Estate.
Una delle estati più afose degli ultimi dieci anni.
Ma non sembrava accorgersene. Ormai niente al di fuori di lui gli interessava,
poiché fuori non c’era più niente per cui valesse la
pena combattere o essere felice.
L’avevano lasciato solo. Ancora.
I Malandrini
I suoi amici
I suoi fratelli
Prima James poi Sirius.
Lo avevano abbandonato ancora, anche se avevano promesso di non farlo mai.
Gli avevano promesso di restare sempre con lui e di aiutarlo a difendersi e
scacciare il mostro che era e che è tuttora
Certo, come diceva Molly Weasley, c’era sempre Harry per cui lottare, ma se anche il ragazzo era divorato dai
sensi di colpa e non voleva essere consolato o compatito da nessuno, come
poteva sperare lui di aiutarlo visto che ormai odiava quei due uomini che
ancora una volta l’avevano abbandonato
Però Remus non poteva dargli torto,anche lui provava la stessa sensazione di
inadeguatezza che si era impossessata del giovane Potter.
Anche lui odiava quegli sguardi compassionevoli e addolorati che i membri
dell’Ordine gli rivolgevano ogni volta che si presentava a casa Black.
Anche lui odiava ogni patetico tentativo di conversazione o di consolazione che
gli veniva offerto da qualsivoglia persona lo vedesse, ma era costretto a
rispondere con il suo solito sorriso calmo e gentile, perché lui era Remus
Lupin, il dolce e tranquillo Remus non poteva rispondere in malo modo a
qualcuno
Stava diventando una situazione troppo grande per lui, non c’è la faceva più a
sorreggere una circostanza simile, più stava in mezzo alla gente più aveva
voglia di star rinchiuso in una stanza al buio da solo senza che nessuno gli
domandasse sempre come stesse.
Era
sera tardi ,erano ore che si rigirava nel letto e non
riusciva a dormire.
Guardò l’orologio da parete,che in quel preciso
istante battè le due, decise di camminare per le
strade di una Londra magica ancora illuminata e attiva, così mise i primi jeans
che trovò e uscì dal portone principale del condominio nel quale viveva
incontrando un dolce aria frizzantina che gli
solleticò piacevolmente il viso.
Remus cominciò a camminare senza meta senza dar peso a tutti gli adolescenti
che cercavano di abbordare le ragazzine facendo i fighi
con pettinature assurde, con le bacchette nuove o inventandosi storie campate
per aria per farle cadere ai loro piedi.
Svoltò in una via parallela per sfuggire al traffico notturno, e si ritrovò in
un vicoletto abbastanza squallido,
illuminato da una luce fioca e debole, inoltre ai lati della strada vi erano
accasciati due uomini ubriachi che ridevano felici fissando il vuoto.
Li guardò per un attimo,avrebbe voluto anche lui bere
per dimenticare tutto il dolore che si era attanagliato nel suo cuore.
Continuò a camminare quando fu riscosso dai una musica
dolce ma al tempo stesso dolorosa e triste: Blues.
Tese le orecchie cercando di capire da dove venisse quella musica che aveva
molto amato da giovane nei dormitori maschili di Grifondoro fumando una
sigaretta con i suoi Malandrini.
Scoprì che la musica proveniva da un locale in un sottoscala alla fine della
strada. Non ci pensò due volte e decise di scendere le
scale piuttosto mal ridotte.
Entrò in una sala circolare, dove un lungo bancone era posto di fronte ad una
pedana di legno sopra la quale alcuni strumenti
musicale erano incantati per suonare da soli ed accompagnare una giovane
ragazza che intratteneva con la sua voce i pochi clienti rimasti.
L’unica cosa che riuscì a pensare era che quella voce calda e
melodiosa si addicesse completamente alla dolce donna che con i lunghi capelli
miele e un leggero vestito nero, aveva incantato gli ultimi clienti.
Non si accorse di essersi seduto su di uno sgabello
alto al bancone, tanto era perso a specchiarsi negli occhi verdi nella ragazza
che lo guardava sorridendo, mentre continuava a cantare di amori perduti o
appena sbocciato, di amicizie lontane e mai dimenticate.
Si rispecchiò in tutte le canzoni che la donna intonava, come se lei conoscesse tutta la sua storia e la stesse narrando al mondo
a loro circostante.
<
Bella vero? Anche tu sembri interessargli ,vi state
guardando languidamente da quando sei entrato. Vi conoscete già?? >
Remus
si voltò verso il vecchio barista che gli aveva rivolto la parola. Il signore
stava pulendo sistematicamente il bancone mentre guardava con occhi sgranati la
giovane ragazza che continuava a cantare dolcemente.
Remus staccò con difficoltà gli occhi da quelli di lei e rivolse tutta la sua
attenzione al vecchio dietro al bancone.
