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Autore: cartacciabianca    05/03/2010    1 recensioni
[ SOSPESA ]
Giocatori, siete nell'Anno del Signore 1232.
Luigi VIII, appena di ritorno sconfitto dall’Inghilterra, punta le lance in resta contro Tolosa, dimora di Raimondo VII. Impadronitosi di quelle terre ne coglie l’intera giurisdizione, affiliando nel 1226 definitivamente la Linguadoca alla Francia. Il Leone di Francia viene meno nell’inverno di quell’anno, e il potere succede così ad un piccolo Re, all’epoca solo dodicenne. Luigi IX, detto il Santo per la sua calorosa religiosità e collezione di reliquie, guidato dalla spavalderia degli uomini di cui è circondato, e appoggiato dalla madre Bianca, eccolo già in battaglia contro una nuova rivolta. Nel 1228 giunge ad un compromesso con Raimondo VII, e nel 1229 promette al conte la giurisdizione delle sue terre, in cambio della sua unica erede Giovanna promessa al fratello del Re, Alfonso di Poitiers, e la completa ammissione della regione nei domini Francesi. La Crociata Albigese si conclude definitivamente nel 1229.

A Phoenix e Châtel-Argent sono trascorsi 17 anni. Ian e Daniel varcano la soglia della quarantina e conti come Granpré stanno per raggiungerli. Non si sentono vecchi o stanchi, ma solo maturi, vissuti e cavalieri di Francia ogni giorno di più. Mettiamo alla prova il coraggio di una ragazzina e l’ambizione del suo migliore amico. Il risultato è una fan fiction esilarante che ce la metterà tutta pur di mostrarsi degno tributo alla trilogia di Cecilia Randall.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Hellionor riaprì gli occhi solo quella sera, quando le stelle erano già tante e luminose nel limpido cielo nero. Dalla finestra socchiusa traspirava una brezza fresca primaverile, in leggero contrasto con il flebile calore del caminetto acceso a rischiarare la stanza. Gli unici suoni erano il macabro canto di un gufo appollaiato nel giardino, qualche ronda di guardia e il lontano mormorio della gente che passeggiava ancora per le strade. Per il resto, il firmamento ospitava una magnifica luna crescente e tante stelle da far invidia alla vetta del Monte più alto d’America, qualunque esso fosse. Hellionor non era mai andata bene in geografia.

