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Autore: LadyArtemis    08/03/2010    2 recensioni
La vita è un uragano che ti trascina nella lunga ricerca di noi stessi. Ma i profilers della BAU, in particolare il dottor Spencer Reid, non si resero mai conto di ciò, fino a quando la loro quotidianità venne scompigliata da un nuovo e bizzarro arrivo. Tra casi nuovi da risolvere,paure,ostacoli e rivelazioni,riusciranno a ritrovare loro stessi? Cosa li attenderà? Che l'inizio cominci...
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

 

“Tu attraversi il mondo intero alla ricerca della felicità, che è a portata di mano di ogni uomo”

                                                                                          Orazio

 

6:30 PM

 

Spencer era appena tornato dalla conferenza. Poi il suo telefono cominciò a suonare. Era Penelope.

“Ciao Reid, come butta genietto?”

“Ciao Garcia. Sono appena tornato dalla conferenza. Oggi abbiamo discusso sui soggetti ignoti affetti da un disturbo ossessivo compulsivo; sinceramente mi aspettavo che discutessimo su quelli affetti da disturbo della personalità multipla…”

“Si, Reid, molto interessante. Senti ti devo chiedere un favore: ho un fascicolo per Keira e me ne sono dimenticata di darglielo. Potresti farlo tu al posto mio?”

“Ma perché io, Garcia? Potresti andarci tu?”

“Zuccherino tra un’ora io e Kevin dobbiamo stare a Washington per la gara e non possiamo fare tardi altrimenti saremmo tagliati fuori. E tu sai benissimo che quando le cose non mi vanno bene, se fossi tu la causa, posso rendere la tua vita un inferno. E tu non vorresti, vero?” – minacciò Penelope al telefono.

“O..o…ok. Ci andrò e glielo porterò” – balbettò Spencer per la paura.

“Ma che bravo il mio cucciolo! Ti aspetto. Penelope Garcia, passo e chiudo!” – riattaccò.

 

“Bene. Garcia mi ha sistemato la serata. Non si rende conto che stando anche cinque minuti con Keira, succedono le peggiori catastrofe. Mi costringerà a fare di nuovo un altro lavoro forzato. Grazie Garcia!” – si agitò Spencer, camminando avanti e indietro. Poi decise di mettersi il suo cappotto e uscì.

Penelope lo aspettava fuori casa sua insieme a Kevin.

“Reid, sei in ritardo! Comunque ecco il fascicolo di Keira. Mi raccomando non lo perdere. Ora io e Kevin dobbiamo scappare. Ti auguro una buona serata e non fare il mascalzone, anche se ci volesse un miracolo affinché possa accadere” – rise Penelope.

“Non credo proprio che sarà una buona serata” – rispose sarcasticamente Spencer mentre posò il fascicolo nella sua macchina.

“Dai, Reid. Non dire così! Keira è in gamba. E’ un po’ troppo bizzarra e vivace, ma saprà rendere interessante la tua serata. La più interessante di tutta la tua vita”

“Aspetta cosa vorresti dire?” – chiese perplesso Spencer.

“Mio bel dottore, anche se hai un Q.I. di 187, ne hai di cose da imparare. Questa è la tua prima lezione. Buona fortuna!” – concluse Penelope. Spencer cercava di fermarla, ma già era fuggita insieme a Kevin.

 

“Shlainn mi porti lo shampoo?”

“Dannazione, Keira. Sarò la tua coinquilina, ma non la tua serva! E’ la terza cosa che mi chiedi in cinque minuti” – esclamò Shlainn.

“Ti ringrazio, Shlainn, come farei senza te!” – risposi mentre mi sciacquavo i capelli.

“Ecco, quando dici così, mi freghi sempre!” – rise Shlainn. “Senti, furbacchiona, mi racconti sempre dei tuoi casi con la tua squadra, ma non mi hai detto nulla su quello che è successo l’altra sera con Spencer Reid! Avanti sputa il rospo!”.

“Niente di interessante, Shlainn. Cosa ci si può aspettare da un tipo come Spencer?” – risposi.

“Ah..ah. Non me la conti giusta, cara! I tuoi occhi non mentono. Comunque credo che dovresti conoscerlo più profondamente. Cerca di aprirti un po’ di più con lui, altrimenti ci saranno sempre delle incomprensioni; magari ci sarà qualche parte di lui che ti piacerà al di là del suo essere ‘so tutto io’. Keira, perché mi guardi così?” – chiese Shlainn sorpresa.

“Ho dimenticato il phon nella mia camera!”

Shlainn mi diede un colpetto sulla fronte.

“Ma hai sentito quello che ho detto? Sei incorreggibile! Magari ci fosse in questo momento Spencer, così mi farei due grosse risate!” – minacciò Shlainn.

“Ahaha, questa si che è buona, Shlainn. E’ capitato solo quella sera che avevi previsto la presenza dei miei colleghi al locale, ma questa volta no! Ti giuro, se si dovesse avverare, ti servirò io quando farai il bagno!” – risi a crepapelle. Shlainn uscì dal bagno, sconfitta, e andò a prendermi il phon. “Ride bene, chi ride ultimo, mia cara Keira!” – pensò.

 

Nel frattempo, Spencer arrivò al “Nirvana”.

“Che avrà voluto dire Garcia? Cosa c’è da capire? Devo soltanto portare un fascicolo a una collega e basta. Cosa c’è di interessante? Cosa c’è di speciale?” – pensò ad alta voce Spencer. Poi trovò il citofono e bussò.

“Shlainn, il citofono!” – esclamai mentre mi asciugavo i capelli.

