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Autore: milly92    08/03/2010    6 recensioni
Seguito di "Dillo Alla Luna". Luna e Marco, finalmente insieme. Nonostante siano insieme da poco, sembrano cresciuti moltissimo e tantissime responsabilità si accavallano addosso a loro: una casa da gestire da sola con sua sorella per Luna, l’ultimo anno di università per Marco, che lo condurrà alla fatidica laurea in architettura. Eppure, come tutti i rapporti, il loro dovrà consolidarsi e superare varie prove, rappresentate soprattutto da Tommaso, affittuario di una stanza in casa di Luna. “Vedi, Tommaso, il fatto è che a pelle non mi hai dato una buona impressione, ed io sono fatta un po’ così, pensa che fino a quasi un anno fa avevo un brutto rapporto con Stella e con Marco stesso… Poi il fatto di averti trovato alla mia porta quando aspettavo Marco…”. “Ma c’è sempre Marco in mezzo? Cioè, voglio capire che state insieme, ma a me sembra quasi che non respiri se non te lo dice lui..!” m’interruppe Tommaso, con un’accentuata vena critica nella voce che non mi piacque affatto. “Ma come ti permetti? Tu non mi conosci…”. “E non ti conoscerò mai se continui a lanciarmi frecciatine in presenza sua e a parlare sempre e solo di lui!” ribattè. Lo guardai furente, alzandomi dal letto. “E dove sta scritto che devi conoscermi per forza? Te lo ha prescritto il medico?”. Tommaso si alzò a sua volta, guardandomi con disprezzo. “E pensare che quando ti vedevo all’Università mi ispiravi simpatia e dolcezza. Sei solo una vipera insicura che non vive senza il suo cagnolino da guardia” disse.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Odi, Sed Amo'
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Relax, Take It Easy

“In realtà no, cioè , abbiamo riflettuto molto e abbiamo deciso che non è giusto che stiate ancora sulle spalle dei nonni e sapendo che non avreste lasciato di nuovo Maddaloni” e così dicendo papà lanciò uno sguardo molto colloquiale ai due ragazzi, “Abbiamo comprato di nuovo l’appartamento per consentirvi di viverci da sole, visto che noi, se per voi va bene, vorremmo vivere insieme a Firenze. Vostra mamma mi ha già trovato un lavoro in una redazione lì, la stessa in cui lavoravo prima della separazione….”.

“Ma se voi volete ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei week end….” aggiunse subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.

Alla fine ci guardammo con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi: “Ormai siamo abbastanza grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a essere felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni tanto…”.

“Dillo Alla Luna”, capitolo 23

Capitolo I

Relax, Take It Easy

Non avevo mai adorato l’estate così tanto ad essere onesti. Ero troppo impegnata con la mia vita privata per potermi lasciarmi seccare da fattori scontati come il caldo, l’afa e la voglia di vacanze.

Mare? Sole? Hotel, villaggi turistici, paesini nuovi da visitare? Non ne avevo proprio voglia, stremata dalle fatiche per l’ultimo esame del secondo semestre del mio primo anno all’università, la Facoltà di Lingue presso l’Orientale di Napoli. L’unica cosa importante e fondamentale per quell’estate che si prospettava era passarla tra le braccia di una certa persona…

“Luna, amore, senti qua che offerta! Due settimane all’Isola d’Elba con pensione completa, piscina e saune incluse a solo… Oh, ma è a inizio settembre, sembrava troppo bello per essere vero!”.

Sospirai, avvicinandomi al mio ragazzo Marco che usufruiva liberamente del mio portatile nella mia stanza mentre io me ne stavo incollata al ventilatore a pochi metri da lui. Ok, era vero che fattori come il caldo non mi seccavano, ma perché rinunciare a qualche piccola comodità che poteva aiutarmi a sentirmi solo un po’ più fresca?

“Perché per oggi non la smetti di giocare a fare l’impiegato di un’agenzia di viaggi e non impieghi il tuo tempo nel migliore dei modi?” domandai sarcastica, obbligandolo a voltarsi verso di me e indicandomi discretamente, guardando altrove.

“E’ proprio perché voglio trascorrere del tempo con te nel migliore dei modi che sto cercando di organizzare una vacanza decente senza i nostri fratelli o qualsiasi essere umano tra i piedi dopo che saremmo andati dai tuoi a Firenze…” rispose a tono, usando una certa dose di sarcasmo a sua volta e fissandomi con i suoi occhioni blu, che, chissà perché, al solo fare certi pensieri scintillavano ancora di più, tanto da sembrare accesi da uno strano fervore.

