più scomodi ed opprimenti.
Seguì ,quasi
trattenendo il respiro, le carnose labbra piegarsi in un altro
sorriso
prima di posarsi poco più in basso del suo
ombelico.
Gabrielle ripetè il gesto avvicinandosi pericolosamente al
bordo dei chiari
boxer, quindi, alzando gli occhi, infilò le dita
nell'elastico tirandolo
leggermente.
L'aria fredda della stanza colpì la sua pelle surriscaldata
e Shannon sospirò,
accogliendone con piacere il contrasto. La sensazione venne amplificata
dalle
labbra della ragazza che lo sfiorarono ancora una volta, dolorosamente
vicine
al centro del suo piacere. Impaziente si inumidì le labbra e
si rilassò contro
la porta.
Un attimo e, con uno schiocco cotonato, l'elastico
dei boxer tornò al
suo posto.
Gabrielle si alzò in piedi e camminando a ritroso verso il
piccolo salotto gli
indicò, con fare seducente, di seguirla. Si fermò
al centro della sala. I
vaporosi capelli neri le spiovevano sulle spalle e si muovevano morbidi
mentre si sfilava il giubotto jeans e lo lasciava scivolare a
terra.
Shannon lo guardò raccogliersi senza rumore ai
suoi piedi e rialzò lo
sguardo lentamente, percorrendo con gli occhi le perfette gambe avvolte
in
scuri fuseaux, soffermandosi sui languidi movimenti del bacino,
nascosto dalla
corta minigonna, fino all'aderente maglietta nera che lasciava ben poco
all'immaginazione.
Avvicinandosi la sollevò da terra e, attutendo con
l'ennesimo bacio il
suo gridolino di sorpresa, la fece ricadere sui morbidi cuscini del
divano, o
almeno così credeva. Stava infatti per raggiungerla quando
la ragazza schizzò
in piedi urlando.
C'era qualcosa ,o meglio, qualcuno sul divano.
Senza perder tempo, mentre Gabrielle terrorizzata si allontanava, si
gettò su
quell'ammasso di coperte cercando di immobilizzarlo.
«S-Shan?!» la voce dell'intruso
era attutita da tutte quelle coperte ma
la riconobbe quasi subito, «SHANNON! Ma che diavolo
fai?!!». Era quella
di Jared.
«Jared? » Shannon
mollò la presa e si sporse per accendere una
lampada «che cazzo ci fai qui?!!» sorpreso
guardò il fratello tirarsi
su a fatica, gli occhi socchiusi per l'improvvisa luce, i capelli
scompigliati,
l'espressione assonnata, le cuffie del walkman messe di traverso.
«..Anche io sono felice di vederti!!..»
gli rispose Jared
sarcastico tentando di liberarsi dal groviglio di fili e coperte.
Divertito Shannon lo aiutò a mettersi in piedi
«scusami è che sono..
sorpreso.. non mi aspettavo una tua visita».
« ...ne sono sicuro» rispose
l'altro sogghignando maliziosamente,
alternando lo sguardo tra il fratello maggiore e la ragazza
che, superato
lo spavento iniziale, li osservava imbarazzata.Sorridendo le
si avvicinò e si presentò
« io sono Jared , il fratello
minore di questo maleducato..».
Shannon non
potè ribattere alla frecciatina, in effetti si
era completamente
dimenticato della presenza di una terza persona nella stanza. In
silenzio
guardò i due stringersi la mano e, tra una chiacchiera e
l'altra, studiarsi a
vicenda.
Jared
cercava di capire se la ragazza davanti a lui fosse l'ennesima
avventura
del fratello o qualcosa di più e Gabrielle molto
probabilmente cercava di
trovare tra i due una qualche somiglianza.
Non
passò molto prima che la ragazza realizzò di
essere di troppo e decise di lasciare i due fratelli da soli. Shannon
l'accompagnò alla porta, scusandosi di
nuovo per la
brusca interruzione, si offrì di riportarla a casa ma lei
rifiuitò e ,con la
promessa di rivedersi la sera seguente, uscì
dall'appartamento.
«mi
hai fatto prendere un colpo!» Shannon
richiuse la porta e vi si
poggiò sospirando,
«e
lo dici a me?» ribattè
l'altro, che nel frattempo si era
avvicinato, « venire svegliato da un sedere in
faccia non è proprio il
massimo!»
Ridendo
Shannon lo afferrò per un braccio e lo
attirò a sè, stringendolo
affettuosamente.
Jared si
rilassò immediatamente contro di
lui «mi dispiace averti
rovinato la serata» momorò contro la sua
spalla.
Il
fratello ripensò ai suoi piani per la serata andati in
frantumi e scosse la
testa «non importa» gli rispose,
felice di rivederlo dopo tanto tempo.
Quell'anno Jared non era riuscito a raggiungerli nè per il
ringraziamento nè
per le feste natalizie.
«cosa
ti ha...»
iniziò a dire ma poi si interruppe e si
voltò verso di lui perplesso «come
diavolo hai fatto ad entrare?» era
certo di non avergli dato le chiavi dell'appartamento.
Jared
dovette mordersi il labbro per non scoppiare a ridere, «non
è stato
difficile» rispose mentre l'altro ispezionava la
serratura «ti ho
aspettato per più di due ore ..stavo
congelando!» aggiunse alla
fine, come se questo potesse giustificare il fatto di aver scassinato
la porta
del proprio fratello.
«Non
so se esserne preoccupato o ammirato..»
Shannon continuò a fissare la
porta incredulo quindi scuotendo la testa si avviò verso la
piccola cucina
dall'altra parte della stanza «.. hai mangiato
qualcosa?» .
Jared fece
cenno di no e l'altro lo fulminò
«..non puoi campare d'aria
Jay!» chinandosi aprì
il frigorifero e cominciò a rovistare
tra gli scomparti «... dovrebbe essere rimasta della
pizza da qualche parte..»
