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Autore: _Nimpha_    06/03/2010    0 recensioni
Parla dell'incapacità di comprendere. Del non essere capaci di accettare le cose. di nascondersi dietro a false speranza. parla di me. spero anche di qualcuno di voi. il frutto di una sera d'estate dopo che una brutta notizia mi aveva un' pò disilluso. un bacio. vi prego commentate.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È questo il bello di sedere al bar da soli.

Hai tempo per guardarti intorno.

é così strano il fatto che quando si è immersi nella propria solitudine si cerca la solitudine degli altri.

si, fa male guardare due ragazzini che si baciano.

Ricordano i tempi passati, fanno sorridere, ma c’è una nostalgia velata che alla fine ti costringe a distogliere lo sguardo, quasi imbarazzata.

La cosa bella invece è guardare, scoprire, inventare, sperare…

Quel vecchio sulla panchina, per esempio, credo sia la sua preferita, da lì, nonostante la nostra piazza sia enorme, può vedere tutto: chi entra ed esce dalla vecchia chiesa; chi parla con il giornalaio,e i due ragazzini, che lui a quanto sembra dalla sua espressione considera dei demoni…

Penso che la primavera sia la stagione più bella, forse perché faccio parte di quella particolare categoria, quella degli artisti, quelli che hanno bisogno di un ispirazione…

Sembra quasi impossibile ma sento uno strano legame tra le persone che soffrono, probabilmente perché cercano il dolore anche negli altri.

Strano a dirsi, ma lo trovano sempre.

C’è una ragazza seduta ai piedi della chiesa. Ha un espressione afflitta. Delusa.

Forse quello che pensava fosse  il ragazzo giusto l’ha delusa per l’ennesima volta, o forse un amica è in ritardo come al solito e si sta chiedendo, per l’ennesima volta, se davvero sono così importanti l’una per l’altra come voglio credere e far credere a tutti

Comunque credo sia per un ragazzo.

 Quell’espressione può essere solo e esclusivamente riservata a quel tipo di delusioni, perché non è una faccia sorpresa o veramente e profondamente addolorata è una faccia che dice :

“tanto cretina lo sapevi che finiva cosi, era inevitabile come potevi pensare che fosse diverso dagli altri??”.

 

Si come potevi?

Forse è brutto, ma non smetterai mai di sperarlo, forse con il tempo la speranza ti darà la forza di costringere colui che consideri quello giusto a farti felice, ma non lo sarai mai, e infine quella speranza ti distruggerà.

Capita.

La speranza distrugge, la vita distrugge, l’amore distrugge e la felicita distrugge tutto quella che si mette a confronto con essa.

 

Se quella donna smettesse di parlare al telefonino lo capirebbe anche lei che la vita non è solo questo, non è svegliarsi alla mattina e pensare alla giornata,  la vita non è vivere ogni giorno con sempre meno voglia di farlo non è aspettare che arrivi qualcosa di più.

No. Non è solo questo, almeno.

Posso dire di aver visto nel giro di mezz’ora più o meno cinquanta persone e ognuna di esse, che parlasse, che camminasse, che pensasse, che vivesse mi ha lasciato dentro solo una delusione, la delusione che ho letto in tutti gli occhi, la delusione che chiunque avrebbe potuto leggere nei miei.

 

Ma quando l’ho vista arrivare il corpo si è riempito di una tristezza, felicita, gratitudine e forse anche impazienza che non avevo mai provato nella vita, quella donna che è stata il mio incubo per mesi, poi la mia ossessione e ora il mio dilemma.

Aspettavo che iniziasse, iniziasse a fare tutto, a fare quello che tutti avevano fatto fino ad ora, camminare.

Aspettavo che iniziasse quel rito, metodico, triste, e nostalgico di un qualcosa che non mi era dato conoscere.

Un piede davanti all’altro.

Un piede davanti all’altro.

Schiena dritta. Sguardo fisso, ma occhi bassi, in modo che nessuno potesse vedere l’orrore che il destino ha voluto mostrarle.

Era, o è, una ragazza, giovane, forse non aveva nemmeno finito il liceo, era di una bellezza un’pò disarmante, una bellezza nascosta, indecifrabile, impaurita, ma bella.

La gente posava gli occhi su di lei, ogni giorno, come minimo da due anni, da quando io mi sono accorta che esisteva, forse è qui da molto di più, ma nessuno, nessuno ha mai voluto controllare,capire, perché ogni giorno quella ragazzina, si costringesse, da due anni a questa parte, a camminare avanti e indietro, su quei quattro metri di marciapiede, senza mai attraversare la piazza.

Era diventato un mistero che necessitava d’una soluzione, ma io come tutta la gente di questo pianeta,non avevo la forza di interromperla, di interrompere quel suo camminare regolare tranquillo e cosi triste.

Non riuscivo a capire se ciò che mi fermava era la paura, il rispetto o la curiosità stessa, o forse ancora una volta era la delusione,o meglio la paura della delusione.

Non lo so.

Rimane il fatto che oggi come migliaia di altri giorni, io sono qui e lei ha appena iniziato a camminare.

é molto magra e pallida, cadaverica, credo sia il termine appropriato.

 Da dove sono seduta in realtà il suo viso non riesco a vederlo ma c’e nella mia mente, nonostante abbia provato in tutti modi a togliermi quel ricordo dalla mente, quell’ immagine che non se ne vuole andare,  e lì indelebile, quasi fa male.

Il suo volto è come dire, piccolo e magro, pallido, cosi pallido che alla luce di mezzogiorno si possono vedere i piccoli capillari passarle sulle guance, il volto sembrava cosi vuoto da far pensare ce non fosse capace di avere un'altra espressione se non quella simile a quella che credo avesse Giovanna d’arco sul rogo.

E da qui, immagino quell’espressione e sento i brividi nascermi sulla pelle. Sento le lacrime gonfiarmi gli occhi. Sento il senso d’impotenza bloccarmi le gambe. E sento nascere nella mia mente la mia ennesima leggenda personale.

La pazzia è una cosa che la mia mente non riesce a contemplare.

È qualcosa che la fa sanguinare.

Il dolore della vita umana riesce a sorvolare e a distruggere il mio cinismo, fino a farmi sentire una bambina che ha bisogno di sentire una favola per conciliare il sonno e per poter credere che nulla al mondo è doloroso.

Ed ecco, ora, adesso, nascere nella mia mente.

La storia avventurosa e romantica della donna che aveva imparato in un tempo e in un mondo lontano a camminare su un filo e che da quel giorno, folgorata da quella strana follia, non era riuscita a tornare nel mondo grigio di tutti noi, esseri, senza infamia né lode.

  
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