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Autore: Vale    22/07/2005    11 recensioni
Qui dentro troverete le one-shots relative al mondo di Dangerous Game... Buona lettura!! P.S. Il termine Missing Moments l'ho mutuato da quella grande donna che è Sunny!!!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E finalmente eccolo qui, Sunny

E finalmente eccolo qui, Sunny! Il regalo che ti avevo promesso è bello che pronto… Scusa tanto il ritardo, ma tra l’uscita del sesto libro e l’impegno a quel lavoro di cui hai avuto un assaggio ho finito per trascurare questa one-shot. Beh, meglio tardi che mai!!! Con questo lavoretto voglio festeggiare la tua mitica promozione!!! Sei stata fantastica, tesoro!!! Spero che il regaluccio ti piaccia… io ci ho messo l’anima (… lo sai quant’è difficile per me scrivere su commissione!! Tu come diavolaccio fai????). Tanti tanti tanti complimenti!!!!

 

Dunque… La vicenda si sviluppa alcuni mesi prima degli eventi di Dangerous Game. Non mi resta che augurarvi “Buona lettura!”.

 

 

MY WEEK-END’S BOYFRIEND

 

John si stiracchiò le braccia indolenzite, trattenendo a stento uno sbadiglio. Erano appena le due del pomeriggio e lui si stava annoiando.

 

Due giorni prima lo avevano messo a compilare quegli stupidissimi incartamenti. Il Generale Mitchell era quasi uscito di matto quando aveva scoperto quanto ritardo aveva accumulato nella presentazione delle sue relazioni, e gli aveva negato il permesso di lavorare ai nuovi casi se prima non avesse finito di redigere quelle scartoffie della malora.

 

Dal cortile giungevano chiari i suoni dell’allenamento delle matricole. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di trovarsi in mezzo a loro, invece di sprecare inutilmente il tempo in quel modo assurdo.

 

“Attenta!!” urlarono all’improvviso alcune voci. Poi un rumore molto forte riempì le orecchie dell’alto Auror, facendolo saltare sulla sedia.

 

“Tutto bene, Capitano?”.

 

“Lasciatela respirare!”.

 

John si affacciò alla finestra per vedere cosa stava succedendo e trattenne il fiato. Poi uscì di corsa dal suo ufficio e raggiunse il cortile.

 

“Stai bene?” disse, facendosi largo tra la folla di curiosi.

 

Becky alzò lo sguardo, imbarazzata. “Sì, sì. Non è successo niente” minimizzò, rialzandosi da terra e scuotendosi di dosso la polvere.

 

John la scrutò velocemente, soffermandosi su due lunghi graffi che si erano formati sulle braccia della sua giovane amica. “Cosa fate ancora qui? Su, ritornate ai vostri esercizi. Il Capitano Johnson tornerà tra qualche minuto” disse poi, afferrandole la mano e costringendola ad allontanarsi.

 

Senza opporre resistenza, Rebecca si ritrovò a percorrere i lunghi corridoi della Base, fino a raggiungere il bar.

 

“Siediti o fra poco mi svieni” disse John, mettendole davanti una tazza di caffé fumante.

 

Lei obbedì, riluttante. Non le piaceva farsi vedere così debole dagli altri e, in modo particolare, da John. Da quando era entrata a far parte del Corpo Speciale Auror aveva sempre cercato di far dimenticare a chi la circondava il fatto di essere così piccola, mettendosi alla prova nel superare gli esercizi più difficili. Ma nonostante tutti i suoi sforzi lei rimaneva e sarebbe sempre rimasta un pulcino.

 

“Non avresti dovuto trascinarmi via in quel modo… non davanti ai miei uomini” ribatté offesa.

 

Lui appoggiò il mento sulla mano e la osservò. Era pallida e i capelli neri che di solito teneva legati in una morbida treccia le si erano sciolti sulle spalle, donandole un’aria ancora più sconvolta. Era molto carina così.

 

“I tuoi uomini erano preoccupati per te, e anch’io. Si può sapere dove diavolo hai la testa in questi giorni? E’ già la seconda volta che rischi di spezzarti il collo. Dovresti stare più attenta quando cammini se non vuoi finire male”.

 

Rebecca sbuffò sonoramente, lanciandogli un’occhiata infuocata. “Non ho mica due anni! E per tua informazione so come si fa a camminare e a parlare contemporaneamente senza rimanerci secca!”.

 

Mmm… ci siamo svegliate acide questa mattina” borbottò John, allegro. “Che ti è successo, pulcino?”.

 

Lei sbuffò di nuovo. “Niente… niente di importante” tergiversò.

 

John inarcò un sopracciglio. Conosceva quella ragazza come le sue tasche e quelNiente di importante’ voleva in realtà dire ‘Sono in un casino allucinante e non so dove sbattere la testa!’.

 

“Fammi un po’ indovinare… Hai chiesto in prestito a Ron la sua scacchiera, gliel’hai rotta e adesso non sai più come dirglielo”.

 

Lei lo scrutò con uno sguardo di puro compatimento, ma lui non si fece per nulla intimidire. Adorava prenderla in giro e osservare le sue reazioni. Fra tutti i suoi amici, lei era l’unica che riusciva a rimanere seria alle sue battute. Becky rappresentava una vera e propria sfida per il suo amor proprio e lui s’impegnava sempre tantissimo per riuscire anche solo a farla sorridere.

 

“No? Allora si tratta di Seymour… pensa che sia stata tu a nascondergli nell’armadietto quel sacco di lumache esplosive e si vuole vendicare”.

 

“Quali lumache esplosive? John, non ne avrai combinata un’altra delle tue, vero?” chiese lei con sospetto.

 

“Io? Ma se sono un santo!”.

 

“E quale santo saresti, di grazia? San Giullare che dispensa buon umore da tutti i pori, oppure san Ficcanaso che non riesce a fare a meno di indagare su cose che non lo riguardano?”.

 

Ah-ah! Allora c’è qualcosa! Perché non me lo dici, Becky? Forse posso aiutarti…” continuò lui, “… prima che tu rimanga seriamente compromessa in uno dei tuoi incidenti”.

 

“No, non puoi aiutarmi. Non lo può fare nessuno”.

 

John corrugò la fronte. Ora stava iniziando a preoccuparsi seriamente. “Che cosa è successo, Rebecca?”.

 

Lei tirò un lungo sospiro. Ormai era del tutto inutile cercare di negare… “Prometti di non dirlo a nessuno?”.

 

Lui annuì.

 

“Mia cugina Kelly si sposa”.

 

John aspettò per qualche secondo che Becky continuasse il suo racconto e che arrivasse a spiegargli il motivo del suo malumore, ma lei sembrava aver chiarito tutto con quelle poche parole.