Roteai gli occhi, incrociai le braccia e poi alzai il mento. La visita a Firenze dai miei! Ormai non pensava ad altro… Certo, nemmeno a me andava di passare del tempo con papà che rompeva le scatole e faceva smorfie di disappunto per ogni nostro minimo gesto, oltre al fatto che ci seguiva dappertutto come un cane da guardia, ma poi quel paio di giorni sarebbe passato, invece restava il fatto che a Maddaloni non riuscivamo mai a starcene un po’ per conto nostro. Nonostante la casa fosse abitata solo da me e Stella, non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che spesso venivano a trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per me staccare la spina e allontanarmi un po’ da tutti loro con un viaggio dai miei era una cosa positiva, comunque sempre c’era qualcuno che rompeva le scatole, tanto valeva che ciò fosse rappresentato dal mio paparino che non vedevo da settimane!

“Fa come vuoi allora” mi arresi infine, conscia del fatto che niente e nessuno avrebbe potuto dissuaderlo dalla sua decisione di organizzare questo viaggio. “Organizza un viaggio dove vuoi, anzi, a questo punto vedi se c’è qualche volo low cost per Spagna, Francia e giù di lì”.

S’illuminò di botto, come se gli avessi detto chissà che, e subito si fiondò sul mio portatile di nuovo, cercando particolari siti su cui speculare. Dal canto mio mi limitai a tornare vicino al mio amato ventilatore dato che la temperatura di quell’afosa giornata di luglio non accennava a voler diminuire, e ci restai finchè il mio cullare non iniziò a squillare, rivelandomi una chiamata da parte di mia cugina Miriam.

“Miri, dimmi!” la incitai subito, visto che quello per lei era un giorno importante, quello in cui aveva gli orali dell’esame di maturità classica. L’avevo aiutata a ripetere nell’ultimo mese, e speravo tanto che il mio aiuto fosse servito a qualcosa.

“Mi hanno dato ventisette su trenta, quindi facendo la somma di tutti i punti farebbe ottantotto!” esclamò agitata. Conoscendola, già la immaginavo mentre si dimenava, appena uscita dalla sala dove aveva avuto il colloquio, con la chioma bruna come la mia legata in una coda, il top verde portafortuna che le avevo regalato e la faccia con delle belle occhiaie bluastre dovute all’agitazione e alla mancanza di sonno.

Marco si girò verso di me, curioso.

“Ottantotto? Bravissima, un voto in più a me!” le ricordai ridendo, e così lui sorrise, contento per Miriam. Le aveva dato una mano a sua volta con le sue perle di saggezza di storia dell’arte, materia che mia cugina non amava chissà quanto.

“Oh, come sono felice Lu! Mi sono tolta un macigno dallo stomaco! Ora vado, corro a casa a dirlo a mamma, conoscendola starà passeggiando ansiosa per tutta la casa…” si congedò.

“Certo, salutamela e ricordale che avevo ragione sul fatto che non doveva preoccuparsi sulla bravura di mia cugina la genietta” dissi con una punta di sarcasmo, visto che la zia tendeva ad essere fin troppo ansiosa quando ci si metteva, e così staccai la chiamata.

Poco dopo, dal canto suo, Marco chiuse di scatto il portatile, mentre me ne stavo distesa sul letto, intenta nel guardare il soffitto e a usufruire dell’aria fresca emanata dal ventilatore.

“Che c’è, l’agenzia di viaggi è fallita?” bofonchiai sarcastica, alzandomi sui gomiti per guardarlo in faccia.

Scosse il capo con aria birbante, scuotendo i suoi ricci corvini. “No, mi sono scocciato. Voglio seguire un po’ il tuo consiglio di prima…”.

“Quale?” chiesi.

Per tutta risposta, si impossessò delle mie labbra e, senza esitazioni, iniziò ad accarezzarmi la schiena sotto il top che indossavo. Presa alla sprovvista, realizzai dopo pochi secondi a cosa si riferisse, prima di iniziare a provare tutte quelle sensazioni fin troppo evidenti che provavo solo quando ci spingevamo un po’ oltre. Era una magnifica tortura sentirlo accarezzarmi sempre più su, diretto verso il reggiseno che indossavo, e lo fu ancora di più quando iniziò a torturarmi il collo come solo lui sapeva fare.

Cercai di non sospirare, e mi ci volle chissà quale sforzo per riuscirci.

