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Autore: Briseide    25/07/2005    5 recensioni
Sirius Black: se da sobrio e sveglio non è la persona più affidabile e rassicurante del pianeta, da ubriaco e con un tetto a disposizione... non lo è per niente!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Disclaimer: I personaggi citati in questa one-shot (a parte uno) sono di proprietà dell'autrice J.K.Rowling. Io non scrivo a scopo di lucro.





Just drunk





Sala Comune Gryffindor.
Ore 17.45
Un giorno qualsiasi





Era una giornata relativamente tranquilla, quella.
O abbastanza noiosa, se a esprimere un giudizio e trastullarsi su un divano era un tale James Potter, che con aria mesta passava un boccino da una mano all’altra e lanciava occhiate maliziose ad una ragazza seduta nella poltrona davanti a lui.
E se James Potter si annoiava, esistevano due e due sole ragioni:

IPOTESI A: Lily Evans era ad almeno cinquecento metri lontano da lui. E non era questo il caso.
IPOTESI B: Sirius Black, non era al suo fianco. Ed è questo il caso.

Lanciò uno sguardo rapido, molto rapido, per non distogliere troppo a lungo i suoi occhi dall’incantevole visione di una Lily alquanto infastidita dalle sue illudenti attenzioni, per controllare la porta, o per essere più precisi, il sedere della signora Grassa, anche se non erano esattamente deliziati da quella visione. Un’opera di carità di quella buon anima del preside, probabilmente.
Ermeticamente chiusa. Senza contare che tra tutte le possibilità di entrare in una qualche stanza da parte di Sirius Black, quella di entrare dalla porta era la più lontana dal verificabile. Troppo semplice, troppo banale, troppo conformista. Che diamine, tutti, ma proprio tutti, entravano dalle porte!
Ghignò di nascosto e tornò a sorridere a Lily.
Dio, che noia.
Quando il ritratto della suddetta imponente signora si aprì, qualche minuto dopo, la tesa di James quasi ruotò su se stessa, per fermarsi con una mossa brusca alla vista di Lupin, di ritorno da quella prigione polverosa che si divertiva a chiamare biblioteca. Teneva un tomo sotto il braccio e un discreto numero di fogli di pergamena in una mano, e senza il minimo ritegno e rispetto verso di lui, si avvicinò a Lily con un sorriso educato, e le porse il libro.
Lei alzò la testa, quella adorabile testolina rossa, e gli occhi verso di lui, spiegando le labbra in un morbido sorriso gentile e allungò una mano, candida e perfettamente curata, poggiando le dita sulla copertina polverosa del libro.

“Grazie, Remus”.

Sussurrò, per non disturbare gli altri, che stavano dormendo dietro i libri o giocando a scacchi dietro al divano, come Peter, che emozionato vinceva la terza partita di seguito giocando da solo.
Sirius aveva truccato la scacchiera, dandole istruzioni ben precise: avrebbe dovuto giocare contro Peter e lasciarlo vincere. Sempre. O almeno due o tre volte di seguito.

“Ho vinto!”.

Aveva esultato quello con la sua vocetta stridula, sporgendosi sul divano e ripetendolo nell’orecchio di James. Si sarebbe anche complimentato con lui, se la visione di due occhi sottili e furiosi non lo avessero distolto.
Lily aveva tossito nervosamente, e non era mai stata bella come in quel momento.
Lei è bella in ogni momento, James, quale blasfemia vai dicendo!
Si riprese, subito. Ovviamente.
“C’è troppa calma”.
Si lamentò sprofondando nel divano.
In quella scuola, tra quei corridoi, in quelle aule, da quelle parti insomma, ogni desiderio di James Potter era un ordine, almeno così piaceva affermare lui. Quella volta, non fece eccezione.
Lily stava quasi per esclamare in un ringraziamento accorato a Merlino, quando il corridoio alle loro spalle, oltre il dipinto, risuonò di passi veloci, indice di una corsa spasmodica, accompagnata da un forte ansimare e condita con qualche imprecazione e preghiera di tanto in tanto.

Circa un minuto dopo, la signora Grassa aveva dato in escandescenze e si era fatta da parte, visibilmente spaventata e contrariata al tempo stesso. E dietro al grasso della sua tempera, era apparsa una ragazza, sui diciassette anni, dall’aspetto alquanto trasandato e un abbigliamento piuttosto inusuale, almeno secondo i dettami delle regole non scritte ma severamente, e minacciosamente, imposte dalla McGranitt.
James si tirò a sedere e si lasciò sfuggire un sorriso obliquo, molto simile ad un ghigno a dirla tutta. Certo, non era Sirius Black, ma almeno non era una persona tanto normale.

“Nora!”

aveva esclamato senza alzarsi, continuando a ridere.
Quella Nora, aveva alzato una mano, e l’aveva agitata debolmente. Il petto era ancora provato dalla corsa, lei ansimava, e la camicia che la copriva si alzava su e giù, lasciando spazio alle gambe, non esageratamente lunghe dopotutto. Un paio di calzini neri, ai piedi ovviamente, era l’ultimo indumento, volendo procedere con ordine, che la ricopriva.