 

“… E allora?” cercò di stimolarla.

 

“Come allora? E’… E’ una catastrofe!” sbottò la ragazza, scostandosi dal viso una ciocca ribelle. “Kelly era l’ultima cugina nubile che mi era rimasta, il paravento dietro al quale mi riparavo dalle sfuriate di mia zia Lorna e di quella congrega di impiccione delle sue sorelle!”.

 

In quel momento John si stava chiedendo che fine avesse fatto tutto il suo intuito. “Scusa, ma continuo a non capire”.

 

“Sabato mi uccideranno… lo so, me lo sento. Mi attaccheranno su tutti i fronti. Cominceranno con il chiedermi quanti anni ho – anche se lo sanno benissimo – e poi passeranno il pomeriggio a elencare i miei insormontabili difetti… il mio carattere, il mio aspetto, il mio lavoro… il mio fidanzato” concluse con un sussurro.

 

“Quale fidanzato?” scattò John, curioso e allarmato allo stesso tempo.

 

Ma non capisci? E’ proprio questo il punto. Io non ho un fidanzato e per le mie zie questa rappresenta la peggior umiliazione per una ragazza della mia età”.

 

Ma se hai solo ventitrè anni…”.

 

“Tu non conosci le mie zie. Per loro il matrimonio è lo scopo ultimo nella vita di una Johnson. Non esiste carriera o gratificazione che tenga… Una Johnson senza un compagno al proprio fianco è una Johnson inutile!”.

 

John la guardò incredulo. Tutto quello che Rebecca gli stava raccontando era pressoché incredibile e sarebbe risultato esilarante se non fosse stato completamente vero. Certo che ne esistevano di famiglie strane al mondo!

 

“E’ un incubo. Questa storia mi farà impazzire, sempre che prima di sabato io non finisca all’obitorio!” si lamentò Becky, appoggiando la fronte al tavolo e nascondendosi tra le braccia incrociate.

 

John le accarezzò la testa per consolarla. “Quindi, se non ho capito male, il problema consiste nella mancanza di un ragazzo”.

 

Lei annuì senza parlare.

 

Ma se tu ti presentassi accompagnata da qualcuno…” disse lui, pensoso.

 

“Ti ricordo che il matrimonio è sabato e che mancano solo tre giorni! Come faccio a trovarmi un fidanzato in meno di settantadue ore se non ci sono riuscita negli ultimi ventitrè anni?” borbottò infastidita lei.

 

“Beh, potresti andare con qualcuno che finga soltanto di essere il tuo fidanzato. Vai insieme a lui, lo presenti come il tuo ragazzo, fate un po’ di sceneggiata e il gioco è fatto!”.

 

Becky sollevò lentamente la testa, gli occhi stretti a due fessure. “E si può sapere dove diavolo lo trovo un uomo disposto a farsi esaminare come un capo di bestiame?”.

 

John fece spallucce. “Gli amici a cosa servono se non nei momenti di difficoltà?”.

 

La ragazza si raddrizzò completamente sulla sedia. “Tu? Tu ti stai proponendo per essere il mio fidanzato?”. Dopodichè gli scoppiò a ridere in faccia.

 

Lui s’imbronciò. “Non capisco tutta questa ilarità…”.

 

“Scusa, scusa, John” disse Becky, asciugandosi le lacrime. “E’ che non avrebbe senso… Tu che fai finta di essere il mio fidanzato. Ma andiamo! Tu non sai neanche cosa vuol dire la parola fidanzamento! Ci scoprirebbero in meno di dieci minuti”.

 

“Io non avrò esperienza in materia di rapporti a lunga durata, ma tu ti troverai in un bel pasticcio se non accetti il mio piano” ribatté lui, scocciato.

 

Sentire la sua idea bocciata in quella maniera lo aveva punto sul vivo. Non se l’era aspettato. Non da Becky, almeno. “Nessuno ti conosce meglio del sottoscritto, inoltre non mi pare che tu abbia molta scelta… A parte pochi altri uomini che però sono già felicemente occupati, è solo con me che non ti sentiresti in imbarazzo se facessi questo”.

 

Rebecca non seppe mai in che modo si ritrovò sulle ginocchia di John. Un attimo prima era seduta tutta impettita sulla sua sedia, un attimo dopo aveva le braccia di John attorno ai fianchi, mentre i suoi incredibili occhi scuri la fissavano con quello sguardo da canaglia che riusciva sempre a scombussolarla.

 

“Sì, beh… non credo che si debba arrivare a tanto. Penso che le mie zie si accontenterebbero della mia parola e, al massimo, di qualche carezza sulla guancia” fece lei improvvisamente più impacciata.

 

John non sembrò fare caso al suo irrigidimento e le scoccò un sorriso da cospiratore. “Allora mi accetti? Posso considerarmi impegnato per il fine settimana?”.

 

Lei non resistette e gli fece l’occhiolino. “Capitano Carson, Lei è ufficialmente assunto!”.

 

***

Ron sputò fuori con forza il sorso d’acqua che aveva in bocca e iniziò a tossire. Al suo fianco, Harry, lo colpì leggermente sulla schiena per aiutarlo a respirare.

 

“In che senso… cof-cof… fidanzati?”.

 

John bevve un lungo sorso d’acqua prima di rispondere. Si erano fermati per una pausa nella palestra e lui ne aveva approfittato per mettere al corrente della situazione i suoi amici. “Nel senso normale del termine”.

 

Harry e Ron si scambiarono un’occhiata d’intesa che non sfuggì all’alto Auror.

 

“Ehi, le sto solo facendo un favore! Mica me la devo sposare veramente!” si difese subito, come se la sola idea del matrimonio lo facesse inorridire.

 

“E’ stata Becky a proportelo?” fece Harry.

 

Ma sei scemo? Stiamo parlando di Rebecca, lo sai com’è fatta, no?”.

 

“Eh, Harry, non fare domande idiote!” ironizzò Ron, beccandosi un’occhiata assassina da parte del moro. “Piuttosto… come la metti con la tizia del secondo piano? Non credo che le farà piacere scoprire del tuo imminente fidanzamento, se non sbaglio avevate iniziato a fraternizzare”.

 

“Oh, Colette non è un problema. Le ho spiegato la situazione e ha capito” tergiversò lui, senza però guardarli in faccia.

 

“Sì, ha capito…” sogghignò il rosso, notando per la prima volta gli strani segni sulla guancia dell’amico. “… è per questo che ti ha voluto lasciare un ricordo di come la pensava a riguardo, vero John?”.

