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Autore: Camelia Jay    07/03/2010    4 recensioni
Jenice, allegra, gentile, riflessiva, con il cuore spezzatole da un ragazzo.
Kyle, freddo, distaccato, misterioso, nessuno che sappia nulla di lui.
Come reagirà Jenice, quando scoprirà la verità sul suo compagno di classe? E cosa farà, quando il suo migliore amico di sempre l'abbandonerà per il successo? Si accorgerà di Kyle, o scoprirà che non può vivere senza l'amico ventiquattrenne?
Adesso conoscevo il colore dei suoi occhi, che ogni giorno sembravano affascinarmi sempre di più, e quelle tristi e profonde occhiaie che aveva sotto di essi erano finalmente scomparse.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lonely'
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Mi scuso tantissimo per la sorpresina ke dovevo mettere in questo capitolo (un'immagine), ma ho avuto dei grossi problemi con il pc (ACCIDENTIII GRRRR!) e quindi x adesso sono impossibilitata a metterla T.T vedrò prossimamente ke posso fare ç.ç

SPAZIO RECENSIONI:

Ms Murder: in effetti la storia è fatta proprio perché in questa parte che chiameremo “iniziale” i sentimenti dei personaggi sono molto confusi, neanche loro (a parte Kyle forse) sanno cosa realmente provano. Presto si farà chiarezza.

Comunque… sei proprio sicura che Jonathan tornerà presto? ;)

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Capitolo quattordicesimo

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La mia mano leggermente sudata bussò sulla porta della presidenza, e la voce, adesso per me inconfondibile, della preside mi disse di entrare. Afferrando la maniglia mi si stavano riproponendo scene già vissute, e di nuovo, come quella volta, scrutando dalla fessura che avevo aperto vidi chiaramente la preside seduta alla scrivania e la signora Smith seduta di fianco, mi sembrava di dover ripetere tutto come una specie di replay.

– Salve Ross. Ci rivediamo!

Accennai un sorriso e ricambiai il saluto. La preside mi fece cenno di sedermi sulla stessa sedia dell’altra volta, di nuovo tutta l’attenzione era puntata su di me.

Notai ora cose che non avevo notato la volta precedente: sulla scrivania c’era un pacchetto di sigarette leggermente nascosto da alcuni documenti, mentre la preside masticava una chewing-gum, presumibilmente dal forte sapore alla fragola a giudicare dal suo fiato che mi arrivava praticamente addosso. Potevo capire che masticava per trattenere l’istinto di fumatrice. Ciò era qualcosa che le dava un pizzico in più di professionalità, anche se non riuscivo a spiegarmi il perché.

– Bene Ross. – cominciò la preside sistemando alcuni fogli, la signora Smith che mi osservava sorridente – Ti ho fatta chiamare per sapere come vanno le cose. Intendo con i voti, la condotta eccetera…

Mi stupii alla domanda. Non era possibile che mi avesse chiamato solo per questo. Doveva essere un mezzo per arrivare pian piano al punto.

– Oh, beh tutto bene, direi. Già…

Non sapevo che altro rispondere.

La preside mi fissò negli occhi, le si dipinse uno strano sorriso di compiacimento.

– Crede che non mi abbiano informata della sua meritata C in matematica? Ma mi dica, come ha fatto a fare un recupero così veloce? Non è facile imbrogliare il professore, non può certo aver copiato!

In effetti sì, doveva essersi studiata per bene ciò che aveva da dirmi, intendeva arrivare a Kyle parlando prima dei miei voti recuperati in matematica grazie a lui.

– Beh, diciamo che ho mantenuto la mia parola… ho cercato di conoscere un po’ meglio Kyle, e siamo in buoni rapporti. Infatti mi ha dato una mano in matematica per qualche giorno, ecco qui tutto il mio miglioramento.

Lo sguardo della signora Smith si faceva sempre più dolce e inquietante allo stesso tempo, e iniziò a parlare:

– Eppure vorrei tanto sapere come hai fatto… pensa, Kyle non ha voluto incontrarmi nemmeno una volta, a parte per presentarci, e ho continuato per mesi a parlare con i suoi zii senza che potessero arrivare a dei risultati! Come avrai fatto?

A volte mi ritenevo persino più intelligente di un adulto, in questo caso più comprensiva di una psicologa:

– Sarà stata la vicinanza di una coetanea.

Secondo me quella lì la laurea l’aveva comprata, per non arrivare a questa ovvia conclusione. Avrei voluto sapere quanto la pagavano.

– In ogni caso, – continuò la psicologa – ho capito dagli zii che la situazione sembra essere migliorata un po’, e penso che la zia abbia proprio accennato anche a te.

Già, forse si riferiva a quando sono andato a trovarlo a casa, o a tutte le volte che usciva per fare un giro insieme a me.

– Sì, Ross, credo che ti siano veramente grati per ciò che stai facendo, continua così. Forse a fine anno potresti trovarti la media di matematica leggermente alzata. – terminò la preside.

Stavolta non me la sentivo di rifiutare, perché in fondo avevo fatto tutto quel che avevo fatto senza aspettarmi niente in cambio. Questo premio lo accettavo volentieri.