Sul comodino vicino al letto c’era anche una candela profumata, ma la camera tutta aveva un gradevolissimo odore di aroma zuccherato e mogano antico.
La ragazza si mise seduta sul materasso del letto a baldacchino non senza avvertire una certa vertigine per via dello scatto improvviso. Le coperte che le nascondevano le gambe erano soffici e imbottite di piuma d’oca. Aveva riposato su cuscini puliti altrettanto morbidi e, guardandosi attorno, riconobbe un arredo davvero di buon gusto, nonostante la penombra che avvolgeva la stanza.
I mobili erano antichi, certo, ma traspiravano da ogni poro minuziosi dettagli che caratterizzavano quella come la camera di una viziatissima principessina francese del XIII secolo, con tanto di intonaco color confetto, tappeti e quadri graziosi raffiguranti animali come gatti o bellissimi cavalli. Le tende erano di un rosso tendente al rosa che, nell’oscurità della notte e alla sola luce della candela, mostravano una tonalità quasi sul fucsia. Voltandosi a più parti della camera, Hellionor riconobbe un pregiato scrittoio di mogano, una cassettiera e in fine una zona toeletta con tanto di bacile pieno d’acqua, spazzole, fermagli, nastri e quant’altro al fine di abbellire i saputi magnifici capelli della principessa Eleonore de Sancerre.
Ancora frastornata per l’accaduto e coi ricordi confusi a mo’ di pezzi di puzzle sparsi sul tavolo, Hellionor richiuse gli occhi e si lasciò cadere di schiena tra i morbidi cuscini del letto. La testa prese a girarle vorticosamente, sempre con maggior intensità man a mano che le immagini delle ultime ore coscienti tornavano al loro posto.
Nell’oscurità degli occhi chiusi Hellionor rivide la sua separazione da Gabriel fuggito via con le guardie di Sancerre alle calcagna. I volti di Henri de Grandpré e Jean Marc de Ponthieu la tormentarono allungo, assieme alle parole del cavaliere Fabien, che sembrava rivolgersi a lei come sua sovrana.
Ma che diavolo sta succedendo?
Per un secondo ancora Hellionor volle bearsi dell’illusione di star solamente sognando e che presto, tra qualche minuto forse, si sarebbe risvegliata non tra le rudimentali ma nobiliari lenzuola di un letto principesco, bensì nel suo materasso singolo stretta al suo peluche compratole da suo padre da bambina, ad una gita al Luna Park.
Hellionor contò fino a tre… cinque… ok, DIECI! Ma non accadde nulla…
Il silenzio si fece spettrale, a tal punto teso e nervoso che la ragazza si vide costretta a riaprire gli occhi e rimettersi seduta, non riuscendo nemmeno a riprendere sonno. Potevano essere trascorse poche ore oppure un giorno intero, chissà… magari era trascorso solo il tempo necessario perché qualcuno la spogliasse (eh, sì! Addosso non aveva più gli abiti che ricordava di aver indossato in città, bensì una soffice e leggera vestaglia da notte color porpora) e la infilasse sotto le coperte.
Hellionor si premette le tempie.
Se le constatazioni fatte prima di svenire erano esatte, Hyperversum aveva aperto una porta spazio-temporale verso il passato intrappolandola nel XIII secolo francese, tra malattie, guerre e quant’altro. La priorità in quel caso era una soltanto, si disse, ovvero trovare e scappare assieme a…
-GABRIEL!-.
La ragazza sgranò gli occhi e scivolò di corsa fuori dalle lenzuola. Camminando scalza sul pavimento, arrivò alla porta ma, non fece in tempo ad afferrare la maniglia, che sentì prima dei passi e poi delle voci vicinissime alle sue orecchie.
Hellionor tornò indietro fulminea e si infilò di nuovo sotto le coperte in una frazione di secondo. Si voltò dalla parte opposta del materasso, verso la finestra, e chiuse gli occhi.
Nella stanza fecero il loro leggiadro ingresso due figure, l’una molto diversa dall’altra. La penombra della camera contribuiva a nasconderne le fattezze, nonostante Hellionor fosse rivolta tutt’altra parte e avesse gli occhi chiusi. Lo scoppiettare del camino fu l’unico suono di sotto fondo per un minuto circa, prima che uno dei due cominciasse a parlare.
Erano un uomo e una donna dei quali, conversando nella lingua madre francese, Hellionor non riuscì a raccogliere il significato di molte espressioni. Il dialogo non fu tanto lungo, ma intenso e sussurrato, costituito per lo più di domande e risposte, Hellionor capì giusto quello.
All’improvviso qualcuna delle due figure si avvicinò a lei e le scostò i capelli dal viso. Hellionor s’irrigidì come una statua sforzandosi di non muovere un muscolo quando la dama fece un dolce commento sul suo viso.
-Mon Dieu, sont les mêmes !- esultò sotto voce la donna.
L’uomo, rimasto in disparte nella penombra della stanza, non azzardò un passo. –Donna, lei non deve saperlo- pronunciò severo.
Hellionor, che aveva compreso a pieno solo quell’ultima frase, sobbalzò ma non diede a vederlo.