 

Il ragazzo arrossì, poi scoppiò a ridere. “Con quello schiaffone mi ha rintronato come una campana… e pensare che gliel’ho detto proprio per non dovermi trovare in una situazione scomoda!”.

 

Harry e Ron risero di gusto. “Povero John. Sei sempre il solito incompreso!”.

 

“Già, le donne non mi capiscono mai”.

 

E così adesso hai campo libero con Rebecca…” insinuò Ron.

 

Stranamente, a quelle parole, John s’irrigidì. “Che intendi dire?”.

 

Anche Harry si fece guardingo. “Già, Ron, che intendi dire?”.

 

“Beh, Becky è una bella ragazza. Forse è un po’ troppo seria, ma è anche dolce e sensibile… Non ti pare il caso di farci un pensierino?”.

 

“Rebecca non fa per me. Per lei ci vuole qualcuno di veramente speciale” rispose John con la faccia scura.

 

“Oh, andiamo! Da quand’è che ti fai di questi problemi? Non mi pare che negli ultimi anni tu ti sia mai tirato indietro, e nemmeno Rebecca sembra disdegnare l’idea. Se non sbaglio non ha fatto tante storie quando le hai proposto la cosa” lo sfidò Ron.

 

Harry corrugò la fonte. Ma dove diavolo voleva andare a parare quel matto di un Weasley? Non era da lui parlare in quel modo di Becky. Sia lui che Ron provavano un profondo senso d’affetto nei confronti della ragazza che consideravano un po’ come una sorella. Allora perché quelle parole?

 

“Magari questa storia potrebbe rivelarsi vantaggiosa anche per te, amico. Forse domenica mattina potresti non risvegliarti nel tuo letto”.

 

“Ritira immediatamente quello che hai detto, Ron, o giuro che te lo faccio ingoiare a suon di pugni”. La voce di John scattò come una tagliola. Era arrabbiato, anzi no, era letteralmente furioso.

 

Ron rimase per alcuni secondi in silenzio, ricambiando lo sguardo di John, poi alzò le mani in segno di resa. “Ok, ok. Non ti scaldare, non volevo dire niente di male”.

 

“Rebecca è una ragazza seria e non merita queste squallide chiacchiere da bar. Ti avverto, Ron, se sento ancora una parola su di lei e me saprò chi andare a cercare”.

 

Dopo un ultimo sguardo d’ammonimento, l’alto Auror girò sui tacchi e uscì dalla palestra, senza nemmeno concludere i suoi esercizi.

 

Ma ti ha dato di volta il cervello? Parlare in quel modo di Becky proprio davanti a lui. Lo sai quanto è protettivo con lei, no?” proruppe Harry severo.

 

Ron sorrise. “Troppo protettivo… Se va avanti così non capirà mai cosa si sta perdendo. In fondo John ha ragione. Per Becky ci vuole un uomo veramente speciale. Bisogna solo fargli capire che quell’uomo è lui”.

 

Harry annuì. Anche secondo lui John e Rebecca erano fatti l’uno per l’altra, ma a differenza del suo amico non credeva che i tempi fossero ancora maturi per loro due. John era troppo concentrato su se stesso e sulla ricerca dei propri piaceri per accorgersi di lei, e Becky non sembrava desiderare cambiamenti di sorta nella sua vita. No, quei due non erano per niente pronti…

 

“Sono d’accordo con te, ma credo che tu abbia esagerato stavolta!”.

 

“L’ho fatto esclusivamente per Becky… Le voglio un bene dell’anima e non voglio vederla passare il resto della vita da sola. Credimi, Harry, se aspettiamo che quei due si decidano, io e te diventeremo nonni. L’unico modo per evitarlo è provocare le loro reazioni…”.

 

“Beh, amico, questa volta credo che tu abbia provocato a sufficienza!”.

 

 

 

John sbatté con tanta forza la porta del suo ufficio che i vetri delle finestre tremarono visibilmente.

 

“Stupido idiota! Ma come si è permesso di fare quelle sporche insinuazioni?”.

 

Incapace di restare fermo, l’uomo iniziò a camminare avanti e indietro per la stanza. Erano secoli che non si arrabbiava così ferocemente, ma le parole di Ron l’avevano fatto imbestialire. Becky era molto importante per lui e non voleva che la gente pensasse che fra loro ci fosse qualcosa di più che una forte amicizia. La sua fama di donnaiolo incallito non doveva minimamente intaccare la reputazione della donna più buona e bella che conosceva. I suoi stupendi occhi viola, che tanto l’avevano attratto la prima volta che l’aveva vista, non sarebbero mai diventati tristi per colpa sua. Se fosse dipeso da lui, le sue labbra piene e rosse non si sarebbero mai piegate in una smorfia di dolore. No, non avrebbe permesso a nessuno di farle del male… tanto meno a se stesso.

 

***

Hermione appese il proprio mantello all’attaccapanni e fece scorrere lo sguardo nella sala mensa. I tavoli, come al solito a quell’ora, erano stracolmi. Prendendo il proprio vassoio e riempiendolo, la ragazza si avviò verso le finestre che davano sul cortile.

 

Becky!” esclamò, passando vicino al tavolo dove la giovane era seduta da sola. “Posso?”.

 

Rebecca sussultò e richiuse immediatamente la rivista che stava sfogliando. “H-Hermione… ma certo che puoi sederti. Vieni, non mi piace mangiare da sola!”.

 

Hermione sorrise e allungò lo sguardo verso il giornale. “Che stai leggendo di bello?”.

 

“Oh, niente di speciale… stupidaggini” si schermò lei, diventando però stranamente rossa.

 

“Non sarà uno di quei test babbani sull’anima gemella, vero?” la prese in giro Hermione, cercando di strapparle di mano il settimanale.

 

Che?”. Becky rimase così sorpresa dalla domanda che finì con il mollare la presa.

 

Ma questa è una rivista di moda. Non sapevo che t’interessassi di queste cose…”.

 

Rebecca s’inalberò un poco a quelle parole. “Diversamente da quanto pensa la maggior parte delle persone, anche io ho una sensibilità femminile”.

 

Hermione arrossì. “Scusa, Becky. Non volevo offenderti, ma è così strano vederti presa da cose così futili… Ehm, come mai la stavi leggendo?” chiese poi, interessata.

 

“Stavo solo dando un’occhiata a questi” fece la giovane, aprendo il giornale e mostrando all’amica alcune fotografie.

 

“Sono abiti molto belli”.

 

“Già… devo andare a un matrimonio e me ne serve uno. Pensavo che se avessi sfogliato una di queste riviste avrei potuto farmi un’idea ma…”.