«no
Shan. Non ho fame» era
troppo nervoso ed eccitato «hai del thè o
qualcosa di simile?».
Shannon
lo guardò preoccupato poi ,mentre l'altro si sedeva
al
tavolino, iniziò ad aprire una dispensa dopo
l'altra fino a trovare
una piccola scatola di cartone piena di bustine di ogni tipo e colore.
Ne
estrasse una, la meno sospetta, ed odorandola la posò sul
tavolo «del thè
verde va bene?»
«si,
grazie» Jared si
passò le mani sulle gambe cercando di riscaldarsi
«so di esser piombato qui senza preavviso ma
è stata una decisione ...
improvvisa»
«non
preoccuparti...» lo
tranquillizzò di nuovo Shannon prendendo una
birra fresca dal piccolo frigo e sedendoglisi di fronte «allora,
cosa mi
dici? Com'è la vita a New York?» poteva
percepire il nervosismo del
fratello ed aveva deciso di non pressarlo, qualunque
fosse il motivo
che lo aveva spinto a raggiungerlo in Indiana sarebbe presto venuto
fuori.
«La
adoro! C' è un locale,
'Cafè Habana', che devi assolutamente
vedere!..»
Shannon
sorrise ed ascoltò il fratello minore raccontargli
di tutte le sue
nuove scoperte sulla grande mela.
Tra
New York e Jared era scoccato un vero e proprio amore. E, sebbene
l'indole
vagabonda fosse ben radicata in loro, Shannon sentiva che sarebbe
potuto
rimanere in quella città per sempre.
Era
una città in continua metamorfosi eppure con una forte
identità, sembrava
un controsenso ma bastava camminare lungo le affollate strade per
rendersi
conto di quella unicità, alimentata dal
variegato fiume dei suoi abitanti.
Tra moderni grattacieli e vecchi palazzi ci si poteva sentire a casa ma
al
contempo conservare il piacere di scoprire qualcosa di nuovo e
stimolante ad
ogni angolo. Era una città in continuo cambiamento... come
Jared.
«ti
vedi con qualcuno?»
domandò alzandosi per immergere la bustina
nell'acqua.
Per
Shannon la tendenza alla monogamia di Jared era incomprensibile
tanto
quanto lo era per quest'ultimo la sua incapacità di far
durare una storia più
di una notte. Il record attuale era un mese, ma erano passati secoli.
«niente
di serio. Una storia richiede tempo ed
impegno.. che per ora non
ho..» gli rispose l'altro con un'alzata di spalle,
«vedi?
E' per questo che non voglio relazioni stabili»
Shannon allungò
il braccio e gli mise una mano sulla spalla per solidarietà.
«dovresti
provarci ogni tanto..giusto per fare
qualcosa di diverso!. Non
puoi saltare da una Gabrielle all'altra in eterno»
«..
è più probabile che
assisterai all'Apocalisse piuttosto che vedermi
festeggiare San Valentino..»
Jared
rise e si portò alle labrra la tazza fumante che
l'altro gli aveva posato
davanti.
«
ti sei preso una pausa dai corsi?»
«si..diciamo
di si» rispose
prendendo un profondo respiro.
«Jay..»
«Un
paio di mesi fa per aumentare i crediti mi sono
iscritto ad un nuovo
corso: 'recitazione per registi'»
deglutì e si mise una ciocca di
capelli dietro le orecchie per guadagnare tempo,
«sembra
interessante!» Shannon
prese l'ultimo sorso di birra e buttò la
ormai vuota bottiglia nel sacchetto, il tintinnio di vetro contro vetro
si
diffuse nella piccola stanza, e ne aprì un'altra
sistemandosi sulla
scricchiolante sedia di legno.
«lo
è » Jared
annuì e distolse lo sguardo dall'altro puntandolo sulla
fumante bevanda «è lì che ho
capito..»
«..capito
cosa?»
«che
sto solo perdendo tempo»
alzò gli occhi e li incrociò con quelli
preoccupati del fratello «co-cosa significa?»
a Shannon sembrava di
vivere un perenne deja-vù.
***
Newton, Massachusetts , 1987
Shannon si
portò la sigaretta alle labbra ed attraversò la
strada. Poteva sentire la
musica del locale e le risate sguaiate dei giovani nel parcheggio
agitare
l'altrimenti silenziosa notte. Facendo attenzione a non farsi notare si
avviò
verso il buio vicolo al lato del locale, in un punto in cui aveva una
buona
visuale di tutte le uscite e, sfruttando l'oscurità e il
comodo nascondiglio
del lercio cassonetto verde, rimase in attesa.
Erano tre giorni che Jared non tornava a casa. Nell'ultimo periodo
capitava che
trascorresse la notte fuori da quelli che lui definiva 'i suoi
amici' ,
ma mai per tre giorni di fila.
L'adolescenza era un'eta critica. Lo sentiva ripetere spesso. Ma i
problemi del
fratello non erano quelli degli altri sedicenni. Non perdeva il sonno a
chiedersi se la ragazza dei suoi sogni avrebbe accettato di andare al
ballo o
se fosse riuscito ad entrare nel team di baseball.
Jared rimaneva sveglio di notte a chiedersi se un giorno sarebbe
davvero riuscito
ad emergere da quel pantano di mediocrità che li circondava,
a cambiare vita, a
ripensare e rimuginare sulle proprie ferite. Era convinto che Shannon
non
sapesse. Che non lo sentisse camuffare di notte i suoi singhiozzi
contro il
cuscino.
Ma si sbagliava.
Perchè se avesse ascoltato con attenzione avrebbe
sentito Shannon piangere
con lui.
Giorno dopo giorno la speranza si scontrava con le delusioni, gli
ostacoli
diventavano vicoli ciechi e l'energia per tirarsi su diminuiva
trasformandosi
in amarezza e rabbia, alimentando quella parte oscura in ognuno di
noi.
