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Autore: Mia    04/03/2010    2 recensioni
Fanfiction partecipante all'iniziativa "2010: a year togheter" indetta da CoS.
Era una piccola, insignificante moneta che poteva farle sopravvivere un giorno in più...
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza dei sorrisi - 4 marzo 1883

193. «Un penny per un tuo sorriso»

Era una fanciulla bianca e delicata: sembrava bastasse un soffio di vento per arrossarle la pelle e portarla via, facendola volteggiare come un aquilone nel grigio, fumoso cielo di Londra.
Sedeva ogni giorno sul ciglio della strada, avvolta in un enorme scialle che le copriva le spalle nude e magre; osservava i passanti, il viso dolce, etereo e sporco, pronta a vendersi per un pezzo di pane. Ma in quel misero, periferico quartiere della City nessuno aveva pietà di lei. Gli uomini che la possedevano le davano pochi penny, con i quali entrava nella piccola pasticceria di miss Smith. Era un negozietto, dove una vecchietta curva e gentile, vendeva torte e paste ai ben pochi clienti che, in un quartiere come quello, potevano permetterseli: non erano infatti i dolci ad essere troppo cari, ma la gente ad essere tanto, troppo povera.
Miss Smith vedeva spesso quella ragazzina – non doveva avere più di quattordici anni – passare davanti alla sua vetrina, fermandosi come incantata a rimirare quei piccoli pezzi di paradiso. Quando li comprava, li assaporava lentamente, come fossero ciò che di più sublime e meraviglioso potesse offrire quel mondo buio e senza speranza.
Quella povera fanciulla non sorrideva mai. I suoi occhi color degli iris erano sempre vacui, persi, distratti, come se non volessero soffermarsi sui dettagli del mondo esterno, di quella vita che con loro era stata così crudele. Solo quando finiva di assaporare i pasticcini e si leccava la crema dalle labbra, si lasciava sfuggire un sorriso. Era fugace e leggero, ma bastava ad illuminare anche la giornata londinese più sporca e piovosa.
Marzo era giunto, portando la pioggia, che quel giorno si era intensificata in uno scroscio forte e continuo. In quell'angolo della City, erano in pochi a possedere ombrelli: ci si copriva con scialli, sacchi, fogli di giornale raccattati per strada, oppure ci si lasciava bagnare. Era difficile non notare quel giovanotto di bell'aspetto, fermo sul marciapiede, al riparo dall'acqua sotto un ombrello nero. Indossava abiti borghesi: il suo soprabito era perfetto, la camicia perfettamente bianca e in ordine, il cappello calato elegantemente sul bel viso.
Molti passando gli lanciavano occhiate curiose, dimenticandosi tuttavia ben presto di lui: la vita bestiale che erano costretti a condurre non lasciava spazio al pensiero.
Il giovanotto era immobile sotto la pioggia ed osservava la fanciulla esile ed eterea, che girava a piedi scalzi, bagnata fradicia anche sotto l'ampio scialle che aveva usato per ripararsi dalla pioggia. Nella speranza di bagnarsi meno si era infilata in un vicolo stretto e buio, senza allontanarsi troppo dalla strada, desiderando che qualche cliente la raccattasse e la conducesse da qualche parte dove avrebbe fatto l'amore con lei, per poi darle pochi penny in compenso. Almeno non avrebbe più dovuto sopportare la pioggia. Il suo sguardo era perso nel vuoto, la testa leggermente inclinata verso l'alto: aveva una bellezza struggente e delicata. Per lungo tempo i due giovani restarono immobili, immersi nei loro pensieri. Infine la ragazza uscì da quello stretto vicolo e si allontanò, tenendosi alto sulla testa lo scialle come riparo dalla pioggia. Il giovane la seguì.
Le esili gambe erano veloci, mentre quelle del giovanotto, abituate all'ozio e ai viaggi in carrozza, faticavano a tener dietro a quella fragile creatura. Quando la raggiunse le toccò la spalla e i due si trovarono uno di fronte all'altro. Il giovane sorrise; lei no. Si limitava a fissarlo con lo stesso sguardo di sempre.
Egli le disse qualcosa che il rumore scrosciante della pioggia coprì: poi se ne andò.
La fanciulla rimase in silenzio. Non disse nulla, limitandosi a fissare il giovane che saliva su una carrozza: solo quando il rumore degli zoccoli non fu più udibile, ella si mosse.
Si fermò davanti alla porta di legno scuro di una casa borghese: bussò discretamente e poco dopo il giovanotto che le aveva parlato sotto la pioggia le aprì, con un sorriso cordiale sul viso. Lo studio in cui la condusse non era molto ampio, ma elegante. Sorretto da quattro sottili gambe di legno e coperto da un telo nero, c'era un apparecchio fotografico, risalente ormai ad almeno un decennio prima, con un tempo di posa lungo, ma sicuramente in grado di fare delle fotografie di buona qualità.
Di fronte all'apparecchio c'era un piccolo divano dal tessuto prezioso, con molti cuscini. Come le era stato detto, la ragazza lasciò cadere i vestiti, accomodandosi poi timidamente sul divano. Egli la studiava, studiava la cornice migliore per quella creatura delicata che il fato gli aveva fatto incontrare in quello sporco vicolo di Londra, l'ultimo luogo in cui egli avrebbe cercato.
Trovò infine la posizione più adatta: la fanciulla era adagiata sul divano, le braccia mollemente abbandonate sui cuscini, lo sguardo fisso in camera.
Il giovanotto sorrise soddisfatto e si posizionò dietro all'apparecchio, preparandosi a scattare la foto.
-Un penny per un tuo sorriso.- le disse infine, tirando fuori dalla tasca una piccola moneta di rame, di quelle che sarebbero bastate a comprare un sacchettino di frutta candita. Lei abbassò gli occhi e osservò la moneta che il giovane le mostrava. Sollevò il viso e fece un timido sorriso, un pallido raggio di sole che scomparve subito dietro le nubi della tristezza.
Poi restò immobile, in posa, guardandosi attorno: le pareti bianche erano completamente tappezzate di fotografie che ritraevano giovani ragazze.
Molte di loro erano sedute, chi su sedie di paglia, chi su tappeti o cuscini; altre erano in piedi intente a suonare uno strumento o a leggere un libro. Tutte belle ed estremamente giovani, bambine dai volti emaciati e grandi occhi espressivi. I loro sorrisi appena accennati erano dolci, un po' stupiti. I corpi nudi erano magri e pallidi, ma ciò non sminuiva loro grazia infantile.
Alcune le conosceva di vista, come lei vivevano sulla strada, ma da un po' non le vedeva più...
Fra quell'oceano di volti riconobbe una ragazza che conosceva bene, a differenza delle altre. Seduta su una sedia di vimini, dal grande schienale, osservava lo spettatore con occhi dolci di bambina: si chiamava Marianne, aveva tredici anni appena.
Anche lei viveva in quello sporco vicolo, poi un giorno era scomparsa e nessuno se ne era curato, neppure quando avevano ritrovato il suo corpo. Era bella anche nella morte, più pulita, più serena, sembrava quasi stesse dormendo: sembrava che sorridesse. In bocca, sotto la lingua, era stata trovata una moneta da un penny.
Era una piccola, insignificante moneta che poteva farle sopravvivere un giorno in più... era lo stesso penny che il giovanotto le porgeva...


La storia partecipa all'iniziativa 2010: a year togheter indetta da « Collection of starlight » , said Mr Fanfiction Contest, con il prompt 193. «Un penny per un tuo sorriso».
  
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