 

“... ma non sai cosa scegliere” terminò per lei Hermione. “E’ del tutto normale. Sono uno più bello dell’altro, nessuna donna sarebbe in grado di farlo… O meglio, nessuna tranne Ginny!”.

 

Ginny?”.

 

“Mm-Mm! E’ una bomba per quanto riguarda la moda. Non ho mai visto nessuno bravo come lei! Che ne dici se le chiedessimo di darti una mano? Sono certa che ne sarebbe più che felice” propose la mora.

 

Rebecca tentennò. Non aveva pensato di coinvolgere qualcun altro in quella ricerca ma sapeva che se si fosse ostinata a fare tutto da sola avrebbe combinato solo un disastro. E lei non voleva fare brutte figure, soprattutto non davanti a John che era stato così premuroso e gentile da farle da cavaliere. Hermione la stava fissando con uno sguardo complice che la fece sorridere.

 

E va bene… Chiamiamo l’esperta!”.

 

 

 

“Verde?”.

 

“No”.

 

“Nero?”.

 

“Ad un matrimonio? No, no”.

 

Che ne dici del rosa?”.

 

“Sembrerebbe un confetto! No, qui ci vuole qualcosa di tenue e leggero… proprio come lei”.

 

Rebecca guardava affascinata le due donne che da un buon quarto d’ora continuavano ad accostarle vicino al viso pezzi di stoffa colorata. Dopo aver scelto il modello da una pagina di giornale e averlo fatto materializzare dal nulla, adesso le due giovani erano alle prese con la scelta del colore. Ginny sembrava aver preso molto a cuore quel compito. Quando Hermione l’aveva chiamata per chiederle aiuto, lei non se l’era fatto ripetere due volte, e aveva dato loro appuntamento per quella stessa sera.

 

Harry era stato subito confinato nel soggiorno e Rebecca si era sentita un po’ in colpa per averlo costretto a trascorrere la serata da solo.

 

“Siete certe che Harry non se la sia presa?”.

 

“Non preoccuparti per lui Becky. Più tardi mi occuperò personalmente di fargli passare quel muso lungo… Conosco un paio di trucchetti che di solito non lo lasciano indifferente!” le rispose Ginny, ammiccando.

 

Hermione rise di gusto. “Sei formidabile! Riesci sempre a rigirartelo come vuoi! Ma come fai?”.

 

“Questione di stile” scherzò la rossa, facendo di nuovo ridere le due. “Ho trovato! Per te ci vuole il lilla!”.

 

“Lilla?” fece Rebecca, asciugandosi le lacrime dagli occhi.

 

“Sì… E’ un colore adattissimo alla tua carnagione e poi farà risaltare i tuoi occhi”.

 

“Hai ragione, Gin. Il lilla le starà d’incanto! Farà voltare più di una testa, te lo dico io!”.

 

E ora i capelli...” disse Ginny, slegando la folta treccia della ragazza. “Sono bellissimi, Becky!”.

 

“Grazie…” rispose lei, imbarazzata. Non era abituata a sentirsi lodare per il suo aspetto fisico e quell’apprezzamento l’aveva sorpresa.

 

Hermione e Ginny lavorarono intorno alla donna per un’altra ora, prima che la rossa fosse completamente soddisfatta del risultato.

 

E adesso la verifica!” disse Ginny, appoggiando la spazzola al comò. “Harry!” chiamò ad alta voce. “Harry, vieni qui, per favore!”.

 

Si sentirono alcuni passi salire le scale, poi la porta della camera si aprì e la faccia un po’ seccata di Harry comparve. “Allora, avete finito di pasticciare o ne avete ancora per mo… Becky?”.

 

“Allora, che te ne pare?” domandò elettrizzata Ginny. “Non è bellissima?”.

 

Harry non poté che annuire, incredulo. Lui sapeva benissimo che Rebecca era una bella ragazza, l’aveva avuta sotto gli occhi per cinque anni! Ma non si era mai veramente accorto del suo aspetto fisico, come del resto anche altre persone con la vista più lunga della sua in fatto di donne… Tutt’a un tratto e senza una ragione precisa l’uomo iniziò a ridere.

 

“Beh, cosa c’è di tanto divertente?” gli chiese Ginny.

 

“Oh… Sto immaginando la faccia che farà John quando andrà a prenderla. Scommetto che ci rimarrà secco!”.

 

Involontariamente Rebecca avvampò.

 

***

John socchiuse gli occhi per un attimo. La luce del sole entrava dalle vetrate colorate della chiesa, colpendolo proprio in viso. Cercando di fare meno rumore possibile si spostò leggermente verso sinistra, andando a sfiorare il braccio della donna che gli sedeva di fianco. Lei alzò la testa e gli sorrise dolcemente, poi ritornò a prestare attenzione alla cerimonia. Lui, invece, rimase a fissarla imbambolato.

 

Possibile che quella donna fosse veramente lei? Che quella specie di sirena fosse in realtà il suo pulcino? Ma da dove era sbucata?

 

Quando quella mattina aveva bussato alla sua porta e lei gli aveva aperto, ci aveva messo un abbondante minuto prima di riuscire a recuperare l’uso della parola. La sua migliore amica era riuscita a stupirlo.

 

Sentendosi osservata, Becky tornò a sollevare lo sguardo su di lui. “Tutto bene?” bisbigliò. I suoi grandi occhi viola risplendevano di perplessità.

 

“Sì” sussurrò lui in risposta, facendole l’occhiolino. “Ma se non si muovono finirò con il morire di fame!”.

 

Becky trattenne una risata e gli si avvicinò maggiormente, facendogli sentire il suo profumo alla vaniglia. “Non saresti l’unico, te lo assicuro! Da come mio zio Malcom sta guardando quelle ostie credo che il prete farà meglio a sbrigarsi!”.

 

Finalmente, dopo un’altra mezz’ora, la cerimonia ebbe termine. Tutti gli ospiti si precipitarono fuori per riuscire a bombardare di riso la coppia di novelli sposi. Becky afferrò prontamente la mano di John e lo trascinò lontano dalla folla di esagitati.

 

Ma è normale?” chiese l’alto Auror, indicando la mezza tonnellata di riso che ormai giaceva sui gradini della chiesa.

 

“Sì, se appartieni alla famiglia Johnson!” sospirò la bruna. “Immagino che il matrimonio di tua sorella Nell sia stato molto più tranquillo”.

 

“Non per colpa mia… Se me lo avesse lasciato fare, avrei volentieri movimentato l’atmosfera con qualche fuoco d’artificio in chiesa!” scherzò lui.

 

Lei lo guardò storto. “Non credo che Nell avrebbe capito…”.

