“Ma se voi volete
ancora vostro padre vicino non ci sono problemi, verrò nei
week end….” aggiunse
subito mamma, vedendo che io e Stella non rispondevamo.
Alla fine ci guardammo
con un’occhiata eloquente, annuimmo e così dissi:
“Ormai siamo abbastanza
grandi per cavarcela da sole, no? Voi pensate a stare insieme e a
essere
felici, ve lo meritate. Semmai veniamo a trovarmi noi ogni
tanto…”.
“Dillo
Alla Luna”, capitolo 23
Capitolo
I
Relax,
Take It
Easy
Non avevo mai
adorato l’estate così tanto ad essere onesti. Ero
troppo impegnata con la mia
vita privata per potermi lasciarmi seccare da fattori scontati come il
caldo,
l’afa e la voglia di vacanze.
Mare? Sole?
Hotel, villaggi turistici, paesini nuovi da visitare? Non ne avevo
proprio
voglia, stremata dalle fatiche per l’ultimo esame del secondo
semestre del mio
primo anno all’università, la Facoltà
di Lingue presso l’Orientale di Napoli.
L’unica cosa importante e fondamentale per
quell’estate che si prospettava era
passarla tra le braccia di una certa
persona…
“Luna, amore,
senti qua che offerta! Due settimane all’Isola
d’Elba con pensione completa,
piscina e saune
incluse a solo… Oh, ma è
a inizio settembre, sembrava troppo bello per essere vero!”.
Sospirai,
avvicinandomi al mio ragazzo Marco che usufruiva liberamente del mio portatile nella mia
stanza mentre io me ne stavo incollata al ventilatore a pochi
metri da lui. Ok, era vero che fattori come il caldo non mi seccavano,
ma
perché rinunciare a qualche piccola comodità che
poteva aiutarmi a sentirmi
solo un po’ più fresca?
“Perché per
oggi non la smetti di giocare a fare l’impiegato di
un’agenzia di viaggi e non
impieghi il tuo tempo nel migliore dei modi?” domandai
sarcastica, obbligandolo
a voltarsi verso di me e indicandomi discretamente, guardando altrove.
“E’ proprio
perché voglio trascorrere del tempo con te nel migliore dei
modi che sto
cercando di organizzare una vacanza decente senza i nostri fratelli o
qualsiasi
essere umano tra i piedi dopo che saremmo andati dai tuoi a
Firenze…” rispose a
tono, usando una certa dose di sarcasmo a sua volta e fissandomi con i
suoi
occhioni blu, che, chissà perché, al solo fare certi pensieri scintillavano ancora di
più, tanto da sembrare
accesi da uno strano fervore.
Roteai gli occhi,
incrociai le braccia e
poi alzai il
mento. La visita a Firenze dai miei! Ormai non pensava ad
altro… Certo, nemmeno
a me andava di passare del tempo con papà che rompeva le
scatole e faceva
smorfie di disappunto per ogni nostro minimo gesto, oltre al fatto che
ci
seguiva dappertutto come un cane da guardia, ma poi quel paio di giorni
sarebbe
passato, invece restava il fatto che a Maddaloni non riuscivamo mai a
starcene
un po’ per conto nostro. Nonostante la casa fosse abitata
solo da me e Stella,
non avevamo mai un attimo di pace tra pulizie e parenti che spesso
venivano a
trovarci per controllare se andasse tutto bene, quindi per me staccare
la spina
e allontanarmi un po’ da tutti loro con un viaggio dai miei
era una cosa
positiva, comunque sempre c’era qualcuno che rompeva le
scatole, tanto valeva
che ciò fosse rappresentato dal mio paparino che non vedevo
da settimane!
“Fa come vuoi
allora” mi arresi infine, conscia del fatto che niente e
nessuno avrebbe potuto
dissuaderlo dalla sua decisione di organizzare questo viaggio.
“Organizza un
viaggio dove vuoi, anzi, a questo punto vedi se
c’è qualche volo low cost per
Spagna, Francia e
giù di lì”.
S’illuminò di
botto, come se gli avessi detto chissà che, e subito si
fiondò sul mio
portatile di nuovo, cercando particolari siti su cui speculare. Dal
canto mio
mi limitai a tornare vicino al mio amato ventilatore dato che la
temperatura di
quell’afosa giornata di luglio non accennava a voler
diminuire, e ci restai
finchè il mio cullare non iniziò a squillare,
rivelandomi una chiamata da parte
di mia cugina Miriam.
