Oggi è mercoledì.. sapete che vuole dire?
Che
io sono qua a seccare i vostri animi pazienti con il mio aggiornamento
:D
Sono sorpresa da me stessa, sto riuscendo a postare ogni mercoledì
puntualmente.. Qualcosa vorrà pure dire!
Per quanto riguarda questo capitolo,
non credo ci siano cose da dire..
E' ancora di introduzione, siamo sempre
nello stesso giorno di narrazione. Scusate se la cosa va un pò a rilento, ma
devo chiarire bene gli aspetti del carattere di Laetitia e soffermarmi sulla sua
storia.
Ma non temete, non mancherà una parte interessante!
Anzi
u.u
Ah! Mi dimenticavo di dire che, anche Nick ha 19 anni! Non so perchè non
l'ho detto prima, ma vabbè.
Mi perdonerete se non faccio i ringraziamenti
singoli ma non sto ancora molto bene e la testa mi scoppia ç_ç
Mi farò
perdonare al prossimo capitolo!
Ringrazio le 5 ragazze che hanno recensito lo
scorso capitolo, e le 4 che hanno commentato "La Cometa Di Halley" <3 (per la
quale rinnovo alla lettura :D)
E questo è tutto!
Un bacione
girls!
La vostra,
Lety.
Use Somebody.
We live in the shadows and we had the chance and threw it
away
And it's never gonna be the same
Cos the years are following by
like the rain
And it's never gonna be the same
'Til the life I knew
comes to my house and says
Hello
(Hello-Oasis)
Laetitia rientrò nella sua stanza piuttosto sorpresa
dall’incontro che aveva appena avuto.
E meno male che sarebbe stata
“fondamentalmente sola”, si disse, ripensando alle ultime famose parole
di Olivia.
Anche se, francamente, non le era dispiaciuto poi così tanto fare
la conoscenza di quel Nicholas .
Scosse il capo, dicendosi che
quelle non erano considerazioni molto opportuna, ecco.
Si distese sul suo
letto e per un attimo annullò completamente ogni tipo di pensiero.
Ebbe come
la sensazione di trovarsi ancora in orfanotrofio, circondata da un mondo in cui
non si riusciva a distinguere la notte dal giorno, il bianco dal nero, la vita..
dalla morte.
Un posto in cui ogni giorno, sembrava così maledettamente
uguale, governato con prepotenza dalla monotonia più totale, che non avrebbe mai
dato adito ad un minimo cambiamento.
Quel posto che però aveva ospitato la
sua crescita, il suo maturamento, quella che era sempre stata la sua vita. Era
stata lasciata lì che aveva soli tre anni, assente di memoria e
ricordi.
Laetitia aveva sempre chiesto alle suore se ricordassero qualcosa in
più su di lei, se avessero idea di chi potessero essere i suoi genitori, ma
purtroppo, nessuna di loro sapeva nulla.
Secondo Suor Evelina Laetitia
sarebbe dovuta chiamarsi Mosè o cose simili, poiché la sera in cui la trovarono,
pioveva da morire, e sembrava che l’acqua volesse portarsela via.
Ed invece,
la superiora dell’epoca, decise di chiamarla Laetitia, perché gli occhioni vispi
di quella bambina emanavano felicità, gioia nonostante la sua
condizione.
Ecco perché Laetitia, dal sostantivo latino significante appunto
“gioia”.
Seppure il suo nome provenisse dal latino, Laetitia con questa
lingua non aveva mai avuto un buon rapporto, sin dai primi approcci.
Tant’è
che a volte, le suore ci rinunciavano completamente.
Anche se, qualcosa di
miracoloso, Laetitia l’aveva fatto.
Fin dalle sue prime letture, dimostrò un
certo interesse verso opere di un certo riguardo, ecco perché dal compimento dei
suoi 11 anni, Laetitia iniziò a leggere l’intera “Summa Teologica” di San
Tommaso D’ Aquino, riempiendo d’orgoglio Suor Evelina.