“E guarda un po’ chi devi andare? IO!” – rispose irritata Shlainn. “Pronto?”

“Eh, Keira sei tu? Sono Spencer. Garcia mi ha dato un fascicolo che ti appartiene e sono venuto a portartelo. Posso salire?” - Spencer era imbarazzatissimo.

Shlainn non poteva crederci. Ancora una volta le sue preghiere furono esaurite. Camuffò la voce di Keira.

“Si, Spencer ti apro subito!”.

Quando uscì dal bagno in accappatoio, vidi Shlainn che si stava vestendo.

“Shlainn, dove devi andare?”

“Eh, mi sono ricordata che stasera c’era un ricevimento organizzato dal mio direttore. Credo che farò tardi quindi non mi aspettare” – rispose.

“Chi era al citofono?” – chiesi.

Shlainn doveva inventarsi una scusa. “Beh..era..era...Kim! La mia collega di lavoro. E’ venuta a prendermi e infatti sono in ritardo”.

“Ma sono le sette!”

“Allora sono in super ritardo! Devo occuparmi dei preparativi. Ora devo scappare, ci penserai tu alla cena!”

“Cosa?? Era il tuo turno fare la spesa!” – esclamai sconvolta.

“Tesoro, guarda che oggi è il tuo turno” – rispose Shlainn mentre si metteva la sua giacca.

“Aspetta come farò, se te ne vai!” – dissi disperata.

“Te la caverai. E poi le cose belle bussano sempre alla porta!” – concluse Shlainn mentre aprì la porta.

“Cosa vuoi dire?” – ero ancora più confusa.

“Buona serata, Keira!” – rispose Shlainn e chiuse la porta.

“No, Shlainn, aspetta! Bene adesso cosa faccio? Keira, stai tranquilla, su! Ora devo prepararmi per andare a fare la spesa, se non voglio rischiare di morire affamata!”.

 

Poi sentì il campanello. Avrà cambiato idea? Come è cara Shlainn! E’ così premurosa per me!

Corsi pimpante verso la porta e la aprì senza rendermi conto di cosa stesse succedendo.

Rimasi immobile. Scioccata. Non avevo più parole.

“Ciao Keira…ti..senti..” – non feci concludere la frase a Spencer e chiusi immediatamente la porta.

“Oddio! Qualcuno mi può svegliare? Questo è un incubo! Cosa ci fa Spencer qui? Shlainn! Maledetta!” . Poi sentì la sua voce dal balcone. Uscì e la vidi sotto il locale.

“Ehilà Keira, allora come va? Avevo ragione?”

“Accidenti a te, Shlainn. Dannata! Che ci fa lui qui? Mi hai visto in che condizioni sono?”

“Piccola vendetta da parte mia. Comunque è venuto a portarti un tuo fascicolo. Mi raccomando trattalo bene e non lo scaricare subito. Vedrai che cambierai idea su di lui. Ciao, Keira!”

“Si, ciao! Poi faremo i conti!” – risposi entrando in camera. “Oddio devo mettermi qualcosa addosso!”. Erano passati dieci minuti. Spencer era ancora fuori alla porta.

“Keira, è successo qualcosa? Perché non mi apri?” – chiese preoccupato e iniziò ad agitarsi.

“Si, Spencer, sto benissimo. Aspetta…arrivo ad aprirti la porta subito!”

“Subito? Sono qui fuori da tredici minuti e tre secondi!” – esclamò Spencer.

“Ma devi essere sempre così preciso?” – commentai mentre aprì la porta – “Non rimanere come uno stoccafisso qui fuori, dai entra prima che cambi idea!”.

“Grazie mille per la tua calorosa accoglienza!” – ironizzò Spencer entrando nel mio appartamento. “Perché avevi un’espressione così sorpresa? Cosa credevi chi fosse? Mi hai aperto tu il portone!” – rise Spencer, mentre girovagava.

“Non ero io era quella stupida della mia coinquilina, Shlainn, te la ricordi? Quella che aveva cantato con me l’altra sera al locale!” – risposi mentre mi stavo mettendo le scarpe.

“Ho una memoria eidetica, Keira! Certo che me la ricordo. Comunque sono venuto qui solo per portarti questo fascicolo da parte di Garcia”

“Grande, Penelope! Ora posso scrivere le mie relazioni. Grazie mille per avermelo portato, Spencer. Non sapevo che avessi un animo così altruista!” – scherzai.

“Credo che ti sei fatta troppi pregiudizi sul mio conto!” – rispose.

“Beh considerando quando ci siamo conosciuti la prima volta, cosa pretendevi che pensassi di te?”.

“Ah guarda questo lo dovrei dire io! Statisticamente l’88% delle persone che erano presenti nei miei incontri non si sarebbe mai azzardato a chiamarmi…”. Gli tappai la sua bocca con le mie dita.

“No..no! Caro dottor Reid in casa mia le statistiche non sono le benvenute! Senti dato che dovrei uscire a fare la spesa, ti va di accompagnarmi?” – sorrisi.

Spencer rimase muto e immobile per un attimo. Perché questa proposta? Se non accetto, posso tornare a casa a leggere Proust o Doyle, però non riesco a spiegarmi perché ho bisogno di rivedere il suo viso. Dai, Spencer, dille di si! Non potrà mai succedere niente, a meno che non ti farà cambiare un’altra ruota!

“Va…vab…vabben…”

“Lo prenderò come un si! Allora andiamo!” – risposi e uscimmo entrambi.

 

Mentre camminavamo, notai Spencer molto agitato.