Jared aveva quindi deciso di proteggersi cercando di
estraniarsi da ciò
che lo circondava. Aveva cominciato a passare sempre meno
tempo in casa,
trascorrendo le sue giornate in strada, alla ricerca di un posto per
lui. Una
casa, dove sentirsi finalmente a proprio agio e... non pensare.
Incurante dei
pericoli, ignaro di quanto e come venire in contatto con determinati
ambienti lo intaccasse, facendo emergere solo quel lato
negativo che aveva
dentro di sè .
Perchè farsi tanti scrupoli ,e aggirarsi per il mondo a
testa china, quando le
persone non avevano scrupoli a calpestare e distruggere quello
che era
importante per loro?
***qualche settimana prima
Shannon si sedette sui vecchi spalti di legno e
seguì la traiettoria dello
sguardo di Jared: dei ragazzi erano impegnati in un allenamento di
baseball.
Alcune ragazze erano aggrappate alla rete e gridavano entusiaste ad
ogni mossa
del capitano della squadra.
«guardali» disse Jared
sprezzante prima di abbassare lo sguardo sull
piccolo quaderno pieno di appunti che teneva sulle gambe «sono
così noiosi
e prevedibili»
Shannon aprì la lattina di Soda e,prendendone un sorso, la
porse al fratello
minore che declinò con un gesto della mano.
«stereotipi viventi »
continuò e portandosi una sigaretta alle
labbra fece un tiro, fu allora che Shannon si rese conto che
quella non
era una sigaretta.
«ma sei pazzo?!»
esclamò guardandosi intorno «dove
diavolo l'hai
trovata?»
Jared ridacchiò «so dove
cercare..vuoi?» chiese quindi passandogli
lo spinello.
Shannon si guardò intorno assicurandosi che non ci fosse
nessun professore, ne
prese una boccata e lasciò che il fumo gli graffiasse la
gola scendendo
lento verso i polmoni.
Un altro fuoricampo e le ragazze esplosero in rumorosi applausi e
gridolini.
Jared non potè resistere e le imitò
attirandosi le occhiataccie da alcune
di loro. Ridacchiando rivolse loro il dito medio e tornò a
sedersi accanto ad
un perplesso Shannon.
«Dio che pena che mi fanno! Così
convinte di essere 'cool'» Shannon
ridacchiò ma si sentiva a disagio, il fratello si stava
comportando in modo
strano.
«vedi lì.. coso..il loro eroe... Bill!!
Ecco.. Bill!» Jared guardò il
ragazzo vestito con i colori simbolo del liceo, arancione e nero,
correre lungo
il campo ricoperto di erba «un ragazzo
così promettente» proseguì
quindi enfatizzando le parole «grazie al
baseball si ritroverà il
diploma in mano e un tappeto rosso steso verso una delle
migliori
università del Massachussets. Che sia convnto che Archimede
è un personaggio
della Disney e non un matematico non importa, lui
è il *nostro campione*
...»
Jared prese un' altra boccata e sorrise amaramente «se
non metterà incinta
una ragazza durante il ballo di fine anno probabilmente si
ritroverà a dover
abbandonare il college perchè troppo stupido per superare
gli esami.. o perchè
scoprirà che di giocatori come lui ce ne sono a
migliaia-»
Shannon fissò lo sguardo sul telo con la mascotte del liceo,
una tigre che
ringhiava, muoversi sotto invisibili dita di vento e
continuò ad ascoltarlo in
silenzio.
«- finirà coll'insegnare baseball ad un
liceo come questo e sfogare tutte
le sue frustrazioni sulla povera donna che sarà sua moglie.
Che molto
probabilmente sarà miss ombretto ..quella lì
giù.. c'è feeling tra di
loro-- » rimase in silenzio per un attimo lo sguardo
perso in immagini che
Shannon non poteva vedere «--ma poi un giorno la
tradirà con miss minigonna
» disse indicandone un' altra «..o
si sveglierà e deciderà che la sua
vita fa schifo e che non si sente di avere una famiglia e
sparirà..»
Shannon finì di bere la soda ed aspettò che
un'altra ondata di gridolina si
attenuasse prima di parlare «ed io
che pensavo che le canne
servissero a sollevare il morale ..»
Jared rise. Ma non c'era niente di gioioso.
***
E Jared aveva scoperto che la vita in strada era molto più
intressante ed
affascinante del liceo e dei suoi drammi, specie per uno come lui che
aveva
sempre considerato la scuola un noioso ed inutile obbligo.. Per uno che
si
sentiva un alieno tra persone con cui, in teoria, avrebbe dovuto
condividere
sogni ed esperienze.
Per uno che non aveva idea di cosa significasse avere sedici anni per
il resto
del mondo.
Ai suoi occhi quella che frequentava - i 'suoi amici'
- era gente
che aveva il controllo, che aveva trovato la risposta ai tanti perchè
che lo tormentavano: un grosso vaffanculo
a tutto e tutti.
Non passò molto tempo prima che decise di averne abbastanza
di armadietti e
compiti in classe ed abbandonò del tutto la scuola.
Constance era quasi
impazzita quando lo era venuto a sapere. Shannon non aveva mai visto
loro madre
così infuriata e disperata allo stesso tempo.
Ma il fratello aveva già deciso, non importava quante parole
avessero speso per
farlo tornare dietro i banchi. Non c'era nulla che potessero
fare se non
stargli accanto e assicurarsi di essere lì ,pronti a
rialzarlo quando sarebbe
caduto.
Quello che però Shannon non aveva previsto era
l'entità di quella caduta.
Una delle porte si aprì cigolando. Un raggio di luce
illuminò il piccolo vicolo
ed alcuni ragazzi uscirono ridendo. Shannon li guardò
sorreggersi l'un con
l'altro ed allontanarsi verso la strada. Qualcuno dal parcheggio li
aveva
riconosciuti e stava urlando il loro nome. Altre risate, il rombo di un
motore
e poi una sgommata seguita da grida sguaiate.