“Potter”.

Farfugliò flebilmente, passandosi una mano tra i capelli, sparati in tutte le direzioni.
Abitualmente le sfioravano le spalle e non stavano mai al loro posto, ma in quel momento erano davvero terribili. Peter si era alzato da terra, affascinato dalla visione che aveva appena avuto, e aveva il viso color magenta, la bocca quasi aperta e gli occhi fuori dalle orbite.
E dire che Nora non era poi una così bella ragazza. Non che fosse brutta, ma Sirius ne aveva trovate di meglio, secondo il personalissimo parere di James. Conscio del fatto che a lui non piacevano le more, non trovava che gli occhi azzurri fossero poi così belli, e preferiva le gambe lunghe e i corpi slanciati piuttosto che quello di una come Nora e.. oh insomma, a lui piaceva Lily Evans e basta. Ma Nora lo faceva divertire, se non altro. E poi, durava da quasi otto mesi tra loro. Non era una cosa da poco. Peter invece, si accontentava della prima donna quasi nuda che gli capitava sotto gli occhi.
Lentamente Nora, aveva ripreso fiato e le guance si erano spente di quel colorito acceso che le aveva causato quella corsa.

“Perché sei vestita così?”.

Aveva domandato Peter, arrossendo, convinto di essere stato l’unico a notare lo stato di Nora. Sembrava una terremotata, dopotutto. Anche Lily aveva chiuso il libro e appoggiato le spalle allo schienale, e se ne stava lì con le braccia conserte a scuotere la testa ed elargire a chiunque la guardasse, un tacito sguardo di disapprovazione e antipatia.
Nora allargò di poco gli occhi, portando le maniche della camicia, già lunga di suo, fin oltre le dita delle sue mani.

“E perché hai indosso una camicia così grande?”.

Aggiunse sempre Peter, stavolta tremando al pensiero che qualcuno potesse rendersi conto che aveva indugiato sulle gambe di Nora, per aver notato quel particolare.
Nora strabuzzò gli occhi, questa volta, alzando le mani verso l’alto e cercando di trovare qualche parola. Nora non era come Sirius, dopotutto, ed era estremamente in imbarazzo. Si era colorita di nuovo di rosso sulle guance, e non sapeva proprio cosa dire. James scoppiò a ridere. Ridere di gusto. E non accennava a smettere, anche se Lily stava per urlare qualcosa.
“Andiamo Peter! Cosa vuoi che ci faccia vestita… ops, svestita così, la pseudo coinquilina di letto di Sirius, con solo la sua camicia addosso e tutta trafelata?”.

Nora non aveva più motivi per imbarazzarsi, ma molti per arrabbiarsi e fare a pezzi quell’emerito idiota che divideva la vita con il suo pseudo inquilino di letto, negli ultimi otto mesi, altrimenti detto James Potter.
Peter, al contrario, sembrava essere venuto finalmente a conoscenza del terribile e sconvolgente segreto, del come mai una donna mezza nuda fosse lì davanti a lui. E aveva tutta l’intenzione di scavare una fossa e sotterrarsi per non poter tornare mai più in superficie.
Lily si schiarì la gola, contemporaneamente a James, che le rivolse un amorevole sorriso poco ricambiato, prima di guardare beffardamente Nora e venirsene fuori con una apparentemente innocua domanda, che spacciò anche come un suo diritto porre.

“E insomma? Sirius dove è scappato?”.
“Ha fatto il giro largo”.

Rispose seccamente lei, sedendosi sul divano, e chiudendo gli occhi. Lei non faceva assolutamente parte di quel gruppo assurdo di pazzi squinternati che si faceva chiamare Malandrini. Lei andava solo a letto con Black, e cercava di non pensare a quanto sarebbe stato bello avere la possibilità di vietare a tutte le altre di entrare in quello stesso letto, e vantare dei diritti sulle prestazioni del ragazzo.
Quindi, non era decisamente abituata a dover scappare, e rischiare una punizione, e correre per minuti e minuti con il fiato di Gazza alle spalle, e il pericolo della McGranitt ad ogni angolo. Soprattutto, non con una misera camicia di Sirius addosso, maledizione!
Ammetteva, con un po’ di vergogna al pensare che gli altri erano così abituati, di essersi presa un bello spavento, e aveva una gran voglia di dare un pugno a Potter, per farlo smettere di ridere e ghignare come un emerito imbecille. Non invidiava Lily Evans, no per niente.

“E dai, Nora, lui gonfierà tutto, ho bisogno di una testimonianza reale su quanto successo, per sfotterlo a dovere! Non farti pregare”.

Piagnucolò, o meglio, finse di piagnucolare, quello che si definiva il miglior amico di Sirius. Visto che tra lei e Sirius non c’era niente di ufficialmente serio, aveva tutto il diritto di mandare quel fastidioso ragazzo a quel paese e andare via, da qualche parte, ma lontano da lui. Poi tornò sui suoi passi.
Sfottere Sirius? Meglio di niente.
Non si meritava che lei gli parasse anche il… le spalle. Sorrise forzatamente a James, e gli fornì una laconica, ma sincera e piuttosto critica versione dei fatti.