“Ehi, Spencer! Perché sei così nervoso? Stiamo andando a un supermercato non a un campo di concentramento!”

“Nervoso? Sono perfettamente tranquillo! Cosa te lo fa credere?”

“Beh, stai tremando come una foglia, soprattutto le tue mani. Dai, rilassati!”

“Cosa dovresti comprare?” – chiese curioso Spencer.

“Beh un bel po’ di roba, il frigo ha la pancia asciutta” – ridemmo entrambi e finalmente Spencer si calmò. Aveva un nuovo viso. Adoro il suo sorriso, rimarrei incollata ore e ore ad ammirarlo.

“C’è qualcosa che non va, Keira? Ho qualcosa sulla faccia?”

“Ah…no, no! Miracolosamente stai apposto! Eccoci siamo arrivati” – dissi ed entrammo.

“Spencer, vuoi prendere il carrello, per favore?”

“Si, Keira!” – Spencer si diresse verso i carrelli, ma non riusciva a prenderlo. Era incastrato. Stava tirando forte, ma non ci riusciva. “Eh…Keira…c’è un piccolo problema…non riesco a prenderlo!”.

“Oddio, Spencer, prendere un carrello non è scalare l’Everest. Aspetta sto arrivando!” – appena che dissi quelle parole, Spencer riuscì a tirarlo ma fece cadere tutti i barattoli per terra. La commessa, spaventata da quel rumore improvviso, andò a controllare.

“Cosa era quel rumore? Cosa è successo?” – chiese.

“Ci perdoni, signora, c’è stato un piccolo incidente e sono caduti tutti i barattoli. Ma state tranquilla, li metteremo in ordine come prima” – dissi.

“Mi raccomando, non fate troppo baccano!” – avvertì la commessa.

“La ringraziamo, ci scusi ancora!” – rispose Spencer.

“Ma non ti posso lasciare un minuto da solo?” – esclamai.

“Io e i carrelli non andiamo molto d’accordo. Lo sapevi che il carrello in fisica è un vincolo che elimina un solo grado di libertà perché impedisce la traslazione dei..”

“Se hai tanta voglia di fare fisica, aiutami a raccogliere i barattoli!”

Dopo che avevamo sistemato, finalmente potei prendere quello che mi serviva.

“Mi raccomando, Spencer, cerca di non urtare il…” – un detto e un fatto, Spencer urtò il carrello verso il bancone della verdura.

“…carrello! Spencer, credo che sia meglio che facciamo cambio. Ti dirò io cosa prendere, sempre se saprai riconoscerle!”

“Molto divertente, Keira. Non capisco perché non riesco a controllarlo. Io giro a destra e quello va a sinistra. Non sono molto incline con i lavori manuali.”

“Allora, prendi tre melanzane”.

Spencer prese una busta trasparente e riuscì a prenderle senza combinare guai.

“Fatto!” – rispose.

“Bravissimo! Ora si che ci capiamo! Poi mi serve due bottiglie di sugo di pomodoro e un pacco di pasta”. Man mano che gli dettavo la mia lista della spesa, Spencer mi aiutava a riempire il carrello.

“Ok, basta così. Ora possiamo andare alla cassa!”

“Come è lungo questo corridoio!” – notò Spencer.

Mi era venuta in mente un’idea. Più che idea, una follia.

“Ehi, Spencer, ascoltami bene: ora io e te manteniamo il carrello, faremo una piccola corsa, così spingeremo velocemente il carrello e arriveremo prima di tutti verso la cassa!”

“Eh? Cosa ti viene in mente, Keira! Hai visto stesso tu che sono un disastro con il carrello. E poi si verificano il 2% degli incidenti in un supermercato tentando quello che vorresti fare!” – si preoccupò Spencer.

“Dai, Spencer, per favore! Vedrai che non succederà niente. Ti piacerà! Allora?”.

Era questo quello che Garcia intendeva dire? Non credevo che fosse così la mia prima uscita con una ragazza!

“Ok…” – rispose rassegnato Spencer.

“Grande! Allora al mio tre: uno…due…treeeeee!” – e spingemmo il carrello e percorremmo velocemente tutto il corridoio. Io e Spencer avevamo gli occhi chiusi. Era una strana sensazione. Mi sentivo bene.

“Keira, credo che dovremmo fermarci stiamo arrivando alla cassa!”

“Ok, Spencer, mettiamo giù i piedi!” – e frenammo il carrello appena in tempo. Eravamo i primi alla cassa.

“Vi auguro una buona serata!” – disse sorridendo la gentile commessa.

“Grazie. Arrivederci!” – rispondemmo entrambi contemporaneamente.

 

“Wow, è stato divertentissimo! Era da parecchio tempo che non lo facevo. Quando ero piccola mi divertivo tantissimo a giocherellare con i carrelli del supermercato” – commentai.

“Davvero? Questa è invece per me la prima volta! Io in genere vado ai ristoranti, non ho mai fatto la spesa” – rispose Spencer.

“Ah, adesso si spiega tutto. Però vedo dalla tua faccia che ti sei divertito anche tu, non cercare di nasconderlo!” – risi.

“Mi hai smascherato!” – sorrise Spencer aiutandomi a portare le buste.

Arrivammo a casa. Spencer le poggiò delicatamente.

Avanti Keira, lo so che vorresti dirglielo. Avanti, coraggio.

“Eh, Spencer...beh, visto che sei stato così gentile da avermi aiutata, ti va di rimanere qui a cena?”.

Ero molto imbarazzata, anche se la timidezza non era stata mai un problema per me, questa volta prese il sopravvento. Proprio con lui.

