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Autore: Silvar tales    10/03/2010    5 recensioni
Deidara, bimbo fragile e solo, possessore di nulla e aggrappato solamente a un amico, a un orso di pezza e a un segreto; incapace di resistere al fascino dei tortuosi meandri di una villa incantata, devastata da una maledizione che rimane immutata nei secoli. Un'ingenuità infantile che perdura nella sua essenza, il vivere la verità tanto desiderata, il poi dimenticarla. Oblio, sogno e dura realtà si susseguono tanto velocemente tanto da dare alla testa, e l'innocente non si accorgerà mai di essere il prescelto.
[12° classificata al contest "Era un Sogno" indetto da Fabi_Fabi]
[Prima classificata al contest "World Het Pairing: The Great Songfic" indetto da Watashiwa]
Genere: Dark, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akasuna no Sasori, Deidara, Kakuzu | Coppie: Sasori/Deidara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Autrice: Silvar Tales (sul sito) ; Deidaradanna93 (sul forum)
Fandom scelto: Naruto
Personaggi principali: Deidara ; Sasori ; Kakuzu
Genere: Dark ; drammatico ; horror
Rating: giallo
Avvertimenti: AU ; one-shot ; shonen-ai
Introduzione: Deidara, bimbo fragile e solo, possessore di nulla e aggrappato solamente a un amico, a 1un orso di pezza e a un segreto; incapace di resistere al fascino dei tortuosi meandri di una villa incantata, devastata da una maledizione che rimane immutata nei secoli. Un'ingenuità infantile che perdura nella sua essenza, il vivere la verità tanto desiderata, il poi dimenticarla. Oblio, sogno e dura realtà si susseguono tanto velocemente tanto da dare alla testa, e l'innocente non si accorgerà mai di essere il prescelto.
Note dell'autrice:
Flash back:
testo in corsivo allineato a destra ;
Voce di un narratore esterno (?):
testo in corsivo “tra virgolette” centrato ;
Citazioni esterne:
testo in corsivo in grassetto “tra virgolette” centrato.
Nel racconto vengono citate alcune frasi di Thriller di Michael Jackson e la composizione classica de Il Lago dei Cigni di Ciaikovskij.

Prompt scelti:
Citazione: nel sogno sei autore e non sai come finirà. (Cesare Pavese)
Parole: luce ; neve ; litania ; urlo ; ombra ; terrore.



~ ♠ ~


Esisteva una regola inviolabile:
dopo lo spettacolo di luci cremisi,
instancabile testimone che ripeteva come una ninna nanna
le urla di quel giorno,
nessuno ci avrebbe messo piede.
Ma i muri e i drappeggi che li adornavano
erano curiosi di vedere chi sarebbe stato il prossimo
ad osare tanto”.




Carillon

~ ♠ ~ La Villa Misteriosa ~ ♠ ~



Deidara ci sarebbe tornato anche quel giorno.
Era attratto ogni volta da quelle finestre che riflettevano la luce del vespro, da quelle sue torri vertiginose, dai suoi cancelli maestosi e arrugginiti e dalle fontane ormai infestate dalle piante rampicanti che sorgevano fra il verde incolto del giardino.
Desiderava esplorare quella villa abbandonata, che ai suoi occhi pareva più che altro un reame fantastico e distaccato dal tempo, in ogni suo meandro.
Il loro angusto paesello era poco lontano da quel luogo fiabesco, eppure era enormemente diverso.
Deidara aveva un amico; si chiamava Sasori e lo superava di un paio d'anni.
Erano amici da sempre, molto probabilmente gli altri li avrebbero definiti d'infanzia.
Quante volte Sasori gli aveva ripetuto di non tornare in quel posto, quante volte lo aveva ammonito o spaventato con strane storie.
Eppure il più piccolo non lo vedeva affatto come un luogo malvagio, piuttosto era un giardino delle fate, un angolo di pianeta dimenticato e remoto, rimasto scolpito nel tempo.
Forse era quella strana luce soffusa e calda che inebriava ogni cosa a renderlo affascinante e mistico: una sorta di mondo a parte.

Si fece spazio tra i rovi e le piante urticanti, deciso a raggiungere la villa da un percorso alternativo.
Gli piaceva scoprire nuovi sentieri, i quali poi tracciava con segni riconoscibili solo da lui, per questo poi li chiamava segreti.
Quando raggiunse quella fortificazione immensa, entrò scavalcando il muretto dov'era più basso.
Per fortuna la pesante porta che dava accesso agli ambienti interni era scardinata, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad entrare.
Quel giorno si era deciso di salire sulla torre più alta, quella che si riusciva a scorgere se ci si arrampicava sulla fontana posta al centro del loro villaggio; cercò quindi di ignorare la sua insistente curiosità di esplorare le camerate al piano terra e si avventurò deciso su per la rampa di scale che portava ai piani superiori.


*


Era sera inoltrata ormai, e il piccolo Deidara non si era ancora presentato al paese.
In realtà nessuno ci avrebbe fatto realmente caso anche se fosse mancato per una notte o due. Nessuno sapeva che fine avessero fatto i suoi familiari o i suoi genitori, era cresciuto, per così dire, come il bimbo di tutti.
Viveva rifugiandosi nelle case dei suoi compaesani, anzi in verità si accontentava di dormire presso qualsiasi persona che fosse disposta ad accoglierlo e, quando il bisogno incalzava, non faceva differenza se quel qualcuno che gli apriva la porta fosse mosso da generosità o da bramosia.
Molto spesso Deidara dovette pagare per un letto e una ciotola di riso, però sfortunatamente non possedeva soldi, ma qualcos'altro da scambiare.
Probabilmente era per questo che il bambino era malvisto nel paese, ed era per questo che i genitori di Sasori non avevano acconsentito a spartire i loro affetti e la loro calda atmosfera con quella povera anima.
Per fortuna, però, esisteva una persona che davanti a tutti questi pregiudizi alzava le spalle.


*


Ho visto... tutto il mondo! Tutto il mondo Sasori...” Raccontò Deidara il giorno dopo al suo amico del cuore.
Si trovavano entrambi a sedere su un vecchio pozzo di pietra, raggiungibile solo tramite un ripido sentiero che attraversava il bosco.
Sasori ascoltava il racconto dell'amico senza darci troppo peso, senza contare che era arrabbiato con lui per avergli ancora disubbidito.

Fai sempre di testa tua Deidara, ti disinteressi di quello che ti dicono gli amici... guarda che se scopro che l'hai fatto un'altra volta...!”
Che mi dici di te? Perché non mi vuoi dire dove vai tutte le mattine?”
Interrompere i discorsi era da sempre stata una sua brutta abitudine.
Sasori rimase interdetto alla domanda che gli era stata posta, come se l'altro avesse appena riportato alla luce una questione che lui avrebbe preferito tenere nascosta.