“Miri, dimmi!”
la incitai subito, visto che quello per lei era un giorno importante,
quello in
cui aveva gli orali dell’esame di maturità
classica. L’avevo aiutata a ripetere
nell’ultimo mese, e speravo
tanto che il
mio aiuto fosse servito a qualcosa.
“Mi hanno dato
ventisette su trenta, quindi facendo la somma di tutti i punti farebbe
ottantotto!” esclamò agitata. Conoscendola,
già la immaginavo mentre si
dimenava, appena uscita dalla sala dove aveva avuto il colloquio, con
la chioma
bruna come la mia legata in una coda, il top verde portafortuna che le
avevo
regalato e la faccia con delle belle occhiaie bluastre dovute
all’agitazione e
alla mancanza di sonno.
Marco si girò
verso di me, curioso.
“Ottantotto?
Bravissima, un voto in più a me!” le ricordai
ridendo, e così lui sorrise, contento
per Miriam. Le aveva dato una mano a sua volta con le sue perle di
saggezza di
storia dell’arte, materia che mia cugina non amava
chissà quanto.
“Oh, come sono
felice Lu! Mi sono tolta un macigno dallo stomaco! Ora vado, corro a
casa a
dirlo a mamma, conoscendola starà passeggiando ansiosa per
tutta la casa…” si
congedò.
“Certo,
salutamela e ricordale che avevo ragione sul fatto che non doveva
preoccuparsi
sulla bravura di mia cugina la genietta” dissi con una punta
di sarcasmo, visto
che la zia tendeva ad essere fin troppo ansiosa quando ci si metteva, e
così
staccai la chiamata.
Poco dopo, dal
canto suo, Marco chiuse di scatto il portatile, mentre me ne stavo
distesa sul
letto, intenta nel guardare il soffitto e a usufruire
dell’aria fresca emanata
dal ventilatore.
“Che
c’è, l’agenzia
di viaggi è fallita?” bofonchiai sarcastica,
alzandomi sui gomiti per guardarlo
in faccia.
Scosse il capo
con aria birbante, scuotendo i suoi ricci corvini. “No, mi
sono scocciato. Voglio
seguire un po’ il tuo consiglio di
prima…”.
“Quale?”
chiesi.
Per tutta
risposta, si impossessò delle mie labbra e, senza
esitazioni, iniziò ad
accarezzarmi la schiena sotto il top che indossavo. Presa alla
sprovvista,
realizzai dopo pochi secondi a cosa si riferisse, prima di iniziare a
provare
tutte quelle sensazioni fin troppo evidenti che provavo solo quando ci
spingevamo un po’ oltre. Era una magnifica tortura sentirlo
accarezzarmi sempre
più su, diretto verso il reggiseno che indossavo, e lo fu
ancora di più quando
iniziò a torturarmi il collo come solo lui sapeva fare.
Cercai di non
sospirare, e mi ci volle chissà quale sforzo per riuscirci.
“Quanto ci
scommetti che…” iniziò a dire, tra un
bacio e l’altro, prima
che, puntuale come un orologio svizzero,
il telefono di casa iniziasse a squillare insistentemente.
“Uffa! Che
palle, giuro che…” m’infervorai,
staccandomi di malavoglia da quel corpo così
sensuale e attraente per prendere il cordless.
“Amore, ormai
è matematico, qui non si può combinare
nulla… Perciò, lasciami trovare il
posto
per la vacanza e li
manderemo tutti a
quel paese…” sussurrò lui, sbuffando.
Annuii, dandogli
mentalmente ragione, e risposi al telefono, scoprendo che era mia nonna
che
faceva la sua telefonata giornaliera per sapere se filasse tutto
liscio.
Come tutte le
sere delle ultime settimane, zia Kitty e suo marito Michele,
nonché mio capo
nel locale in cui lavoravo, vennero a farmi visita, anche per augurarci
buon
viaggi visto che l’indomani saremmo andati a Firenze, ancora
più allegri del
solito. Non mi ero ancora abituata al fatto che la mia zia preferita si
fosse
sposata in così poco tempo, eppure ero felice per lei, anche
perché suo marito
era un uomo speciale che sapeva comprenderla nel suo essere un
po’ “pazza”
quando ci si metteva.
Marco era tornato
a casa per cena insieme a suo fratello Mario, visto che dovevano finire
di
preparare le valigie, ragion per cui, prima dell’arrivo degli
zii, io e Stella
stavamo guardando un film dopo aver ordinato la cucina.