Spencer, senza badare ai suoi pensieri o alla voce della sua coscienza, accettò l’invito.

“Benissimo. Io vado a  sistemare le buste della spesa, tu puoi accomodarti sul divano” – dissi.

“Ok” – rispose Spencer. Mentre andai in cucina, l’attenzione di Spencer fu tentata da un album aperto sul divano. Si sedette e lo prese. Vide alcune foto sparse che ritraeva la sua collega nella sua infanzia. Si divertiva a vederle, soprattutto il suo sorriso che, nonostante gli anni passati, è rimasto sempre lo stesso.

“Spencer, cosa vuoi da bere? Ehi quello è il mio…”

“Mi dispiace, Keira. Ora lo rimetto a posto. Non volevo, credimi” – Spencer cominciò di nuovo con uno dei suoi attacchi.

“Ehi, Spencer, calmati. Tranquillo puoi vederlo però fai attenzione a non perdere le foto, che ancora le devo incollare sull’album” – sorrisi mentre gli ridiedi l’album.

“Sono le tue foto da piccola?” -  chiese Spencer e ricominciò a sfogliarlo.

“Già. Nelle prime pagine sto insieme ai miei fratelli”

“Davvero? Non sapevo che avessi dei fratelli! Quanti?”

“Tre. Questo ragazzo a destra è mio fratello maggiore Maxy, ha trent’anni ed lavora come commissario di polizia, anche se il suo sogno è quello di lavorare come detective per l’FBI. E’ un tipo molto protettivo, soprattutto con me, sensibile e ha un forte senso del dovere. Quello a sinistra è Fab, ha ventuno anni e frequenta l’accademia aeronautica. Infatti le sue due passioni sono la musica e gli aerei. A differenza di Maxy, Fab è più impulsivo, però è molto fedele sia alla famiglia che alle amicizie. Invece questa ragazza seduta per terra è mia sorella Clelia, ha diciannove anni e sta frequentando l’ultimo anno di liceo. Il suo sogno è fare l’archeologa, come mia madre. E’ davvero una piccola peste, però le voglio molto bene, un po’ di più rispetto ai miei fratelli perché è la più piccola ed è la seconda femmina della famiglia. Tu hai fratelli, Spencer?”

“Io? Ah..no! Mio padre voleva avere altri figli, ma mia madre decise di no perché, secondo il suo parere, non voleva rovinare la ‘perfezione’” – rispose Spencer accennando un po’ di malinconia nelle sue parole.

“Per dire così, ti vuole davvero tanto bene”.

“Si, peccato che il nostro rapporto si limita solo a delle lettere. Lei è ricoverata in una clinica psichiatrica a Las Vegas perché soffre di schizofrenia. Mi capita qualche volta di andare a trovarla nei giorni di festa, però le scrivo tutti i giorni riguardo solo ed esclusivamente del mio lavoro. Le mie lettere sono soltanto una maschera per farmi perdonare di averla mandata lì quando diventai maggiorenne. Non merito tutto il suo affetto”.

“Non dire così. Anche se i genitori farebbero di tutto per aiutare e proteggere i propri figli, anche noi avvertiamo le loro sofferenze e ci sforziamo per rendere la loro vita migliore. Questa è la ragione per cui tua madre continua ancora ad amarti anche se l’hai mandata via. Rimarrà sempre orgogliosa di te e anche se quelle lettere possono essere apparentemente banali, sono molto importanti per lei: una madre avverte la presenza del proprio figlio in qualunque cosa”.

“Non certo mio padre. Se n’è andato quando avevo solo dieci anni, lasciando mia madre sola ad affrontare il suo problema. Lo rividi dopo diciassette anni per un caso a Las Vegas un paio di mesi fa e la mia rabbia divenne sempre più forte e accesa anche se desideravo ardentemente rivederlo dopo tanto” – il volto di Spencer divenne sempre più cupo e malinconico.

“Aspetta mi è venuta un’idea!” – dissi mentre aprii il mio cassetto – “Eccolo l’ho trovato! Prendilo!”

“Che cos’è, Keira? Sembrerebbe un quaderno!” – disse Spencer osservandolo.

“E’ un mini-album, simile al mio. Qui potrai mettere le foto che ti riportano alla mente dei ricordi che ti hanno fatto sorridere. Magari qualcuna con tua madre così avrai una ragione in più per scriverle; le farai capire che, nonostante le avversità e la lontananza che vi separa, il tuo affetto è immutato e sentirai la sua presenza”.

“Ma, Keira, ho una memoria eidetica. So perfettamente del mio passato, le foto non servono” – disse.

“No, Spencer. Le foto sono la tua essenza e non la puoi cancellare. Quando ti senti solo o hai bisogno di riflettere, puoi rivolgerti a loro, che ti indicheranno, anche inconsapevolmente, la tua strada. Sono la tua ragione di vita. Anche se vogliamo cancellare il passato, è difficile dire addio alle nostre foto. Prendilo!” – esclamai.

“Grazie!” – disse con voce sottile, a causa della sua innocente timidezza.

“Figurati. Dopo questa chiacchierata, mi è venuta proprio fame. E tu mi aiuterai a cucinare” – esclamai mentre mi incamminai di nuovo in cucina.

“Eh? Ma..ma non ho mai…”

“Meglio! Sarà più divertente. Basta parlare, mettiamoci al lavoro”. Spencer cercava di disilludermi ma ancora una volta aveva fallito. Raggiunse anche lui la cucina.

“Allora ho già messo a bollire l’acqua, ora devi tagliare in fette sottili le melanzane” – ordinai.