“Stavamo litigando, abbiamo alzato la voce – ho alzato la voce- e ci ha sentiti Gazza. Quindi siamo dovuti scappare dalla torre di Divinazione, per non farci scoprire”.
“Mh. E… lui adesso ha indosso una tua maglietta con una bella farfalla sul davanti e la tua gonna e sta correndo qui?”.

Insinuò Potter, sorridendo di nuovo in quel modo odioso.
Peter gli batté una mano paffuta sulla spalla, ma il vero orrore la assalì quando sentì perfettamente Lily Evans soffocare una risata dietro uno sbuffo e una mano. James le strizzò simpaticamente un occhio, nel suo profondo molto inorgoglito per averla fatta ridere, e poi tornò tranquillamente a deridere lei.

“Vaffanculo Potter, tu e quel deficiente del tuo amico!”.

Si era alzata ed era corsa verso i Dormitori, inconsapevole del fatto che la camicia si fosse alzata ogni qual volta che aveva sollevato una gamba, e che per ogni gradino, Peter aveva avuto una visione, un sussulto, un orgasmo e una vergogna verginale. Arrivata alla porta dei dormitori femminili, era entrata e sparita per un paio di minuti, durante i quali James aveva iniziato a pregustare l’arrivo di Sirius e Lily si malediva per non essere riuscita a soffocare quella risata, di poco prima.
E Peter pregava Merlino perché lei tornasse giù e salisse di nuovo, di nuovo e di nuovo. Anche se non era la ragazza più bella della scuola.
“E ridategli questa, appena arriva!”.

Aveva urlato seccata e furiosa allo stesso tempo, binomio molto pericoloso per qualsiasi essere umano, figurarsi una donna, la donna di Sirius Black, attualmente in lite con lui, sorpresa da Gazza e umiliata davanti al migliore amico di Sirius e a altre persone della Sala Comune. E così dicendo, o meglio urlando, aveva gettato per le scale la camicia di Sirius e sbattuto la porta alle sue spalle.
Mentre la porta sbatteva, Sirius Black usciva dal camino sputando fuliggine e ansimando, anche lui. Le urla di Gazza erano ancora udibili.
Il suo arrivo fu accolto da un applauso e un coro di fischi, e un ovazione da parte di James e Peter, e di un sinceramente divertito ma rassegnato Remus. Lily aveva alzato gli occhi su di lui e li aveva subito rivolti verso il soffitto, non appena aveva notato che non aveva niente a coprirlo, se non i jeans e le scarpe. E dopotutto, lei nel suo più intimo privato, guardava, male eh, solo James.

“Nora è passata di qui?”.

Aveva chiesto alzandosi in piedi e scrollandosi di dosso un po’ di fuliggine. Peter era arrossito di nuovo e aveva ripreso una nuova partita a scacchi.
Nell’avvicinarsi a James, piuttosto gioviale, Sirius lanciò un’occhiata di ammonimento alla scacchiera, ottenendo una strizzata d’occhio dall’alfiere. Annuì compiaciuto e si sedette accanto all’amico, che lo accolse con una pacca sulla spalla.

“Eccome! Correndo e inveendo”.
“Contro Gazza, immagino”. Asserì convinto Sirius.
“No, contro di te”.

A quelle parole, aprì gli occhi e li fissò in quelli di James, mentre tutto intorno a lui si faceva duramente più consapevole, ed ecco che all’improvviso i suoi occhi potevano vedere la camicia buttata in terra, e la porta dei dormitori ermeticamente e indiscutibilmente… chiusa.
Deglutì e scosse la testa, prendendosela tra le mani. James continuava a ridere, sembrava che non riuscisse a fermarsi, neanche alla vista di un preoccupato Sirius. Per lui, erano guai, se era come credeva. Solo che aveva paura di accertarlo.
Sollevò gli occhi verso la porta dei Dormitori.

“NORA?”.

Provò a chiamare, a voce alta, e leggermente arrochita dai brutti presentimenti che lo avevano colto. Non gli giunse risposta. Male. Molto male.
Quella strega della Evans sembrava anche sinceramente divertita… o peggio: soddisfatta.
Certo, si stava augurando che Nora lo sfigurasse, o lo malmenasse fino a privarlo dell’utilizzo dei suoi attributi migliori. Stentava a credere che il sadismo di una persona potesse giungere a tali livelli come in quella Evans.

“NORA!”

Stavolta aveva eliminato qualsiasi tono di domanda nella sua voce, semmai poteva intravedersi un che di supplichevole, che mascherò perfettamente, anche se a dire dal ghigno di James, lui l’aveva percepito eccome.
Contemporaneamente si alzò. Ancora nessuna risposta.
Con un sospiro sofferto salì le scale e si fermò davanti alla porta delle stanze femminili.