“Quanto ci scommetti che…” iniziò a dire, tra un bacio e l’altro, prima che, puntuale come un orologio svizzero, il telefono di casa iniziasse a squillare insistentemente.

“Uffa! Che palle, giuro che…” m’infervorai, staccandomi di malavoglia da quel corpo così sensuale e attraente per prendere il cordless.

“Amore, ormai è matematico, qui non si può combinare nulla… Perciò, lasciami trovare il posto per la vacanza e li manderemo tutti a quel paese…” sussurrò lui, sbuffando.

Annuii, dandogli mentalmente ragione, e risposi al telefono, scoprendo che era mia nonna che faceva la sua telefonata giornaliera per sapere se filasse tutto liscio.

Come tutte le sere delle ultime settimane, zia Kitty e suo marito Michele, nonché mio capo nel locale in cui lavoravo, vennero a farmi visita, anche per augurarci buon viaggi visto che l’indomani saremmo andati a Firenze, ancora più allegri del solito. Non mi ero ancora abituata al fatto che la mia zia preferita si fosse sposata in così poco tempo, eppure ero felice per lei, anche perché suo marito era un uomo speciale che sapeva comprenderla nel suo essere un po’ “pazza” quando ci si metteva.

Marco era tornato a casa per cena insieme a suo fratello Mario, visto che dovevano finire di preparare le valigie, ragion per cui, prima dell’arrivo degli zii, io e Stella stavamo guardando un film dopo aver ordinato la cucina.

“Nipotine, se sapeste…” trillò la zia appena aprii la porta. I capelli che fino a qualche mese prima erano stati rossi, ora le scendevano lungo le spalle, ricci e castani, e i suoi occhi erano quasi dilatati da uno strano moto di felicità, la cui causa ci era ignota.

Guardai interrogativa verso Michele, ma compresi che non avrei ricevuto ulteriori risposte, bensì ancora più domande, dal momento che reggeva in mano una bottiglia di spumante. “E’ ubriaca?” dedussi scherzosamente, indicando la bottiglia.

“No…” sussurrò lui, che sembrava quasi un bel po’ spaesato.

Curiosa, li condussi come mio solito fuori all’ampio balcone del soggiorno, su cui si stava abbastanza freschi la sera nonostante la calda stagione. “E allora che è successo? Hai vinto alla lotteria?” le domandai mentre prendeva posto su una sedia.

“Infatti, che è successo, zia?” insistè Stella.

“Aspetto un bambino!” urlò, muovendo gioiosamente le mani. Al suo fianco, Michele sorrise bonariamente.

Ovviamente spalancai la bocca per la sorpresa, proprio come la mia gemella che però subito si precipitò a stringere la zia tra le sue braccia, felice. Appena mi passò il momento di shock la imitai, e quando mi separai la donna aggiunse: “Non lo credevo possibile, sapete? Dopotutto ho quarantasei anni, e invece…! Il dottore ha detto che devo stare solo un po’ a riposo e tenere le dita incrociate per non correre rischi”.

“Quindi ora mi tocca fare da uomo di casa al cento per cento” borbottò Michele falsamente rabbuiato, tanto che la zia lo spinse minacciosa prima di lasciarsi sfiorare le labbra con un tenero bacio.

“E così si spiega la presenza della bottiglia di spumante! Dobbiamo brindare, Mister! Corro a prendere i bicchieri” dissi subito, ancora al settimo cielo per la zia. A breve mi sarebbe nato un altro cuginetto… Ero sicura che sarei stata come una sorella maggiore per quella creatura, quindi non potevo non dirmi entusiasta.

Brindammo, ci perdemmo in chiacchiere, finchè, quando ormai era quasi mezzanotte, notai che zia Kitty non faceva che lanciare occhiate sbrigative al mio capo, come per incitarlo a fare qualcosa. Li osservavo curiosamente, e attesi finchè lui, sospirando, non disse: “Luna, in realtà devo darti un’altra notizia” con un tono funereo. La donna annuì, a sua volta quasi dispiaciuta.

“Che cosa?” domandai senza esitazioni, preoccupata dal loro modo di guardarmi e parlare. Cos’era successo di così negativo da suscitare simili atteggiamenti?

“Vedi” iniziò Michele, grattandosi la nuca per poi iniziare a torturarsi le mani con fare frenetico, “Io e Kitty abbiamo ragionato e… E la nascita del bambino porterà a tanti doveri…”.

“Si…” l’assecondai, senza capire dove volesse andare a parare.

“… Tanto impegno….”.

“Si, e allora?”.

“E soprattutto tante spese…”.