“Aspetta..hai detto tagliare? Lo sapevi che gli incidenti domestici sono provocati dal 45% ..”

“Eeeh! Stai infrangendo la prima regola: NIENTE STATISTICHE! Ora ti faccio vedere così impari” – dissi e lo aiutai. “Adesso prova tu”.

Spencer, acquistando fiducia in se stesso, tentò di compiere l’arduo compito da me imposto e se la stava cavando “Sto andando bene, Keira?”.

“Wow, non è giusto che hai imparato in trenta secondi mentre io imparai in una settimana!” – ridemmo entrambi.

“Ok, basta così. Mentre io mi occupo del resto, tu puoi iniziare ad apparecchiare la tavola” – ordinai.

“Credo che sia un’ottima idea. Vado subito” – rispose Spencer, sollevato.

 

Stava andando tutto per il meglio. Fu un’esperienza indimenticabile. Shlainn aveva ragione su Spencer. Mi bastava guardarlo al di là dell’apparenza, per apprezzarlo veramente. E se mi stessi innamorando di lui? No! Non può essere! Non potrei mai essere alla sua altezza. Deve meritarsi il meglio e mi accontento solo di essere la sua collega. Niente di più. La sua presenza qui mi fa sentire meno sola e allontana la mia nostalgia. Voglio conoscere il suo cuore. Questo è il mio unico desiderio. Niente di più.

 

“Ehi, Keira, credo che sia pronto” – mi avvertì Spencer, notando che ero distratta.

“Oddio, hai ragione. Me ne stavo per dimenticarne”.

“La solita sbadata! Ormai ti sto conoscendo bene” – commentò Spencer.

“Ehi, dottor Reid, vacci piano! E’ già finita la tregua?” – risi.

 

Era tutto pronto. Trascorremmo la serata a gustarci la cena.

“Ah, ora si che mi sento piena!”

“E’ stato tutto delizioso. Non ho mai assaggiato la cucina italiana.” – disse Spencer.

“Wow ricevere i complimenti da Spencer Reid è una cosa che non capita tutti i giorni. Credo che dovremmo brindare” – dissi e versai un po’ di birra in entrambi i bicchieri.

“Non credi di esagerare?” – rispose imbarazzato.

“No, assolutamente. Un brindisi alla nostra squadra, che è una grande famiglia, e a te, Spencer, che hai imparato in tre giorni a cambiare una ruota, a portare un carrello della spesa e a cucinare”.

“Un brindisi anche a te, Keira, che sei entrata a far parte della nostra unità e hai reso possibile tutto questo”.

“Cin-cin” – dicemmo entrambi e bevemmo.

“Bene credo che sia il momento di fare i piatti, altrimenti Shlainn me li farà ingoiare. Nel frattempo, puoi fare un giro per la casa, poiché me ne sono dimenticata di mostrartela” – dissi mentre raccoglievo i piatti.

“Dovresti aggiungere una dose in più di potassio nella tua alimentazione” – rise Spencer alzandosi dalla sedia.

“Lo terrò presente, mammina!” – sbuffai.

 

Spencer cominciò a girovagare. Si sentiva bene qui. Fu incuriosito dalla camera da letto. Con un po’ di esitazione, decise di entrare. Era eccessivamente stravagante; sembrava la postazione di Penelope. Lo scaffale era pieno di dischetti di musica rock; c’erano alcuni libri: Andersen, Christie, Shakespeare, Wilde, Pirandello, Omero e Virgilio. Poi vide una grossa cesta colma di pupazzi, simili a quelli che aveva visto nell’ufficio di Keira. Ne prese uno e iniziò a giocherellarci.

Quando ero piccolo, molti bambini ne avevano uno. Io invece avevo gli scacchi o i miei libri e non capivo mai cosa significasse averne uno. Adesso ho capito. Lei mi sta aprendo gli occhi dove li ho chiusi per tutto questo tempo. Sono cresciuto troppo in fretta, dimenticandomi cosa significa essere bambini. Solo lei me lo ha fatto capire. Solo lei. Perché?

 

“Spencer dove sei?” – dissi mentre lo cercavo.

“Keira, sono nella stanza da letto. Suppongo che sia la tua!”.

Raggiunsi la mia stanza e lo trovai con uno dei miei pupazzi in mano.

“Vedo che stai facendo amicizia con Mr. Tomo!” – risi.

“Mr. Tomo?” – chiese sorpreso.

“Non fare quella faccia altrimenti Mr. Tomo si offende! E’ molto sensibile!”

“Ma è un panda di peluche! I peluche non si offendono!” – rispose.

“Oddio, sei irrecuperabile! Ma un po’ di fantasia in tutto quel cervello ci sta? Comunque Mr. Tomo è un regalo di mia madre e lo tengo con me da quando avevo cinque anni. Ha il potere di farti ridere a crepapelle!” – dissi.

“Davvero? Io non sto ridendo adesso” – disse Spencer.

“Prova a toccargli il naso” – dissi.

Spencer lo toccò e all’improvviso gli occhi del pupazzo sbalzavano fuori dalle orbite. Iniziò a ridere.

“Hai visto che avevo ragione! Le risate fanno bene all’anima nei momenti più bui”.

“Wow, non avevo mai riso così tanto!” – rispose Spencer.

“Mi fa piacere! Ora posa Mr. Tomo. E’ l’ora della nanna per lui” – esclamai.

“Ok. Ciao Mr. Tomo. È stato un piacere conoscerti” – disse Spencer mentre lo posava nella cesta.

Uscimmo entrambi dalla mia camera e portai Spencer fuori al balcone.