<
No mi dispiace non la conosco è la prima volta che la
vedo e la sento cantare >
<
E’ la gioia dei miei occhi, la mia bambina. Non ci somigliamo vero?? La trovai sulle scale di questo locale quando aveva appena 4
anni. Non piangeva, sa! Anzi canticchiava una strana
canzoncina e sorrideva, mi disse che la sua mamma non
poteva tenerla con sé con quella semplicità che solo i bambini possiedono. Mi innamorai subito di quegli occhi. E da allora è mia
figlia! Sa conservo nella mia camera da letto incorniciato su una parete
l’attestato per l’adozione e ogni giorno lo guardo ringraziando
il Signore>
Remus
non potè far a meno di notare che gli occhi dell’uomo
si erano velati di pianto e mentre si strofinò la faccia con la manica del
grembiule, fece segno alla ragazza di smettere e appena la canzone terminò lei
fece un piccolo inchino e ringraziò i pochi clienti, avvicinandosi al bancone e
sedendosi su uno sgabello accanto a Remus al quale
rivolse un caldo sorriso.
Remus la guardò attentamente e se prima l’aveva considerata
una bella donna ora si rese conto che quella era una schianto di ragazza e il
suo vestitino scollato che metteva in risalto le curve armoniose non faceva
altro che risaltare la sua bellezza. Senza rendersi conto fece scorrere lo
sguardo sulla scollatura generosa fino ad arrivare
alle lunghe gambe che la ragazza accavallò maliziosamente essendosi accorta
della sua spudorata occhiata.
Alzò lo sguardo e incrociò lo sguardo di lei che gli fece l’occhiolino. Non riuscì a fare nient’altro che arrossire e fissare ostinatamente
la porta del bagno suscitando l’ilarità della ragazza.
<
Dai papà non facciamo i maleducati ed offriamo un bel wisky al nostro nuovo amico Senza Nome, sempre che non
abbia un nome!>
<
Bhè io sono Remus…Remus Lupin>
La
ragazza gli strinse con calore la mano
<
Il piacere è mio Remus Lupin. Marlene e sarò la tua barista per stasera visto che ormai tutti qui sono talmente ubriachi da non
distinguere una nota dall’altra >
Detto
ciò si girò sconsolata a guardare la clientela che
ancora si ostentava a rimanere nel locale
<
Non che prima capissero qualcosa ma sempre meglio di niente>
Scese
dallo sgabello e si diresse dietro al bancone e mettendosi una camicia bianca
che le stava troppo larga gli sorrise calma
<
Bhè allora Remus Lupin cosa ti posso offrire in
questa notte solitaria?? Non ci pensare proprio a protestare perché non sarai mio ospito infatti dopo mi aiuterai a chiudere il
locale. Ci stai??? >
Remus
non sapeva che dirle ma guardando il suo viso speranzoso le sorrise
calorosamente ed accettò la proposta.
Cominciarono a parlare del più e del meno, ma Remus parlava con lei molto
facilmente senza aver paura di essere allontanato. Le
parlò del suo essere diverso del suo dolore per la morte delle persone a lui
più care.
Non voleva dirle tutte quelle cose, non le avrebbe dette a nessuno, ma lei lo
guardava con i suoi occhi verdi. Quel verde speranza
che riusciva a scioglierlo, che riusciva a non fargli pensare a niente, che lo
faceva estraniare dal resto del mondo, che poteva fargli dimenticare tutti i
suoi problemi.
Erano ormai le quattro del mattino quando lei, gli prese la
mano e lo trascinò sul terrazzo.
<
Dai Remus Lupin, non dirmi che sei troppo vecchio per venire
a vedere l’alba con me. > Gli disse divertita mentre apriva la porta che dava sul terrazzo
<
Io non sono vecchio e poi mi andrebbe più di ogni
altra cosa vedere l’alba con te> Remus non si rese conto di aver parlato,
credeva di star ancora pensando, solo quando lei lo baciò a fior di labbra capì
di aver espresso a parole i propri pensieri.
Le cinse la sottile vita e approfondendo il bacio aprì la porta
ritrovandosi su uno stretto terrazzino che affacciava su Diagon
Alley. Remus continuò a baciarla sempre con più
passione, non gli importava di non conoscere per niente la ragazza che per lui
fosse solo una sconosciuta, ma quella notte voleva abbandonarsi alle sue
carezze e dimenticare il mondo al di fuori di loro.
Cominciò ad abbassarle le spalline del vestito che velocemente le scivolò lungo
il corpo delicato, mentre lei gli stava slacciando i
jeans che presto fecero compagnia al vestito a terra.
La fece stendere sotto di lui e prese a baciarla con calma prima le labbra, il
collo per poi scendere lungo la curva del seno strappandole un piccolo mugolio
d’approvazione. Lei dal resto gli sfiorava gentilmente la schiena e i capelli
facendolo rabbrividire di piacere.
La passione lo stava travolgendo e quando sentì la sua
erezione premere pulsante contro i propri boxer non riuscì a trattenersi.
Marlene capì l’urgenza dell’uomo e inarcandosi sotto di lui
aprì spontaneamente le proprie gambe per accoglierlo meglio dentro di
lei.