Erano scene che si ripetevano notte dopo notte. Molti di quei volti
sarebbero
cambiati con il passare del tempo e, a sostituirli, sarebbero arrivati
altri
giovani pronti a vivere i loro anni ribelli. Pronti ad animare quelle
fredde
notti fino a quando non sarebbero cresciuti e i doveri li avrebbero
allontanati
da quelle follie notturne. Altri volti invece sarebbero rimasti gli
stessi ed
avrebbero consumato il loro tempo nel cercare di non guardarsi intorno,
di non
vedere di essere i soli a non cambiare, a non andare avanti.
Shannon sospirò e si poggiò al muro ricoperto di
anonimi strati di colla e
carta, rimasugli di poster che vi erano stati affissi nel tempo. La
sigaretta
era finita. Senza distogliere lo sguardo dall'arruginita porta fece
cadere il
mozzicone a terra e lo schiacciò con la punta del
piede.
Stava per accenderne un'altra quando vide la porta laterale accostarsi
di
nuovo. La musica del locale inghiottì qualunque altro rumore
nel piccolo vicolo
e qualcuno uscì sbandando leggermente. La luce era troppo
bassa per
distinguerne i lineamenti ma a Shannon bastò vedere le sue
movenze per
riconoscere il fratello.
Jared rimase lì fermo e si guardò alle spalle
come se fosse in attesa di
qualcuno, la porta era di fatti ancora accostata e si poteva
distinguere la
forma di una spalla fare capolino.
Dopo qualche minuto anche l'altra figura uscì «--che
rompicoglioni»
disse prima di ridacchiare e, reggendosi al vecchio passamano di ferro,
sedersi
sulle scale di cemento. Jared lo imitò e chiudendo
gli occhi mandò la
testa all'indietro, muovendola al ritmo di una musica che sentiva solo
lui,
diversa da quella che proveniva dal locale.
Shannon si strinse ancora di più contro il muro, non voleva
che lo vedessero, e
rimase in ascolto cercando di dare un senso ai loro sconclusionati
discorsi.
«Tieni gli occhi aperti, se noti movimenti strani
vai da Mike e lo
avverti. » il tizio, che doveva avere
almeno venticinque anni, gli
porse una piccola scheda «e se ti fermano fai vedere
l' ID »
«gli sbirri sono tanto idioti da credere che ho
davvero 21 anni?» Jared
lesse la carta d'identità falsa divertito «e
che sono un buttafuori?!».
«beh... tecnicamente lo sei, butti fuori i
guastafeste» gli rispose
l'altro ridendo « stai tranquillo. Al massimo
pensano che sei un imbucato
con un ID falso. Se dovessero chiudere tutti i locali che
permettono ai
minorenni di entrare Newton rimarebbe senza pub!».
Il tutto sembrava così irreale, era come assistere ad una
scena di un film.
Shannon vedeva Jared ma la sua mente rifiutava di riconoscere il
fratello in
quel ragazzo, non bastava il rossore delle sue guance a dare un minimo
di
calore a quel sorriso freddo e tirato, talmente vuoto da farlo sembrare
una maschera.
«Cristo! Ma quanto tempo ci mettono?!»
esclamò Jared stendendosi sullo
sporco cemento del piccolo pianerottolo, «le hai
prese nemmeno dieci minuti
fa.. » gli rispose l'uomo divertito mentre si
accendeva una sigaretta «
..dagli tempo di entrare in circolazione porca puttana!»
«è che--» Jared si
tirò su a fatica, in effetti cominciava a sentirsi
leggermente stordito, «--è che
tu hai solo robaccia». Cercò di
mantenere l'equilibrio e sorrise soddisfatto nel vedere che era
riuscito a non
versare quello che rimaneva nella bottiglia nella difficoltosa manovra.
«Se hai fretta..so io cosa ti serve»
l'uomo cominciò a tastarsi il
giubotto alla ricerca di qualcosa e, solo dopo aver controllato almeno
tre
volte per tasca, si rese conto di avere la bustina già in
mano. Ridendo
estrasse un piccolo tubetto e lo dondolò davanti agli spenti
occhi del giovane.
«cos'è?» chiese
confuso Jared guardandolo versare la piccola striscia
bianca sul ferro, imitando inconsapevolmente l'espressione del fratello
che,
alle sue spalle, sporgendosi dalla sicurezza dell'oscurità,
cercava di
focalizzare la scena davanti a lui.
«Special K» l'uomo gli
passò il resto della roba mentre con
cura sistemava quella che aveva sparso sul passamano «
se sei immune
pure a questo ti vendo a qualche laboratorio, non sei umano!»
Jared ridacchiò «mi stai usando come
cavia?» l'altrò scrollò le
spalle
e, mettendogli un mano dietro la testa, lo invitò a chinarsi
ed inspirare.
«Brutto figlio di puttana!
» tuonò Shannon catapultandosi
verso di loro, spintonando l'uomo lontano dal fratello
«togli quelle
cazzo di mani da mio fratello!» Jared non ebbe il
tempo di capire cosa
stesse succedendo che davanti a lui si alzò una piccola nube
bianca.
«NOO!!» l'uomo ripreso
a stento l'equilibrio si gettò a
terra «ma chi cazzo sei?»
chiese piagnucolando mentre cercava di
salvare la polverina dall'umido asfalto.
Jared sgranò gli occhi sorpreso «Shan?!?
Che cazzo ci fai qui?» la sua
espressione sarebbe stata comica se non fosse stato per la situazione
in cui si
trovavano.
Shannon spostò lo sguardo dalla pietosa scena e lo
guardò sconvolto.
Prendendolo per il braccio lo trascinò fuori dal
vicolo in un punto più
luminoso e, ripetendo qualcosa che a Jared sembrò
un'infinita successione di 'no-ti-prego-no',
cominciò ad alzargli le maniche della camicia,
controllandogli
l'incavo delle braccia alla ricerca di qualche segno che gli indicasse
di
essere arrivato troppo tardi. Di aver aspettato troppo nel porre un
freno a questa
fase del fratello. Non ne trovò.