Ed anche adesso,
nonostante avesse finito di leggere l’intera opera Laetitia, ogni tanto
spolverava quei tomi enormi che l’avevano accompagnata nella sua
crescita.
Per un momento, Laetitia pensò a quegli attimi e gli occhi, le si
ingolfarono di lacrime.
Non voleva tornare lì, ma di certo, sapeva che tutto
di quel posto le sarebbe mancato.
Respirò profondamente, prima di balzare giù
dal letto e andare a vedere cosa avesse infilato Suor Evelina in quello
scatolone così imponente.
Si chinò mettendosi in ginocchio, e iniziò a
frugare: trovò come prima la cosa la bambola dei bambini, poi vecchi libri,
indumenti indossati da lei da bambini, qualche fotografia sparsa, un termos di
caffè e uno di the ed infine, un contenitore con dentro delle cotolette, ed una
lettera.
Cara Gioia,
sono sicura che adesso starai mettendo apposto le tue
cose, perché sei ansiosa di tutto ciò.
Non voglio interrompere questo
momento, ma dovevo lasciarti un segno.
Un ricordo, un vecchio e forse inutile
ricordo.
Non dimenticherò mai quella notte in cui ti trovammo davanti la
nostra porta, che piangevi come se ti stessero. Fu Suora Augustine a portarti di
dentro, ma la prima a prenderti in braccio fui proprio io.
Non dimenticherò
mai come brillavano i tuoi occhi.
Già, Laetitia, tu eri già destinata a
brillare.
Da sempre, e lo sarai finchè Dio vorrà.
Non voglio dilungarmi,
la luce fioca di questa lampadina mi fa male agli occhi.
Voglio solo
augurarti di proseguire il tuo cammino illuminata dalla luce del Signore,
affinchè tu possa portare gioia sempre, dovunque tu
sia.
Non dimenticarti chi sei.
Buona
fortuna per tutto.
Ti proteggo e pregherò sempre per te.
Suor
Evelina.
Quelle poche parole furono in grado di far scoppiare nel
cuore di Laetitia tante di quelle emozioni che scoppiò in un pianto
disperato.
Era vero che ora avrebbe vissuto per tutti quegli anni che aveva
perso ma, era pur vero che lasciare il suo passato non era la cosa più facile
che potesse affrontare.
Ma sentiva che quella era la scelta giusta e che,
nonostante tutto si sarebbe trovata bene.
Il suo passato sarebbe rimasto lì,
per lei, per sempre.
Non era da sola.
Prese il contenitore con il
cibo di Suor Evelina e tornò in cucina, dove, inaspettatamente, trovò Nicholas.
Sgranò gli occhi, poi si lasciò ad andare ad una
risatina. << Che fai ancora qui? >> chiese appoggiando il braccio
alla porta, guardandolo con aria ridente.
Il ragazzo, di rimando, scrollò le
spalle e si alzò dalla sedia. << Di solito, - iniziò a dire
accompagnandosi da un gesto teatrale- chi prende qualcosa dalla cucina, torna
per rimetterla a posto. >> poi, raggiunse il piano di cottura e iniziò ad
armeggiare con padelle ed
olio.
Laetitia iniziò a ridere appena lo vide intento a
cucinarsi delle uova, fallendo miseramente nel suo tentativo.
Posò il
contenitore sul tavolo e disse << Non è così che si cucina un uovo, lascia
fare a me. >>
Nicholas alzò lo sguardo verso di lei e sorrise <<
Prego, fa pure. >>
Sembrava quasi che volesse sfidarla, e Laetitia,
accettò subito quella messa alla prova.
Inarcò divertita il sopracciglio e si
mise al lavoro.
<< Fatti da parte. >> mormorò prima di
avvicinarsi ai fornelli.
Il ragazzo alzò le mani con un sorriso compiaciuto,
e le rispose << E’ tutto per te. >>
Subito, Laetitia spense il
fuoco e levò la padella dal piano.