Che t'importa?” Disse soltanto, cercando di sviare su un altro argomento.
Una cosa era certa: al piccolo dai capelli biondi non facevano assolutamente paura le minacce di Sasori, non sarebbero di certo state quelle ad impedirgli di fare nuovamente visita alla sua villa misteriosa.


*


Non sapete... quante cose ho da dirvi...” mormorò piano il bimbo, quasi temesse di sentire l'eco della propria voce.
Sfiorò con un dito i drappeggi malconci che incorniciavano le finestre, poi si sedette a gambe incrociate sul pavimento.
Aveva gli occhi lucidi e infiammati della luce del tramonto, colmi di meraviglia davanti a quei vecchi stracci appesi e a quei vetri scheggiati.

Tutto qui è così bello, mentre il mondo fuori è orrendo... che strano che una cosa brutta diventi tanto bella solo guardandola da un punto diverso...”
Lui l'aveva sempre intuito, era quella la sua vera casa.
Lì aveva una camera con dei giocattoli, anche se questi erano così malridotti e arretrati che di certo erano appartenuti all'epoca scorsa.
Messi in fila uno di fianco all'altro su una mensola scheggiata stavano diversi orsacchiotti di pezza. Probabilmente quando erano stati regalati al bambino proprietario della stanza avevano ognuno un colore differente, ora irriconoscibile dallo strato di polvere che vi albergava sopra.
Deidara li aveva osservati con cura, uno per uno.
Aveva colto la loro malinconia e la loro solitudine solo guardando quei due bottoni cuciti sopra alla bocca, ma fu quando arrivò con lo sguardo all'ultimo pupazzo che venne pervaso da una strana sensazione.
Era terribilmente familiare, era come se loro due fossero stati amici da sempre.
Lo prese in mano e soffiò via la polvere.
Aveva deciso: l'avrebbe chiamato Snow. Snow perchè era l'unica parola che sapeva scrivere.
Per lui era stato necessario impararla, proprio perché non appena iniziava l'autunno qualsiasi cosa che lo circondava si ricopriva di morbida neve, e ogni notte continuava a crescere strato su strato, perseverando con una costanza maniacale fino a metà primavera.
Era neve che uccideva, quando nessuno gli apriva la porta, quando nessuno offriva una fiamma calda davanti alla quale scaldarsi le mani.
Snow era vestito di aristocratica stoffa turchese, adornato di due superbi bottoncini avorio e decorato con un elegante fiocco allacciato al polso sinistro, ed era stato immediatamente arruolato come suo compagno d'esplorazione.


Scusi signore...” disse il bimbo dai capelli dorati accovacciato davanti al camino, nel tentativo di richiamare l'attenzione dell'uomo che l'aveva accolto.
Dimmi”.
Il piccolo ci pensò su un momento.
Aveva imparato ad essere cauto nel dire ciò che voleva dire, aveva imparato a reprimere quella naturalezza nel parlare tipica della sua età.

Lei sa scrivere?”
L'interpellato lo guardò sorpreso, stupito del fatto che un giovane vagabondo come lui desiderasse qualcosa che andasse oltre i bisogni primari utili alla propria sopravvivenza.

Sì, un po'...” rispose spiazzato “desideri che ti insegni?”
A quell'affermazione gli occhi del biondino si accesero di evidente entusiasmo. L'uomo allora, divertito dal suo comportamento, andò a raccattare da chissà dove dei fogli di carta e un pennino. “Ti mostro come si fa” disse, dopo aver impregnato lo strumento d'inchiostro.

Osserva bene, queste sono le lettere...” Continuò cominciando a tracciare su un foglio a righe i primi grafemi dell'alfabeto.
Il bambino guardò turbato quei segni, come se fosse deluso da quello che l'uomo gli stava mostrando.

No, quelle non mi interessano... Io voglio sapere come si scrivono le parole!” Ribatté fissando gli occhi verdi dell'altro con una determinazione anormale per i suoi sette anni.
Però le parole si compongono con le lettere, come pretendi di scriverle altrimenti?”
Ma il bimbo rimaneva cocciuto sulla sua posizione, finché a un certo punto l'uomo si arrese.

Va bene... Che parola vuoi che ti scriva?”
Il biondino ci rifletté sopra, felice di essere stato accontentato.

Dunque, vediamo...”
Come un magnete la finestra attirò il suo sguardo, al di là di quei vetri cadeva placida e silenziosa la neve, quell'assidua preoccupazione che avrebbe poi dovuto affrontare la mattina dopo.

Neve. Mi faccia vedere come scrive Neve.”
L'altro lo guardò perplesso, poi si decise a calmare la curiosità del suo piccolo ospite, tracciando sul foglio la parola Neve in stampatello.
Dopotutto, era cresciuto come un semplice cacciatore silvano e quello era l'unico carattere che era riuscito ad apprendere.
Il bimbo aveva osservato con attenzione lo scorrere incerto della mano su quel pezzo di carta, aveva contemplato stupefatto l'elegante forma dei segni delinearsi sotto la pressione della penna. Eccola lì, la sua nemica, intrappolata in pochi millilitri di inchiostro.

Ora prova tu” disse l'uomo incitando il bimbo ad imitarlo.
Dopo qualche tentativo, il piccolo riuscì finalmente a scrivere: Neve.

Sei molto bravo”, asserì l'altro, guardando negli occhi il biondino.
Quest'ultimo capì dalle palpebre e dall'espressione che trasmettevano le sue iridi smeraldo che il cacciatore gli stava sorridendo, cosa impossibile da capire altrimenti a causa della fascia che gli ricopriva gran parte del viso.
Era un uomo pieno di generosità, diverso da tutti gli altri.
Non aveva chiesto nulla in cambio dell'ospitalità che gli aveva offerto, e molto probabilmente l'avrebbe tenuto per sempre nella sua modesta capanna fatta di assi di legno e sassi di fiume, se non fosse accaduto l'imprevisto.
Era bastato un attimo di oscurità, un buio dove non splendeva nemmeno la più piccola scintilla di razionalità, una freccia, estratta febbrilmente dalla faretra ed affondata nella carne del proprio petto.
Suicidio, così la gente del villaggio aveva additato quel gesto.
Il bimbo non conosceva il significato di quella parola, ma sapeva che forse avrebbe imparato a scrivere perfino quella se il suo maestro non l'avrebbe lasciato.
Si trovò nuovamente solo, lasciato in balia della cortesia altrui.
Non avrebbe mai creduto che un sorriso bastasse a nascondere dolori atroci e piaghe incurabili.