E fu così che stavolta me ne potei uscire dall’ufficio senza essere triste come l’ultima volta, ma più felice di quando c’ero entrata. Mi rimaneva solo una cosa da fare: parlarne al mio compagno di banco, anche se non sarebbe stato facile.

– Allora? Cosa vai a fare in presidenza tutte le volte? – scherzava Kyle, che sembrava aver ritrovato il suo “buon umore”.

– In realtà… forse è meglio se ne parliamo fuori… – gli risposi, fissando il libro davanti a me.

– Ehi, mica volevo intromettermi negli affari tuoi! – continuava a dire in modo troppo scherzoso, così scherzoso che mi preoccupavo ancora di più.

Anche la prima volta mi aveva chiesto cos’era successo. Solo che dopo aveva sostenuto che non gli interessava affatto, anche se adesso penso non fosse vero. Forse in fondo stava morendo di curiosità.

Mi rassegnai, e decisi di parlarne con lui fuori da scuola, andando verso casa.

Uscendo, di fianco a lui, notai che era una bella giornata soleggiata. Mi ricordava tanto quella volta, io stavo quasi per cadere dalle scale quando Kyle mi salvò in tempo, poi all’uscita, nel punto che stavo fissando in quel momento, c’era Jonathan, sorridente che mi stava aspettando. Adesso non lo sentivo da un bel po’. Chissà che fine aveva fatto…

– Kyle… – cominciai, senza sapere come continuare il discorso – per caso, conosci una certa signora Smith?

Lui mi guardò decisamente strano, per poi, senza controllo, scoppiare a ridere come non l’avevo mai visto fare. Rimasi sbigottita. Veramente molto sbigottita. Non l’avevo mai visto ridere a quel modo.

– Chi? Quella vecchia strega? Ahahah, – continuava a ridere senza fermarsi – Jenice, non mi dire che è arrivata a chiedere l’aiuto della scuola!

Io ero troppo sconvolta e stranita per rispondere. L’aiuto della scuola?

– Cosa significa? – gli chiesi io, seria.

– Cosa significa quello che mi stai dicendo tu, piuttosto. Stai dicendo che ti hanno convocato in presidenza ben due volte solo per parlare con lei?

Io annuii senza dire niente, lui che ancora se la rideva sotto i baffi.

– Lo immaginavo… posso sapere che cosa c’entravi tu?

Ecco che era arrivato alla domanda cruciale, adesso dovevo spiegargli tutto. Mentre camminavamo, sotto l’ombra di qualche edificio di passaggio, mi feci forza e mi sforzai di raccontargli come stavano le cose. Inutile dire che lui non se l’aspettava, tutto questo progetto che lo riguardava. Era da un bel po’ che tutta questa storia andava avanti, ed ero sicura che se la sarebbe presa con me per questo.

– Dici sul serio? Stai dicendo che l’hai fatto solo per dei crediti?

Adesso si era fatto più serio. Io però lo ero cento volte di più. Lo guardai leggermente imbronciata, ad una maniera molto insolita, da parte mia.

– Che stai dicendo? Certo che no! Gliel’ho detto in faccia che l’avrei fatto di mia iniziativa… però… adesso mi pento di non averti detto niente prima.

Lui alzò la mano, me la posò sulla testa, per poi scompigliarmi i capelli come già aveva fatto, e camminando di fianco a me, sorrise e disse:

– Non fa niente, ti capisco. Non devi pentirti di nulla, ho capito le tue intenzioni e lo apprezzo.

Che bello, sentirmi dire quelle parole.

Eravamo già davanti a casa sua, quando ci fermammo entrambi davanti al cancellino. Mi guardò dolcemente, e il mio cuore ricominciò a battere all’impazzata.

– Meno male… io ero sicura che ti saresti arrabbiato… – dissi, spostando il mio sguardo dal suo, ma lui improvvisamente mi accarezzò il viso con la mano sinistra, facendomi inevitabilmente guardare ancora verso di lui.

– Io? Come potrei arrabbiarmi con te?

Il suono di quelle parole mi stava facendo quasi svenire, il suo sguardo era per me sempre più difficile da sostenere, sentii il cuore come uscire dal petto da quanto andava forte, nel vedere lui che si avvicinava sempre di più, sempre di più, fin quando non fummo in grado di sfiorarci con le labbra. Ma di lui sentii solo il fiato, perché non mi baciò, me lo fece solo credere, in realtà passò oltre, e con le labbra mi sfiorò delicatamente tutta la guancia sinistra fino a staccarsi completamente, e avvolgermi con le sue braccia in un caldo abbraccio, le gambe che mi tremavano, gli occhi lucidi per l’emozione, e restammo in silenzio per un minuto buono, ad ascoltare i battiti dei nostri cuori, io che per un attimo avevo veramente creduto e sperato che lui mi baciasse, e capii in quel minuto una cosa importante:

Jonathan, per quanto provassi qualcosa di speciale con lui, non poteva essere paragonato a Kyle. Adesso lui era lontano, a New York senza telefonarmi da giorni, per chissà quale impegno, Kyle invece era lì e a me ci teneva veramente, e ce la stava mettendo tutta perché io non lo lasciassi. Sì, perché Kyle c’era, non solo come ragazzo che mi aveva rubato il cuore, ma anche come amico, cioè sia per amarmi che per stare al mio fianco nel momento del bisogno, e questo era ciò che contava.

   
 
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