 

E’ per questo che mi sono limitato a passarle una scatola esplosiva al posto del cofanetto delle fedi”.

 

“Cosa?!?”.

 

John scoppiò a ridere davanti al viso sconcertato di Becky. “Beh, non era proprio una scatola esplosiva… Hai presente quelle cassette che se le apri salta su la faccia di un pupazzo? Ho cercato quello più spaventoso e gliel’ho piazzato in mano. Quando lo ha aperto ha fatto un salto di un metro e mezzo!”.

 

“Certo che sei terribile!” costatò la ragazza, ma poi si mise a ridere anche lei.

 

“Mi sa che dobbiamo andare…” fece John, osservando la folla che si disperdeva verso le macchine.

 

G-Già” balbettò Rebecca, storcendosi le mani.

 

Accorgendosi del suo improvviso cambiamento d’umore, l’uomo le afferrò la mano e intrecciò le dita alle sue. “Non temere, pulcino. Andrà tutto bene, ci sono io con te! Con una montagna come me a farti da guardia del corpo, nessuno avrà il coraggio di criticarti… e se solo ci provano so già che devo fare!”.

 

Becky gli fece un timido sorriso e gli strinse la mano. Con John al suo fianco si sentiva più sicura. Era bello poter contare su di un amico come lui: faceva sempre sembrare tutto così semplice e divertente! Anche le situazioni più drammatiche e difficili da affrontare assumevano un aspetto meno spaventoso se lui le stava vicino. Certo, alle volte esagerava con il suo buon umore, ma per lei, che fino a quando non l’aveva conosciuto la vita era stata piatta e monotona, quel ragazzo rappresentava un punto di riferimento del quale non avrebbe mai potuto fare a meno.

 

“Pronta per entrare nella tana del leone?” le chiese John.

 

“Certo!” fu la sua risposta. Speriamo solo di non uscirne a pezzi…

 

 

 

Il giardino profumava di rose e lavanda. Gli sposi avevano preferito allestire fuori il banchetto di nozze, e così avevano fatto innalzare dei piccoli padiglioni a tema nel giardino del ristorante.

 

“E’ tutto delizioso, Kelly, davvero!” disse Becky, abbracciando la cugina.

 

“Sono felice che ti piaccia. Ho dovuto lottare come una forsennata per farlo accettare alla mamma! Secondo lei era di cattivo gusto costringere gli ospiti a rimanere in piedi!” sussurrò la giovane sposa.

 

“Io lo trovo molto originale, invece” intervenne John. “In questo modo se a un ospite non piace la compagnia di un altro non è per forza costretto a rimanergli accanto durante tutto il ricevimento!”.

 

Kelly sorrise, divertita dalla sua schiettezza. “Già. E’ la stessa cosa che ho pensato io!”.

 

“Inoltre, perché rinchiudersi dentro a un buco caldo, quando fuori c’è una giornata tanto bella?”.

 

“Ehi, Rebecca… il tuo amico mi piace, com’è che non l’ho mai visto prima?”.

 

“Scusa, Kelly. Ti presento John. Lui è… beh, lui è…” iniziò a balbettare la bruna. Non pensava di sentirsi così in imbarazzo nel dover pronunciare quella parola.

 

Becky sta cercando di dirti che sono il suo ragazzo, ma è così emozionata che non riesce nemmeno a trovare le parole. Vero, tesoro?” le sussurrò lui all’orecchio, mentre con una mano se l’avvicinava al corpo.

 

Becky lo guardò storto, poi, senza farsi vedere, gli tirò un pizzicotto che lo fece ridacchiare.

 

“Ragazzo?” trillò Kelly, incredula.

 

Mmm… sì. Sì, John e io stiamo… insieme”. Beh, quello non era del tutto falso. In effetti, lui l’aveva accompagnata a quello stupido matrimonio.

 

“Sono felice per te, Rebecca! Ehi, tu…” scherzò Kelly, rivolgendosi all’alto Auror, “… mi raccomando, Rebecca è una brava ragazza, la ‘perla’ della famiglia, ti conviene trattarla bene! Ci siamo intesi?”.

 

“Oh, non ti preoccupare. Con me, la tua bellissima cugina è al sicuro” dichiarò deciso lui, scoccandole uno sguardo indecifrabile.

 

Kelly rise, divertita. “Mi spiace dovervi lasciare, ragazzi, ma il mio maritino mi sta chiamando… E’ stato un piacere conoscerti, John. A proposito, perché tu e Rebecca non venite a trovarci dopo che saremo tornati dalla luna di miele? Mi farebbe piacere”.

 

John le strizzò l’occhio, poi si voltò verso la sua compagna. “Tua cugina è molto simpatica!”.

 

“Non farti strane idee… Kelly è un’eccezione. La regola, invece, sta per abbordarci a ore nove” bisbigliò la giovane, prima di afferrarlo per la manica della giacca e trascinarlo lontano.

 

Ma si può sapere che stai facendo?”.

 

“Mi allontano dal nemico… Oh, no, da quella parte c’è zia Lorna”. Becky si fermò in mezzo al prato e cambiò improvvisamente direzione, facendolo inciampare nei suoi stessi piedi.

 

“Ti vuoi dare una calmata? Mi sembri tarantolata!” si lamentò lui, prendendola per i polsi e costringendola a fermarsi. “E’ inutile che tu tenti di scappare, sei circondata dai tuoi parenti… è impossibile evitarli!”.

 

Il respiro di Becky era affrettato e il suo sguardo percorreva in lungo e in largo il giardino. Poi, come calamitati da una strana forza, i suoi occhi incontrarono quelli di John, e la calma s’impossessò di lei.

 

“Scusami, John, ma credo che non funzionerà”.

 

E perché? Tua cugina ci è cascata in pieno, ed è bastato solo dirle che stiamo insieme”.

 

“Sì, beh… veramente sei stato tu quello che ha parlato. Io mi sono impappinata come una scema! E se l’ho fatto con lei, figurati con quelle impiccione delle mie zie!”.

 

John scosse il capo. Così non andava, non andava per niente bene! “Perché non cerchi di rilassarti? Dovresti goderti la festa, invece di pensare continuamente alle tue zie! Ascolta, sai che facciamo? Tu ti metti in quell’angolino e mi aspetti mentre vado a cercare qualcosa da bere. Quando torno devi avere ripetuto nella testa ‘Sono calma e mi sto divertendo’ almeno una cinquantina di volte, ok? Vedrai che dopo ti sentirai meglio!”.

 

Lei annuì. “Va bene, però tu fa’ presto”.