“Nipotine, se
sapeste…” trillò la zia appena aprii la
porta. I capelli che fino a qualche
mese prima erano stati rossi, ora le scendevano lungo le spalle, ricci
e
castani, e i suoi occhi erano quasi dilatati da uno strano moto di
felicità, la
cui causa ci era ignota.
Guardai
interrogativa verso Michele, ma compresi che non avrei ricevuto
ulteriori
risposte, bensì ancora più domande, dal momento
che reggeva in mano una
bottiglia di spumante. “E’ ubriaca?”
dedussi scherzosamente, indicando la
bottiglia.
“No…”
sussurrò
lui, che sembrava quasi un bel po’ spaesato.
Curiosa, li
condussi come mio solito fuori all’ampio balcone del
soggiorno, su cui si stava
abbastanza freschi la sera nonostante la calda stagione. “E
allora che è
successo? Hai vinto alla lotteria?” le domandai mentre
prendeva posto su una
sedia.
“Infatti, che
è successo, zia?” insistè Stella.
“Aspetto un
bambino!” urlò, muovendo gioiosamente le mani. Al
suo fianco, Michele sorrise
bonariamente.
Ovviamente
spalancai la bocca per la sorpresa, proprio come la mia gemella che
però subito
si precipitò a stringere la zia tra le sue braccia, felice.
Appena mi passò il
momento di shock la imitai, e quando mi separai la donna aggiunse:
“Non lo
credevo possibile, sapete? Dopotutto ho quarantasei anni, e
invece…! Il dottore
ha detto che devo stare solo un po’ a riposo e tenere le dita
incrociate per
non correre rischi”.
“Quindi ora mi
tocca fare da uomo di casa al cento per cento”
borbottò Michele falsamente
rabbuiato, tanto che la zia lo spinse minacciosa prima di lasciarsi
sfiorare le
labbra con un tenero bacio.
“E così si
spiega la presenza della bottiglia di spumante! Dobbiamo brindare,
Mister!
Corro a prendere i bicchieri” dissi subito, ancora al settimo
cielo per la zia.
A breve mi sarebbe nato un altro cuginetto… Ero sicura che
sarei stata come una
sorella maggiore per quella creatura, quindi non potevo non dirmi
entusiasta.
Brindammo, ci
perdemmo in chiacchiere, finchè, quando ormai era quasi
mezzanotte, notai che
zia Kitty non faceva che lanciare occhiate sbrigative al mio capo, come
per
incitarlo a fare qualcosa. Li osservavo curiosamente, e attesi
finchè lui,
sospirando, non disse: “Luna, in realtà devo darti
un’altra notizia” con un
tono funereo. La donna annuì, a sua volta quasi dispiaciuta.
“Che cosa?”
domandai senza esitazioni, preoccupata dal loro modo di guardarmi e
parlare.
Cos’era successo di così negativo da suscitare
simili atteggiamenti?
“Vedi”
iniziò
Michele, grattandosi la nuca per poi iniziare a torturarsi le mani con
fare
frenetico, “Io e Kitty abbiamo ragionato e… E la
nascita del bambino porterà a
tanti doveri…”.
“Si…”
l’assecondai, senza capire dove volesse andare a parare.
“… Tanto
impegno….”.
“Si, e
allora?”.
“E soprattutto
tante spese…”.
Feci
l’ennesimo cenno affermativo col capo, mentre al mio fianco
Stella trattenne il
fiato. Che aveva? Aveva compreso forse qualcosa che a me sfuggiva?
“No, Michele,
non dirmi che è come ho capito!” disse subito,
togliendosi i lunghi capelli da
sopra la spalla e fissandolo. “Non dirmi che è
come diceva la signora Rosa!”.
“Beh,
si…”.
Ormai seguivo
quel discorso come se fosse stata una partita di pallavolo, fissando
prima mia
sorella, poi Michele, e infine la zia che aveva una faccia fin troppo
consapevole di ciò che sarebbe successo di lì a
poco. Che c’entrava la signora
Rosa, la proprietaria del negozio in cui lavorava Stella, quello di
fronte al
locale di Michele?
“No! Cioè,
Michele, capisco tutto ma…”.
“Ma si può
sapere che state blaterando voi due? Che succede?” chiesi
scocciata, rizzandomi
meglio sulla sedia, infastidita nel non capirci un tubo di quella
discussione.