«ma che fai?» chiese l'altro
incerto coprendosi immediatamente le
braccia,
«che cazzo stavi facendo?» Jared
lo guardò stupidamente come se non
capisse la domanda «cristo Jay!
» esclamò combattendo l'istinto di
scuoterlo e farlo uscire da quella sorta di stordimento.
«io..io» Shannon gli
prese il volto e cercò di farsi guardare negli
occhi «cosa ti ha dato Jay? » il
ragazzo provò ad elaborare una risposta
ma i suoi riflessi sembravano essersi rallentati ,o forse era il
fratello che
parlava troppo in fretta «cosa cazzo ti ha dato?!?»
chiese di nuovo
urlando.
«solo qualche pasticca Shan!.. niente di che!»
riuscì quindi a
rispondere irritato dall'essere sballottato e rimproverato. Shannon lo
guardò
incredulo «solo..SOLO?! ..»
Jared lo ignorò e si voltò versò il
vicolo dove l'uomo era intento a leccarsi
le dita con quello che rimaneva della ketamina «ma
che diavolo ti è venuto
in mente?!»
«a me?!?»
«come gli ripago ora tutta quella roba?»
mormorò mettendosi le mani tra
i capelli seriamente preoccupato.
Shannon rimase senza parole per un attimo quindi afferrò il
piccolo tubetto,
che Jared teneva ancora in mano ,lanciandolo verso un cumulo di rifiuti
resi
informi dalla pioggia di qualche ora prima e lo prese di nuovo per le
braccia
sbattendolo contro il muro «è questo
quello che ti preoccupa?»
sibilò scosso da un'improvvisa rabbia « quel
pezzo di merda ti stava
facendo sniffare chissà cosa quando tu non sapevi nemmeno
dire il tuo
nome !!» non era mai stato
così arrabbiato e deluso «perchè?»
Questo era un comportamento da deboli. E Jared non era un debole
.
«..lasciami!»
Shannon aumentò la presa sui suoi polsi per
bloccarlo e ripetè la sua
domanda « rispondimi!»
Jared chiuse gli occhi, non voleva che l'altro lo guardasse in quel
modo «smettila
Shannon..» rinunciò a lottare , ogni
tentativo di liberarsi era vanificato
dalla forza del fratello maggiore.
«rispondimi!»
ripetè ignorando come il colore stesse
abbandonando
gradualmente il volto dell'altro e come la sua pelle fosse sempre
più lucida,
velata dal sudore.
E Jared sorrise.
Un sorriso così triste che Shannon quasi allentò
la presa per stringerlo tra le
sue braccia, «sempre pronto a correre in
mio aiuto eh?» nella sua
voce una dolcezza che stonava nella tensione del momento, «pronto
a salvarmi
da tutto e tutti.. » continuò, le
labbra tese in quell'imitazione di
sorriso, i suoi occhi liquidi e velati da qualcosa che Shannon non
riusciva a
decifrare «quando imparerai ad essere egoista? A
pensare solo a te stesso..?
» la maschera era caduta. Il sorriso scomparso. Shannon si
ritrovò a guardare
dritto in quel pozzo di amarezza e rabbia.
Lo lasciò andare, la sua risposta era poco più di
un sussurro «quando tu
imparerai a volerti bene..»
Jared abbassò la testa nascondendosi dietro alle
folte ciocche castane.
Shannon lo vide annuire, se alle sue parole o a qualche altro
strano
pensiero che gli aveva attraversato la testa non poteva dirlo, e quindi
accostarsi al muro come a cercare un sostegno.
«Volevo solo divertirmi..fare
qualcosa di eccitante» sussurrò
Jared guardando la strada davanti a sè. Affascinato da
quanto i colori
potessero essere luminosi e da come le ombre si muovessero
abbracciando la
flebile luce dei lampioni in quella danza notturna «staccare
la spina..sai..
essere felice..» Scosse la testa.
Le parole non potevano spiegare il
suo bisogno ... ciò che lo aveva spinto a questo.
Il loro stile di vita li portava ad essere in contatto con tante
persone,
a conoscere e visitare tanti luoghi ma li portava anche a
provare una
solitudine che la gente, quella che viveva normalmente- per quello che normale
poteva significare- non poteva capire. E a volte il
bisogno di
quella normalità, che aveva potuto assaporare e che gli era
stata strappata via
due volte, diventava così acuto dal rendere
insopportabile la sola vista
dei pacchi pronti per l'ennesima partenza agli angoli di una stanza di
motel.
«quella non è
felicità!» Shannon non potè
fare a meno di interromperlo
«Sono solo reazioni chimiche..»
«lo so!» gli rispose l'altro
bruscamente, quella strana espressione nei
suoi occhi era tornata «avevo bisogno di sentire
quella felicità
--quella felicità 'chimica'-- di cui loro tanto
parlavano..» Non
c'era bisogno di specificare chi fossero i loro.
«Ma..» continuò
trattenendo le lacrime «non ho sentito niente... Non
sento niente...» gelidi brividi avevano cominciato
ad attraversargli il
corpo e alzò il volto verso il fratello «chi
dice di trovarla in quella roba
è perchè non ha mai provato qual'è la
vera felicità..» per un attimo le sue
labbra bianche si piegarono in un accenno di sorriso e gli
occhi si
persero in un lontano ricordo.
Per quanto strano Shannon si sentì sollevato.
Quella roba, quel mondo non
aveva vinto. Non gli aveva portato via il fratello come temeva. L'aveva
sedotto, fatto sbandare ma Jared era più forte di quelle
vuote lusinghe, aveva
saputo riconoscere la differenza.