La notte era illuminata non dalle stelle ma dalle luci della città. Il panorama era da mozzare il fiato.

“Guarda da qui si può vedere anche casa tua, Spencer” – dissi indicando con il dito.

“E’ vero! Ma…ma mica mi spii?” – disse preoccupato Spencer.

“Ma che dici! E non credo che ci sia qualcosa di interessante da vedere!” – lo provocai.

“Beh senz’altro conduco una vita più normale della tua” – rispose sbuffando.

“Dai sto scherzando! Non iniziamo a litigare di nuovo”.

“Ehi il tuo medaglione si sta illuminando” – notò Spencer.

“Si, lo fa sempre di notte. Sai me lo ha regalato mio padre quando partiva per le sue missioni militari. Era un modo per sentire la sua presenza accanto a me e farmi sentire meno sola, anche se mi arrabbiavo quando partiva. E’ come se mi stesse abbandonando e non se ne importasse niente di me. Ma poi capì che lui in fondo mi voleva bene e lo dimostrava dando il meglio nel suo lavoro”.

Mentre parlavo il mio sguardo era fisso sugli occhi di Spencer. Anche il suo sui miei. Ciò che ci divideva era un muro invisibile che non riuscivamo a superarlo. Poi lentamente mi avvicinai. Avevo paura, ma non ci pensavo. Lui rimase immobile, anche se gli tremavano le mani, come se mi aspettasse. Anche lui si avvicinò. Un solo passo e le nostre labbra si sarebbero incontrate. I nostri sentimenti erano un sottile filo in tensione. Entrambi volevamo compiere quel passo, ma tutto finì. Tutta colpa del mio cellulare.

“Cavoli! Chi sarà mai a quest’ora! Pronto?”

“Sorellinaaaa! Sono Maxy! Ma che diavolo di fine hai fatto! Avevi promesso che mi avresti chiamato. Come al solito quando parlo con te, è come se stessi parlando con un muro!”.

“Scusami, Maxy! Sono stata impegnata! Mi dispiace…” – mentre parlavo al telefono, Spencer, imbarazzato, andò a prendere il suo cappotto lasciandomi da sola fuori al balcone. “Spencer, aspetta dove stai andando…”

“Eeeh! Keira con chi stai parlando? Mica ci sta un ragazzo nel tuo appartamento? Dammi subito il suo nome, faccio le valigie e gli spacco la faccia” – disse Maxy adirato al telefono.

“Maxy, ora devo attaccare ti chiamo dopo ok?”

“No no, cara sorellina! Ora mi spieghi che ci fa quel tipo con te…” – ma le parole di Maxy non furono mai recepite da sua sorella, dato che aveva già riattaccato.

 

“Che succede, Maxy? Keira sta bene?” – chiese Fab.

“E’ successo una catastrofe! C’è un ragazzo nell’appartamento di Keira! E’ terribile!” – disse disperato.

“Un ragazzo? Che bello! Chissà com’è!” – disse Clelia felice.

“Cavolo. Hai ragione Maxy! Nessuno può avvicinarsi a nostra sorella senza il nostro permesso!” – esclamò Fab.

“Dai ragazzi non fate i gelosi! Keira ha bisogno di un ragazzo! Sarà biondo, castano…oddio sono curiosa!”

“Zitta, Clelia. Lo sai benissimo che ci teniamo molto a te e a Keira! Oddio se ne approfitterà di lei per la sua bellezza e innocenza! NOOO!!” – Maxy era sempre più sconvolto.

“Figlioli, cosa è tutto questo baccano! Vi rendete conto che sono quasi le sei del mattino…” – disse Costanza sbadigliando.

“Mamma dobbiamo partire! C’è un ragazzo in casa di Keira!” – raccontò Fab.

“Oh, la mia piccola Keira finalmente si è decisa! Chissà che tipo sarà!”

“Sono d’accordo con te, mamma!” – rispose Clelia e mamma e figlia avevano gli occhi luccicanti, mentre Fab e Maxy erano nervosi e volevano a tutti i costi partire.

 

“Spencer, scusami per prima! Era mio fratello che non lo sento da parecchio!”

“Non ti preoccupare, Keira! Si è fatto tardi e credo che sia il momento di tornare a casa!”

“Vuoi che ti accompagni?” – chiesi.

“Tranquilla, ho la mia macchina, quindi niente ruote da cambiare” – sorrise.

“Ok!” – dissi ed ero dispiaciuta per quell’interruzione. Spencer lo notò e si avvicinò.

“Sono stato bene, stasera. Grazie mille per questo album! Allora ci vediamo domani” – disse cercando di non balbettare.

“Anche io sono stata bene. Mi sono divertita molto. A domani, Spencer. Buonanotte” – dissi mentre lo accompagnai alla porta.

“Buonanotte Keira” – disse e si allontanò da me, scendendo le scale.

 

“Dannazione! Che figuraccia! Mi sento un’idiota! Se non fosse per Maxy, ci stavamo quasi per…Oddio! Basta, Keira! Non ci pensare! E’ stato meglio così! Non sai nemmeno se lui prova i tuoi stessi sentimenti. Caspita! Devo chiamare Maxy! Immagino che starà avendo uno dei suoi attacchi di gelosia!” – dissi e chiamai.

“Pronto?”

“Maxy, sono Keira!”

“Keira, sono Clelia. Sapevo che fossi tu. Ho risposto io perché Fab e Maxy stanno andando fuori di testa”.

“Maledizione! Lo sapevo! Ho combinato un disastro!” – mi disperai.

“Dai, Keira, non dire così! Lui è ancora li con te?” – chiese.