“Nora, su… non-”
“Black chiudi quella bocca, razza di idiota che non sei altro!”.
Sirius aprì bocca per dire qualcosa, aveva delle capacità oratorie notevoli, di solito quelle lo tiravano sempre fuori dai guai, al secondo posto dopo una sana corsa, altresì detta fuga, da chi di dovere. Ma lei lo precedette, furiosa. Aveva un che di isterico la sua voce, e quel che comprometteva tutto.
“E dammi la mia maglietta!”.
Sirius richiuse la bocca. Si portò una mano in fronte e si stampò un sonoro schiaffo in quel punto preciso, prima di imprecare tra i denti e sbattere la testa contro la porta. James ormai piangeva per il troppo ridere.
“La avrai solo quando ti sarai resa conto di avere torto, dolcezza”.
Rispose sorridendo al legno. Dall’interno della stanza, giunse un rumore soffocato, dei passi e la porta si aprì in un secondo. Sirius le sorrise, c’era gente ad osservare, e sapeva che era anche grazie al suo sorriso se quella da otto mesi era la sua compagna di piaceri.
“Tu adesso torni da dove sei venuto, e mi riporti la maglietta”.
No, ok. Non aveva funzionato, ma aveva tanti assi nelle maniche, lui. Peccato che le maniche in genere fossero solo due, e uno lo aveva già sprecato.
“Nora… non credo che possa andare proprio fisicamente nel posto da dove sono venuto… che poi sarebbe anche quello dove mi hai mandato tu! Ragion per cui io credo che tu possa vivere anche senza quella maglietta, soprattutto se mi fai entrare e suggellare la nostra pace a modo mio e…”.
“La. Mia. Maglietta”.
Poi i suoi occhi e il suo viso erano scomparsi.
E aveva dovuto fare i conti con il legno della porta… sul suo naso.



Corridoio davanti alla Sala Comune Gryffindor
Ore 18. 30
Un ex giorno qualsiasi.




Con un sospiro affranto, Sirius si era lasciato andare con le spalle contro il muro dietro di lui.
Che aveva soffocato un gemito di dolore e un insulto senza mezzi termini. Tra quegli insulti, c’era anche un invito, poco gentile, verso il proprietario di quelle spalle a togliersi di mezzo, in special modo dal suo stomaco.
Con un balzo in avanti Sirius si era scostato e voltato.
“Oh mi scusi tanto, signora… signora”.
Concluse, deciso che non fosse il caso di aggiungere altro e beccarsi la seconda strigliata della giornata, dalla Signora Grassa, per giunta.
James era davanti a lui, che si passava la mano tra i capelli e rideva ancora di tanto in tanto. Al suo sguardo torvo, smise definitivamente, con una prova di forte e solidale autocontrollo e gli fece cenno di camminare un po’.
“Non vorrai arrivare fino alla torre, vero?”.
Gli chiese con un tono che tutto aveva, tranne che di domanda. Sirius lo guardò per qualche secondo, poi scrollò le spalle e sorrise.
“Naa”.
Si scambiarono una breve dimostrazione di quanto fossero virili e spiritosi, e si incamminarono per i corridoi del castello, senza una meta precisa ma con una nota destinazione: il passaggio della strega orba.

Forse lo avevano sempre saputo, da quando erano usciti dalla Sala Comune, che avrebbero finito con l’arrivare lì e prendere la via di fuga per il villaggio, ma di tanto in tanto, era bello fingere di essere due bravi studenti, che passeggiano serenamente per il corridoio a lezioni terminate, esponendosi ognuno i propri problemi sentimentali e varie crisi esistenziali.
Ma chi? James Potter e Sirius Black?
In meno di dieci minuti, erano davanti al passaggio, dieci secondi dopo lo stavano percorrendo. Una ventina di passi ed erano nella cantina di Mielandia, seduti sulle casse di birra e alcolici, a trastullarsi e a non fare assolutamente niente né di socialmente utile, né di corretto.
Stapparono una bottiglia di birra, quella pura, e brindarono ai Malandrini.
Alla seconda bottiglia, Sirius sembrò ricordarsi di cosa era successo in tutto il tempo precedente a quel simpatico banchetto di alcolici.
“Mh, James! Ricordami di passare a prendere la maglietta di Nora!”.
“Certo, amico”.
Si, come no.
Sirius parve riflettere per qualche minuto. Non tanto su quanto fosse stato ridicolo chiedere a James di prendersi un impegno simile, quanto su come fosse possibile che lo avesse chiesto, proprio lui. Se ne sarebbe fregato, della maglietta di un’altra. Ma la maglietta era di Nora e lui l’aveva fatta arrabbiare, e di brutto anche! Che strano. Non sarebbe mica tornato indietro. Mai fatto niente di simile.
“Ehi James…”.
"Si ?"
"Tu... tu andresti a prendere la maglietta di Lily, se te lo avesse urlato contro arrabbiata?”
“… penso di si”.
“E perché?”.
“Perché io sono completamente perso, per quella ragazza”.