“Succede che
ci dispiace ma Michele deve restringere le spese del negozio e visto
che tu hai
una situazione economica migliore di Antonio e Gianluca, Michele deve
licenziarti” disse in fretta zia Kitty, comprendendo che se
fosse stato per
Stella e suo marito non saremmo mai arrivati al nocciolo della
questione. Fece
un sorriso amaro, proprio come l’uomo al suo fianco.
“Si, Luna, mi
dispiace ma…”.
“Tranquillo, è
giusto che sia così, figurati” sussurrai. Wow,
ecco che sapevo come ci si
sentiva ad essere licenziati. Era una brutta sensazione, adoravo il mio
lavoro,
mi piaceva stare lì con Michele e i ragazzi, anche se quando
c’erano troppi
clienti mi sarebbe venuta voglia di evadere e sapere che non ci sarei
più
potuta tornare mi infondeva una gran tristezza, oltre alla
consapevolezza del
fatto che ormai il mio stipendio mi era indispensabile per poter
concedermi
qualche sfizio in più, dato che non amavo chiedere i soldi a
mamma e papà oltre
quelli delle bollette e del cibo.
Mi voltai vero
Stella, che sembrava quasi tramortita. “Sei stata gentile a
preoccuparti per
me, Stella, se ti fossi spiegata meglio…!” dissi
con sincerità.
Lei mi guardò
levando un sopracciglio, sbuffando. “Ma che hai capito, mi
dispiace perché sono
licenziata anche io dal momento che ho avuto la conferma che Michele,
oltre
licenziare te, farà affari con Rosa che ha intenzione di
togliere il negozio di
vestiti e di aprire un supermercato con cui farà affari.
Questo non lo dici
alla tua ex dipendente?” aggiunse rivolta verso Michele, che
annuì tristemente.
Oh, meraviglioso. Sia io che Stella eravamo state licenziate in un
battibaleno,senza
avere il tempo di rendercene conto o di aver commesso un atto per cui
valga la
pena non essere più assunte.
“Dobbiamo
trovare una soluzione!” avevo detto quella sera, appena zia
Kitty e Michele se
n’erano andati, ancora dispiaciuti, ed era stato
così che io e la mia gemella
avevamo passato una notte quasi insonne per cercare di rimediare ai
nostri
licenziamenti. Ormai era estate e quindi non lavoravamo più,
ma dovevamo
trovare una soluzione al nostro problema entro settembre, mese in cui i
nostri
risparmi sarebbero finiti. “Il prima possibile! E poi io e
Marco stiamo
programmando un viaggio e ho bisogno di sapere che i soldi che
spenderò li
recupererò” bofonchiai, nonostante il sonno,
sbadigliando.
Sedute a gambe
incrociate sul suo letto, alla luce di una lampada, ci guardavamo in
attesa
della cosiddetta lampadina che si accende nei cartoni animati quando un
personaggio aveva un’idea.
“Almeno tu non
li hai ancora spesi! Io ho già dato la mia quota per il week
end in montagna
con Mario, sua cugina e il suo ragazzo…” disse
tetra. “Insomma, cosa dobbiamo
fare? La signora Rosa mi pagava bene, certo, ma visto che sono stata
licenziata
voglio aspirare ad un lavoro migliore, tipo uno che mi faccia
guadagnare
abbastanza senza stare così tante ore al lavoro”.
Levai un
sopracciglio, scettica, prima di scuotere il capo con aria contrariata.
“Stella! E pensa che non studi nemmeno! Cosa dovrei dire io?
Non posso mai
dimenticare le due settimane che Michele è stato in viaggio
di nozze e me la
sono dovuta vedere da sola con Antonio e Gianluca con l’esame
in vista!” la
rimproverai severamente. Non la sopportavo quando faceva la fraccomoda
ad
essere onesti, dopotutto lei poteva permettersi di lavorare molto anche
perché
poi alla fine guadagnava molto più di me. Anzi, a causa del
suo eccessivo
“stress” qualche volta aveva fatto sì
che, tornata esausta dai corsi
all’università, dovevo anche fare le pulizie da
sola visto che se ne andava a
dormire subito dopo cena. Il solo pensiero di quei suoi atteggiamenti
mi faceva
ancora ribollire, se ci riflettevo.
“Ma che
c’entra! Insomma, il punto è che dobbiamo
approfittare di questo licenziamento
per migliorare la nostra situazione, trovare degli impieghi che ci
consentano
di gestire meglio la nostra vita….”
ribattè decisa, stringendo il pugno.