-Quando credi che si sveglierà?- domandò Donna all’amico tornandogli accanto.
Ian tacque allungo prima di rispondere. –Se abbiamo fortuna, non tanto presto- ammise con una smorfia.
-Chissà come la prenderà suo padre quando…- mormorò la dama, bianca in viso e tutto un tremore.
Ian andò verso il camino e, sedendo sui talloni, lo attizzò un poco sistemando un nuovo ciocco tra le piccole fiamme scoppiettanti. –Non la manderà giù facilmente, se è quello che intendevi dire- brontolò sotto voce.
Donna si avvicino a lui guardando prima l’amico poi la fanciulla sul letto a baldacchino. Gli occhi ancora gonfi di terrore e smarrimento erano incapaci di dissimulare lo sconforto che le se agitava in corpo. Donna Barrat, alias madame de Sancerre, era in fermento quanto il compagno per quello che sarebbe successo nei prossimi giorni.
-Perché?- gemé d’un tratto piantando lo sguardo negli occhi azzurri del Falco. –Ian, perché? Non era necessario, non avresti dovuto svendere la figlia del tuo migliore amico così. Credi ancora che sia un gioco? Pensa bene al nome di chi hai messo in pericolo- sibilò pungente, disperata come poteva esserlo una donna privata all’improvviso di una figlia e di tutta la fiducia che riponeva nel suo compagno di sventure a carattere storico.
-Non sapevo che altro fare- mormorò flebile il Falco. –Ti prego, credimi: era l’unica soluzione, ma so come uscirne. Per farlo, però, ho bisogno del tuo aiuto- ne convenne.
Donna sembrò non ascoltarlo, e piuttosto scosse la testa. –Etienne sta allestendo il convoglio per le ricerche, sarà molto impegnato in questi giorni, e così anch’io- sentenziò dura come la roccia. –Vorrei tanto aiutarti, Ian, ma mio marito ha bisogno di me, e mia figlia ha bisogno di noi, assieme, ora più che mai. “Sfortunatamente” Hyperversum non duplica le persone, ed io non posso occuparmi sia di lei che della mia vera figlia- eruppe. –L’unico supporto che mi è concesso offrirti è il silenzio su questa faccenda della quale Etienne non dovrà mai fare parte. Con Guillaume, 17 anni fa, è stato un conto, ma Etienne…- Donna si strinse nelle spalle, rabbrividendo. –Lui è diverso. È… È troppo ottuso, caparbio e schiavo della sua mente medievale per capire, se ce ne fosse bisogno. Perciò Ian, sono addolorata, ma dovrai risolvere questo problema da solo- disse tornando a guardarlo negli occhi.
-Non voglio mettere in pericolo la nostra vita qui- mormorò il Falco. –Tantomeno adesso che ci si ritorce tutto contro un’altra volta. Te lo garantisco, Donna, farò tutto ciò che è in mio potere per proteggere te e la tua famiglia, Eleonore compresa che chiunque te l’abbia strappata, giuro sulla mia anima, sconterà la pena che merita-.
-Quindi cosa farai?- domandò madame de Sancerre volendo cambiare argomento.
Ian indugiò ancora, guardando prima la donna poi Hellionor sotto le coperte. Tacque allungo ripensando più volte alla farse che aveva in mente fin dall’inizio della conversazione con l’amica.
-Porterò Hellionor a Châtel-Argent e la terrò là finché Daniel non verrà a riprendersela- sentenziò in fine, con grande stupore della donna.
-Pensi che sia un guasto del gioco?- chiese sconcertata. –Non credi che possa trattarsi solo di curiosità se è finita quaggiù?- sbottò con angoscia.
Ian aveva valutato già tutte le opzioni. –Se fosse stata innocente curiosità, rendendosi conto della situazione sarebbe scappata appena avuta la possibilità. Io dico che è successo qualcosa al computer e quando Daniel si accorgerà che gli manca in casa qualcuno, saprà dove andare a cercare- pronunciò serioso il Falco d’Argento.
-D’accordo, allora, su questo non ci sono dubbi, ma… Châtel-Argent… è così distante… cosa dirai ad Etienne su questa storia? E monsieur Henri? E Fabien, e chiunque voglia salutare Eleonore de Sancerre! Cosa dirai alla nostra gente quando saprà la sua principessa scomparsa come credevano?- mormorò macabra, pensando già che la sua vera figlia fosse condannata.
-Porterò Hellionor ufficialmente nelle mie terre, Donna, fingendo che ella abbia insisto personalmente, così che nessuno avrà ripicche. Contemporaneamente Etienne avvierà le ricerche su vostra figlia e, quando la troverete, Hellionor l’altra sarà bella che andata nel suo secolo. Il tempo giocherà a mio favore: una volta rimessa la vera Eleonore al suo posto nella storia, nessuno si accorgerà delle differenza perché tutti non avranno avuto modo di ricordare quella finta. Ma per questi giorni che verranno ho bisogno di tenere la ragazza con me affinché non corra altri rischi e Daniel possa sapere dove trovarla, in qualsiasi caso- spiegò.
Donna si costrinse ad annuire, seppur molto turbata e poco convinta. Giunse le mani in grembo e guardò ancora Hellionor Freeland distesa sotto le coperte. –Proteggila, Ian, proteggila a qualsiasi costo-.
-Sia l’ultima cosa che faccio-.
-Spero per te che tu stia scherzando- ridacchiò nervosa la dama.
Ian si permise una risata. –Ma anche no…- sospirò incrociando gli occhi della donna.
Madame de Sancerre tacque allungo a sua volta, mentre il silenzio si faceva pesante e spettrale nella stanza.
-Cosa racconto ad Etienne?-.
-La verità- rispose il Falco.
La dama si adombrò.
-Non quella verità, Donna- chiarì Ian. –Di’ lui da parte mia di mettercela tutta a ritrovare vostra figlia. Saprà accettare le mie decisioni adesso che ne è al corrente-.
-‘Sta volta, Jean, l’hai fatto davvero arrabbiare- ne convenne lei con una smorfia. –Non ho mai visto Etienne così… furibondo-.
-Mi comporterei in altrettanto modo o peggio se qualcuno osasse toccare uno solo dei miei figli-.
-Ti auguro con tutto il cuore che non succeda mai…- mormorò Donna. –Perché è una cosa terribile…- singhiozzò asciugandosi una lacrima.
Ian la strinse a sé prima che potesse ricominciare a piangere. L’accompagnò lentamente fuori dalla stanza ma, una volta nel corridoio, Donna Barrat cedé al dolore e si lasciò travolgere ancora una volta dalla disperazione. Le sue grida risuonarono per tutta la fortezza di Séour, finché non accorsero due guardie e una serva che scortarono la dama nelle sue stanze private.
Sul posto si fece vivo anche Henri de Grandpré, allarmato oltremodo dalle urla di Donna e con indosso semplici vesti e nessun arma. Sembrava appena uscito dal letto.
Ian si soffermò a guardare il Feudatario Maggiore che a sua volta seguiva con gli occhi la riguarda di Madame de Sancerre allontanarsi nel buio del corridoio, scortata dalle guardie e dalla serva.
Dopo interminabili secondi di silenzio, fu Henri a parlare per primo.
-Ancora non capisco cosa la turbi tanto…- si chiese.
Il Falco si tese sulle zampe. Henri pensa che Eleonore sia di nuovo tra noi. Non è a conoscenza del fatto che quella sotto le coperte sia solo un rimpiazzo… Crede che sia la vera Eleonore, la stessa che Etienne vorrebbe che sposasse!
-Anche Etienne si comporta in modo strano. Sono già un paio d’ore che non l’ho più visto. Non era nemmeno a cena- commentò Grandpré scrutando l’oscurità attorno a sé, come se il signore di Séour potesse comparire da un momento all’altro.
-Henri, torna a dormire, dai. È stata una giornata dura per tutti-.
-E tu, allora? Che ci fai in giro a quest’ora, Falco?- proruppe Henri scherzoso.
Ian sorrise.
-Comunque il tuo pulcino ti cercava quando ha sentito le urla di madame Donna. Gli ho detto di tornarsene a letto, e penso che da oggi in poi mi odierà per questo- ridacchiò Henri.
-Hai fatto bene, invece- ne convenne l’altro.