Oh, si è fatto tardi”

~ il tempo è scaduto ~


Con la testa ancora colma di domande e quesiti irrisolti, si mise in cammino diretto alla camera del bambino al terzo piano, come ogni volta, per riporre Snow al proprio posto, per restituirlo al suo mondo.
Le pareti e la carta da parati che le rivestivano non erano più insanguinate della luce del tramonto, ormai il riverbero cremisi del vespro era svanito da ogni angolo.
L'atmosfera, privata di quel sangue vitale, era impregnata della più magica e pericolosa delle sensazioni: una bestia, pronta a sferrare l'attacco non appena avrebbe potuto avvantaggiarsi delle tenebre in cui mimetizzare il suo lucente oblio nero.
Ricordi che si mescolavano a realtà, spirali di immagini di storie vissute ed emozioni presenti, la vita del giorno che passa, l'epoca che è già passata.
Esisteva qualcosa, quando le lancette indicavano quella determinata ora, che permetteva a tutto questo di rivivere. Ma era proibito prendersi tale lusso, era l'azzardo più illecito che si potesse commettere a questo mondo.
Deidara era cosciente di questa austera sentenza, anzi in vita sua non era mai stato così devoto a qualcos'altro che non fossero quelle incisioni scavate nella pietra, a pochi centimetri dallo stipite della soglia principale.
Quel giorno, impresso in un tempo sempre indefinito, trovatosi davanti a quelle poche sillabe, piegò la testa, sotto la pressione di inconsistenti dita che aveva sentito come rivoli d'acqua gelida fra i capelli.
Si inginocchiò raccogliendo il suo corpicino gracile su se stesso, lo fece in segno di sottomissione a quell'unica regola che aleggiava sulla sua vita trasparente.


Antico attore della Tragedia remota, lo sarai di un dramma rinnovato se entro queste mura, oserai inseguire la luna”


La più superba delle anime sarebbe diventata la più meschina, oltraggiando la sovranità di un tale principio.
Per questo Deidara non avrebbe mai trovato riposo fra le aride coperte della camera di Snow.


*


Quella sera si era dovuto accontentare di una soffitta come rifugio e un po' di lana come giaciglio. Colei che l'aveva accolto era una giovane donna sulla ventina, aveva il viso dolce di un angelo e le guance rosee di una bambola.
La ragazza, commossa e forse lusingata, aveva dato al suo inatteso ospite tutto ciò che possedeva di buono e di commestibile, sacrificando per lui quel poco che aveva per sé.
Gli aveva offerto perfino un po' di marmellata di fragole, l'unico vasetto che conservava per l'inverno, ma prontamente Deidara aveva scosso la testa e respinto il cucchiaio, affermando capriccioso che non aveva mai gradito mangiare quelle gelatine esageratamente dolci.
Riflettendo in seguito sul suo gesto, rammentò di non aver mai assaggiato nessuna prelibatezza di quel genere.
Forse perché non vi era bisogno, forse perché certe cose si sapevano e basta.


*


Una pallida ciocca di luna s'insinuò attraverso gli scuri socchiusi della piccola finestra, infiltrandosi come un cereo animaletto strisciante nella soffitta, per poi morire sulla parete di legno.
Rapido, come se portasse con sé un acchiappa-sogni invisibile, il serpentello catturò l'attenzione del bimbo seduto sulla sua branda, impossibilitato, come spesso gli accadeva, a prendere sonno.

Quali notizie mi porti?” Chiese disarmato Deidara, come se si sforzasse di credere ancora alle favole. “Oppure... vuoi giocare con me?” Aggiunse un istante dopo con voce trepidante, quasi speranzosa.
Il serpentello, come ogni rara notte in cui veniva a fargli visita, stette indifferente alle sua parole, non si curò nemmeno di brillare un poco più intensamente per fargli capire che lo stava ascoltando. Era un pessimo ospite, ma il piccolo biondo sapeva che mai si faceva portavoce di brutte notizie. “Che mi dici, luccichino? Anche tu sei stato rifiutato dall'universo a cui appartenevi? Perfino la luna ti ha ripudiato?”
Quasi non fece in tempo a terminare quell'insensato monologo che accadde una cosa a cui mai aveva assistito: una folata di vento, e il serpentello cambiò di posizione, come se volesse strisciare fuori dal davanzale della finestra, luogo dal quale era entrato.

N-no!” esclamò Deidara, avventandosi sull'apertura poco distante, cercando di afferrare quell'inconsistente nastro di luce, sporgendosi addirittura dal davanzale pur di intrappolare tra le dita il suo recente visitatore.
Spalancò in un gesto frenetico e involontario le ante di legno: il vento era veloce e prepotente e coinvolgeva i suoi bei capelli in sfrenate capriole, facendoli danzare davanti al viso e agli occhi, procurandogli un fastidio enorme.
Il frastuono emesso in quei pochi minuti era raccapricciante: molti infissi sbattevano in lontananza, chiudendosi di scatto.
Gli alberi ululavano impazziti.
Quando finalmente il vento si decise a quietarsi, il piccolo si azzardò a sbirciare attraverso la fessura creata dalle due ante, rimanendo ipnotizzato dalla luce del satellite notturno sospeso sopra le sue sagome maestose, illuminandole, tracciandone con un pennello dorato i profili, i riflessi dei vetri, impastando poi sfumature blu notte per dare forma ai volumi, agli spazi, all'imponenza della sua costruzione: la falce lattiginosa aveva disegnato l'immagine della sua tentazione peggiore.


Il castello dei sogni è costruito in aria e può crollare da un momento all'altro.
Il castello dei sogni ha stanze affacciate sul mondo del passato, bellissime e degne di un re, ma non esiste nessuna porta o nessun corridoio che permetta di raggiungerle.
Il castello dei sogni è attraente, falsario, appagatore di desideri e regista delle peggiori paure mai messe in scena e, infine, il castello dei sogni racchiude uno squarcio di verità al suo interno, un'occhiata di cristallo dopo un percorso tortuoso, intriso di colori sciolti uno nell'altro.”


Deidara, sangue appartenente a una realtà tante volte bramata, fu imprigionato nel vortice dell'oblio, e gli fu permesso di percorrere quegli instabili e inesistenti corridoi.
Camminava di passo sempre più veloce man mano che si avvicinava a quella suadente porta; teneva la chiave che l'apriva legata alla cintura tramite un segmento di corda intrecciata.
Trovatosi prima del previsto di fronte a quella matronale barriera di legno intarsiato, inserì lo strumento nell'apposita toppa, girandolo poi in senso orario con fin troppa facilità dato lo strato abbondante di ruggine, riuscendo infine a sbloccare la serratura, eludendo l'autorità di un tale ostacolo solo attraverso una fragile bacchetta di ferro.
Sbirciò nell'atrio attraverso l'esigua fessura che gli era concessa, riflesso del gesto che aveva compiuto poco prima nel pieno delle sue facoltà razionali.
Sognava, consapevole della dimensione fittizia in cui stava vivendo.
Quel raggio di luna aveva chiesto al suo subconscio di farlo diventare, anche se solo per poco, spettatore del suo passato.
Spettatore di un sogno di cui era protagonista e autore, e di cui non sapeva la fine, anche se lui stesso l'aveva scritta.
Oltre la breccia, parole rievocarono il suo destino compiutosi nella trascorsa esistenza, parole decantate in tempi mitici riecheggiarono nei cunicoli incontaminati della sua memoria.