Mi accasciai
sul letto, fissando il soffitto appena illuminato dalla luce fioca
della
lampada, sospirando. “Si dice che la notte porta consiglio,
no? Perciò andiamo
a dormire, domani ci aspetta un’asfissiante viaggio in
auto” mi arresi infine,
alzandomi a fatica visto che sentivo il sonno invadermi e
l’ansia crescere nei
confronti di quelle interminabili ore da trascorre in macchina tra afa,
traffico e Mario e Stella che di sicuro litigavano perla canzone da
ascoltare.
Mia sorella
annuì, e così mi diressi nella mia stanza.
Guardando l’orologio mi accorsi che
erano le tre e mezza; il pensiero di dovermi svegliare tre ore e mezza
dopo era
terribile ma poi sorrisi dicendomi che avrei potuto riposare in auto,
tra le
braccia del mio Marco… Presi il cellulare per mettere la
sveglia quando notai
un messaggio di Marco di due ore prima.
Io vado
a dormire! Non vedo l’ora che questi
giorni passino in fretta perché ho una sorpresa…
Buonanotte piccola, ti amo.
Improvvisamente
sentii il sonno scemare, sia per il fatto che ogni volta che Marco mi
chiamava
“piccola” mi sentivo andare su di giri, sia per il
fatto che adoravo le sue
sorprese, e di certo quella non poteva essere negativa. Aveva trovato
il posto
giusto in cui andare in vacanza forse? Fatto sta che presi sonno alle
quattro
passate e il poche ore dopo, quando Stella venne a svegliarmi alle
sette, mi
sentivo come se fossi stata investita da un bus inglese a due piani.
“Sbrigati!
Insomma, i ragazzi stanno venendo, sbrigatiiii!” mi ripeteva
lei in
continuazione, ma io a stento l’ascoltavo. Nemmeno ascoltai
il campanello che
suonava, quindi per me fu una sorpresa ritrovarmi Marco riflesso alle
mie
spalle, mentre mi guardavo allo specchio per aggiustarmi i capelli.
Proprio
come poche ore prima, il solo saperlo al mio fianco sembrò
rinvigorirmi e così
mi sentii improvvisamente più sveglia, tanto che mi tuffai
tra le sue braccia
senza meditarci.
“Ehi, non ci
vediamo da dieci ore, che sarà mai!” ridacchio
lui, tuttavia stringendomi a sé
in risposta al mio abbraccio.
Alzai la
testa, guardandolo male. “Devi sempre rovinare tutto,
eh?” sbuffai,
allontanandomi e mettendo un po’ di profumo.
“E’ inutile
che fai così, lo so che un giorno senza di me per te sarebbe
deleterio…”
ridacchiò pavoneggiandosi, cacciando uno di quei sorrisi che
in altra sede,
magari di sera, al buio, senza i nostri fratelli in giro per casa, mi
avrebbe
fatto perdere la ragione.
Ma lì per lì,
appena sveglia, stanca e spossata, non avevo la testa per fargli vedere
l’effetto che poteva avere su di me, ragion per cui finii a
spruzzargli addosso
il profumo dopo essermi di nuovo stretta a lui, facendolo ritrarre
rapidamente
dopo aver compreso ciò che avevo fatto.
“Ah, così
impari a rompermi le scatole!” ridacchiai vittoriosa,
ritornando poi a
pettinarmi come se nulla fosse, con lui che si lamentava e faceva delle
smorfie
disgustate per il fatto che ora la sua camicia puzzasse
a causa di un profumo femminile. Non saremmo mai cambiati,
saremmo rimasti sempre i soliti rompiscatole, di questo ne ero certa.
Il viaggio fu
peggio di quello che mi aspettavo, onestamente. Mentre io cercavo di
trovare
una soluzione al fatto
di essere senza
lavoro, Stella aveva iniziato a discutere con Mario sul fatto che una
certa
Gemma lo aveva chiamato mentre percorrevamo l’autostrada,
più o meno verso
Roma, mentre Marco, da grande macho, si era addormentato dopo
mezz’ora di
viaggio.
“Troveremo una
soluzione al vostro problema, tranquille” aveva detto prima
di essere rapito da
Morfeo, e mi aveva lasciato così, sola,con l’unica
allettante prospettiva di subirmi
i litigi di quei
due.
Ragion per
cui, scorgere il cartello che indicava la città in cui avevo
abitato per anni
ed anni dopo numerose ore di viaggio e un paio di soste in qualche
affollato
autogrill fu un
vero e proprio sollievo.
“Siamo già
arrivati?” domandò Marco con voce assonnata quando
iniziai a scrollarlo, in un
modo causalmente violento,
così tanto
forse da fargli rimpiangere i momenti in cui a compiere quel gesto era
sua
madre per farlo svegliare e andare a scuola.