Jared rimase in silenzio a lungo quindi chiuse gli occhi ,cercando di
tenere a
bada un senso di vertigine. Mischiare l'alcol con le pasticche non era
stata
una buona idea. Sbandando leggermente si accasciò contro il
muro e strisciò in
basso lungo i freddi mattoni fino a sedersi sul marciapiedi «mi
gira la
testa» disse sentendo i suoi muscoli
contrarsi e i suoi battitti
accellarare di colpo. Se dalla paura o per ciò che aveva
preso non lo sapeva.
Shannon gli si avvicinò immediatamente e, prendendogli il
volto cinereo, gli
guardò le pupille; erano preoccupantemente dilatate
«Jay»
Jared lo guardò confuso come se si fosse dimenticato che
fosse lì con lui .
« Jay..mi senti? »
riprovò scacciando il panico e cercando di agire
il più in fretta possibile. Alzando la testa si
guardò intorno e, a pochi metri
da loro, notò una fontana. «Jay! Ho
bisogno che ti tiri su..Jay!» il
fratello fissò le due appannate figure davanti a lui ed
annuì debolmente. Si
sentiva gelare fino alle ossa eppure la sua pelle scottava come fosse
avvolta
tra le fiamme. La voce di Shannon, i suoni della strada gli sembravano
lontani,
come se la sua testa fosse immersa in acqua, le sue tempie battevano
insistenti
a ritmo del suo cuore impazzito.
A fatica Shannon lo trascinò verso la
piccola fontana. Poteva
sentirlo abbandonarsi sempre di più tra le sue braccia e,
senza perder tempo,
si bagnò le mani cominciando a rinfrescargli il viso.
Continuando a parlargli
nell'intento di calmarlo, inondandolo di frasi senza senso.
Per un attimo Jared sembrò riprendere contatto con la
realtà e gli afferrò la
manica guardandolo dritto negli occhi.
Lucido e terribilmente spaventato.
Il suo corpo continuava a tremare sconvolto da involontari spasmi e
Shannon
poteva sentire e vedere la leggera t-shirt bagnarsi di sudore.
« S-Shan?»
disse stringendo ancora di più la presa sulle sue braccia
«Shan?»
«sono qui Jay..» Shannon lo
strinse come per provargli che non stava
mentendo «sono qui»
nella sua voce non c'era traccia della rabbia
di poco prima. Il suo tono era calmo, pacato, il che lo sorprese visto
il puro
terrore che sentiva stringergli il cuore. Gli posò la testa
contro i capelli e
pregò chiunque ci fosse lassù di aiutarli, di non
abbandonarli proprio ora, di
non lasciarlo da solo.
Jared prese un respiro, cercando di riprendere il controllo
del suo corpo,
quando un'improvvisa ondata di nausea lo costrinse a gettarsi
in avanti.
Shannon, seppur colto di sorpresa, riuscì a
tenerlo ed evitare che
cascasse nella fontana. Jared sentì lo stomaco rivoltarsi,
ogni fibra del suo
corpo tentava di espellere quell'intrusa sostanza ma non emise altro
che aria.
Il cemento della fontana era un' indistinta macchia grigia per i suoi
occhi
appannati. Un altro lampo. Gli intestini si contrassero nello sforzo ma
ancora
una volta non rimise nulla. Dolorante e tremante si accasciò
contro il petto
del fratello «non ce la faccio»
Shannon non gli rispose. Non sapeva cosa fare. Sentiva che l'altro
stava
soffrendo e non sapeva cosa fare. Con gli occhi perlustrò la
deserta strada e
con tutta la sua volontà respinse la nuova ondata di paura.
Sentì Jared scivolare
sulle sue gambe e raggomitolarsi stringendosi l'addome
«oh Dio..»
si tese di nuovo, un leggero rantolo gli sfuggì dalle labbra
e prima che
entrambi potessero rendersene conto arrivò un nuovo conato,
questa volta una
vischiosa sostanza biancastra gli riempì la bocca e Shannon
rendendosi conto
che l'altro non aveva assolutamente percezione della sua posizione lo
fece
ruotare in modo da farla scivolare, insieme a ciò che
rimaneva di tre piccole
pasticche, sull'asfalto «erano solo tre?»
chiese e Jared scosse la
testa, gli occhi arrossati e lucidi per lo sforzo, la gola secca ed
irritata «quante
ne hai prese Jay?»
Non rispose. Non lo ricordava.
Quando gli sembrò che l'attacco di vomito fosse terminato
Shannon aprì
l'arrugginito rubinetto e, riempendosi la mano d'acqua, la
portò alle secche
labbra dell'altro. Gli rinfrescò il volto di nuovo sollevato
nel sentire che la
temperatura corporea del fratello cominciava a diminuire e che il
battito fosse
meno frenetico. Fu in quel momento che si rese conto che l'altro aveva
indosso
solo una camicia. Allontanandolo dalla fontana si sfilò il
suo cappotto e lo
coprì, abbracciandolo mentre il suo corpo continuava a
smalire gli effetti
delle pasticche.
Trascorsero minuti, ore, il tempo sembrò dilatarsi e passare
velocemente allo
stesso tempo.
Entrambi rimasero in silenzio. Shannon fissava la strada
deserta davanti a
lui scioccato da ciò che aveva visto e Jared cercava di
tenere a bada le sensazioni
del suo corpo: un momento poteva sentire ogni muscolo tendersi e
contrarsi
nonostante lui cercasse di rimanere immobile, in un altro era
distaccato da
tutto e il calore di quelle braccia era l'unica cosa di cui
era
consapevole insieme al cielo nero china su di loro.
«dovrei portarti al pronto soccorso»
il fratello maggiore ruppe il
silenzio e lo sentì, mentre distrattamente gli accarezzava i
capelli,
irrigidirsi e quindi scuotere la testa «n-no, sto
bene»
«non puoi saperlo»
«Si . Lo so.. » Jared si
tirò su a sedere reggendosi la testa, la
sentiva così pesante.