Feci l’ennesimo cenno affermativo col capo, mentre al mio fianco Stella trattenne il fiato. Che aveva? Aveva compreso forse qualcosa che a me sfuggiva?

“No, Michele, non dirmi che è come ho capito!” disse subito, togliendosi i lunghi capelli da sopra la spalla e fissandolo. “Non dirmi che è come diceva la signora Rosa!”.

“Beh, si…”.

Ormai seguivo quel discorso come se fosse stata una partita di pallavolo, fissando prima mia sorella, poi Michele, e infine la zia che aveva una faccia fin troppo consapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco. Che c’entrava la signora Rosa, la proprietaria del negozio in cui lavorava Stella, quello di fronte al locale di Michele?

“No! Cioè, Michele, capisco tutto ma…”.

“Ma si può sapere che state blaterando voi due? Che succede?” chiesi scocciata, rizzandomi meglio sulla sedia, infastidita nel non capirci un tubo di quella discussione.

“Succede che ci dispiace ma Michele deve restringere le spese del negozio e visto che tu hai una situazione economica migliore di Antonio e Gianluca, Michele deve licenziarti” disse in fretta zia Kitty, comprendendo che se fosse stato per Stella e suo marito non saremmo mai arrivati al nocciolo della questione. Fece un sorriso amaro, proprio come l’uomo al suo fianco.

“Si, Luna, mi dispiace ma…”.

“Tranquillo, è giusto che sia così, figurati” sussurrai. Wow, ecco che sapevo come ci si sentiva ad essere licenziati. Era una brutta sensazione, adoravo il mio lavoro, mi piaceva stare lì con Michele e i ragazzi, anche se quando c’erano troppi clienti mi sarebbe venuta voglia di evadere e sapere che non ci sarei più potuta tornare mi infondeva una gran tristezza, oltre alla consapevolezza del fatto che ormai il mio stipendio mi era indispensabile per poter concedermi qualche sfizio in più, dato che non amavo chiedere i soldi a mamma e papà oltre quelli delle bollette e del cibo.

Mi voltai vero Stella, che sembrava quasi tramortita. “Sei stata gentile a preoccuparti per me, Stella, se ti fossi spiegata meglio…!” dissi con sincerità.

Lei mi guardò levando un sopracciglio, sbuffando. “Ma che hai capito, mi dispiace perché sono licenziata anche io dal momento che ho avuto la conferma che Michele, oltre licenziare te, farà affari con Rosa che ha intenzione di togliere il negozio di vestiti e di aprire un supermercato con cui farà affari. Questo non lo dici alla tua ex dipendente?” aggiunse rivolta verso Michele, che annuì tristemente. Oh, meraviglioso. Sia io che Stella eravamo state licenziate in un battibaleno,senza avere il tempo di rendercene conto o di aver commesso un atto per cui valga la pena non essere più assunte.

“Dobbiamo trovare una soluzione!” avevo detto quella sera, appena zia Kitty e Michele se n’erano andati, ancora dispiaciuti, ed era stato così che io e la mia gemella avevamo passato una notte quasi insonne per cercare di rimediare ai nostri licenziamenti. Ormai era estate e quindi non lavoravamo più, ma dovevamo trovare una soluzione al nostro problema entro settembre, mese in cui i nostri risparmi sarebbero finiti. “Il prima possibile! E poi io e Marco stiamo programmando un viaggio e ho bisogno di sapere che i soldi che spenderò li recupererò” bofonchiai, nonostante il sonno, sbadigliando.

Sedute a gambe incrociate sul suo letto, alla luce di una lampada, ci guardavamo in attesa della cosiddetta lampadina che si accende nei cartoni animati quando un personaggio aveva un’idea.

“Almeno tu non li hai ancora spesi! Io ho già dato la mia quota per il week end in montagna con Mario, sua cugina e il suo ragazzo…” disse tetra. “Insomma, cosa dobbiamo fare? La signora Rosa mi pagava bene, certo, ma visto che sono stata licenziata voglio aspirare ad un lavoro migliore, tipo uno che mi faccia guadagnare abbastanza senza stare così tante ore al lavoro”.