“Siamo appena
entrati a Firenze. Svegliati, su, non vorrai mica avere
l’aria da Pisolo quando
ti ritroverai faccia a faccia con i miei” risposi brevemente,
cercando di
sottolineare il mio disappunto per essere stata priva della sua
compagnia
durante il tragitto.
All’udire di
queste parole sgranò gli occhi, quasi come se gli avessi
detto qualcosa di
orrendamente blasfemo, e sbuffò, appoggiandosi ancora di
più contro lo
schienale del sedile. “Potevi
svegliarmi! Insomma, volevo avere tempo per…”.
“Per cosa?
Contare le auto dell’autostrada? Fare il calcolo matematico
dei chilometri che
mancavano? Tranquillo, le ho fatte io per te queste cose visto che
l’alternativa era ascoltare i dissidi amorosi di questi
due” ribattei, ancora
più irritata. Il signorino non solo si era riposato, non
solo mi aveva lasciata
sola e in preda alla noia e poi aveva anche il barbaro coraggio di
lamentarsi?
No, no, non doveva assolutamente funzionare così.
Eppure, la
cosa più bella fu vederlo sorridere e scuotere il capo,
prima di attirarmi
dolcemente a sé, infischiandosene dei nostri fratelli che
stavano protestando
per la mia frase nei loro confronti detta pochi secondi prima.
“Mi farò
perdonare per non averti fatto compagnia,
Lulù” disse con una dolcezza che avrebbe
fatto impazzire qualsiasi
adolescente ormonosa, baciandomi la tempia.
Arrossii come
una matta, ma semplicemente perché lui mi chiamava Lulù nei momenti
più… Intimi, se così si potevano
definire quelli
in cui ci lasciavamo prendere un po’ di più la
mano. Improvvisamente, come
c’era da aspettarselo, la mia acidità scomparve;
alzai lo sguardo, a pochi
centimetri dal suo viso, e dissi: “Allora sentiamo. Come ti
farai pedonare…?”.
“Con la
prospettiva di un bel soggiorno in Abruzzo appena torneremo da Firenze
visto
che Mario e Stella hanno voluto farci questo bel regalo”
rispose prontamente
piegando la testa di lato e sfiorando il mio naso con il suo.
Esitai, certa
di non aver udito bene. “Cosa?” domandai
esterrefatta, allontanandomi mio
malgrado da lui e voltandomi verso i due. Potevo vedere mia sorella
sorridere
dallo specchietto retrovisore con il suo solito sorrisetto soddisfatto.
“E’ impossibile,
cioè, state preparando tutto da un mese
e…”.
“…E Mario ha
avuto la bellissima idea di accettare di lavorare per una causa in
tribunale
che si terrà in quei giorni, quindi bye
bye Abruzzo e welcome Marco
e
Luna. Anche Giusy, la loro cugina, e il suo ragazzo hanno disdetto,
quindi
abbiamo pensato che vi avrebbe fatto piacere andare al posto
nostro” annunciò
Stella con il suo solito tono perentorio.
Sentii Mario
sbuffare. “Stella, smettila di rinfacciarmelo, già
è un miracolo che l’avvocato
Costanzi mi abbia assunto nel suo studio, non posso permettermi di fare
il
prezioso e rifiutare gli incarichi” sbottò, quasi
con aria annoiata, come se lo
avesse detto per la centeunesima volta.
Mia sorella
alzò gli occhi al cielo e fece un cenno affermativo.
“Si, si, amore, lo so,
quindi, morale della favola… Buon divertimento,
ragazzi!”.
Guardai Marco
senza sapere cosa dire, e lui mi fece comprendere che non dovevo dire
nulla con
un semplice cenno e la sua solita aria rassicurante.
“Allora è
fenomenale, amore!” decisi di dire alla fine, gettandogli le
braccia al collo
con slancio e baciandolo con enfasi.
“Mi piaci
quando mi ringrazi così” sussurrò con
la voce un po’ bassa , prima di
rispondere al bacio e rischiando di farmi perdere la ragione come solo
lui sapeva
fare, anche solo poggiando la mano sulla mia schiena coperta solo da un
sottile
top, facendomi
venire la pelle d’oca.
“Sarà una
settimana fantastica” aggiunsi, quando mi separai per
respirare.
“Puoi dirlo
forte” rispose, quasi come se ne avesse avuta la certezza
assoluta già da quel
momento.