Shannon provò a respingere le immagini di quello che sarebbe
potuto succedere
se il fratello si fosse sentito male quando era da solo, o
peggio, quale
sarebbe potuta essere la reazione del suo fisico se avesse assunto
anche la
ketamina «devi farti controllare, vedere
un medico e ...smetterla con
questa roba! »
«Può capitare che qualche pasticca.. non
funzioni» ribattè
Jared cercando di allontanarsi ma Shannon non aveva
intenzione di allentare
la presa su di lui.
« per poco --» non
riusciva nemmeno a dirlo « --se
io non ero
qui potevi svenire, battere la testa, strozzarti con il tuo vomito o
morire
assiderato! Potevi ... cazzo! Non voglio nemmeno pensarci..»
che Jared se
ne rendesse conto o no, non erano esseri invincibili ed immmortali.
«Ho sbagliato a mixarle con del
liquore» si difese debolmente l'altro
troppo stanco per continuare la lotta per liberarsi.
«Sai benissimo che quella reazione non è dovuta
solo all'alcool!» sbottò
Shannon sconcertato dal vedere con quanta leggerezza parlasse di
assumere
quelle sostanze «chissà quanta roba hai
preso in questi tre giorni!»
Jared si irrigidì.
Shannon abbassò la testa e vide la confusione e il terrore
sul volto del
fratello «hai idea di quando è
stata l'ultima volta che sei tornato a
casa?». Nessuna risposta. Deglutendo
cercò di ignorare la
forte fitta allo stomaco «quanto tempo pensi sia
passato? » Jared
si portò le mani alla testa «..ieri.»
rispose insicuro,
«ieri per il mondo o ieri nel'universo in cui
sei stato questi tre giorni?!»
Lo guardò. Sembrava così piccolo avvolto nel
cappotto. E lo era. Una cosa che
spesso dimenticavano era proprio questo, per quanto fossero
diversi dai
loro coetanei non erano altro che degli adolescenti.
«..Non lo so ..» Jared aveva ripreso a
tremare ma questa volta le pasticche
non c'entravano «io-- io non ricordo ..
a --» aspettò che
concludesse la frase ma l'altro rimase in silenzio, lo
sguardo perso nel
vuoto.
Shannon sospirò e si alzò, al momento era inutile
parlare. Era certo che gran
parte di ciò che aveva detto la mattina dopo sarebbe stato
solo un confuso
ricordo «dai..» disse tirandolo
su «andiamo a casa» il fratello
lo guardò per un attimo in silenzio quindi annuì
e barcollante lo seguì.
Non ricordava il viaggio in macchina, nè l'arrivo a casa.
Per Jared erano
passati pochi secondi dal freddo vicolo. Ed ora si ritrovava
a
boccheggiare piegato in due stringendo il bordo del water nel
piccolo
bagno del loro appartamento. Il suo esile corpo sconvolto da
violenti e
vuoti conati. Non riusciva a distinguere le parole che Shannon
gli stava
mormorando ma il suo tono carico d'affetto , calmo e rassicurante fu
sufficiente a farlo crollare.
«mi dispiace.. mi dispiace così tanto»
piagnucolò disperato e stremato,
la sua testa poggiata sul braccio piegato «non
volevo..non volevo
Shan... non volevo dirle quelle cose. Glielo dirai vero? Glielo dirai a
mamma?»
Shannon gli massaggiò la schiena «glielo
dirai tu Jay..non stai per morire»
«la vostra vita sarebbe molto
più semplice senza di me»
pensò, e per un attimo credette di averlo detto ad alta
voce, ma non ne era
certo. L'eventuale risposta di Shannon si perse in quell'insieme di
singhiozzi,
coperta dal ronzio delle sue orecchie quando per l'ennesima volta
rimetteva
quell'amara sostanza biancastra.
Passarono un altro paio d'ore prima che le pasticche smettessero di
fare
effetto. Per tutto il tempo Shannon gli rimase accanto ascoltando il
suo
piagnucolare senza senso e parlandogli di tante cose: del loro futuro,
di quei
progetti, occasioni e successi che aspettavano solo di essere colti e
realizzati. Gli aveva confidato , certo che Jared non capisse
nè ricordasse, di
quanto fossero orgogliosi di lui e di come fosse certo
che avrebbe
fatto della sua vita quello che voleva.
Durante quel fiume di parole Jared si rese conto di quanto volesse che
diventassero realtà. Cercò di ripensare ai motivi
per i quali si era lasciato
andare e questi venivano schiacciati senza pietà dalla forza
di quei sogni e da
quella speranza.
Man mano che diventava più lucido cominciò a
sentire anche le conseguenze di
quelle ore... giorni di black-out. Non c'era
muscolo che non gli
dolesse. Provò a spostarsi per cercare una posizione
più comoda sulle bianche
mattonelle e non potè trattenere un lamento. Shannon si
voltò e, come se gli
avesse letto nel pensiero, si alzò «dai
Jay un ultimo sforzo»
avvicinandoglisi lo afferrò per il braccio e lo
tirò su, guidandolo verso
la loro camera.
Una volta seduto sul letto Jared cercò di resistere
all'istinto di lasciarsi
cadere all'indietro e dormire vestito e lasciò che
l'altro lo preparasse.
Guardò il fratello iniziare a sbottonargli la camicia e la
realizzazione di ciò
che aveva fatto lo colpì di nuovo con tutta la sua forza.
Shannon gli fece muovere un braccio alla volta con cura, attento a non
sforzare
troppo i deboli e dolenti muscoli.
«ho fottuto tutto»
Il fratello maggiore arrestò brevemente i suoi movimenti e
alzò gli occhi «no»
gli rispose premendo delicatamente il collo elastico della
maglietta
pulita sulla sua testa «non tutto» e,
una volta che fu
riuscito ad infilargliela, lo guardò sorridendo dolcemente.
«e adesso?» chiese Jared ma
l'altro non rispose subito, in ginocchio
davanti a lui gli slacciò le scarpe e inizò a
sfilargli i jeans.