Ogni cosa sta per compiersi” disse un uomo al di là del passaggio, vestito di nobili stoffe.
Ma perché? Perché? Non c'è modo di evitare che ciò avvenga? Quale mostro ci ha portato a questo supplizio? Cosa hanno fatto gli stessi bambini di questa casata maledetta, quale terribile delitto hanno commesso per rinunciare alle loro spensierate allegrie così presto? Ritieni forse giusto che anche le loro anime innocenti vengano condannate a questa tragedia?”
Una dama, dal viso sfregiato dal pianto, si era abbandonata sulle ginocchia ai piedi del galante.

Non sono certo io che ho stabilito questo. Voi siete nata sotto questa stirpe, e voi ne pagherete le conseguenze, come hanno fatto gli avi che hanno camminato entro questi corridoi prima di noi” brutale decreto.
Per quanti anni ancora dobbiamo sopportare questo martirio? Per quanti anni ancora le creature morte della notte che aleggiano nell'essenza di queste mura dovranno falcidiare le generazioni future?”
L'uomo guardò con severità la giovane inchinata supplichevolmente al suo cospetto, soppesando quelle parole tanto aspre quanto testimoni di cruda realtà.

Voi stessa camminerete evanescente dopo l'ecatombe, ripercorrerete questi corridoi esanime e informe e la vostra degenerata coscienza non avrà altro obiettivo al di fuori della reminiscenza del passato, i vostri occhi dolorosi guarderanno instancabilmente al tempo gioioso e radioso che fu, finché dovrete inchinarvi davanti al vostro stesso sangue, davanti all'erede del nostro orgoglioso lignaggio, quando egli comparirà al cospetto della vostra anima deteriorata. Quella notte riesumeremo gli antichi sfarzi, e la sala da ballo si illuminerà nuovamente dei diamanti che adornano i vestiti delle principesse e delle ballerine, e qualsiasi mortale che oserà fare da spettatore alle danze diventerà partecipe della nostra eterna eclissi, affinché non osi proferire parola e taccia su tutto ciò che ci riguarda.”
Il bimbo nascosto dietro alla porta deglutì: quelle persone vivevano nella sua fantasia, ma parlavano esattamente come lui. Anche Deidara utilizzava un linguaggio che sembrava appartenere ad un tempo remoto, e lui stesso non si capacitava di come e dove l'avesse appreso. Per questa sua caratteristica spesso molti lo guardavano con sospetto, o la maggior parte delle volte lo schernivano. Per questo il bimbo si era dato da fare per parlare la lingua comune di cui facevano uso i suoi coetanei, nel tentativo di acquistare un poco della loro considerazione.
La giovane nel frattempo fece un gesto inaspettato: si alzò in piedi e volse lo sguardo repentino fuori dalla porta semiaperta.

Deidara!” Il piccolo biondo si girò di scatto all'indietro, col cuore in gola, e vide alle sue spalle un bimbo, apparentemente sui cinque anni. Aveva corti capelli d'oro e iridi celesti, medesimo colore della creatura inanimata che teneva stretta possessivamente al braccio sinistro; infine, aveva tutta l'aria di uno che era appena stato sorpreso ad origliare.
L'elegante dama uscì a grandi passi dalla camerata, cercando di asciugarsi velocemente le lacrime con una manica del vestito. Si diresse con sguardo severo dal piccolo, prendendolo poi in braccio e stringendolo al petto, forse per rassicurare più se stessa che lui.

Tuo figlio è fortunato ad essere nato di sangue regio” l'estraneo spettatore silente fissò l'aristocratico mentre pronunciava queste ultime parole.
Ma...Mamma?”

Il castello dei sogni è costruito in aria e può crollare da un momento all'altro.


Com'è fulmineo l'attimo che separa il sogno dal risveglio.

~


Svegliati Deidara”
Era arrivato il momento di gettare nel baratro ogni immagine, ogni fotogramma sostanza degli artificiali momenti appena vissuti.

Deidara?”
Hmm... Sasori...”
Un caldo groviglio di coperte e un fastidio martellante alla spina dorsale, causato dalla perenne posizione scomoda in cui il piccolo dai capelli d'oro aveva dormito.
La mano fredda dell'amico gli sfiorò con un lieve tocco la guancia, riportandolo definitivamente alla realtà.
Il suo viso levigato e la sua folta chioma rosso acceso fecero capolino da dietro la montagna di lenzuola.
Deidara notò che ne erano state aggiunte altre mentre era addormentato.

Ma quanto dormi? È tardi” lo rimproverò il ragazzino più grande spalancando le ante dell'unica finestra presente, le quali si erano chiuse a causa del vento forte della nottata.
I raggi del sole ormai già alto fecero irruzione con violenza nella soffitta polverosa, pungendo prepotenti le chiare iridi ancora vulnerabili del biondino.
Quest'ultimo chiuse gli occhi, rimasto abbagliato dalla luce troppo forte e improvvisa.

È quasi mezzogiorno! Andiamo in riva al fiume a catturare le rane, ho anche portato da mangiare!” L'idea della raccolta delle rane non entusiasmava molto Deidara, ma doveva ammettere che il suo stomaco protestava già da tempo.
Allora perchè non sei venuto prima? Si può sapere cosa fai di tanto improrogabile tutte le mattine?”
Gli occhi di Sasori s'infiammarono a quella domanda che l'amico sapeva già non avere risposta. “Ripeto: non sono affari tuoi. Andiamo” concluse sbrigativo, scomparendo dalla botola della scala a chiocciola.


*


La giornata era trascorsa in fretta, apparentemente normale, quasi noiosa, senza imprevisti o senza qualcosa che facesse divertire troppo.
Semplice, come semplice era la compagnia di Sasori.
Avevano ideato un gioco: vinceva chi sarebbe riuscito ad acciuffare un numero maggiore di anfibi.
Sembrava un simpatico espediente, fin quando il più piccolo non riuscì a intrappolare tra le dita una di quelle creature saltellanti.

Bravo Dei! Ora liberala” gli ordinò il maggiore.
Perché? Non posso... tenerla?”
In tutta risposta Sasori lanciò un sassolino ai suoi piedi, colorato diversamente da quelli comuni che formavano la sponda del fiume.

Questo simboleggia la tua rana, siamo uno a zero. Su ora rimettila in acqua” .
Deidara allora si trattenne dal contraddire un'altra volta l'unico amico che aveva e, con rammarico, appoggiò delicatamente l'animaletto sul limo vischioso di un'insenatura che veniva continuamente lambita da lievi onde.
Restituì quello che doveva restituire.

Poi come credevi di darle una casa se neanche tu sai dove andare?”
Il bimbo biondo voltò la testa dall'altra parte per nascondere a Sasori gli occhi traboccanti di lacrime.