James socchiuse gli occhi, nella sua tipica espressione di quando parlava di Lily Evans. Così diverso dal solito James, così lontano dagli altri esseri umani, così fastidiosamente innamorato.
Sirius non era innamorato di Nora, però sarebbe andato a prenderle la maglietta, glielo aveva detto. L’aveva anche fatta arrabbiare. Poteva dire che loro due avevano litigato.
E che lui stava cercano di fare pace. Doveva cercare di fare pace.
Il perché non gli era molto chiaro.
Litigare con una ragazza, significava spiegarle che non aveva intenzione di presentarla agli amici, di uscire con lei, di dormire con lei se qualcuna gli sembrava più carina. E quindi, equivaleva a lasciarla, a ‘rompere’ quel ‘niente’ che si era stabilito con quella ‘lei’ e… niente. Farla finita. Chiusa una porta, aperta ad un'altra e avanti la prossima.
Guardo James, passandogli la bottiglia di birra, gli occhi un po’ vacui, lo sguardo torbido, la lingua incerta, i pensieri liberi di fare casino nella sua testa, una strana sensazione alla bocca dello stomaco che non era nausea per l’alcol bevuto, ma un sentore. Un avviso che qualcosa era cambiato e che entro la fine di quella giornata, avrebbe combinato qualche guaio. Questo, era quello che lo preoccupava di meno.
“Ehi”.
“Eh?”.
“Se io le porto la maglietta, io e Nora faremo pace?”.
“Sirius… sei ubriaco? Suppongo di si”.
L’amico tacque per lunghi istanti. Bevve un altro sorso di birra e si distese, chiudendo gli occhi e incrociando le braccia sotto la testa. James lo guardò sinceramente e fraternamente preoccupato. Forse il caso di togliergli la birra. Non che lui fosse in condizioni migliori, ma una doccia lo avrebbe fatto riprendere al volo, come sempre.
Sirius sembrava finito da tutt’altra parte. Decise di non passargli la birra, per quel giro.
Riemerse all’improvviso, spaventandolo a morte e facendogli rovesciare la birra sulla maglietta.
“Quindi, io farò pace con lei e poi continueremo ad andare a letto insieme?”.
“Mh…beh si. Se farete pace”.
Sirius assottigliò gli occhi, cercando di afferrare tutte le parole, che sembravano volare via, da tutte le parti, spandersi intorno a lui, e rimbombargli nella testa. Dei passi, li fecero sobbalzare.
“Sono le otto, il negozio chiude”.
Constatò James, portando con sé l’ultima bottiglia di birra e tornando ad infilarsi nel passaggio, seguito da un Sirius traballante e con uno sguardo un po’ strano.
Era ovvio che non prometteva niente di buono, ma lo avrebbe lasciato fare.
Solo che non poteva immaginare cosa era successo e cosa sarebbe successo.
Non sapeva che Sirius per la prima volta era innamorato.
E per quell’occasione, avrebbe fatto le cose in grande, come ogni Black che si rispetti, e come Sirius Black non avrebbe dimostrato di essere da meno.





Giardino del Castello
Ore 22.30
Un defunto giorno qualsiasi.





Stringendosi la felpa addosso, Nora era uscita dal dormitorio ed era corsa nel giardino, dove una discreta folla di persone, naturalmente tutti studenti, si era riunita.
Tutti lì sotto, a prendere l’umido di aprile, con il naso all’insù, le tese all’indietro, e le bocche aperte. Quasi tutte, almeno.
Perché James Potter, ad esempio, stava ridendo apertamente, e a tratti sorrideva, spostando gli occhi un po’ più in basso e posandoli sulla figura di Lily Evans, affacciata alla finestra dei Dormitori femminili, che osservava quella scena dall’alto. Doveva sembragli la principessa delle fiabe, con quei lunghi capelli rossi che le scivolavano sulle spalle e dondolavano un po’ dalla finestra. Perché rideva come un ebete.

“Che vuoi, Potter?”.

Gli aveva domandato volutamente scortese, rabbrividendo.
James aveva chinato la testa per vedere chi gli rivolgesse la parola, e nel vedere lei sembrò estremamente soddisfatto. Miracolosamente, mise entrambe le mani in tasca, lasciando perdere per un attimo i capelli, e le domandò sospettosamente interessato e fin troppo innocentemente dove fosse Sirius.
A quel nome, la sua mascella si serrò e gli occhi si ridussero a due fessure, mentre le braccia incrociate al petto facevano a gara a chi stringesse più forte. Oh, se era arrabbiata con quella testa montata che non era altro! Ma cercò di non sembrare troppo furiosa nel rispondere.

“A me lo chiedi? Non lo vedo da oggi pomeriggio, né lui né la mia maglietta”.

Rispose acida e velenosa. James lasciò partire un sopracciglio verso l’alto, seguito subito dopo dall’altro e dai lembi delle labbra. Ma stava sempre a sorridere quello lì? Non sentendolo rispondere, pensò bene di ingannare l’attesa guardandosi intorno, e cercando di capire perché Potter l’avesse chiamata a gran voce dalla Sala Comune. La gente non era affatto diminuita, alcuni ridevano, altri, come per esempio Lucius Malfoy, si limitavano ad osservare la scena con le braccia conserte, le labbra ridotte ad una linea sottile, quasi scomparse,e e a mormorare di tanto in tanto qualche insulto a quell’esibizionista di turno. Che tra l’altro, sembrava stesse anche parlando, dicendo qualcosa.