«Una cosa alla volta» gli
rispose alla fine con calma mentre scostava le
coperte e lo invitava a stendersi posandogli delicatamente una mano
sulla
spalla «ora riposati..ne hai bisogno.»
Jared si girò di lato e si lasciò coprire dalle
calde coperte. Shannon gli si
sedette accanto «domani porteremo quelle tue quattro
ossa a fare delle
analisi--» quando provò a protestare
l'altro gli lanciò un'occhiata
ammonitrice «--e riprenderemo da dove avevamo
lasciato».
«Andremo avanti. Noi tre insieme»
concluse quindi sentendo la
tensione abbandonare il corpo del fratello.
Guardò le sue palpebre cedere alla stanchezza fino
a chiudersi
completamente e rimase a lungo lì seduto a fissare le luci
dell'alba penetrare
attraverso le vecchie tapparelle . Quando fu certo che l'altro
fosse
addormentato si lasciò andare.
Pianse per la paura, per la rabbia, per il fatto che non importava
quanto si
sforzasse nel cercare di alleviare il vuoto che opprimeva il fratello,
di
evitare che sbagliasse... non era mai abbastanza.
Non sapeva quanto tempo fosse passato ma ad un certo punto
sentì la porta
dell'appartamento aprirsi e i leggeri passi della madre. Era tornata
dal turno
notturno al centro sociale. Si asciugò velocemente le
lacrime e, prendendo un
respiro, cercò di ricomporsi.
Pronto a mentirle.
***
«hai ricominciato?» Shannon
sentì il cuore battergli furiosamente nel
petto.
Jared capì al volo a cosa si riferisse e lo
guardò allucinato «no!»
«Jay cazzo..» parte di lui
sapeva che il fratello non avrebbe mai commesso
lo stesso sbaglio due volte ma al contempo era consapevole di quanto
potesse
essere vulnerabile.
Quando anni prima Jared studiava a Philadelphia ed aveva cominciato ad
allontanarlo era quasi impazzito per paura che fosse ricaduto in
qualche strano
giro. Fortunatamente i suoi rimasero solo timori.
«ti ho detto di no Shannon!»
ripetè scocciato. Non importava quanto
tempo fosse passato il fratello non avrebbe mai dimenticato quel
periodo, quel
suo errore.
Dopo qualche minuto di silenzio Jared
riparlò «ho lasciato la scuola »
mordendosi il labbro decise di dire tutto senza ulteriori preamboli
«e
voglio che vieni con me a Los Angeles».
Shannon quasi non si strozzò «sei
impazzito?.. P-perchè cosa non andava in
questa scuola? E cosa diavolo dovremmo fare dall'altra parte degli
states?!»
Jared si sporse leggermente sul tavolino, era importante per lui che
Shannon
capisse, che vedesse in questo azzardato piano l'occasione che stavano
aspettando da una vita «costruirci un futuro! Posso
imparare le cose
che mi insegnano allo SVA direttamente sul posto e .. cazzo
Shan! Dobbiamo
dare una scossa alle nostre vite! »
«E tu pensi che andando a LA avremo un
futuro?» non che l'idea di
partire e darsi un'altra chance non lo allettasse ma lui doveva essere
il
razionale dei due e quella che Jared gli stava proponendo era una pazzia
«
ti dico io cosa succederà! Tempo una settimana .. al massimo
un mese... e ci
ritroveremo a fare la fila per un pasto con i senzatetto!!
»
«Questa è una mentalità da
perdente e noi non siamo perdenti. Non ricordi?
Sei stato tu a dirmi che dovevamo farcela, metterlo in culo a tutti!»
«non puoi fare sul serio»
«vieni con me o no?»
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Ed io
farò lo stesso.
tbc
A/N:
i. Jared dopo aver
lasciato la University
of the Arts di philadelphia
si è trasferito a new
york per frequentare la School of Visual arts.
ii.
da un' intervista del 2006 per www.absolutepunk.net
[..]
Jared: Who did it and why?
Matt: I just started to
cut… [..] Yeah, I’m very impulsive when it comes
to haircuts. I just decide to start cutting hair, and what
I’m left with is this.[..]
» foto
iii. l'ultimo concerto di
matt è stato ad el
paso, texas il 1/3/07 . Il 2/03/07 Jared eg li altri gli
hanno dedicato R-Evolve:
iv. Tra le scuole frequentate
da Jared figura una certa 'Newton
North High school' la cui mascotte è una tigre
xD
"I
dropped out in the
10th grade (16-17anni) because I just wasn't
interested. I was a bad boy. I'm
reformed now.
Let's put it this way, just wait until they make the Dazed and Confused
of my
generation."
"[..] Jared got hold of
a fake ID at the age of 16 and become a doorman."
"I was a much more
devious 17 years old.." (Big England '98)
v.
I miei sospetti su cosa intendesse con l'essere un bad boy sono stati
confermati dalla famosa intervista 'rivelatrice' di Kerrang!
Molto probabilmente la questione è stata leggermente
'più
seria' nella realtà ma ho deciso di continuare
così come
l'avevo pensata.
"Well
I lived on the street when I was a kid, I wasn't even at school, so I
had a whole different set of experience for those formative years. I
was out, I was gone. [..] when you're a kid you feel
invincible,
and you're less breakable in some ways. At least I think I was.
What got me through? I suppose when I was young there was a small part
of me that always believed that something was possible, that there was
more to life than just the mundane and mediocre. [..]
Well I did a lot of drugs then. I was in a very precarious
place
when I was younger. And I suppose then there was a transformation that
took place. Sometimes there is a bit of divine intervention out there
and I certainly had some moments of luck. [..]
I got very close (to the edge) [..] I would say I came as close as you
can get. I looked down into the abyss,into Dante's Inferno, and gazed
upon the river Hades.."
vi. "I was
studying at School of Visual Arts in New York and left to join my
brother, who
was doing demolition derby, in Indiana." Jared Leto
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