Si sarebbe dovuta accontentare di una gabbietta, però credevo di darle un amico...” avrebbe tanto desiderato un giorno possedere qualcosa di più degli eleganti vestiti che teneva indosso, senza prendere sempre a prestito ogni cosa.
Quella sera Deidara si addormentò sperando in un domani migliore.
Alla fine, aveva vinto Sasori.


*


Mentre percorreva quel sentiero che saettava tra i tronchi bruni dei faggi, sotto una nevicata rossa e oro di foglie morte, pensava a quelle decine, centinaia di volte in cui si era ritrovato a ricalcare l'orma di quei medesimi passi.
Era piuttosto tardi, la luce che accarezzava le cime più alte era già sfumata nel rossastro. Questa volta Deidara aveva resistito più a lungo al richiamo che, come un eco, alla stessa ora di tutti i giorni arrivava alle sue orecchie: un'antica voce tentatrice.
Mura vecchie e scrostate impilate una sull'altra, ammasso di mattoni arroccati in vertiginose torri, intervallati da variopinti pezzi di vetro, sormontati da superbe cime di tegole grigie, infilzate da arrugginiti segnavento che faticavano a svolgere il loro ordinario lavoro; stanze labirintiche che si intrecciavano e si confondevano tra loro, si somigliavano tanto da far impazzire: l'insieme di questa armonia complice necessitava del suo padrone, così come Deidara necessitava di correre per quei vuoti corridoi e far tesoro ogni giorno di una scoperta nuova quanto palesemente ovvia.
Questa volta il bimbo si era addentrato in quelle intricate viscere talmente a fondo da giungere in un lato inesplorato, il limite estremo del castello, opposto alla porta principale.
La parte di quella casa signorile era formata da archi di pietra continui che davano su un palco sporgente nel vuoto: in scena ora c'era il tramonto più bello, non più coperto da vari ostacoli, ma sfoggiato nella sua magnifica visione d'insieme.
Deidara oltrepassò rapito gli innumerevoli drappi opachi che ricoprivano le arcate, i quali volteggiavano sospinti dal vento gelido, proveniente dall'esterno.
Il paesaggio che gli si parò davanti era simile a quello che aveva potuto ammirare dalla cima del torrione più alto: una luce brillante come cento, di un rosso più vivo del fuoco.
Subito, però, qualcos'altro attirò l'attenzione del piccolo, una figura estranea, sdraiata su uno dei corrosi muretti di pietra che adornavano la balconata.

Ma... chi...?” Una volta superato lo spavento iniziale, Deidara si avvicinò alla panca, curioso di sapere chi altri oltre a lui osasse disprezzare le dicerie intimidatorie che aleggiavano su quel posto. Forse... un forestiero, che non poteva essere a conoscenza delle varie leggende locali? Oppure un qualche essere umano, senza timore di alcuna cosa al mondo.
Quando fu abbastanza vicino, il bimbo biondo si ritrovò sorpreso nel scoprire di conoscere quei lineamenti efebici, quei morbidi capelli rubino che incorniciavano il viso dai tratti ancora infantili, i vestiti, gli stessi che aveva indossato il giorno prima.
Stava dormendo.
Mille pensieri invasero all'istante la mente confusa di Deidara.
Cosa ci faceva Sasori lì? Forse era venuto a cercarlo, sapendo che si recava alla villa ogni tramonto?

Sasori?” Lo chiamò incerto.
Il ragazzino, quasi come fosse già da prima sul punto di svegliarsi, aprì gli occhi sbattendo più volte le palpebre. La prima cosa che capì, dalla luce insanguinata che allagava le pareti del balcone, fu di aver dormito troppo.

Deidara?”
In un attimo i suoi grandi occhi castani, ancora lucidi dal sonno, catturarono le iridi celesti dell'amico. Quest'ultimo lo guardò interrogativo, aspettando che si svegliasse completamente prima di porgli qualsiasi domanda.
Sasori allora si alzò faticosamente a sedere, rimanendo per un attimo ad ammirare quell'idillio paradisiaco in cui si era destato.

Dormito bene?” Chiese scherzoso il biondino, con un sorriso enorme.
L'altro sorrise a sua volta, quasi impossibilitato a reprimere quel gesto, così consono alla situazione che si era andata a creare.
Chiuse un attimo gli occhi, solo per assaporare a pieno il vento selvaggio e puro fra i capelli, quand'ecco che inaspettatamente sentì il profumo di quelli di Deidara, il suo corpo minuto che gli si era stretto e le sue labbra, timorose e tremanti, che andavano ad incastrarsi accarezzando la sua bocca, permettendo alle punte delle due lingue di sfiorarsi.
L'abbozzo di un bacio da adulti.

Deidara...” sussurrò Sasori, alquanto scosso dal suo gesto.
L'altro in tutta risposta sorrise, cercando in quel modo di giustificarsi.

Scusa... è solo che sono contento. Non credevo che anche tu venissi qui”, disse tutto d'un fiato, arrossendo violentemente.
Sasori non l'aveva mai visto così timido.
Il ragazzino dai capelli rossi allora prese un profondo respiro, come se si dovesse preparare a una confessione compromettente.

Sì, la verità è che non volevo tu tornassi in questo posto perché era lo stesso in cui amavo recarmi sempre, e ne sono geloso. Ho perfino dovuto cambiare abitudini quando ho scoperto che anche tu venivi qui al tramonto, evidentemente non ci siamo mai incontrati, dato che la villa è sterminata”. Deidara ascoltò sorpreso.
Non avrebbe mai pensato che Sasori si distinguesse così tanto dalla massa dei loro compaesani. “Ma cosa venivi a fare qua?”
Il più grande sorrise, complice.

Lo stesso che venivi a fare tu, no?”
L'amico ci rifletté un attimo.

Non volevo che ci andassi perchè questo è un luogo dove mi piace riflettere, sognare, immaginarmi storie e passare intere giornate in compagnia di me stesso”.
Il biondino non capiva, non erano affatto lì per un obiettivo comune allora, anzi, erano uno l'opposto dell'altro.
Se lui ogni giorno si recava alla sua villa misteriosa era proprio per trovare una compagnia, un segno d'intesa e non di vendetta, un rifugio accogliente e non una trappola perversa.
In quanto ad immaginarsi storie, non c'era assolutamente nulla da immaginare.
Era già stato tutto scritto, era già tutto accaduto; la vera impresa stava nello scoprire cosa.

Senti, che ne dici se diventa il nostro segreto?” Disse poi Deidara.
Erano molto diversi, loro due.
Cresciuti in ambienti completamente diversi, governatori di mentalità differenti, ma condividevano lo stesso Castello dei sogni - anche se, al suo interno, giocavano differentemente l'uno dall'altro -.