Ian rientrò nella stanza che condivideva con Marc e lo trovò seduto sul letto a gambe incrociate. Lucidava la lama di un piccolo pugnale passandovi una pezza di pelle di daino. Alzò gli occhi sul padre quando lo vide entrare e lo seguì di sbieco in ogni suo gesto.
-Spero per te che tu non abbia messo troppo in discussione gli ordini di monsieur de Grandpré- pronunciò l’uomo cominciando a spogliarsi.
-Non sono come mio fratello- borbottò Marc lucidando con più forza il taglio. Le candele accese nella camera erano due: una sul comodino accanto al letto e l’altra sullo scrittoio accanto alla finestra. Lo scoppiettare del camino restò l’unico suono per qualche tempo, fin quando Ian non soffiò sulle candele e s’infilò sotto le coperte.
-Adesso dormi- disse tirandosi le coperte fin oltre la spalla, assaporando la morbidezza del cuscino e del piumino.
Marc, dal canto suo, indugiò alcuni istanti. –Padre, che sta succedendo?-.
Quella domanda fece riaprire gli occhi ad Ian d’un tratto, che si ritrovò a fissare l’oscurità dinnanzi al suo naso.
Marc posò il pugnale sul comodino ma rimase seduto sul letto. –Quella ragazza che abbiamo incontrato per strada ‘sta mattina è la stessa che i soldati hanno portato in barella nel castello. So chi e cos’ho visto, padre, e non sono uno sciocco- proruppe.
Ian si voltò dalla sua parte e si vide trafitto dagli occhi di suo figlio mai come prima di allora. E così c’è un altro falco in famiglia… sospirò. Non posso mentire a mio figlio. Non posso e non devo più mentire a nessun membro della mia famiglia, almeno fin quando sarò in vita.
-Qualcuno ha tentato di rapire Eleonore de Sancerre ‘sta mattina. Io, Henri e il luogotenente di Etienne, Fabien, l’abbiamo riportata al castello, ma si dice sia crollata svenuta per debolezza di cuore. Ti basta?-.
Marc tacque valutando toni e parole scelti dal genitore. Alla fine dovette annuire, non sapendo cosa e in che modo aggiungere d’altro.
Il pulcino si cacciò sotto le coperte e chiuse il becco.









Angolo d’autrice:
*w* Che bello! Avete commentato in tantissime! Grazie ragazze, così mi commuovete ç_ç mi sento felice a leggere tutti quei bei commenti, è davvero un’emozione indescrivibile! Non trovo altre parole per dirlo, ma grazie, grazie infinte!
Sperando che anche questo piccolo post vi sia piaciuto, sono altrettanto gioiosa che la storia vi stia appassionando tanto quanto appassiona a me l’idea di scriverla. ^^
Ammetto di star giocando un po’ troppo con dei personaggi molto OOC, e me ne vergogno, perciò vi chiedo perdono per questa mia piccola debolezza.
Cosa accadrà in casa Freeland al momento della scoperta, be’… penso di non poter dare troppi spoiler, perché rovinerebbero quelle piccole sorprese di cui è composta questa storia. ^^
Ancora grazie a
_TattaFede_
xevel
Leowynn95
Sbrodolina
akuby_ge


Allora a presto! *O*
Irene
   
 
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