Lui la guardò come se fosse la prima volta che la
vedesse, e lei percependo il suo tentennamento gli prese la faccia tra le mani
e gli morse con dolcezza il labbro inferiore e con voce strozzata
dall’eccitazione gli disse.
<
Non pensare a niente, non pensare che per sono una sconosciuta, non pensare che
tu sei sempre stato un bravo ragazzo e che non l’hai mai fatto con una
sconosciuta, non pensare a niente, non pensare ai tuoi dolori, non pensare a nessuno e a niente. Pensa solo che io sono qui e che ti
voglio, che voglio sentirti mio.>
Quelle
parole fecero annebbiare completamente la mente a Remus ed ebbero
sul serio l’effetto di non fargli pensare più a niente.
Dopo averle sfiorato le cosce disegnando disegni
geometrici immaginari, le prese i polsi e glieli intrecciò sopra la testa.
La penetrò con decisione facendola urlare di dolore. Sentendosi in colpa andò
nel panico, non credeva di poterle far del male,e così
la baciò velocemente e ripetutamente le labbra scusandosi più volte, leccando
le lacrime che erano sgorgate dagli occhi verdi.
<
Non fermarti non m’hai fatto male adesso passa
tutto> Gli disse guardandolo negli occhi con fare serio ed autoritario prima
di baciargli le labbra ormai arrossate per i troppi morsi che la ragazza gli
aveva già dato.
Cominciò allora a muoversi sempre più velocemente in lei.
Stava entrando in un circolo vizioso più si eccitava
più si muoveva velocemente e più si muoveva velocemente più si eccitava. Remus
sentì alcune gocce del suo seme entrare in lei,si
sentiva decisamente accaldato, aveva la fronte imperlata di sudore, i capelli
appiccicati alla fronte e le cosce della ragazza premute contro la propria vita
mentre gemeva sempre più forte e sussurrava febbrilmente il suo nome. Non
riuscì più a trattenersi e dopo poco si svuotò completamente in lei con un urlo
strozzato mentre si accasciava finito contro il suo petto. Marlene si sentì invadere completamente dal suo seme e sentendolo in lei,
raggiunse l’orgasmo con prepotenza e respirando affannosamente cominciò
ad accarezzargli con delicatezza i capelli sudati.
<
Non bisogna fermarsi all’apparenza delle cose, sono solo la copia di enti superiori. Allo stesso modo tu non devi fermarti ad amare solo persone che puoi vedere, toccare o puoi ancora
parlarci, sono solo la prefigurazione di quello che saranno dopo. Non devi mai fermarti ad amare Remus, devi continuare senza mai
smettere di farlo>
A
quelle parole Remus sgranò gli occhi e subito si alzò a guardarla con occhi sgranati,ma la ragazza si era già accoccolata su se stessa e si era
addormentata placidamente.
Allora capì che mentre da ragazzo la felicità la ricercava nei suoi amici che
vivevano con lui, adesso l’avrebbe ricercata lo stesso
in loro anche se non potevano essere accanto a lui, ma beandosi del loro
ricordo e dell’affetto che i Malandrini avrebbero per sempre provato nei suoi
confronti
Remus la strinse contro il proprio petto e si addormentò vedendo sorgere il
sole.
Marlene quella notte fece crollare tutte le barriere.
Si
svegliò del tutto indolenzito, che stupido era stato ad
addormentarsi su un pavimento di pietra all’aria aperta e per di più nudo a
parte per la coperta che Marlene gli aveva dato. Vabbè
che faceva caldo ma non era più un ragazzino, infatti la schiena non tardò a
fargli provare dolore. Si voltò alla ricerca della ragazza ma
non trovandola immaginò che già fosse andata via.
Si vestì velocemente e scese le scale per ritrovarsi nel locale ancora chiuso,solo l’anziano signore era seduto ad un tavolo e vedendolo
gli fece segno di servirsi da solo. Si diresse dietro al bancone e mentre
cercava del caffè vide una foto magica che la sera precedente.
La foto ritraeva Marlene con lo stesso vestito nero ,in
quello stesso locale sulla stessa pedana con la stessa orchestra incantata
della sera prima. Remus la vide sorridere al padre che gonfio di gioia le
sorrideva felice.
<
Signore dov’è Marlene?> Gli chiese Remus con gioia.
L’anziano
barista lo guardò sconcertato pieno di meraviglia. < Come fa lei a conoscere
la mia Marlene?>
<
Ma come, signore? Sono Remus Lupin sua figlia…>
L’anziano
padre non gli fece terminare la frase,scuotendo la
testa.
< Mio caro ragazzo tu ti stai di sicuro sbagliando. La vedi quella foto? E’ stata scattata 10anni fa, la sera prima che la mia Marlene
morisse.>
Ed ecco qui la mia prima one-shot . L’ho ripubblicata con
il nuovo nick name, ma per
fare questo ho dovuto cancellare aihmè
tutti i commenti.
Mi auguro che ricommentiate
in tanti….Buona lettura!!