Ci sto!” Affermò Sasori, ancora spiazzato dal bacio, ma felice di aver trovato un accordo soddisfacente per entrambi.
In fin dei conti non ci aveva dato troppo peso, Deidara era da sempre stato un tipo strano, e a lui piaceva così.
Improvvisamente il sorriso svanì dalle labbra del più piccolo, per lasciare spazio a un'espressione torva e confusa.

Che c'è?” Chiese il ragazzino dai capelli rossi, non capendo il comportamento dell'altro.
Deidara in tutta risposta lo zittì alzando l'indice davanti alla propria bocca, poi attraversò nuovamente i tendaggi per rientrare dalla balconata e Sasori lo seguì, continuando a non capire.
Dopo qualche attimo di silenzio, il maggiore si azzardò ad aprire bocca.

Deidara...?”
La senti anche tu?”
Cosa dovrei sentire, esattamente?”
Sst... ascolta!”
Proprio in quel momento il più grande avvertì una melodia molto flebile provenire da un lontano punto indefinito, praticamente impossibile da percepire.

Che cos'è?” Chiese turbato Deidara.
Sembra un carillon. Proviamo a seguire il suono, forse riusciamo a capire da dove viene”.
Il bimbo biondo seguì l'amico lungo la stretta rampa di scale, la quale collegava quell'angolo sconosciuto del castello al corpo principale dell'intera costruzione.
Entrambi si riscoprirono ugualmente esperti nel muoversi attraverso quella foresta di corridoi, nell'utilizzare al momento giusto gli adeguati passaggi segreti, non facendosi intimorire dalla somiglianza di alcune zone che parevano fatte apposta per disorientare occasionali avventurieri. Così raggiunsero ben presto un pianerottolo, dove si udiva chiaramente la dolce melodia provenire da una delle stanze adiacenti.

Ci siamo” disse trionfante Sasori, attraversando la soglia di quella che apparentemente sembrava una lussuosa cameretta.
M-ma... questa...”
Deidara si accorse immediatamente che il luogo che avevano appena raggiunto dopo tanto girovagare non era nient'altro che la stanza di Snow.
La statuetta di un'elegante danzatrice ruotava meccanicamente su se stessa all'interno di un portagioie, appoggiato sopra un elaborato tavolino. Dal vano interno della preziosa scatola, un languido suono metallico intonava le note de Il Lago dei Cigni: uno struggente e inquietante lamento.

Che buffo...” asserì Sasori avvicinandosi ingenuamente al carillon per osservarlo da vicino.
Come avrà fatto a partire?” Si domandò il ragazzino, guardando curioso la chiavetta dorata sul retro del portagioie che ruotava in senso antiorario.
Il biondino alzò le spalle.
Non so... forse un topo?”
Ma dai!” Rise l'altro, divertito dalle assurde affermazioni del più piccolo.
Che strana musica...” Fu proprio in quel momento che Deidara rimase con lo sguardo atterrito davanti all'enorme finestra singola che donava luce a tutta la stanza: gli unici colori che animavano il cielo, nel quale compariva a macchia qualche bianca stella, erano quelli glaciali del Crepuscolo.


~ il tempo è scaduto ~


Sasori...”
Deidara guarda questo quadro...” esclamò Sasori, accennando al dipinto appeso sopra il letto a baldacchino che ritraeva una nobile dama con in braccio il figlioletto.
Sembri quasi tu. Chissà chi è in realtà”.
Per riuscire a leggere la targa incisa nel legno della cornice Sasori salì carponi sul materasso, soffocando l'aria viziata di una nuvola di polvere.

Heir's room... La stanza dell'erede...”
Sasori, dobbiamo andarcene di qui, e alla svelta!”
Il ragazzino guardò sorpreso l'amico, quest'ultimo animato tutto d'un tratto dal terrore.

Che ti prende?”
Tu seguimi e basta” concluse risoluto il bimbo biondo, prendendo l'altro per un braccio e precipitandosi nel corridoio.
Instancabile, il carillon continuava ad urlare il suo lamento.


*


Deidara si può sapere che ti succede? È la quarta volta che torniamo nello stesso posto, lascia fare a me se vuoi uscire di qua!”
Aveva sbagliato ancora, e ancora e ancora. Eppure aveva camminato avanti e indietro dalla camera all'uscita tante volte quante era stato in quel luogo; possibile che bastasse una leggera penombra per cambiare così tanto gli ambienti dal ricordo che aveva di essi?
Tutto appariva così diverso quando era animato dalla calda luce penetrante del vespro.

Deidara ti prego, lascia che sia io a trovare la strada per uscire, altrimenti fra poco queste stanze saranno così buie con non sapremmo neanche dove mettere i piedi!”
Sasori non capiva mai quand'era il momento di tacere.
Non capiva neanche la pericolosità della situazione in cui si trovavano: stavano infrangendo la regola più austera che potesse esistere al mondo.

Va bene, se proprio sei convinto di sapere la strada vai tu, ma sbrigati!”
Acconsentì infine Deidara, constatando che in fondo l'amico aveva non meno esperienza.
Appena gli fu data via libera, Sasori cominciò a percorrere di passo spedito il corridoio in senso opposto, finché non ne imboccò un altro una volta arrivato al termine del precedente.
Quest'ultima anticamera era lunga e stretta, e dava su varie stanze che Deidara non aveva mai visitato.
Il suo compagno di viaggio si infilò oltre la terza porta sulla destra e accelerò ulteriormente il passo, avendo notato il repentino avanzare dell'oscurità.

A-aspetta Sasori...” Deidara raggiunse l'amico con il fiato corto: cominciava a distinguere male il suo profilo, che appariva come l'indistinta sagoma di un'ombra.
Prendi la mia mano” il bimbo l'afferrò di buon grado, sentendo il coraggio alzarsi di una tacca a quel tocco rassicurante.
Corridoi e stanze che parevano infiniti si susseguivano uno dopo l'altro in una corsa senza fine, in una corsa contro il tempo.
La notte avanzava ad ogni loro passo che rimbombava entro quelle spoglie camere, ognuna simile alla precedente; finché entrambi udirono, una volta messo a tacere il respiro che continuamente reclamava ossigeno, una melodia familiare: le medesime note struggenti cantavano Il Lago dei Cigni.
Erano giunti in un vicolo cieco adiacente (a quanto pareva) alla camera dell'erede.

Co-come fa la molla di quel carillon ad essere ancora carica?” Chiese impaurito Sasori al vuoto. “Non lo so... dobbiamo assolutamente trovare l'atrio” rispose Deidara, lasciandosi cadere esausto con la schiena appoggiata al muro; il maggiore lo imitò, cercando di fare appello a tutte le sue capacità razionali per una raccolta di idee.
Sei stanco?”
Il piccolo biondo annuì, ma in realtà era troppo nervoso per sentire sonno.
Restarono per un po' senza parlare, oppressi dall'inquietudine che gettava su di loro quell'insensato lamento, lamento che non trovava risposta se non l'eco rimandato dalle pareti, lamento che penetrava fin sotto gli strati più occulti del loro subconscio, lamento che continuava a replicarsi insopportabilmente, come una litania.
I minuti passavano, accompagnati da quell'assurda polifonia.

