Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Erhien    09/03/2010    2 recensioni
Ispirata alla Divina Commedia, è la storia di un ragazzo fiorentino il quale, dopo esser stato ucciso, inizierà la sua nuova vita da Governatore d'anime. La gente comune non lo vede, solo chi è morto e pochi speciali umani ancora in vita lo vedono per l'essere orribile che è diventato. La sua esistenza sembra non avere fine, non credendo più nemmeno nel giorno dell'Apocalisse. Finché qualcosa non gli farà tornare il sangue a scorrere nelle ormai inutilizzate vene.
Genere: Commedia, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DA TEMPO AVEVO IN MENTE QUESTA STORIA, MA SOLO DOPO AVER STUDIATO QUALCHE CANTO DI DANTE MI SONO DECISA. E’ LA PRIMA STORIA ORIGINALE CHE PUBBLICO, E SPERO TANTISSIMO CHE POSSA PIACERVI.

RINGRAZIO DI CUORE LA MIA DOLCISSIMA BETA, MAKIRI, CHE CERCA IN OGNI MODO DI SPRONARMI A SCRIVERE E MI AIUTA A CRESCERE STILISTICAMENTE PARLANDO. TI VOGLIO BENE! QUESTO PRIMO CAPITOLO LO DEDICO A TE ç___ç !!

SPERO NATURALMENTE NEI VOSTRI COMMENTI, PER CAPIRE SE VI PIACE O NO, SE LA TROVATE BANALE O ALTRO.. INSOMMA, RECENSITE! NE SAREI FELICISSIMA!

BUONA LETTURA CARI! CIAO!

 

 

L’Umana Commedia

 

 

Capitolo 1

 

Sono stato condannato all’inferno all’età di appena ventitre anni; ero incosciente di ciò che facevo, non badavo alle conseguenze, perché la mia immaturità mi aveva oscurato la vista.

Da allora sono cresciuto, perché il mio modo di essere attuale me lo ha imposto, ma io ho accettato. Perché, secondo me, il primo passo verso la maturità è saper accettare le conseguenze di una propria azione.

Alla fine accettai tutto, arrabbiandomi non più col fato o con quel Dio di cui tutti parlano, ma con me stesso.

Da quando fui condannato a servire l’inferno per l’eternità sono passati vite intere: 600 anni precisi quest’oggi.

Nel giorno di San Silvestro (31 dicembre) 1410 commisi il mio ultimo peccato da umano, poiché durante quella stessa notte venni ucciso barbaramente dai miei amici, ubriachi come mai nessuno. Eh già, miei cari, venni tradito da chi era per me come un fratello, spinto a una tale follia dal prediletto del dio Bacco, il vino.

Mai vidi tanta follia negli occhi di un uomo, e quella stessa la ritrovai solamente negli ultimi gironi dell’Inferno.

Mi annoia però parlare di quella notte, poiché è passato talmente tanto tempo che non me ne curo quasi più. Piuttosto vorrei raccontarvi di ciò che accadde dopo che le spade mi ebbero trafitto.

Mi addormentai, il dolore quasi non si sentiva più; mi risvegliai che sudavo. Dov’ero faceva caldo, un caldo torrido che seccava dentro.

Boccheggiai ripetutamente in segno di voler bere, per alleviare la bruciante aridità che aveva catturato crudelmente la mia gola.

Sentii delle risate, delle urla disumane che avevano tutta l’aria di canzonarmi, per cui mi spaventai, arretrando di qualche centimetro.

Ero ancora seduto quando qualcosa mi prese per i miei lunghi capelli e me li tirò coll’intenzione di farmi alzare. Acconsentii al suo volere, mandandolo a quel paese. Mi arrivò un calcio da dietro, proprio sull’osso sacro, così mi ritrovai di nuovo a terra, con la faccia parallela alla roccia ruvida e innaturalmente calda. Imprecai un paio di volte, maledicendo un paio di Santi: mi succedeva spesso di bestemmiare se qualcosa mi turbava. Sarebbe stato meglio se quella volta mi fossi trattenuto: ma io cosa ne potevo sapere?

Un altro calcio mi colpì senza pietà sul fianco sinistro, facendomi letteralmente girare su me stesso.

Tossii e mi tenni il fianco con le mani, maledicendo mentalmente lo sconosciuto aggressore.

Solo allora mi guardai intorno, per capire in quale dannato posto fossi finito: era spettrale.

Era come un’alta caverna scura, di cui non si vedeva il tetto, e nemmeno le colonne che lo avrebbero dovuto sorreggere; tutto era illuminato come da fioche lampade di un fuoco innaturale, che andavano sulle sfumature di un blu quasi azzurro, conferendo alla mostruosità (perché quello era, ed è tuttora) un effetto luminescente.

Mi spaventai ancora di più appena vidi in faccia chi mi aveva appena picchiato, e chi era seduto poco dietro quest’essere. Il primo era nudo e completamente rosso, tutto grinzoso e ripiegato su se stesso. Aveva una forte gobba attraversata da vene pulsanti, e la faccia, quell’orrenda faccia, era il tripudio dell’orrore: occhi all’infuori, completamente neri, con la cornea larga un paio di millimetri appena visibile; per naso aveva solo due buchi, identici a quelli che si trovavano ai lati del volto, come orecchie; la bocca era grandissima, spropositata con labbra livide e denti acuminati, marci e lunghi 10 centimetri come minimo.

