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Autore: Mizar19    09/03/2010    3 recensioni
Seconda classificata al "Contest delle combinazioni"
Un piccolo paesino del Colorado, nel 1895.
L'epoca del selvaggio west, con l'affascinante mito della frontiera, si sta esaurendo; le prima industrie di birra stanno mandando in rovina i saloon e i cowboy sono ormai molto lontani dai pistoleri intrepidi affascinati dall'ovest.
Ed è in quest'epoca di crisi che si intrecciano le loro storie.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Un grazie a chi ha messo la storia fra le preferite o le seguite, a chi ha recensito e a chi semplicemente ha letto!

***

[ CAPITOLO 2 ]
 
- Sei in ritardo – le fece notare il vecchio Charlie.
- Anch’io sono felice di rivederti – ironizzò Eles, iniziando a ripulire il bancone con uno strofinaccio grigio.
- Rimettiti al lavoro Thomas, stasera avremo il pienone – sghignazzò Charlie, mettendo in mostra i pochi denti che gli restavano.
Non era molto alto, di costituzione robusta, con folti capelli grigi, che nascondeva con il tipico cappello da cowboy. Proveniva da Philadelphia e cosa l’avesse spinto ad aprire un saloon a Black Forest era un mistero.
- Perché? Abbiamo qualche ospite speciale? –
- Zucca vuota! Ci saranno le prove per le nuove ragazze! – rispose il vecchio proprietario con tono di rimprovero.
Eles si era completamente scordata che bisognava sostituire due di loro: Violet si era ammalata, aveva contratto la tubercolosi qualche tempo prima, ma aveva continuato a lavorare, ora che sputava sangue Charlie l’aveva costretta a lasciare il lavoro e a rivolgersi ad un medico, Sophie, invece, era scappata con il figlio dello sceriffo, semplicemente scomparsi da un giorno all’altro.
Charlie se ne era lamentato molto: erano due bellezze particolari, abili nel loro lavoro, che gli portavano molti clienti e, consequenzialmente, denaro.
Eles riteneva quel giro d’affari decisamente squallido: come potevano quelle ragazze dalla voce portentosa e dalle grandi doti musicali vendere il proprio corpo a sconosciuti ed essere sfruttate per soddisfare i loro perversi bisogni, continuando un’oscena tradizione di sottomissione? Lei non avrebbe mai potuto...
Mentre Charlie annunciava ai bevitori mattutini che il saloon apriva le porte, lei si occupava di riordinare lo scaffale dei liquori.
Il Charlie’s Saloon era un locale popolare e molto frequentato, specialmente perché poteva vantare le migliori saloongirls: bellezze straordinarie, eccellenti cantanti, sensuali ballerine e prostitute.
In molti casi queste quattro caratteristiche coincidevano.
Erano ragazze giovani, molte scappate di casa, che usavano il proprio corpo e le proprie doti per guadagnare il denaro necessario a sbarcare il lunario, aspirando ai ricchi salotti della città, un sogno che sbiadiva nei loro occhi mano a mano che il tempo scorreva e la loro pelle raggrinziva.
Charlie era molto geloso delle sue collaboratrici, nessuno osava trattarle male o costringerle a fare qualcosa contro la loro volontà.
Aveva avuto qualche breve relazione con alcune di loro, ma era sempre stato tutto troppo breve: nessuna era mai riuscita a raggiungere “Eles”, tutte si erano accontentate di “Thomas”.
 