Sasori, è tardi. Troviamo un'altra strada”.
Poco dopo tentarono un percorso mai provato prima che serpeggiava monotono per inesplorate rampe di scale, le quali arrampicavano sconosciute torri.
Una volta che si convinsero di aver sbagliato completamente strada, si diressero nuovamente verso il basso, rimanendo poi intrappolati a metà, incapaci di trovare un percorso alternativo. In quel piano, infatti, tutti i corridoi esistenti convergevano in un'enorme sala, probabilmente la più estesa di tutta la villa.
Entrarono, timorosi anche solo di sentire l'eco dei loro passi, o ancora, di udire nuovamente quella musica malinconica diventata ormai oggetto di sconcerto.
Non appena furono all'interno Deidara trattenne a stento un grido, senza accorgersi di avere di fronte l'immagine di se stesso.

Sst, calmati Deidara. Sono... solo degli specchi”
S-solo degli specchi?” Ribatté tremante il più piccolo.
Ma certo.. non eri mai stato qui?” Disse Sasori e, a scopo di tranquillizzarlo, avvicinò un dito alla liscia superficie di cristallo che replicò fedelmente il suo movimento; e nel mentre che faceva questo, lo sguardo del ragazzino dai capelli cremisi si congelò, intriso all'istante della più sublime nota di terrore.
Cosa sono quelle?”
L'imponente schiera di fragili lenti mostrava folle intere di figure evanescenti compiere una sorta di danza: giocavano sulla levigata tavola rivelatrice ammassandosi l'una sull'altra, sovrapponendosi per fondersi in un'unica entità, gonfiandosi per poi sdoppiarsi nuovamente.
I due ragazzini si voltarono indietro all'unisono, col cuore in gola; ma non videro alcuna testimonianza della presenza effettiva di quelle ombre.

O è... lo specchio che... è bugiardo...”
Sasori, ma dove siamo?”
Chiese flebile Deidara, ora timoroso anche solo di guardare in faccia l'amico.

Nella sala da ballo, non ne vedrai mai di più sfarzose nella tua vita”

~ e ora, possiamo dare il via alle danze ~



È quasi mezzanotte, è qualcosa di malvagio, si aggira nel buio.
Sotto la luce della luna vedi una sagoma che quasi ti blocca il cuore.
Tenti di gridare, ma il terrore ti prende il suono prima che tu lo emetta.
Inizi a immobilizzarti mentre i tuoi occhi sembrano l'immagine dell'orrore”


Corsero, corsero lontano da quella maledetta stanza.
Non seppero se ciò che avevano intravisto fosse stato frutto della loro immaginazione o fosse causato dalla suggestione che subivano in quel momento, ma cominciavano a perdere le speranze e l'entusiasmo necessari per trovare la tanto agognata uscita.
Stavano percorrendo un corridoio al piano terra dove incredibilmente erano riusciti ad arrivare, quasi per caso.
Il maggiore si trascinava dietro le orme del piccolo biondo, ormai in preda alla disperazione. Dubitava di lui, dubitava che fossero mai riusciti a risolvere quel tremendo rompicapo.
La ragione cominciava a venir meno, il panico avrebbe ben presto preso il sopravvento da un istante all'altro.
Deidara giurò silenziosamente a se stesso di riconoscere le tende che decoravano i vetri delle finestre, le guardò restando in silenzio, senza osare proferire parola davanti al loro altezzoso portamento; poi si fermò, e il suo gesto venne immediatamente imitato da Sasori.
Un altro melodioso suono, ma questa volta non era il carillon.
Le campane del paesello, del loro insignificante quanto bramato povero villaggio.
Mezzanotte.


~ il tempo è scaduto ~


Perché è un thriller, una notte di suspense.
E nessuno ti salverà dalla bestia che sta per colpire;
Sai che è un thriller, una notte di suspense.
Combatti per la tua vita circondato da un assassino, stanotte è thriller”



Sai Sasori... quando vorrai stare da solo, fai come se io non ci fossi, tanto rimangono queste tende a farmi compagnia” “si può sapere cosa stai farneticando?” Non avrebbe mai immaginato che quel bimbo potesse essere ingenuo a tal punto. Il biondo sorrise, sfigurò le sue labbra in un gesto innaturale, impossibile, blasfemo.
Non avrebbe mai spazzato via la notte con quel ghigno, anzi, era del tutto folle solo pensare di sorridere.
Non si rendeva conto di come andasse affrontata la situazione che stavano vivendo.
Tutto questo, fa impazzire
.

Ad esempio, quella” Deidara indicò il drappeggio più vicino alla sua destra, alzando un braccio con naturalezza, smarrendo Sasori più di quanto non fosse già perso in quell'enigma.
La guardo, le parlo e mi risponde. Mi racconta tante cose” “cosa?”
Una folata di vento simile a quella che due notti prima aveva risvegliato l'intero arroccamento montano attraversò i corridoi, fece sbattere le porte delle camere da letto; un anormale ululato chiamò le ballerine a festa, spettatrici, spettatori, le creature della notte: il ricevimento in onore dell'erede.
Gli enormi tendaggi si mossero quasi fossero animati di vita propria: voci, sussurri, echi di discorsi pronunciati in un tempo remoto, obliato nella reminiscenza del loro più prezioso mortale.
Sasori fu spinto all'indietro, un gelo letale gli avvolse le membra, acqua morta scivolò tra i suoi capelli, il sudore che gli copriva la schiena cessò il suo invisibile tremolio scolpendosi in indissolubili gocce di ghiaccio.

De...Deidara!” Tentò l'insormontabile impresa di afferrare il suo unico appiglio.
Con una calma inaccettabile Deidara rispose al suo nome, si voltò fluente verso l'amico: il suo viso era trasparente, al posto dei suoi begli occhi azzurri c'erano due fessure vuote e nere, il dipinto di un'espressione indecifrabile e assente.

Dei...?” Mormorò terrorizzato, mentre sentiva le immense tende dei corridoi al suo fianco soffocarlo, sommergerlo e cancellare la sua essenza, lentamente.

Le creature della notte chiamano;
E i morti iniziano a camminare nelle loro maschere.
Non c'è via di fuga dalle fauci dell'alieno questa volta:
Sono spalancate.
Questa è la fine della tua vita”


~


Da quel giorno di Sasori non si seppe più nulla. Deidara una volta tornato a casa fu interrogato più volte dai genitori dell'amico, ma non seppe dare informazioni.
Sasori? È qua di fianco a me...” rispondeva ogni volta, fortemente convinto di quello che diceva.
Gli adulti ormai non lo prendevano più sul serio e lo lasciavano immerso nel suo mondo.
Ma ogni giorno la villa lo richiamava, e il bimbo tornava a far visita a quei meandri maestosi.
Solo in quei luoghi non aveva accanto la costante presenza di Sasori, ma per tutto il resto del tempo giocava e scherzava con lui, normalmente.
Lui e soltanto lui sapeva come mettere piede in quella villa, e non capiva perchè i suoi compaesani avessero paura ad entrarci.
Ma, meglio così.
E appena calava la notte, la sua figura trasparente continuava a mormorare con le tende che adornavano quel corridoio.


