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Autore: NeverThink    11/03/2010    7 recensioni
La neve cadeva lenta e si posava con dolcezza sul terreno freddo.
Ad ogni respiro dei cento bambini, che allineati attendevano un ordine, l’aria si condensava.
Faceva freddo, tanto freddo, troppo per le loro giacche di stoffa leggera ed i loro colli scoperti. Tremavano e non era solo a causa del freddo.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hard Times
Save the children

 

 

La neve cadeva lenta e si posava con dolcezza sul terreno freddo.
Ad ogni respiro dei cento bambini, che allineati attendevano un ordine, l’aria si condensava.
Faceva freddo, tanto freddo, troppo per le loro giacche di stoffa leggera ed i loro colli scoperti. Tremavano e non era solo a causa del freddo.
Avevano perso tutto. Avevano perso la spensieratezza che ti rallegra l’infanzia, che la rende unica e leggera. Avevano perso il sorriso, quel sorriso che colora il viso di ogni bambino, che rende il suo viso unico e vitale. Avevano perso ogni speranza per il futuro, ogni sogno. Avevano perso il calore della famiglia, il calore del dolce abbraccio della loro mamma. Avevano perso… la loro linfa vitale.
Gavriel strinse la mano della sorellina Rivka, che tristemente si portò una mano sulle labbra, giocando con i piccoli incisivi. Lui aveva soli dodici anni e lei sette e la vita, prima che li portassero lì, era l’avventura più meravigliosa del mondo. Avevano una casa, un letto, una coperta che li riparava dal freddo della notte. Una minestra calda ogni sera, una mamma ed un papà che gli rimboccava le coperte tutte sere, ripetendoli quando li amassero e che, qualsiasi cosa fosse accaduta, sarebbero stati per sempre al loro fianco. Ed era vero, ma loro erano troppo piccoli per capire, per comprendere cosa in quei duri anni accadeva nel paese, cosa scuoteva gli animi di genitori, zii, nonni.
La guardia diritta attendeva con il fucile in mano, ad un alto della fila. Guardava i bambini impauriti con sguardo duro. Perle salate bagnavano di tanto in tanto i loro visi. Silenziose si facevano largo sulla pelle arrossata dal gelo, sfiorandole loro labbra screpolate.
«Ho paura, Gavriel.» mormorò la piccola Rivka.
«Andrà tutto bene.» mormorò il fratellino stringendola ancor di più la piccola mano.
«Va bene. Ma ho paura lo stesso.» gemette in un soffio.
Poco distante, Yoel, un ragazzino di quattordici anni guardava i due fratelli infondersi coraggio, contare l’uno sull’altro. Lui non aveva fratelli, né sorelle. Aveva una mamma. L’ultimo ricordo che conservava di lei, era il suo viso freddo, attonito, sulle tavole di legno del lercio pavimento di quel malandato  treno che li condusse fino a lì.
Yoel non aveva più nessuno al mondo. Era solo.
Digrignò i denti, odiando con tutto se stesso quel soldato che lo trascinò via dalla salma della mamma che tanto amava, odiando con tutto se stesso ciò che quei soldati lo costringevano tutti i giorni a fare, in attesa di quel treno. Ma lui l’aveva capito, sua madre glielo aveva spiegato e ne aveva avuto la conferma. Nessuno treno portava in un posto migliore, nessun treno portava nel paese della fate e dei balocchi.
Un uomo, August si chiamava, voltò l’angolo della struttura in mattoni grigi, seguito da altri uomini in uniforme. I fucili sottobraccio. August era forse uno degli uomini più meschini, crudeli, sadici che vi fossero sulla terra. Forse alla stessa schiera del fuhrer, che dall’alto dava ordini.
Gli uomini marciarono verso la fila di bambini impauriti, infreddoliti, ammalati. Dal suo sguardo trapelava odio, nient’altro. Il cuore era come se avesse cessato di battere, come se il freddo lo avesse definitivamente tramutato in un duro pezzo di ghiaccio, impossibile da sciogliere.
Nessun bambini fiatava. Si potevano solo udire i veloci respiri.
«Ciao, bambini.» ghignò posizionandosi di fronte a loro.
Nessuno rispose. Yoel strinse i pugni, mentre Rivka strinse la mano di Graviel.
«Sono qui perché ho una sorpresa!» esclamò.
Ancora, nessuno rispose.
«Chi vuol vedere la sua mamma, faccia un passo in avanti.» disse con perfidia nella voce, ben sapendo quanta falsità vi fosse nelle sue parole.
All’istante, senza pensarci, i due fratelli fecero un passo in avanti, sorridendo, felici dell’occasione che gli era stata appena concessa. Altri bambini fecero un passo in avanti.
«Non fatelo!» sibilò Yoel ai bambini che gli erano accanto.
«Perché?»
«E’ una trappola.» disse e il suo sguardo convinse i bambini a star fermi ai loro posti.
«Ma che bravi!» esclamò ghignando August.
Gavriel e Rivka, assieme ad altri bambini, furono portati via. I loro piedini affondavano nella fredda neve, ma i loro corpi non tremavano più, poiché avrebbero visto la loro mamma.
Una lacrima di dolore spillò dagli occhi dei Yoel, mentre gli osservava andare via. La sua vita non sarebbe mai più stata la stessa.

Yoel non li rivide mai più.

Gavril e Rivka, in verità, non videro mai la loro mamma, se non nell’aldilà.


*

Probabilmente a molti non piacerà, ma magari piacerà ad altri. Io mi sentivo di scriverla e di postarla.
Grazie, comunque, a chi la leggerà.
Ispirato alla realtà e a vicende narrate.

A voi,
Panda.

   
 
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