 

Lui si chinò quel tanto da permettergli di sfiorarle la fronte con le labbra. “Sarò così veloce che non ti accorgerai nemmeno che mi sono allontanato!”.

 

Rebecca lo lasciò andare e si sedette proprio dove John le aveva detto. Da quella posizione appartata riusciva a vedere quasi tutto il giardino. La maggior parte delle persone stava chiacchierando allegramente, mentre alcune coppie si erano lasciate trasportare dalle note dell’orchestra e avevano iniziato a ballare. Sospirando lentamente, la ragazza chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dall’atmosfera gioiosa che la circondava. John aveva ragione. Si sentiva molto meglio…

 

 

 

John si mise in fila per prendere qualcosa da bere. La gente attorno a lui sembrava divertirsi parecchio. Lui, invece, si sentiva stranamente inquieto, e la cosa non gli piaceva per niente. Sapeva che quel suo umore non dipendeva da quello nervoso di Becky, ma aveva invece la netta sensazione che lo strano formicolio sulla punta delle dita che aveva iniziato a sentire quella mattina, non appena aveva posato gli occhi su di lei, avesse più a che fare con qualcosa di fisico, qualcosa che non avrebbe mai dovuto pensare… Con un sospiro, John prese due bicchieri e si voltò per tornare indietro. Ma, quando allungò lo sguardo verso l’angolo del giardino dove Becky era andata a cercare pace, inorridì. Appoggiando i bicchieri e chiedendo scusa alle persone che lo circondavano, si affrettò a raggiungere la sua amica.

 

 

 

“Rebecca!!” strillò una donna bionda, con un buffissimo cappello che a John fece venire in mente il centrotavola che sua madre si ostinava a esibire durante le feste di Natale.

 

“Zia Louisa, che piacere vederti!” rispose la ragazza, stampandosi un sorriso di circostanza sul viso.

 

“Tesoro, come sei carina… Giuro, quando ho visto quella macchia di colore viola che svolazzava inquieta da un padiglione all’altro ho pensato subito a te! Solo tu potevi avere il coraggio di indossare quel colore”.

 

Macchia? Svolazzava inquieta? John corrugò leggermente la fronte, infastidito. Ma chi si credeva di essere quella sottospecie di tacchino ripieno?

 

“Questo non è viola, zia Louisa, è lilla” tentò di difendersi Becky.

 

“Sì, beh, fa poca differenza… Ehm, dimmi, cara… quanti anni hai?”.

 

“Ventitrè, zia. Lo sai benissimo” rispose asciutta la ragazza. Ecco che l’interrogatorio era cominciato. Ma dov’era finito John?!?

 

Louisa, ma con chi stai parlando?” chiese una voce femminile alle loro spalle. Dietro di loro altre due donne si erano unite al loro gruppetto. John si sentì per un attimo braccato. Ma quante erano?

 

“Oh, guarda Jenny, la piccola Rebecca!” riprese la donna dai corti capelli mori.

 

“Zia Millicent, zia Jenny… sono felice di vedervi” disse Rebecca, mentre cercava con lo sguardo una qualsiasi via di fuga.

 

“Beh, tanto piccola non direi MillicentPensa che ha già ventitrè anni, me lo stava dicendo proprio ora!”.

 

“Ventitrè?” urlò scandalizzata sua zia Jenny, cercando con lo sguardo le sorelle. “E dimmi, cara… Lavori ancora in quel posto?”.

 

Becky strinse le labbra. Le sue zie non avevano mai approvato la sua idea di diventare un Auror e tutte le volte che s’incontravano non perdevano l’occasione di rammentarglielo.

 

Se per quel posto intendi il Quartier Generale degli Auror, sì zia Jenny, ci lavoro ancora”.

 

“Una ragazza come te non dovrebbe lavorare”.

 

“Sì, tesoro. Nessuna delle tue cugine ha mai lavorato” rincarò la dose sua zia Milllicent.

 

Nessuna delle mie cugine era orfana e aveva voglia di andarsene di casa!, pensò lei con una punta di amarezza.

 

“Come farai a trovarti uno straccio di marito se continuerai a frequentare gente rozza e feccia della peggior specie?”.

 

“La gente con cui lavoro non è affatto rozza. Sono tutti professionisti di altissimo livello e io sono fortunata a poter lavorare con loro!” esplose Becky.

 

Le tre donne la fissarono con un’espressione sconcertata.

 

“Noto con dispiacere che, nonostante l’età, non hai perso il caratteraccio che avevi da bambina” osservò sprezzante sua zia Louisa.

 

“Su questo non sono d’accordo con Lei, Signora” intervenne a quel punto John. Se ne era stato buono e zitto fino a quel momento, ma quando era troppo era troppo!

 

E Lei chi è?” fece zia Millicent, accorgendosi, come le altre, solo in quell’istante della presenza dell’alto Auror.

 

John stirò le labbra in una smorfia. “Una di quelle persone rozze che sua nipote frequenta”.

 

La donna ebbe il buon gusto di arrossire.

 

“Mi spiace che Lei abbia dovuto assistere a questo sgradevole scambio di opinioni, Signor…” disse con gentilezza zia Louisa.

 

“Capitano Carson, Signora. Lavoro con sua nipote da cinque anni e la conosco abbastanza bene da non essere d’accordo con quello che ha appena detto di lei”.

 

Rebecca allungò una mano per farlo tacere, ma lui gliela imprigionò nella sua. Era così piccola e delicata che tutte le volte che la toccava aveva paura di spezzarla. Ma lui sapeva che dietro a quell’aspetto esile e composto si nascondeva una donna forte e piena di sentimenti, una donna capace di guidare senza difficoltà un’intera Squadra di Auror durante una battaglia, e allo stesso tempo di umiliarsi davanti a gente di cui non le importava granché, solo perché erano gli unici suoi parenti.

 

Becky non ha affatto un caratteraccio. Certo, a volte è un tantino troppo seria, ma è anche buona e generosa. E’ uno dei migliori Auror con i quali collaboro e in più di un’occasione mi ha salvato la vita. I suoi uomini la stimano e i suoi superiori la rispettano, e tutto questo lo deve solo a se stessa e alla sua volontà di uscire dal percorso che avevate disegnato per lei!”.

 

Le tre donne lo ascoltavano in religioso silenzio, emettendo solo ogni tanto un piccolo singulto scandalizzato.

 

Becky è cambiata molto in questi cinque anni, ed è cambiata in meglio perché adesso è felice. Ha trovato la sua strada. Non ditemi che non siete contente per lei?”.

 

“Lei sembra conoscere molto bene mia nipote” osservò una voce femminile.

 

“Zia Lorna!” esclamò Rebecca. Bene, adesso siamo proprio al completo!