Stella indicò
la strada giusto a Mario, e così dieci minuti dopo eravamo
di fronte la nostra
vecchia casa, dopo ben sette mesi.
Quante cose
erano successe dalla nostra ultima visita lì! Io avevo
scoperto di essere
innamorata di Marco e lui aveva segretamente comprato i biglietti per
il
concerto di Vasco, dopo aver saputo che il mio regalo ideale di Natale
sarebbe
stato riceverne uno… E pensare che poi era stato proprio il
giorno di quel
fatidico concerto, poco meno di due mesi dopo, che ci eravamo messi
insieme,
dopo tanto dubbi, incertezze e fraintendimenti, oltre che tante lotte
contro il
nostro stesso orgoglio, dovuto al fatto che prima di capire di amarci
eravamo
quasi convinti di provare odio allo stato puro nei confronti
dell’altro.
Mario suonò il
clacson e mentre stavamo prendendo i bagagli e papà si
affacciò subito dal
balcone della cucina, sorridendo.
“Benvenuti,
ragazzi! Vi serve una mano?” domandò cordiale.
“No, la
ringrazio” rispose subito Marco, che, chissà
perché, era il “prediletto” di
papà tra i due. “Ce la facciamo”.
“Ok, vi
aspetto sopra!”.
In un
battibaleno salimmo sopra, Marco con in mano la valigia mia e di mia
sorella e
Mario con quella sua e del fratello. Io e Stella sussurrammo qualche
parola
curiosa circa il motivo per cui i nostri genitori ci avessero invitato
lì, e
poi anche perché avevano detto di doverci presentare una
persona. Chi poteva
mai essere?
La risposta,
per mia sfortuna, la trovai nella mia ex camera, quando vi andai per
posare la
valigia, dopo aver
salutato papà.
Seduta dietro
la mia scrivania, intenta nel leggere un numero di “Top
girl”, con un abitino
rosso fuoco e dei sandali dal tacco vertiginoso, se ne stava una
ragazza che
non poteva essere più grande di me. Aveva i capelli castani
perfettamente
aggiustati, facendo si che all’estremità la sua
chioma fosse adornata da
perfetti boccoli setosi, degli occhi da gatta castani e una pelle molto
chiara,
che sembrava trattata con chissà quante creme costose.
La guardai
smarrita, chiedendomi cosa ci fosse quella che aveva le sembianze di
una
modella in vacanza in camera mia.
“Oh, hi! Are
you Luna or Stella? I’m Victoria, nice to meet you! Cristiana
always talk to me
about you and your twin!” disse con un
accento americano e una voce stranamente squillante, alzandosi e
abbracciandomi, lasciandomi totalmente spiazzata.
“Eh?” chiesi.
Ma che ci faceva un’americana nella mia stanza?
“Oh, sorry, but I know that you
study English and Spanish at the University and so…
Scusami, io
sono Victoria, ma tu puoi chiamarmi Vic se ti va” si
spiegò, con un accento
italiano ancora più cadenzato e fastidioso della sua vocina.
La guardai
irritata, per chi mi aveva preso? Pensava che non l’avessi
capita?
“I am Luna,
nice to meet you. It’s true, I study English and Spanish at
the University and
I have understood you, but I don’t understand who are and
what are you doing in
my room” risposi.
La cosiddetta
Victoria mi sorrise, e stavo per dire altro quando udii un urlo da
parte di mia
sorella.
“Che
cosa…?”
chiesi al nulla, precipitandomi verso il soggiorno, con quella Victoria
al
seguito.
Vi trovai
anche mia madre insieme al resto della combriccola. Stella era
sbiancata e
Marco e Mario avevano un’aria stranita.
“Mamma, ciao!”
dissi subito, prima di domandare a mia sorella la causa del suo urlo.
“Luna! N-Non
puoi c-capire, mamma, lei…” borbottò,
mettendomi ansia.
“Mamma cosa?”
chiesi senza continuare a capire, voltandomi verso mia madre, sempre
elegante
con dei pantaloni bianchi e una maglia nera a stile impero.
“Vedo che hai
conosciuto Vic, cara!” disse lei.
“Si, ma non
capisco cosa è successo!” ribadì,
iniziando ad innervosirmi. Guardai in
direzione di Marco che, come Mario, voltò lo sguardo.
“Insomma, cosa…”.