Levai un sopracciglio, scettica, prima di scuotere il capo con aria contrariata. “Stella! E pensa che non studi nemmeno! Cosa dovrei dire io? Non posso mai dimenticare le due settimane che Michele è stato in viaggio di nozze e me la sono dovuta vedere da sola con Antonio e Gianluca con l’esame in vista!” la rimproverai severamente. Non la sopportavo quando faceva la fraccomoda ad essere onesti, dopotutto lei poteva permettersi di lavorare molto anche perché poi alla fine guadagnava molto più di me. Anzi, a causa del suo eccessivo “stress” qualche volta aveva fatto sì che, tornata esausta dai corsi all’università, dovevo anche fare le pulizie da sola visto che se ne andava a dormire subito dopo cena. Il solo pensiero di quei suoi atteggiamenti mi faceva ancora ribollire, se ci riflettevo.

“Ma che c’entra! Insomma, il punto è che dobbiamo approfittare di questo licenziamento per migliorare la nostra situazione, trovare degli impieghi che ci consentano di gestire meglio la nostra vita….” ribattè decisa, stringendo il pugno.

Mi accasciai sul letto, fissando il soffitto appena illuminato dalla luce fioca della lampada, sospirando. “Si dice che la notte porta consiglio, no? Perciò andiamo a dormire, domani ci aspetta un’asfissiante viaggio in auto” mi arresi infine, alzandomi a fatica visto che sentivo il sonno invadermi e l’ansia crescere nei confronti di quelle interminabili ore da trascorre in macchina tra afa, traffico e Mario e Stella che di sicuro litigavano perla canzone da ascoltare.

Mia sorella annuì, e così mi diressi nella mia stanza. Guardando l’orologio mi accorsi che erano le tre e mezza; il pensiero di dovermi svegliare tre ore e mezza dopo era terribile ma poi sorrisi dicendomi che avrei potuto riposare in auto, tra le braccia del mio Marco… Presi il cellulare per mettere la sveglia quando notai un messaggio di Marco di due ore prima.

Io vado a dormire! Non vedo l’ora che questi giorni passino in fretta perché ho una sorpresa… Buonanotte piccola, ti amo.

Improvvisamente sentii il sonno scemare, sia per il fatto che ogni volta che Marco mi chiamava “piccola” mi sentivo andare su di giri, sia per il fatto che adoravo le sue sorprese, e di certo quella non poteva essere negativa. Aveva trovato il posto giusto in cui andare in vacanza forse? Fatto sta che presi sonno alle quattro passate e il poche ore dopo, quando Stella venne a svegliarmi alle sette, mi sentivo come se fossi stata investita da un bus inglese a due piani.

“Sbrigati! Insomma, i ragazzi stanno venendo, sbrigatiiii!” mi ripeteva lei in continuazione, ma io a stento l’ascoltavo. Nemmeno ascoltai il campanello che suonava, quindi per me fu una sorpresa ritrovarmi Marco riflesso alle mie spalle, mentre mi guardavo allo specchio per aggiustarmi i capelli. Proprio come poche ore prima, il solo saperlo al mio fianco sembrò rinvigorirmi e così mi sentii improvvisamente più sveglia, tanto che mi tuffai tra le sue braccia senza meditarci.

“Ehi, non ci vediamo da dieci ore, che sarà mai!” ridacchio lui, tuttavia stringendomi a sé in risposta al mio abbraccio.

Alzai la testa, guardandolo male. “Devi sempre rovinare tutto, eh?” sbuffai, allontanandomi e mettendo un po’ di profumo.

“E’ inutile che fai così, lo so che un giorno senza di me per te sarebbe deleterio…” ridacchiò pavoneggiandosi, cacciando uno di quei sorrisi che in altra sede, magari di sera, al buio, senza i nostri fratelli in giro per casa, mi avrebbe fatto perdere la ragione.

Ma lì per lì, appena sveglia, stanca e spossata, non avevo la testa per fargli vedere l’effetto che poteva avere su di me, ragion per cui finii a spruzzargli addosso il profumo dopo essermi di nuovo stretta a lui, facendolo ritrarre rapidamente dopo aver compreso ciò che avevo fatto.

“Ah, così impari a rompermi le scatole!” ridacchiai vittoriosa, ritornando poi a pettinarmi come se nulla fosse, con lui che si lamentava e faceva delle smorfie disgustate per il fatto che ora la sua camicia puzzasse a causa di un profumo femminile. Non saremmo mai cambiati, saremmo rimasti sempre i soliti rompiscatole, di questo ne ero certa.

Il viaggio fu peggio di quello che mi aspettavo, onestamente. Mentre io cercavo di trovare una soluzione al fatto di essere senza lavoro, Stella aveva iniziato a discutere con Mario sul fatto che una certa Gemma lo aveva chiamato mentre percorrevamo l’autostrada, più o meno verso Roma, mentre Marco, da grande macho, si era addormentato dopo mezz’ora di viaggio.