 

La donna non sembrò prestare attenzione alle parole della ragazza e continuò a fissare John con aperta curiosità. “Mi dica, Capitano, in che rapporti è con mia nipote?”.

 

John esitò un attimo. Sotto lo sguardo incrociato di quelle donne si sentiva a disagio come non lo era mai stato prima. Adesso capiva cosa intendeva dire Rebecca quando gli aveva raccontato di quelle quattro. Poi sentì le dita della giovane stringere con forza la sua mano, come a volergli infondere coraggio e allora, come per magia, ritrovò tutta la sua naturale sfacciataggine.

 

“Io sono il ragazzo di Becky” mentì spudoratamente, facendo sussultare per la sorpresa tutte le donne.

 

“Rebecca! Cos’è questa storia?” saltò su zia Louisa. “Perché non ci hai detto che eri fidanzata?”.

 

“Mi meraviglio di te! E’ questo il modo di trattare la tua famiglia? Nascondendole le cose?” rincarò la dose zia Millicent.

 

Rebecca tentò più volte di aprire bocca, ma le fu impossibile dare voce alle proprie scuse perché ogni volta che cercava di parlare una delle sue zie interveniva con nuove proteste. Poi, improvvisamente, l’attenzione delle donne si rivolse tutta verso John.

 

“Così anche Lei è un Auror… Una vita pericolosa la Sua, sempre a caccia di criminali”.

 

“Sono contento del mio lavoro. Mi piace pensare che se la gente può camminare libera e sicura per le strade lo deve un po’ anche a me”.

 

Mmm” grugnì zia Jenny, “E la Sua famiglia? I suoi genitori non desiderano qualcosa di meglio per Lei?”.

 

John aggrottò la fronte. Dove volevano arrivare quelle sanguisughe?

 

“Zia Jenny, con tutto il rispetto parlando, non credo che questi siano affari tuoi!” scattò Becky, offesa. Si sentiva terribilmente in imbarazzo per quello che stava accadendo. John era stato così carino con lei, e adesso le sue zie stavano rovinando tutto!

 

“Sciocchezze, Rebecca! Certo che sono affari miei se questo tipo ha intenzione di frequentarti! Allora, Signor Carson…”.

 

John accarezzò il polso di Becky per farle capire che andava tutto bene. “Mio padre è morto l’anno scorso e mia madre è una donna molto intelligente. Sa perfettamente che il mio lavoro è importante per me, e anche se si preoccupa non mi chiederebbe mai di rinunciarci”.

 

La donna sbuffò, spazientita. “Ma in questo modo rimarrà sempre e soltanto un soldato! Non crede che la sua futura famiglia si meriti qualcosa di più? Certamente Rebecca non si può accontentare di così poco…”.

 

“… Ma forse Lei conta sul fatto che Rebecca ha alle spalle una dote decisamente cospicua. Lo sa, vero, che nostra nipote è molto ricca?” concluse zia Lorna.

 

John inarcò un sopracciglio. Stava iniziando ad irritarsi… Ma con che razza di gente era imparentata Becky? Stava già per rispondere a dovere, quando la voce bassa e stranamente fredda della sua compagna lo precedette.

 

“Per quanto la cosa possa sembrarvi sconsiderata io non sono come voi! Non me ne frega niente dei soldi o della posizione che potrei conquistare se sposassi uno di quei damerini incartapecoriti che continuate a presentarmi… Preferirei rimanere sola tutta la vita piuttosto che fare un matrimonio di convenienza! John è un bravo ragazzo, il miglior amico che potessi mai sperare di avere… Mi ha dato più affetto lui di tutte quante voi messe insieme e non tollererò che lo trattiate alla stregua di un fallito o di un cacciatore di dote!”.

 

Scoccando uno sguardo disgustato alle zie, superò il gruppetto che era rimasto senza parole. “Ah, per la cronaca…” si voltò nuovamente verso di loro, “… sono orgogliosa di essere single!”.

 

John trattenne a stento un sorriso e si mise le mani nelle tasche della giacca. “Signore… Posso dire che conoscervi è stato molto… istruttivo. Spero proprio di non dover ripetere mai più l’esperienza. Buona festa!”.

 

 

 

John trovò Becky sotto un albero di ciliegio. Borbottava in maniera ridicola e continuava a sbattere i piedi per terra.

 

“Tutto bene?” le chiese, con mezzo sorriso.

 

“Sono solo delle vecchie pipistrelle rimbecillite! Come hanno potuto? Oh, mi vergogno così tanto… Scusa, John” sussurrò lei, nascondendosi il viso tra le mani.

 

“Non devi scusarti con me, pulcino. Non hai fatto niente di male… Anzi, nessuno mi ha mai difeso con così tanta passione. Sei stata incredibile!” mormorò lui, facendole alzare il volto per guardarla negli occhi.

 

“Quando hanno cominciato a fare quelle ridicole illazioni… Avrei voluto spaccare loro la testa!”.

 

“Mi sarebbe piaciuto assistere allo spettacolo, ma credo che poi avrei dovuto arrestarti per rissa!” rise lui. “Già mi vedo i titoli sulla Gazzetta… Capitano della Squadra Speciale riduce le zie in polpette al matrimonio della cugina! Intervista completa a pagina quattordici”.

 

Lei lo guardò torva. “Smettila di fare il deficiente! Io sto parlando sul serio!”.

 

“Oh, ma anch’io!”. Rise ancora più forte.

 

Rebecca sbuffò e gli diede le spalle.

 

Lui tornò serio e la fissò con una strana espressione. “Non m’interessa quello che hanno detto di noi, Becky. M’importa molto di più quello che pensi tu”.

 

Lei voltò lentamente la testa, una brezza leggera le scompigliava i riccioli scuri.

 

“Tu sei la mia migliore amica e non mi piace vederti così abbattuta solo perché delle stupide oche pensano che conti meno di zero o che io ti abbia scelta solo per i tuoi soldi. Tu vali molto di più di tutto l’oro del mondo, e sono certo che presto troverai qualcuno in grado di capirlo… specie se continuerai a vestirti così!” terminò lui, facendole l’occhiolino per strapparle un sorriso.

 

“Sei il solito imbecille… ma ti voglio bene anche per questo!”.

 

“Felice di poterLe essere d’aiuto! E adesso…” disse, afferrandola per un polso e tirandola verso la pista da ballo, “… andiamo a divertirci!”.

 

Ma John, non ho voglia di ballare. E poi ormai lo sanno che non sei il mio ragazzo. Sarebbe solo tempo sprecato!” cercò di protestare lei.