Prese l’olio e ne mise un po’ sulla
padella, poi, sbattè un uovo e accese il fuoco.
<< La mia specialità
sono le frittate. >> affermò la ragazza, mentre Nicholas la guardava
attentamente.
<< Allora, fai questa frittata, vediamo quanto sei brava.
>> controbattè il ragazzo incrociando le braccia.
Laetitia di rimando,
rimase stupita dalla risposta del ragazzo. << Non sfidarmi, Nicholas, non
mi conosci neanche. >> sorrise beffarda. << Non sai con chi hai a
che fare. >>
Nicholas sorrise sgembo. << E con chi avrei a che
fare? >>
Il ragazzo sembrava avere un certo interesse verso Laetitia,
mostrando però particolare talento nel reprimere ogni tipo di
“manifestazione”.
<< Chiamami pure accademica. Ho passato
quasi tutti i miei diciannove anni di vita in un orfanotrofio circondata da
suore e regole. >> rispose la ragazza con una naturalezza che spaventò
Nicholas.
Che infatti, rimase alquanto sorpreso.
Appena sentì pronunciare
dalla sua bocca la parola “orfanotrofio” però, dentro sussultò.
La sicurezza
di Laetitia mise parecchio in difficoltà Nicholas.
Stava praticamente dicendo
ad un estraneo d’esser orfana, senza nessuna preoccupazione o paura.
Ed anche
Nicholas, in quell’istante, percepì in lei qualcosa di speciale.
<<
Beh, sarò sincero mi ha sorpreso. Ma complimenti per la franchezza.
>>
Laetitia sorrise così istintivamente che quasi non se ne
accorse.
Aprì la bocca per rispondergli ma, le uscì soltanto un lieve ed
incomprensibile sussurro.
<<
Grazie.. Ma sai, credo che esser franchi sia una delle doti più pregevoli degli
esseri umani. Peccato che nessuno è sincero al giorno d’oggi.
>>
Nicholas sorrise. Non le era mai capitato di incontrare una persona
come lei.
Mai.
Così naturale, così spontanea, già così vera.
Non come
le persone che lo circondavano, che gli ronzavano dietro solo perché “cavolo,
lui è Nick Jonas”. Ma no, lei no.
Lei forse non neanche sapeva chi
fosse.
Per un attimo, forse bastò quello, Nicholas, mentì.
<< Posso
capirti.. I miei genitori sono sempre assenti nella mia vita ed io sono
praticamente solo. Anche io nei miei diciannove anni di vita ho fatto un pò
tutto per conto mio. >> non seppe neanche lui cosa gli passò per la
testa.
Forse voleva solo sentirsi vicino a lei, voleva somigliare un po’ a
quella ragazza che sembrava lo stesse rapendo con il suo modo di fare.
Ma
Nicholas sapeva di mentire, mentire spudoratamente.
E sapeva fin troppo bene
che non avrebbe mai dovuto mentire.
Ma quando il sorriso della ragazza si
illuminò, ogni pensiero sparì.
<< Benvenuto nel mio mondo. >>
asserì lei.
Nick annuì allarmato.
Poi, Laetitia spense il fuoco e avvicinò
un piatto pulito.
Strappò un po’ di carta da alimenti e la posò sul piatto,
mettendovi di sopra la frittata.
Mostrò vittoriosa il piatto a Nicholas e gli
disse << Ecco fatto. >>
I suoi occhi si incrociarono con quelli
del ragazzo, e per un attimo, si dimenticò di ogni cosa.
<< Quand’è che
cucinerai di nuovo per me? >> fece il ragazzo divertito.
Laetitia rise.
<< Non ho mai cucinato per te. >>
Detto questo, la ragazza prese
una forchetta ed un tovagliolo e si avviò verso la porta.
<< Questa è
per me caro mio. >> disse, prima di sparire nella sua
stanza.