“Persino autori babbani, tira fuori dal suo repertorio di stronzate”.

Sentì sibilare quasi alle sue spalle, da una voce rotta dalla stizza e dall’odio velenoso. Possibile che fosse proprio Bellatrix Black?
A quel punto, le sorse un dubbio. Sentì lo stomaco annodarsi, e un leggero senso di nausea pervaderla. Tra l’altro James sembrava così divertito. E Lily affacciata lassù così contrariata. Lesse sulle sue labbra un insindacabile:
imbecille
prima che ritirasse la testa e tornasse alle sue occupazioni. E quella voce le sembrava familiare, dopotutto. Allora, con un puro terrore a raffreddarle il corpo, si decise ad alzare la testa… e a prendere atto che Sirius Black era in piedi sul tetto della torre di Astronomia.
Ed ebbe il presentimento che la cosa l’avrebbe coinvolta in qualche spiacevole ed imbarazzante modo.
Soprattutto perché Potter aveva l’aria di uno che sapeva cosa ci fosse dietro, che quindi c’era dell’altro dietro, e che sarebbe stato terribile per qualcuno di sua conoscenza. Che, tremò, di certo sarebbe stata lei.
D’un tratto si arrabbiò. E molto, con James Potter.
Forse perché era quello che le era più vicino in quel momento, o forse perché era il migliore amico di Sirius. Non lo sapeva neanche lei di preciso, ma si arrabbiò moltissimo e lo colpì al petto puntandogli il dito contro.

“TU! LO HAI FATTO UBRIACARE?”.

Non si rese conto di aver urlato così forte, fino a quando non notò che uno Slytherin dai capelli terribilmente untuosi si era voltato verso di lei, con un’espressione di schifo e compassione, e che Lily si era affacciata di nuovo alla finestra, stavolta un po’ più tesa di prima.
Nora deglutì e continuò a fissare Potter, mentre l’imbarazzo la assaliva e la faceva colorare di rosso sulle gote. James alzò le braccia in alto e si proclamò innocente.

“Ti giuro di no!”.

Falso come Giuda. Peggio, di Giuda, a Giuda gli avrebbe fatto un baffo, uno come lui!
Naturalmente, non credette a James. Ma ora, quanto fosse bugiardo quel tipo, passava automaticamente in secondo piano, perché quella torre era alta, perché tutta quella gente lì fuori avrebbe attirato l’attenzione, perché la McGranitt poteva arrivare da un momento all’altro… e perché Sirius aveva alzato il tono di voce e tutti avevano teso le orecchie, Nora compresa. Solo che gli altri erano curiosi e lei terrorizzata.

“BLACK! VIENI IMMEDIATAMENTE GIU’!”

Gridò ormai isterica, con quanto fiato aveva in gola. Lui tacque un momento, poi riprese a parlare, o meglio, ad urlare, e Nora non riuscì a credere alle sue orecchie.
Sentì le gambe cedere sotto il suo peso e si appoggiò malamente al braccio di James. Lui non diede cenno di essere infastidito, anzi, parve persino comprenderla, anche se la avrebbe beffeggiata la mattina dopo, così la sostenne e ridendo non ritrasse il braccio.

“Mi doveva capitare proprio il Black di turno?”.

Piagnucolò realmente vicina alle lacrime. James le sorrise benignamente, forse voleva assicurarle, con quello sguardo così improvvisamente serio, che nonostante tutto, Sirius fosse un’ottima persona, a dispetto di quello che dava a vedere. Nora finì con il dargli ragione, anche se aveva iniziato a pensarlo da sola, due mesi prima.

“SIRIUS!”.
“SALI TU!”.


Deglutì. Più e più volte, mentre una ragazzina più piccola abbracciava emozionata un’altra accanto a lei e le rivolgeva un’occhiata di pura invidia. I suoi occhi dicevano chiaramente:
oh, quanto vorrei poter esserci io al posto di questo insettino qui per terra!
Appoggiata dall’altra, che le teneva una mano e al tempo stesso dava fuoco a Nora con lo sguardo:
ma guardala! Non ha neanche niente di speciale… quanto pagherei per essere al posto di questa streghetta da quattro soldi! Che neanche si decide a salire. Idiota.
Nora chiuse gli occhi per qualche secondo, stringendo più forte il braccio di James.
Ah, si eh? Vieni qui allora, che ti pago io, se me lo porti giù tu, visto che ti tieni tanto, ragazzina!
Li riaprì e le guardò ancora per un attimo. Stava perdendo il controllo, decisamente.
Però poi gli togli le mani di dosso e te ne vai.
Quell’ultimo pensiero, le valse il coraggio di staccarsi da James, sospirare ed entrare nel castello, diretta verso la torre di Astronomia.
Avrebbe sempre potuto scegliere la morte, gettandosi da lì: per essere alto era alto.
E Sirius era anche lì in piedi, mezzo barcollante e un po’ ubriaco.
Iniziò a correre, veloce, con il respiro mozzo dalla fatica, dall’ansia e la paura, dalla frenesia e dall’emozione.
Lo raggiunse in un batter d’occhio.