 

“Eh, no, pulcino! Mi hai prenotato fino a mezzanotte e io porto sempre a termine il mio lavoro”.

 

***

Rebecca si fermò davanti al portone del suo appartamento. Il buio era sceso ormai da diverse ore, e l’aria si era fatta più fresca., ma lei non sembrava essersene accorta. Aveva trascorso un magnifico pomeriggio. Si era divertita tantissimo e tutto grazie al ragazzo che adesso la stava guardando con la sua solita espressione da buontempone.

 

Improvvisamente lui si mise a ridere.

 

Che c’è?” chiese lei, attonita.

 

“Mi è venuta in mente la faccia di tuo cugino Franky quando si è ritrovato tra le braccia il bouquet di Kelly! Secondo me non le ha viste arrivare tutte quelle damigelle!”.

 

“Poverino, l’hanno quasi soffocato sotto tutto quel tulle!” rise lei, divertita.

 

John pensò che non aveva mai sentito niente di più seducente in tutta la sua vita. E nemmeno l’aveva mai visto… Sotto la luce fioca della luna, Rebecca era davvero bellissima. Una visione dolcissima con la quale avrebbe volentieri trascorso le lunghe ore che mancavano all’alba.

 

L’orologio della vicina chiesa iniziò a suonare, scuotendolo da quei pensieri.

 

“E’ mezzanotte” fece lei.

 

“A quanto sembra il mio ruolo è finito”.

 

“Grazie, John. Sei stato un fidanzato perfetto. Sicuramente il migliore che io abbia mai avuto”.

 

Ma se sono il primo?” ribatté lui, sollevando un sopracciglio.

 

“Appunto per questo sei stato il migliore!” rise lei, “… senza di te non so proprio come avrei fatto”.

 

Mmm… non ho fatto un granché, tu hai spiattellato tutto troppo in fretta! Non mi hai dato nemmeno il tempo di abituarmi all’idea…”

 

Però mi sei stato vicino e mi hai fatto passare un meraviglioso pomeriggio. Forse dovrei affittarti più spesso” rise di nuovo lei.

 

Lui la fissò affascinato, mentre il sangue prese a scorrergli più velocemente nelle vene. Che cos’era quel calore che sentiva al petto? Da dove veniva quella voglia pazzesca di mettersi a correre a perdifiato? Tutt’a un tratto gli sembrava di essere diventato l’uomo più potente della Terra… e per cosa?

 

Per quel suono così dolce e ricco di promesse nascoste.

 

Rebecca continuava a ridere davanti a lui, incurante dell’effetto che provocava al suo corpo. E più rideva, più lui si sentiva esplodere dalla voglia di fare proprio quel suono. Di toccarlo. Era qualcosa di stupido. Lo sapeva bene che i suoni non si potevano toccare, eppure… lui ne aveva un folle desiderio.

 

Lentamente, quasi fosse stata una scena a rallentatore, John si chinò su di lei e le sfiorò le labbra con le proprie. Fu in quel preciso momento che quel suono rimbombò dentro di lui, con la forza di un torrente in piena. Travolto da quell’ondata, il ragazzo si fece indietro per un solo attimo, per poi tornare subito dopo a farsi investire da tutta quella dolcissima potenza. Senza indugio, le passò un braccio dietro la schiena e se l’avvicinò maggiormente al petto. Poteva sentire ogni curva del suo piccolo corpo schiacciata contro il suo, mentre continuava a baciarla sempre più intensamente. Lei era più morbida di un batuffolo di cotone, più dolce dello zucchero filato e più deliziosa di qualsiasi altra cosa avesse mai assaggiato. Lo aveva circondato con le mani dietro la nuca, e se dapprima era rimasta confusa dal suo gesto, ora anche lei ne sembrava del tutto assuefatta.

 

John non ricordava di essersi mai lasciato prendere da un bacio come da quello che stava dando in quel momento. In tutta la sua vita non gli era mai capitato di perdere il controllo, tanto meno a causa di una donna. Era quasi incredibile che fosse proprio Rebecca, il suo timido pulcino, a smentire quel dato di fatto. Nella sua totale innocenza, lei era troppo desiderabile perché lui riuscisse a mantenere a lungo le giuste distanze…

 

Forse domenica mattina potresti non risvegliarti nel tuo letto. Improvvisamente le parole di Ron tornarono a farsi sentire chiare nella sua mente, e la visione del volto di Rebecca nel momento di massima passione gli strappò un lamento.

 

Con un movimento brusco, il ragazzo si staccò dalla bocca di lei, e fece un passo indietro, sconvolto. Ma che diavolo stava combinando? Era del tutto impazzito? Non poteva portarsela a letto… non Becky. Non il suo pulcino, per quanto bella e desiderabile fosse.

 

Per un interminabile attimo, Rebecca rimase ferma, gli occhi serrati e le labbra socchiuse. Si sentiva confusa e leggera, come se il suo corpo stesse volando a bordo di una nuvola. Non aveva mai provato nulla del genere prima di allora, e il fatto che fosse stato proprio John a mostrarle quelle sensazioni la rendeva ancora più disorientata…

 

Becky sollevò una mano e si passò le dita tremanti sulle labbra gonfie. Poteva ancora sentire la pressione insistente di quelle di lui e il sapore della sua pelle… il sapore di un’altra persona. Il sapore di un uomo. Il sapore di John

 

“Scusami… Non avrei dovuto”.

 

Becky aprì gli occhi di scatto e incrociò lo sguardo colpevole di John. Sembrava preoccupato e smarrito. Non lo aveva mai visto così…

 

“Non so cosa mi sia preso…” mormorò di nuovo, allontanandosi sempre di più. “… Tu…”.

 

Meriti di meglio.

 

John, aspetta… perché…”.

 

“Scusa, ora… ora devo andare” la interruppe, prima di lanciarle un’ultima occhiata e sparire nel nulla con un sonoro Crack.

 

Becky restò a lungo a fissare il vuoto davanti a lei. Poi, lentamente, si girò e aprì il portone. Salì le scale ed entrò nel proprio appartamento. Senza nemmeno accendere la luce, si lasciò cadere a peso morto sul letto e iniziò a contemplare il soffitto con aria assorta. Quella era stata decisamente una giornata strana… ma fra tutte le cose che le erano capitate, uno solo era l’insegnamento che avrebbe ricordato e di cui avrebbe fatto tesoro.

 

Mai fidarsi dei finti fidanzati… portano più scompiglio di quelli veri. Un dolce scompiglio…

 

 

Fine.

 

Spero che vi sia piaciuta, ragazzi… Mi raccomando, fate i bravi e lasciate un bel commentino. Un bacio e alla prossima, Vale.

  
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