“Troveremo una soluzione al vostro problema, tranquille” aveva detto prima di essere rapito da Morfeo, e mi aveva lasciato così, sola,con l’unica allettante prospettiva di subirmi i litigi di quei due.

Ragion per cui, scorgere il cartello che indicava la città in cui avevo abitato per anni ed anni dopo numerose ore di viaggio e un paio di soste in qualche affollato autogrill fu un vero e proprio sollievo.

“Siamo già arrivati?” domandò Marco con voce assonnata quando iniziai a scrollarlo, in un modo causalmente violento, così tanto forse da fargli rimpiangere i momenti in cui a compiere quel gesto era sua madre per farlo svegliare e andare a scuola.

“Siamo appena entrati a Firenze. Svegliati, su, non vorrai mica avere l’aria da Pisolo quando ti ritroverai faccia a faccia con i miei” risposi brevemente, cercando di sottolineare il mio disappunto per essere stata priva della sua compagnia durante il tragitto.

All’udire di queste parole sgranò gli occhi, quasi come se gli avessi detto qualcosa di orrendamente blasfemo, e sbuffò, appoggiandosi ancora di più contro lo schienale del sedile. “Potevi svegliarmi! Insomma, volevo avere tempo per…”.

“Per cosa? Contare le auto dell’autostrada? Fare il calcolo matematico dei chilometri che mancavano? Tranquillo, le ho fatte io per te queste cose visto che l’alternativa era ascoltare i dissidi amorosi di questi due” ribattei, ancora più irritata. Il signorino non solo si era riposato, non solo mi aveva lasciata sola e in preda alla noia e poi aveva anche il barbaro coraggio di lamentarsi? No, no, non doveva assolutamente funzionare così.

Eppure, la cosa più bella fu vederlo sorridere e scuotere il capo, prima di attirarmi dolcemente a sé, infischiandosene dei nostri fratelli che stavano protestando per la mia frase nei loro confronti detta pochi secondi prima. “Mi farò perdonare per non averti fatto compagnia, Lulù” disse con una dolcezza che avrebbe fatto impazzire qualsiasi adolescente ormonosa, baciandomi la tempia.

Arrossii come una matta, ma semplicemente perché lui mi chiamava Lulù nei momenti più… Intimi, se così si potevano definire quelli in cui ci lasciavamo prendere un po’ di più la mano. Improvvisamente, come c’era da aspettarselo, la mia acidità scomparve; alzai lo sguardo, a pochi centimetri dal suo viso, e dissi: “Allora sentiamo. Come ti farai pedonare…?”.

“Con la prospettiva di un bel soggiorno in Abruzzo appena torneremo da Firenze visto che Mario e Stella hanno voluto farci questo bel regalo” rispose prontamente piegando la testa di lato e sfiorando il mio naso con il suo.

Esitai, certa di non aver udito bene. “Cosa?” domandai esterrefatta, allontanandomi mio malgrado da lui e voltandomi verso i due. Potevo vedere mia sorella sorridere dallo specchietto retrovisore con il suo solito sorrisetto soddisfatto. “E’ impossibile, cioè, state preparando tutto da un mese e…”.

“…E Mario ha avuto la bellissima idea di accettare di lavorare per una causa in tribunale che si terrà in quei giorni, quindi bye bye Abruzzo e welcome Marco e Luna. Anche Giusy, la loro cugina, e il suo ragazzo hanno disdetto, quindi abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere andare al posto nostro” annunciò Stella con il suo solito tono perentorio.

Sentii Mario sbuffare. “Stella, smettila di rinfacciarmelo, già è un miracolo che l’avvocato Costanzi mi abbia assunto nel suo studio, non posso permettermi di fare il prezioso e rifiutare gli incarichi” sbottò, quasi con aria annoiata, come se lo avesse detto per la centeunesima volta.

Mia sorella alzò gli occhi al cielo e fece un cenno affermativo. “Si, si, amore, lo so, quindi, morale della favola… Buon divertimento, ragazzi!”.

Guardai Marco senza sapere cosa dire, e lui mi fece comprendere che non dovevo dire nulla con un semplice cenno e la sua solita aria rassicurante.

“Allora è fenomenale, amore!” decisi di dire alla fine, gettandogli le braccia al collo con slancio e baciandolo con enfasi.

“Mi piaci quando mi ringrazi così” sussurrò con la voce un po’ bassa , prima di rispondere al bacio e rischiando di farmi perdere la ragione come solo lui sapeva fare, anche solo poggiando la mano sulla mia schiena coperta solo da un sottile top, facendomi venire la pelle d’oca.