“No, se n’è andato ed era imbarazzatissimo! Mi mancate tantissimo, Clelia! Mamma come sta?”

“Sta bene, Keira! Diciamo che l’ha presa bene la tua partenza, anche se ci manchi tantissimo. Ma non cambiare argomento, che tipo è questo ragazzo?”

“Beh è un mio collega di lavoro. Si chiama Spencer Reid ed è un genio!”

“Che bel nome. Descrivimelo” – chiese Clelia sempre più curiosa.

“Beh è alto, capelli biondo-castano, occhi marroni. E’ molto timido, il classico nerd”.

“Wow sarà senz’altro supercarino! Come sono gli agenti dell’FBI?”

“Sono fantastici. Magari foste qui, così ve li avrei già presentati!”

“Quanto ti invidio, sorellina! Ti prometto che ti verremo a trovare. Maxy e Fab sono agguerriti e hanno intenzione di fare subito le valigie!”

“Senti, Clelia, mamma sta vicino a te?”

“Si, Keira, ora te la passo! Ti voglio tanto bene e aggiornami sul tuo ragazzo!” – rise al telefono Clelia.

“Non è il mio ragazzo! Ti voglio bene anche io, pazzoide” – risposi e sentì la voce della mia mamma – “Ciao, mamma!”

“Ciao, tesoro! Stai bene? Come ti trovi lì?”

“Benissimo. Sono meravigliosi qui. Ho risolto tre casi! Senti ho trovato la tua lettera e ti volevo dire che ti voglio tanto bene e mi dispiace per quello che è successo!” – la commozione si faceva sentire dalla mie parole.

“Piccola mia, stai diventando una donna e non potevo crederci. Sappi che sarò per sempre orgogliosa di te e ti sosterrò nelle tue scelte. Tuo padre sarebbe molto fiero di te!”

“Mi manchi, mamma. Sentire ora la tua voce mi rende felice! Mi prometti che mi vieni a trovare?”

“Certo, Keira! Anche perché ho sentito che c’è un ragazzo che è entrato nella tua vita!”

“Non esageriamo, mamma. E’ soltanto un collega. Ora devo staccare perché domani devo andare a lavoro. Ti mando un bacio e cerca di calmare quelle due teste calde!”

“Non sarà facile, li conosci! Buonanotte, tesoro! A presto!” – rispose e riattaccò.

Dopo quella conversazione, ero molto stanca. Così decisi di andare a letto. Pochi minuti dopo, rientrò a casa Shlainn.

“Keira, sono tornata! Allora come è andato con il tuo Spencer?” – ma era tutto inutile. Shlainn vide la sua amica già immersa nel mondo dei sogni.

“Oh no! Già sta dormendo come un sasso. Però quel suo sorrisino vuol dire che è andato tutto bene!” – sorrise Shlainn, fiera del suo gesto.

 

Spencer tornò a casa distrutto. Ripensava a quella serata che rimarrà scritta per sempre nella sua vita. Non posso crederci a quello che è successo. Ci stavamo quasi per…calmati Spencer! E’ stato meglio così. Non volevi ferirla. Non conosci i suoi sentimenti. Stai andando troppo veloce. Siete solo colleghi. Allora perché ho bisogno di lei adesso?

 

Poi Spencer fu spaventato da uno squillo. Era Derek.

“Ciao, bel ragazzo!”

“Morgan, ti rendi conto che ore sono? E’ quasi l’una!”

“Lo so, Reid! Volevo controllare se stessi dormendo! Cosa ti tiene sveglio a quest’ora?”

“Beh…non so come spiegarti…ho passato la serata a cas..cas..casa di…”

“Di chi? Andiamo non mi tenere sulle spine!”

“Keira!” – quando disse quel nome, Spencer sentiva la pressione a mille.

“Cosa? Oddio questo si che è uno scoop! Dai racconta!”

“Beh abbiamo fatto la spesa insieme, l’ho aiutata con la cena, poi ci stavamo quasi per…”

“Davvero? L’hai fatto?”

“No! Siamo stati interrotti dal telefono di lei. Ma è stato meglio così”

“Oh, Reid! Non devi essere così scettico con i tuoi sentimenti. Si vede benissimo che sei attratto da quella ragazza, ma hai paura. Devi avere coraggio per ottenere ciò che ami” – rispose Derek.

“Morgan, non so spiegare quello che mi sta succedendo. Quando io e Lyla c’eravamo baciati, ero confuso perché era per me la prima volta, però non provai quello che sto provando adesso. Ho questo bisogno irrazionale della sua presenza. Mi sta cambiando, però non riesco ad andare oltre”.

“Reid, ascoltami: non devi vergognarti dei tuoi sentimenti. Ovviamente non si deve premere l’acceleratore, però non devi aspettare troppo tempo, altrimenti rischi di perderla. Io non ti posso dire quello che devi fare, ma ascolta quello che dice il tuo animo, non la tua mente! Non bisogna fare grandi cose per trovare la felicità, quando questa si trova dentro di te e hai bisogno di condividerla con le persone che ami! Ah ragazzino, ti prometto che ti farò diventare un vero uomo!”

“Non so se fidarmi. Piuttosto come è andata la tua giornata?”

“Magnifica! Ci siamo divertiti tantissimi e c’erano molte ragazze…”

“Quanti numeri ti sei preso?” – chiese Spencer ridacchiando.

“Ehi, frena ragazzo! Non ho preso nulla perché sono estremamente serio! Emily te lo potrà dire domani e anche lei non ci scherza: un tipo ci stava provando con lei ma l’ho allontanato a furia di calci dal didietro! Comunque io vado a nanna, a domani Romeo!”