Lui, il fantasma di un bambino non conscio di esserlo.”

~ Fine



~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ♠


Giudizio di Fabi_Fabi (contest Era un Sogno indetto sul forum di Efp)

Dodicesima Classificata - Deidaradanna93 – Carillon – Premio ambientazione -

Grammatica e sintassi: 9.4/10
Stile: 9.5/10
Originalità: 15/15

Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Sviluppo della trama: 9/10
Gradimento personale: 9/10
Utilizzo dei prompt: 8.8/10


Totale: 75.7


Dal punto di vista grammaticale la storia è buona, soprattutto considerata la lunghezza della stessa, ti elenco qualche piccolo errore: 'una bestia, pronta a sferrare l'attacco non appena avrebbe potuto avvantaggiarsi', qui sarebbe stato corretto 'avesse'; 'un colore differente, ora irriconoscibile dallo strato di polvere', in questo caso la frase andrebbe un pochino modificata, potevi scrivere 'reso irriconoscibile', o 'a causa dello strato di polvere. 'Vinceva chi sarebbe riuscito ad acciuffare [... ]', 'avrebbe vinto chi fosse riuscito', per quanto riguarda lo stile invece, devo dire che l'ho apprezzato, ma le frasi spesso sono molto lunghe, piene di subordinate, e la cosa le fa risultare, solo raramente però, pesanti, il lessico è vario e molto ricercato, le descrizioni creano atmosfera, danno un tocco di magia in più al racconto. Quindi nel complesso lo stile è buono, a volte secondo me è soltanto un po' troppo impreziosito, arricchito di aggettivi e di particolari non necessari che distraggono un po' dalla lettura. Indubbiamente la storia è ben scritta, non prenderla come una critica negativa, se guardi il punteggio puoi capire che ho apprezzato lo stile, trovo solo che in alcune parti sarebbe stato meglio che tu ti concentrassi sull'immediatezza della trama e non sui particolari, un po' per variare anche il ritmo che indubbiamente è molto importante in una storia che vuole tenere il lettore sospeso.
Sei stata bravissima a contestualizzare l'AU, hai creato una villa che si riesce quasi a 'vedere' leggendo la storia, hai curato l'ambiente e le descrizioni in modo eccellente. Anche la trama è ben gestita, complessa al punto giusto, non priva di colpi di scena, come ad esempio quello del finale, che mi è piaciuto moltissimo.
C'è una scelta che hai fatto che non ho apprezzato o comunque che non ho compreso fino in fondo, sono pignola e me ne rendo conto, ma è una cosa che mi ha lasciato dei dubbi ai quali non riesco a rispondere: perché hai chiamato il pupazzo 'snow' e non neve? Il nome aveva senso appunto perché Deidara aveva imparato a scrivere soltanto quella parola e trovo che la tua scelta di tradurre il nome del pupazzo faccia un po' perdere il significato di quella parola. Sempre a proposito della trama,credo che avresti fatto meglio ad evitare il riferimento al modo che Deidara aveva di pagare chi lo ospitava. L'ho trovata una parte molto triste, in fin dei conti è un bambino e un argomento del genere non è da liquidare in poche righe, secondo me.
Hai caratterizzato bene i personaggi, anche quelli di contorno come ad esempio il cacciatore e le donne del villaggio. Anche i protagonisti hanno il giusto spessore, ma posso dire che il lavoro migliore l'hai fatto proprio con la villa, che diventa un protagonista della tua storia, contribuendo a creare quel senso di thriller che cercavi. Il narratore esterno io l'ho identificato con la villa stessa, è solo un'interpretazione, ma trovo che questo renda l'idea di quello che intendo nel dire che è esse stessa protagonista della storia, non solo luogo.
I prompt sono inseriti, la citazione invece non è riportata fedelmente.
I versi della canzone sono perfetti per la tua storia, immagino che siano stati il tuo punto di partenza, ti hanno permesso di sviluppare una storia molto originale, densa di eventi e di colpi di scena.
Il tema del sogno è parte della storia, la parte del sogno vero e proprio mette Deidara di fronte al suo passato, dando al lettore un'idea di quello che può essere stato.

IMG banner posizione IMG premio ambientazione


~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ♠

Giudizio di Watashiwa (contest World Het Pairing: The Great Songfic indetto sul forum di efp) 

Prima Classificata e vincitrice del Premio Emozioni - CARILLON- LA VILLA MISTERIOSA 
Una song-fic davvero fantastica, in ogni aspetto. Quasi perfetta, oserei dire. Una storia che tratta di uno shonen-ai pairing e di una trattazione esemplare del comportamento. Narrazione fantastica, descrizioni fine e complesse ma che esaltano un sacco e canzone per me azzeccata. Stilisticamente parlando, è bella per la sua lunghezza che riesce ad approfondire e rendere tanto, in ogni singolo aspetto. Considerazioni ottime e che lasciano il segno e lascia spazio ad un'acuta immaginazione e acuta drammaticità, complimenti, davvero. 

LA VILLA 
Impaginazione: 5/5
Narrazione: 5/5
Descrizioni: 5/5
Sensazioni: 4.7/5
Originalità: 5/5
Grammatica: 4.8/5
Considerazioni personali: 9.7/10
Stile: 9.8/10

Tot = 49/50

~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~ ~

Questa è la prima fan fiction che ho scritto per quello che doveva essere il mio primo contest (su Michael Jackson, ecco spiegato l'inserimento della canzone, Thriller), che sfortunatamente è stato annullato per mancanza di partecipanti. Fino ad ora sono rimasta con la voglia di far partecipare questa storia, su cui devo dire ho sprecato un sacco di energie, ad un contest, e questo mi ispirava davvero tanto, anche perché potevo riuscire ad adattare il racconto ai prompt, alla frase e al tema: il sogno. Ringrazio infinitamente la giudice per il suo lavoro accurato, per la sua disponibilità e per aver naturalmente organizzato questo bellissimo contest. Il giudizio, a mio parere, rispecchia perfettamente questa mia storia, nelle sue mancanze e nei suoi aspetti positivi. Perché sì, ero cosciente delle pecche di questa mia vecchia storiella, devo dire che io stessa ho storto un po' il naso rileggendola. Ora, devo dire, ho cambiato decisamente stile XD

Ringrazio ancora la giudice, Fabi, per questo giudizio esauriente e preciso, in cui riconosco pienamente questa fic, che ora posso definitivamente dichiarare compiuta.




   
 
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