Era una bestia orrenda, e quel suo ghigno famelico mi aveva terrorizzato; eppure rimasi lì dov’ero, senza scappare verso un’immaginaria via di fuga.

Girai lo sguardo quindi verso l’altro bestione, che vidi adagiato mollemente su uno spazio a forma quasi di letto, fatto però interamente da dure rocce.

Era grosso, all’incirca due metri abbondanti, l’aria da severo giudice conferiva ulteriore terrore a quello che già si poteva provare ammirando il suo corpo color vermiglio, fatto di qualcosa che si poteva identificare come squame, e delle grandi corna che gli incorniciavano quel suo gretto e astioso volto.

- Alzati – mi ordinò lo stesso con voce grave. Obbedii senza discutere e senza bestemmiare.

Nel frattempo mi accorsi che oltre a noi tre c’erano un centinaio di quei cosi uguali all’essere che mi aveva malmenato, solo più piccoli.

- Sai almeno dove ti trovi? – mi chiese.

Non avendo voce feci cenno di no con la testa.

- Piccolo ed effimero essere. Sei all’Inferno! –.

Sbarrai gli occhi, incredulo di una tale assurdità. Iniziai a ridere in modo isterico. Era tutto troppo reale e nitido per poter essere un’illusione.

L’essere però non gradì la mia reazione, per cui mi frustò con qualcosa di innaturalmente bollente, che mi ferì il volto senza pietà.

Urlai di dolore, e caddi all’indietro per il colpo. Avevo delle terrificanti fitte al volto, e anche sul petto e sull’addome; gemevo senza controllo per quanto stava bruciando.

- Spero che così tu possa capire come ci si comporta in mia presenza – minacciò ancora la bestia.

- Voglio essere clemente con te: ti spiegherò un po’ cosa sta succedendo. Prendilo come regalo di benvenuto! Allora: naturalmente credo che tu capisca anche da solo che non sei stato quello che si può definire un “angelo” quando ne avevi la possibilità. Per questo, quando sei morto, sei finito qui. Di norma saresti dovuto diventare come quei sudici scarafaggi che vedi... su, andiamo, non fare quella faccia! Non scherzo quando dico che questi “mostri” (che a quanto pare non apprezzi particolarmente), erano degli umani proprio come te. Ma sai com’è: è la vita, e loro se la sono giocata male. Come te. Eppure devo ammettere che sei un tipetto alquanto fortunato: si è appena liberato un posto come Governatore d’anime, e credo che tu possa andare bene. Ho notato che sei intelligente, a differenza della maggior parte della feccia che si trova qui, per cui ho pensato che saresti tornato utile. I Governatori d’anime sono coloro che voi rozzamente chiamate “Mietitori d’anime”... probabilmente perché ve li immaginate con la falce... Ci siete andati quasi vicini, ma non è così. Certo, una falce acuminata può incutere terrore, ma una spada è più maneggevole, non trovi? –.

Per tutto il tempo non avevo parlato, non mi ero nemmeno permesso di lamentarmi troppo per il dolore, perché avevo paura di lui.

- Comunque, –, continuò dopo una breve pausa – ti affido il compito di tornare tra i vivi, per traghettare le anime che lasciano i propri corpi, fino a me. Che ne dici? Di certo non hai scelta, sono io che decido – e rise di una risata che non aveva nulla di divertente.

Mi sentivo debole, stremato, bruciante, confuso e terrorizzato.

- Visto che non ti sei lamentato troppo, ti dico anche cosa ne sarà di te: nessuno ti potrà vedere, a parte noi e le anime che traghetterai; ma quando ti guarderanno, vedranno solo il tuo scheletro coperto a tratti dalla tua carne umana. Nessuno potrà mai vedere chi eri. E ora preparati, non vedo l’ora di poterti trasformare –.

Non capivo più nulla, non riuscivo a credere veramente a quello che stavo sentendo. Non poteva essere vero! Eppure il dolore della recente ferita ancora si faceva sentire...

Poi a un tratto vidi la mostruosità alzarsi da quello che poteva essere definito un trono, per frustare così un paio di volte l’aria.

Ebbi un orribile presentimento.

- Cominciamo – sussurrò con un ghigno.

Alzò il braccio muscoloso e abbatté il colpo sul mio povero corpo.

Urlai dal dolore e tutto ormai si stava concentrando su quelle orribili fitte che mi attraversavano. Ma non ebbi nemmeno il tempo di rendermi conto dove mi avesse colpito, che subito un’altra frustata mi dilaniò la carne.

Urlai, mi contorsi dal dolore, cercai un appiglio nelle vicinanze, qualcosa da poter stringere tra le mani, per farmi sentire “vivo”. Ma non riuscivo a muovermi, non riuscivo a ragionare. Ero perso. Perso in quel vortice fatto di strazio.

Mano a mano sentivo la carne che letteralmente si staccava dal mio corpo, liberando intorno a me un’enorme pozza di sangue.

Ero disperato, invocavo la morte come mai avrei pensato di fare.

Poi mi resi conto che io ero già morto, che nulla avrebbe potuto darmi sollievo.

Ad un certo punto lui smise di flagellarmi, lanciandomi un ampio mantello nero che mi coprì in parte.

Quella cappa scura rappresentava il mio futuro: una buia landa desolata, fatta di terrore, disperazione e dolore.

Sarebbe stato così per sempre, e niente e nessuno mi avrebbe salvato, facendomi rivivere.

Almeno così credevo fino ad oggi: 10 gennaio 2010.

   
 
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