“Sarà una settimana fantastica” aggiunsi, quando mi separai per respirare.

“Puoi dirlo forte” rispose, quasi come se ne avesse avuta la certezza assoluta già da quel momento.

Stella indicò la strada giusto a Mario, e così dieci minuti dopo eravamo di fronte la nostra vecchia casa, dopo ben sette mesi.

Quante cose erano successe dalla nostra ultima visita lì! Io avevo scoperto di essere innamorata di Marco e lui aveva segretamente comprato i biglietti per il concerto di Vasco, dopo aver saputo che il mio regalo ideale di Natale sarebbe stato riceverne uno… E pensare che poi era stato proprio il giorno di quel fatidico concerto, poco meno di due mesi dopo, che ci eravamo messi insieme, dopo tanto dubbi, incertezze e fraintendimenti, oltre che tante lotte contro il nostro stesso orgoglio, dovuto al fatto che prima di capire di amarci eravamo quasi convinti di provare odio allo stato puro nei confronti dell’altro.

Mario suonò il clacson e mentre stavamo prendendo i bagagli e papà si affacciò subito dal balcone della cucina, sorridendo.

“Benvenuti, ragazzi! Vi serve una mano?” domandò cordiale.

“No, la ringrazio” rispose subito Marco, che, chissà perché, era il “prediletto” di papà tra i due. “Ce la facciamo”.

“Ok, vi aspetto sopra!”.

In un battibaleno salimmo sopra, Marco con in mano la valigia mia e di mia sorella e Mario con quella sua e del fratello. Io e Stella sussurrammo qualche parola curiosa circa il motivo per cui i nostri genitori ci avessero invitato lì, e poi anche perché avevano detto di doverci presentare una persona. Chi poteva mai essere?

La risposta, per mia sfortuna, la trovai nella mia ex camera, quando vi andai per posare la valigia, dopo aver salutato papà.

Seduta dietro la mia scrivania, intenta nel leggere un numero di “Top girl”, con un abitino rosso fuoco e dei sandali dal tacco vertiginoso, se ne stava una ragazza che non poteva essere più grande di me. Aveva i capelli castani perfettamente aggiustati, facendo si che all’estremità la sua chioma fosse adornata da perfetti boccoli setosi, degli occhi da gatta castani e una pelle molto chiara, che sembrava trattata con chissà quante creme costose.

La guardai smarrita, chiedendomi cosa ci fosse quella che aveva le sembianze di una modella in vacanza in camera mia.

“Oh, hi! Are you Luna or Stella? I’m Victoria, nice to meet you! Cristiana always talk to me about you and your twin!” disse con un accento americano e una voce stranamente squillante, alzandosi e abbracciandomi, lasciandomi totalmente spiazzata.

“Eh?” chiesi. Ma che ci faceva un’americana nella mia stanza?

Oh, sorry, but I know that you study English and Spanish at the University and so… Scusami, io sono Victoria, ma tu puoi chiamarmi Vic se ti va” si spiegò, con un accento italiano ancora più cadenzato e fastidioso della sua vocina.

La guardai irritata, per chi mi aveva preso? Pensava che non l’avessi capita?

“I am Luna, nice to meet you. It’s true, I study English and Spanish at the University and I have understood you, but I don’t understand who are and what are you doing in my room” risposi.

La cosiddetta Victoria mi sorrise, e stavo per dire altro quando udii un urlo da parte di mia sorella.

“Che cosa…?” chiesi al nulla, precipitandomi verso il soggiorno, con quella Victoria al seguito.

Vi trovai anche mia madre insieme al resto della combriccola. Stella era sbiancata e Marco e Mario avevano un’aria stranita.

“Mamma, ciao!” dissi subito, prima di domandare a mia sorella la causa del suo urlo.

“Luna! N-Non puoi c-capire, mamma, lei…” borbottò, mettendomi ansia.

“Mamma cosa?” chiesi senza continuare a capire, voltandomi verso mia madre, sempre elegante con dei pantaloni bianchi e una maglia nera a stile impero.

“Vedo che hai conosciuto Vic, cara!” disse lei.

“Si, ma non capisco cosa è successo!” ribadì, iniziando ad innervosirmi. Guardai in direzione di Marco che, come Mario, voltò lo sguardo. “Insomma, cosa…”.