*
 
La stanza della prozia odorava di chiuso e malattia.
- La ringrazio per essersi occupata di lei -, rivolse un sorriso alla signora Judith, una donna di mezza età che si era resa disponibile per prendersi cura dell’anziana parente.
- Figurati, cara. E’ stato un piacere. La signore Kathy era sempre così buona con tutti… mi è parso doveroso assisterla. Se ha bisogno di qualcosa non esiti a chiamarmi –
- Grazie mille, senz’altro –
La signore Judith se ne andò.
Gran parte della stanza era occupata dal pesante letto in cui giaceva la prozia.
La camera era pulita, probabilmente la signora Judith si era occupata anche di quello.
Milena spalancò le finestre per tentare di cancellare quell’odore così pesante che le dava l’impressione di soffocare.
- Zia, sono Milena… mi senti? – la chiamò dolcemente.
Lei aprì lentamente i grandi occhi turchesi e sorrise.
- Tesoro, come stai? – mormorò con voce roca.
- Io sto bene… sono qui per tenerti compagnia e aiutarti –
- Questo già lo sapevo. Ma dimmi, perché quell’asino di mio nipote ha spedito un angelo come te ad assistere alla mia morte? -, le parole abbandonavano le sue labbra con fatica.
- Papà non avrebbe mai mandato Giulio o Eric, lo sai –
Proprio per questo motivo Milena lo odiava con tutta se stessa.
- Se ci fosse stata Joy non l’avrebbe permesso – sentenziò la prozia Kathy.
- Lo so, zia, mamma avrebbe costretto tutta la famiglia ad un trasferimento forzato -, a Milena sfuggì un sorriso.
- Hai già pranzato? –
- No, non ne ho avuto il tempo… -, e poi era stata troppo occupata ad angustiarsi per quel ragazzo conosciuto sul treno.
Thomas… chissà dov’era finito! Sperava tanto che non si trovasse troppo lontano: Black Forest non le piaceva, la sua presenza avrebbe reso il tutto più sopportabile.
- Tesoro, perché non vai a comprare qualcosa da mangiare? –
- Non ho fame… e poi non voglio lasciarti sola –
- Starò benone, tu vai -, con un gran sorriso le indicò la finestra spalancata sul limpido cielo azzurro.
Il richiamo per gli spazi aperti era troppo forte.
- Tornerò in un battibaleno -, Milena le posò un bacio sulla fronte e si precipitò nella strada polverosa.
A pochi metri da casa della prozia c’era un locale: Charlie’s Saloon.
Si fermò proprio di fronte, notando il cartello che annunciava le audizioni per le nuove saloon-girl.
Perché no?
Lei sapeva suonare, cantare e ballare. Fare la prostituta non la entusiasmava, ma avrebbe potuto evitarlo.
Le cure per la zia Kathy erano assurdamente dispendiose e i soldi che le avrebbe mandato il padre sarebbero stati appena sufficienti. Inoltre il suo orgoglio le impediva di chiedere aiuto, non si sarebbe fatta fare l’elemosina da nessuno, tantomeno da quel padre che l’aveva condannata a marcire in quel paesino del Colorado.
Ce l’avrebbe fatta solo con le sue forze.

 

[ CAPITOLO 3 ]

 
Sì sistemò la camicia bianca.
Appoggiata al bancone osservava la clientela che iniziava a riempire il locale: tutti uomini, fra i venticinque e i cinquanta.
Porci schifosi, ecco cosa pensava di loro.
Troppo infastidita per indugiare oltre, iniziò a preparare le prime ordinazioni.
Whiskey, tequila e bourbon erano i più gettonati.
- Ehi giovanotto, un Coffin Vanish -, vernice per bare, il loro whiskey più forte.
- Subito, sceriffo –
 
*
 
Preoccupata. No, decisamente no: aveva visto le altre ragazze e non erano nemmeno  lontanamente alla sua altezza.
E allora perché si sentiva così agitata?
Pressate in una piccola stanza accanto agli alloggi del personale, l’aria era irrespirabile.
Erano solamente in otto, ma si strappavano con prepotenza la poca aria fresca rimasta.
Dio, che puzza. Le girava la testa.
Quanto avrebbero impiegato ancora prima di chiamarle?
 
*
 
Ed ecco che Charlie spegneva le luci.
Lo spettacolo stava per cominciare.
- Signori, eccomi! – il vecchio proprietario salì sul palco, accolto da uno scroscio di applausi e fischi.
Eles appoggiò i gomiti al bancone: per un po’ non avrebbe avuto bisogno di lavorare, i clienti sarebbero stati troppo occupati a lustrarsi gli occhi davanti alle gambe sinuose delle aspiranti saloon-girls.
- Vi prometto una serata indimenticabile! Ma non tardiamo oltre, non è educato far aspettare le signore! -, tutti esplosero in una grassa risata.
Squallidi. Eles provava un misto di pietà e disgusto per loro.
- Iniziamo con il presentarvi la prima candidata, Mary Anne! -, Charlie si ritirò in un angolo in penombra per lasciare spazio ad una graziosa ragazza di circa sedici anni, con lunghi capelli castani e occhi truccati pesantemente.
Non era brutta, ma il suo fisico era così gracile che non l’avrebbero mai scelta.
 
*
 
La prima ragazza era stata chiamata.
Quale ordine seguivano?
Milena sperava solo che il suo turno arrivasse rapidamente.
Costretta in quell’antro polveroso, la sua anima urlava per fuggire, scuotendo con furia le sbarre di quella prigione.
Mary Anne cantava: la voce di un usignolo intrappolata nel corpo di un passerotto denutrito.
Milena abbassò gli occhi sulla sua mise: calze nere a rete, vestitino rosso con una coda di piume nere, corpetto, lacci, altre piume nei capelli.
Si sentiva sporca, sporca come quella stanza, quei vestiti e quelle ragazze attorno a lei, sporca come l’aria che respirava.
Si fece aria con una mano.
 