Tetto della torre di Astronomia.
Ore 23.15
Necrologio di un ex giorno qualsiasi.





Non aveva fatto i conti con le distanze.
No, decisamente. Non credeva che potesse essere poi così alto. La colse un brivido e un lieve mancamento, le persone non erano che puntini neri, ma sentiva forte e chiaro il loro brusio, anche se disturbato un po’ dalle folate di vento.

Sirius era a pochi passi dal bordo del tetto, tutto preso a prendersi in faccia gli schiaffi del vento – e chissà che non gli avrebbero fatto passare un po’ la sbronza- e a parlare di strane cose.
Cercò di camminare piano, per non spaventarlo e fargli perdere l’equilibrio. Quando fu abbastanza vicina, gli mise una mano sulla spalla, stringendola forte e lo fece voltare.
I suoi occhi quasi azzurri, più che altro grigi e offuscati dall’alcol si scontrarono con i suoi, e si lanciarono fiamme per qualche manciata di secondi.

“Smettila di fare lo scemo”.
“E tu di essere arrabbiata”.

Rispose con la voce roca lui. Nora non disse niente per qualche secondo. Era troppo emozionata e scossa da tutto quello, e ovviamente anche spaventata, per riuscire a controllare la voce. Guardò un attimo in basso e distolse subito gli occhi, sentendo la testa girare e la nausea tornare velocemente. Chiuse gli occhi e deglutì, a fatica, portandosi le mani tra i capelli. Non riusciva quasi a respirare, e pensare che lui era lì davanti che la guardava sereno, e aspettava che lei lo accontentasse, come fanno i bambini.

“Tu sei un esibizionista, io no! Tu non hai paura delle altezze, io si! Tu ti accontenti di una scopata, io non più!”.

Urlò mentre una lacrima scivolava dall’angolo dell’occhio, mai più indesiderata di allora.
Era di questo, che avevano discusso. Discusso poi. Quando lei aveva fatto per replicare, Gazza sembrava averli scoperti ed era iniziata la Grande Fuga.
Sirius la guardò, e scoppiò a ridere.
Si era aspettata di tutto, anche uno schiaffo, ma non una risata. Aveva lo stesso vizio di quel cretino di Potter, da ubriaco per caso?
Sbatté un piede spazientita e stizzita e gli voltò le spalle, cercando di nascondere le altre lacrime che erano venute fuori.
E’ colpa del vento, è colpa del vento, è colpa del vento.
Certo, aveva il vento negli occhi.
E Sirius nella testa. E nel petto. E nello stomaco. E nel cuore. Nei sogni. Negli incubi. Sulla pelle. E davanti agli occhi. Sulle labbra. Sotto le mani. Tra le gambe. Sul seno. In ogni respiro.
E anche nel letto, si. Molto spesso, quello.

“Nora…"
“No!”.
Lo aveva fermato, ponendo le mani davanti a sé e tenendolo ad una certa distanza, altrimenti gli sarebbe saltata addosso e avrebbero anche fatto l’amore su quel tetto, se l’istinto avesse prevalso sulla ragione. Ma lei era molto più brava di lui in quello.
“No. Tu sei ubriaco, ora. E tutto quello che mi dici, sono parole di un ubriaco, promesse da marinaio, giuramenti da Giuda… belle parole dette da Sirius Black, tanto per capirci”.
Lui fece una faccia offesa, sgranò gli occhi e li rovesciò verso il cielo. Ma lei rimase ferma sulla e in quella posizione.
“Io invece voglio che tu scenda da qui, te ne vada a dormire, e poi mi dica cosa vuoi farne di questi otto mesi, quando sarai in grado di parlare e di non dire cavolate”.
E voglio anche, che in attesa che tutto questo possa avvenire, tu venga qui, mi baci, mi abbracci e mi prendi su questo tetto, o anche nella torre o in qualsiasi altro posto.
Dio, come era incoerente. Sirius scrollò le spalle… e le parve dannatamente lucido, in quel momento.
I suoi occhi non avevano più quella luce appannata degli ubriachi. Il suo respiro era molto regolare. Le sue mani non tremavano e le sue gambe non traballavano. Nora lo guardò a lungo, cercando di capire se fosse vero o solo una sua impressione.
“Vuoi che ci lasciamo?”.
Le chiese, serio.
Nora abbassò le braccia e le abbandonò lungo i fianchi, abbassò lo sguardo, lo alzò di nuovo, guardò Sirius negli occhi, aprì la bocca, la richiuse, serrò le labbra, le dischiuse, sospirò, trattenne una lacrima. Poi scrollò le spalle e inclinò la testa di lato.
Disarmata.
Ecco cosa era.
“Non lo so. Dimmelo tu”.