Le parole mi
morirono in gola e non credetti ai miei occhi. Probabilmente avrei
cacciato un
urlo anch’io se ne avessi avuto la forza…
Mamma si era
improvvisamente alzata la maglietta a stile impero per metà,
rivelando la sua
pancia che non era più quasi piatta, bensì
arrotondata di un bel po’, come
quella di una normale donna incinta che aspetta un bambino da almeno
tre-quattro
mesi.
Feci un passo
indietro, ancora incosciente, e non badai a Victoria che diceva:
“E’ wonderful,
no, Luna?”.
“Stella, se
puoi urla anche per me” farfugliai, sedendomi sul divano e
infischiandomene
delle face lievemente preoccupate dei miei. Sapevano che spettava loro una
partaccia per averci tenuto
nascosto la nascita di un fratellino per molti mesi, perché
di certo non era
quella mattina che mamma si era svegliata e si era ritrovata quel
pancione con
un bambino dentro!
*°*°*°*
Ed eccomi qui.
Innanzitutto, buona
festa delle donne a
tutte le donne! ^^
Avevo promesso
che sarei stata via un bel po’, e purtroppo questo cap non
è segno di un
ripensamento, bensì della ricerca di qualche conferma.
L’ho terminato qualche
giorno fa, dopo averci impiegato più di un mese per
scriverlo, e ovviamente
morivo dalla voglia di pubblicarlo per farvi comprendere più
o meno la
direzione che prenderà la storia in questo seguito, anche se
mancano tantissimi
indizi, e sapere se vi interessava, altrimenti avrei fatto bene a
modificarlo.
Non voglio cadere nella banalità,
e la
mia preoccupazione era che la nascita di un fratellino lo avrebbe
rappresentato… Non so, ditemi voi, qualsiasi consiglio
è ben accetto!
Un'altra cosa
che volevo farvi notare erano alcune somiglianze con la prima parte: se
prima
c’era un spagnolo, Feliz, ecco che ora spunta
un’americana, Victoria, se nel
primo cap della prima parte anche Stella abbandonava Firenze, ora
entrambe ci
ritornano…
Poi, il tema
delle canzoni di Vasco è ormai archiviato, ma ogni capitolo
avrà come titolo
una canzone di qualsiasi cantante.
Comunque, per
chi è curioso, ecco qui l’attrice che ho scelto
per Victoria, Sophia Bush:
Vi anticipo che
grazie a questo nuovo personaggio ci faremo un bel pò di
risate…… xD
Ora, passato
il momento noioso xD, eccomi qui con i ringraziamenti!
Grazie alle 12
persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 18 che
l’hanno messa tra
le seguite… Grazie, grazie, grazie! Ne sono tantissime
considerando che è solo
il prologo! Mi potete fare un bellissimo regalo per la festa della
donna
facendomi sapere cosa ve ne sembra di questo primo cap? ^^ Vi ringrazio
in
anticipo!
Poi grazie
ovviamente a coloro che hanno recensito…:
Lola
SteP:
Tesoro! Ora sai chi è questa persona,
eheh, e conoscendoti forse inizialmente ti irriterà un (bel)
po’ ahahah! Dici
che anche i pensieri di Marco sono irresistibili come lui? Bravissima,
siamo
d’accordo sull’ennesima cosa! xD Un bacione,
tvttttttb!
95_angy_95: Ciao cara! Eh si, purtroppo la
canzone non promette niente di buono ma non posso rivelare nulla.. Solo
che
probabilmente quando proseguiremo con i cap inizierai a capire! ^^ Un bacio e grazie mille! =)
CriCri88: Ehi carissima! Lo sai che per me
è
una gioia leggerti anche qui, vero? ^^ Comunque in effetti hai ragione,
già c’è
un po’ di cattiveria ma non durerà molti cap,
diciamo che le cose negative per
cui varrà la pena stare sulle spine saranno ben
altre… xD Grazie mille, un
bacione! ^^
XXX_Ice_Princess_XXX: Grazie mille
cara, spero proprio che l’esame vada bene anche se
è a maggio… =) Diciamo che
li farò un po’ soffrire a Luna e a Marco, ma si sa
che alla fine sono sempre
buona, ahaha xD Un bacione e grazie mille, spero che anche questo
seguito ti
piaccia ^^
Purtroppo devo
dirvi che aggiornerò un bel po’, purtroppo il
secondo cap è tutto da scrivere,
ma spero che mi lascerete un commento per farmi sapere se secondo voi
va bene
va bene quest’idea o dovrei cambiare
“linea” da seguire… Mi affido a voi! ^^
Fatemi sapere,
un bacio,
la vostra
milly92.