*
 
- Ora portiamo sul palco una cosina… Thomas! Muovi il culo! -, Charlie la stava chiamando. Rapida, si affrettò verso il suo capo.
- Dietro al palco c’è la vecchia arpa di Corinne, portala qui –
Annuì per poi sparire in un antro polveroso e buio.
La vecchia arpa era ancora lì. Fu abbastanza faticoso trascinarla sulla scena: era un oggetto pesante e prezioso.
L’arpa… Milena… pensò improvvisamente. Poi scoppiò a ridere tornando alla sua postazione.
Le pareva davvero improbabile che una ragazza così determinata ed indipendente avrebbe asservito la sua arte ad un branco di cowboy arrapati.
- Ora sono orgoglioso di presentarvi una ragazza dalla voce angelica e dalla bellezza divina! Eccola, Milena! –
Doveva essere una coincidenza, o un brutto scherzo del suo udito. Non era possibile.
Un risolino isterico nasceva dentro lei.
 
*
 
Finalmente Charlie chiamò il suo nome.
- In bocca al lupo –, una ragazza robusta, con ricci capelli castani, le batté una pacca sulla spalla.
- Grazie -, Milena riuscì a far uscire dalle sue labbra, rosso fuoco per il trucco, solamente un debole sussurro.
Uscì sul palco, tremando.
L’arpa dorata che Charlie le aveva promesso era proprio lì. Le aveva raccontato la commovente storia di una dolce ragazza, che l’aveva obbligato a conservare lo strumento con cura dopo la sua morte, avvenuta a causa di una malattia.
Ora toccava a lei ridare vita a quelle corde che il tempo aveva assopito.
 
*
 
Non poteva crederci. Non voleva crederci.
Rimase con la mano sospesa a mezz’aria, ancora tesa verso una bottiglia di tequila, ma ormai lontana dal raggiungerla.
Quando l’aveva vista salire sul palco, con la sua grazia ed eleganza, stretta in quei vestiti che conosceva così bene, le si era chiuso lo stomaco.
Non poteva essere lei. Non doveva esserlo.
Salendo su quel palco, stava tradendo tutti i suoi principi e stava negando i suoi stessi diritti, primo fra tutti la libertà.
 
*
 
Il locale era affollato, ma bastò un respiro profondo perché riacquistasse tutta la sua determinazione e la sua sicurezza.
Aveva fronteggiato auditori molto più esigenti.
Si sedette sullo sgabello di legno e portò le dita sottili alle corde.
Un tremito percorse tutto il locale, manifestazione dell’attesa spasmodica in cui tutti erano ricaduti, ammaliati dalla figura di quella ragazza, che aveva il dono innato di catturarli con un solo movimento dei capelli.
Mai un pubblico era stato tanto intrappolato fra le sue note. Evidentemente quei rozzi cowboy nascondevano un cuore dietro le casacche di cuoio.
 
*
 
Eles era pietrificata: non solo per la già tanto ammirata Milena in sé, quanto per la musica melodiosa e intensa che il tocco delle sue dita sottili producevano.
Era incredibile pensare che un mero strumento, legno e corde, potesse produrre un tale suono.
Restò immobile, gli occhi sgranati e la bocca dischiusa, per tutto il resto dell’esibizione. Il suo cervello si era spento, era entrata in uno stato di trance contemplativa. Il suo cuore batteva al ritmo della musica e i suoi occhi correvano assieme alle bianche dita di Milena, che, con il capo reclinato e le palpebre abbassate, concentrata sulla sua esibizione, non sapeva nemmeno della sua presenza.
Quando, dopo un tempo che le parve infinito, Milena prese fiato e aprì quella sua graziosa bocca color granata, Eles credette davvero di vedere una creatura di Dio.
Una creatura così limpida, lucente, armoniosa, cosa aveva a che fare con il mondo sporco e puzzolente di Black Forest? Da dove era caduto quell’angelo?
La sua voce ipnotizzò completamente i rudi uomini, che si scordarono persino di svuotare i loro bicchieri, tenendoli ancora fra le dita con sguardo assente.
Quando l’ultima nota della sua arpa e della sua voce cristallina si spensero nell’aria, ci fu un istante di silenzio, un momento in cui tutti si stavano risvegliando dall’estasi che li aveva imprigionati. Poi scoppiò un boato: fischi, applausi, urla.
Milena aveva riscosso un successo quasi senza precedenti.
 
*
 
Erano in visibilio. In piedi, anche sulle sedie e sui tavoli, battevano le mani con tanta foga che avrebbero potuto spellarsele. Alcuni fischiavano con due dita fra le labbra.
Altri la supplicavano per un bis.
Un giovane mandriano in prima fila le lanciò una rosa sul palco.
Arrossendo, Milena la raccolse. Lui le strizzò l’occhio.
Con un modesto inchino, si diresse verso la stanza da cui era uscita poco prima.
Con la coda dell’occhio notò, in fondo al locale, un movimento brusco, poi si udì un rumore di vetri infranti.
- Thomas! – ululò Charlie, furibondo.
- Era solo un bicchiere. I liquori sono salvi – rispose Eles glaciale.
- Ripulisci tutto! –, con quell’ultimo ordine tornò alla presentazione della ragazza successiva.
Thomas...quei capelli biondi...
Che fosse proprio...

   
 
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