Sirius fece un passo avanti. Verso di lei.
Ancora troppo maledettamente vicino a quel bordo. Nora non osava guardare in basso, teneva gli occhi fissi in quelli di Sirius. Non lo allontanò, quando lui allungò un braccio e la avvicinò a se, al suo corpo, stringendola in un abbraccio, che le parve caldo.
Quasi come un addio, e fece una grande fatica a non aggrapparsi a quell’abbraccio e scoppiare a piangere.
Si piangere, perché lei ci teneva a Sirius, gli voleva un gran bene, ma così tanto che addirittura lo amava, ed era così buffo amare Sirius Black. Quasi quanto era bello fare l’amore con lui e sentirselo addosso, in ogni parte del corpo, su ogni singolo lembo di pelle, tenerlo con sé in ogni piccolo pensiero e in ogni timido sogno.
E ora la stava lasciando, perché lei glielo aveva imposto.
E non poteva credere, quasi, che ora lui la stesse abbracciando e baciando lievemente il suo collo e che le stesse dicendo all’orecchio che forse poteva morire senza di lei.
Oh Sirius Black,tu tendi sempre ad esagerare.
Lo sapevano tutti e due, che era un esagerazione e tutti e due trattennero una tenera risata, che non sarebbe valsa ad addolcire quel momento.
Fu ancora più strano, sentirlo dire a voce alta, a voce alta:

“Va bene, allora.
Occhi, guardate per l’ultima volta!
Braccia, stringetela per l’ultima volta!
E voi labbra, che siete le porte del respiro, suggellate con un bacio legittimo, un contratto eterno con la Morte ingorda!
Così, con un bacio, io muoio”*.

Nora aveva fatto appena in tempo a sentire le labbra di Sirius sfiorare le sue, e poi il suo corpo staccarsi dal suo e cadere, cadere all’indietro. Fu questione di un attimo, non pensò niente, ma si gettò in avanti e allungò una mano, poi l’altra dietro, subito dopo, gli occhi serrati e la gola secca, le ultime parole che poté gridare in un lampo di disperazione e un tuono di paura, furono:

“NO!”

E le sue dita si serrarono sulla camicia di cotone, quella bianca, macchiata di chissà cosa, forse caffè in basso a destra, e sentì il tessuto lacerarsi appena. Pensò che sarebbe precipitata di sotto, insieme a lui, e non trovò neanche modo di prenderne atto seriamente e di piangere il suo amore e la sua vita… perché l’unica cosa che sentì realmente, sulla pelle… fu il cemento e una breve imprecazione di Sirius, prima di sentire la sua risata.

C’era. Un. Sottotetto.
Un. Sottotetto.
Un. Fottuto. Sottotetto.

Questi i primi tre pensieri che le vennero in mente.
Poi sentì Sirius abbracciarla e stringerla contro di sé.

“Ma ci caschi sempre?”.
“Vaffanculo Sirius!”.

Urlò, mentre un’altra lacrima le scivolava lungo la guancia.
Sirius la succhiò in un bacio e non c’era più traccia.
Ma Nora era furiosa. E non gli risparmiò uno schiaffo, forte e violento, che purtroppo non gli lasciò un segno, per poco.
Sirius sgranò gli occhi per un attimo, portò una mano sulla guancia e poi la ritrasse, cercando qualcosa a tentoni. La trovò poco dopo e la porse a Nora, con un sorriso.

“La tua maglietta”.

Lei la spiegò tra le mani e la guardò, leggermente colpita. Stava pensando a tutto tranne che a quella, ma le venne da ridere e lo fece, capendo un po’ di cosa c’era dietro la risata di un ubriaco o di quell’imbecille di Potter.
“Abbiamo fatto pace?”.
“Sei uno stronzo, Black”.
“Però abbiamo fatto pace”.
“Si, abbiamo fatto pace”.


Sirius la scostò da sé per un momento e sorrise.
Fiero come un bambino, poi si alzò e le porse una mano, per aiutarla a fare lo stesso.
E mentre lei lo raggiungeva e gli si accostava, le annunciò contento come poche volte era capitato di sentirlo, e di certo non a lei:

“E’ la prima volta che la faccio”.

FINE.

Specificazioni:

Ok, ok, ok.
È esagerata lo so, ma non volevo parlare di qualcosa di verosimile, dopotutto.
Mi è venuta questa idea da poco e l’ ho buttata giù, per vedere che ne veniva fuori.
È venuto fuori questo breve racconto, un po’ matto e un po’ esagerato come Sirius Black. ^^
Non penso assolutamente che possano succedere cose di questo tipo, neanche in un mondo come quello e con un soggetto come Sirius Black... solo che mi ha preso la mano quell'idea e non l'ho più fermata! ^^
Il personaggio di Nora mi è venuto in mente un pò così... spero che non abbia niente della Mary Sue, perchè nella mia testa non era a lei che doveva somigliare! ^^

* Avrete notato quanto sono belle quelle parole... ebbene, perchè non sono mie! XD! Ma credo che tutti le abbiate riconosciute: Sir William Shakespeare, che io amo con tutta me stessa, anche lui si. ^^

Detto questo... vi lascio
Se avrete voglia di lasciare una recensione... ve ne sarò grata, tenetelo a mente, brava gente... ^^.

  
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