“Grazie come sempre, Morgan. A domani” – riattaccò.

 

Spencer non aveva ancora sonno. Così frugò nei suoi cassetti per trovare delle foto da attaccare sull’album, regalatogli da Keira.

“Oh, questa è la foto di Ethan e io quando stavamo facendo la domanda per entrare nell’FBI” – ricordava Spencer, incollando questa foto nell’album.

“Questa è quando conobbi Gideon all’accademia di Quantico! Mi ricordo quando mi chiamava Steve anziché Spencer, perché non ricordava mai il mio nome. Questa è quando mamma e io andavamo al parco e ci sdraiavamo sul prato per guardare le forme delle nuvole. Questa è quando conobbi JJ perché non trovavo l’ufficio di Hotch e da lì che mi chiamò Spence. Questa è quando io e Morgan aiutammo Garcia a sistemare i suoi computer: mi ricordo che stavo quasi per farlo cadere e Garcia mi bacchettò la mia testa”. Poi Spencer trovò una foto che lo fece riflettere. Quella con suo padre. “Perché, papà? Io dovrei odiarti per tutta la vita, ma non riesco a dimenticarti. Come Gideon. Però mentre lui mi ha lasciato una lettera, tu niente”. C’era un pensiero che tormentava Spencer: la ricerca del lieto fine. Ripensava alle ultime parole di Gideon. Non aveva ancora capito il significato. Poi si ricordò di scrivere la lettera alla sua mamma. Prese un foglio bianco e iniziò.

 

Ciao mamma,

come stai? Io bene. E’ terminata anche questa settimana. Abbiamo avuto tre casi impegnativi: uno a Washington, dove un uomo uccideva le sue vittime, per punire i loro adulteri; uno a Louisville, una giovane studentessa di una scuola d’arte uccideva i suoi compagni costringendoli a dipingere, per vendicarsi del suo amato, un professore che temeva che la loro relazione potesse compromettere e rovinare il suo futuro; infine uno a Pittsburgh, un’amica di JJ (Te la ricordi? Quella ragazza con i capelli biondi e gli occhi azzurri…) è stata rapita insieme suo figlio da un uomo che è stato maltrattato da sua madre, una ragazza-madre, e voleva sfogare la sua rabbia uccidendo altre ragazze-madri. Ma alla fine siamo riusciti a salvarla. Infatti, come ringraziamento, ci ha invitato a una partita di pallone per beneficenza e per me è stata la prima volta, ma divertente. Meglio del baseball! Ti verrò a trovare appena che Hotch ci dà qualche giorno di vacanza. Nel frattempo ti aggiornerò sui vari casi, così potrai scrivere le tue storie. Sono curioso di leggerle!

 

A presto

Spencer.

 

P.S. : Mi sono dimenticato di dirti che è arrivato un nuovo membro nella nostra unità: si chiama Keira Martines, è un medico legale. E’ italiana ed è davvero una tipa bizzarra, come la mia collega Garcia. Abbiamo avuto delle incomprensioni all’inizio: pensa mi ha chiamato “Dottor Morfina!”. E’ assurdo! Però sto provando a conoscerla: pensa mi ha regalato un album per mettere delle foto che descrivono i miei momenti più belli. Infatti ti volevo chiedere se ne hai qualcun’altra di noi due, potresti mandarmela quando risponderai a questa lettera. Così sentirò meno la tua mancanza!

 

Spencer si addormentò mentre scriveva le ultime righe della lettera. Gli fecero compagnia soltanto le sue foto.

 

 

I miss that town I miss the faces
You can't erase You can't replace it
I miss it now I can't believe it

So hard to stay Too hard to leave it

If I could I relive those days
I know the one thing that would never change

Every memory of looking out the back door
I had the photo album spread out on my bedroom floor
It's hard to say it, time to say it goodbye, goodbye

 

Every memory of walking out the front door
I found the photo of the friend that I was looking for
It's hard to say it, time to say it goodbye, goodbye  (Photograph – Nickelback)

 

 

“Dove mi trovo?” – poi vidi in lontananza un’ombra. “C’è qualcuno? Chi sei?”. La nebbia svanì, come un sottile velo, e il viso di quella persona si fece sempre più nitido, fino a quando mi resi conto chi fosse.

“Papà! Sei proprio tu?” – dissi mentre gli andai incontro.

“Ciao, figliola. Sei così cresciuta”

“Oh, papà! Mi manchi tantissimo, ho bisogno di te…” – i miei occhi erano pronti a liberare le lacrime.

“No, Keira! Avevamo fatto una promessa, te la ricordi?” – disse mentre mi accarezzò la guancia.

“Si, papà! Hai ragione!” – risposi e le frenai ancora una volta.

“Sono molto fiero di te! E ricordati che starò sempre accanto a te. Sempre”

“Lo so, papà” – risposi mentre lo abbracciai forte.

“Ascoltami, figliola. Purtroppo non ho molto tempo, devo dirti una cosa importante: proteggi il medaglione che ti ho donato!” – appena che pronunciò quelle parole, mio padre iniziò ad allontanarsi.

“Aspettami, papà. Non capisco: perché lo devo proteggere? Che vuol dire? Papà…”.

Poi mi risvegliai e capì che era solo un sogno. Presi in mano il medaglione e lo guardai fisso.

 

“Cosa nasconde questo medaglione, papà? E’ legato a quello che ti è successo? Ti prometto che lo proteggerò e scoprirò la verità, anche a costo della mia vita”.

 

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