Le parole mi morirono in gola e non credetti ai miei occhi. Probabilmente avrei cacciato un urlo anch’io se ne avessi avuto la forza…

Mamma si era improvvisamente alzata la maglietta a stile impero per metà, rivelando la sua pancia che non era più quasi piatta, bensì arrotondata di un bel po’, come quella di una normale donna incinta che aspetta un bambino da almeno tre-quattro mesi.

Feci un passo indietro, ancora incosciente, e non badai a Victoria che diceva: “E’ wonderful, no, Luna?”.

“Stella, se puoi urla anche per me” farfugliai, sedendomi sul divano e infischiandomene delle face lievemente preoccupate dei miei. Sapevano che spettava loro una partaccia per averci tenuto nascosto la nascita di un fratellino per molti mesi, perché di certo non era quella mattina che mamma si era svegliata e si era ritrovata quel pancione con un bambino dentro!

*°*°*°*

Ed eccomi qui. Innanzitutto, buona festa delle donne a tutte le donne! ^^

Avevo promesso che sarei stata via un bel po’, e purtroppo questo cap non è segno di un ripensamento, bensì della ricerca di qualche conferma. L’ho terminato qualche giorno fa, dopo averci impiegato più di un mese per scriverlo, e ovviamente morivo dalla voglia di pubblicarlo per farvi comprendere più o meno la direzione che prenderà la storia in questo seguito, anche se mancano tantissimi indizi, e sapere se vi interessava, altrimenti avrei fatto bene a modificarlo. Non voglio cadere nella banalità, e la mia preoccupazione era che la nascita di un fratellino lo avrebbe rappresentato… Non so, ditemi voi, qualsiasi consiglio è ben accetto!

Un'altra cosa che volevo farvi notare erano alcune somiglianze con la prima parte: se prima c’era un spagnolo, Feliz, ecco che ora spunta un’americana, Victoria, se nel primo cap della prima parte anche Stella abbandonava Firenze, ora entrambe ci ritornano…

Poi, il tema delle canzoni di Vasco è ormai archiviato, ma ogni capitolo avrà come titolo una canzone di qualsiasi cantante.

Comunque, per chi è curioso, ecco qui l’attrice che ho scelto per Victoria, Sophia Bush:

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Vi anticipo che grazie a questo nuovo personaggio ci faremo un bel pò di risate…… xD

Ora, passato il momento noioso xD, eccomi qui con i ringraziamenti!

Grazie alle 12 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 18 che l’hanno messa tra le seguite… Grazie, grazie, grazie! Ne sono tantissime considerando che è solo il prologo! Mi potete fare un bellissimo regalo per la festa della donna facendomi sapere cosa ve ne sembra di questo primo cap? ^^ Vi ringrazio in anticipo!

Poi grazie ovviamente a coloro che hanno recensito…:

Lola SteP: Tesoro! Ora sai chi è questa persona, eheh, e conoscendoti forse inizialmente ti irriterà un (bel) po’ ahahah! Dici che anche i pensieri di Marco sono irresistibili come lui? Bravissima, siamo d’accordo sull’ennesima cosa! xD Un bacione, tvttttttb!

95_angy_95: Ciao cara! Eh si, purtroppo la canzone non promette niente di buono ma non posso rivelare nulla.. Solo che probabilmente quando proseguiremo con i cap inizierai a capire! ^^ Un bacio e grazie mille! =)

CriCri88: Ehi carissima! Lo sai che per me è una gioia leggerti anche qui, vero? ^^ Comunque in effetti hai ragione, già c’è un po’ di cattiveria ma non durerà molti cap, diciamo che le cose negative per cui varrà la pena stare sulle spine saranno ben altre… xD Grazie mille, un bacione! ^^

XXX_Ice_Princess_XXX: Grazie mille cara, spero proprio che l’esame vada bene anche se è a maggio… =) Diciamo che li farò un po’ soffrire a Luna e a Marco, ma si sa che alla fine sono sempre buona, ahaha xD Un bacione e grazie mille, spero che anche questo seguito ti piaccia ^^

Grazie anche a Jessykiss85, Lola SteP, CriCri88, Blair95, rossy97 e _Kairi_90 per aver recensito l'epilogo di "Dillo Alla Luna" ^^

Purtroppo devo dirvi che aggiornerò un bel po’, purtroppo il secondo cap è tutto da scrivere, ma spero che mi lascerete un commento per farmi sapere se secondo voi va bene va bene quest’idea o dovrei cambiare “linea” da seguire… Mi affido a voi! ^^

Fatemi sapere, un bacio,

la vostra milly92.

  
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