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Autore: Ulissae    11/03/2010    20 recensioni
Fanfiction partecipante al concorso "Nemici amici" indetto da Sammy Cullen
[one shot Aro Caius]
«Ti eri buttato legato in acqua, pur di scappare dal carro» gli ricordò Caius, fissandolo negli occhi.
«Pur di scappare dalla schiavitù, preciserei»
«Non sapevi nuotare»
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ideale utopistico'
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Sproloqui amorosi e avvertimenti minacciosi: la storia che qui sta per seguire è una shone-ai, cioè riporta lievi accenni ad una coppia omosessuale di uomini. Se la cosa disturba qualcuno, questo qualcuno è pregato di chiudere la pagina usufruendo della in alto. Grazie.
Per chi continuerà la lettura, fornisco alcune note storiche e riguardanti la storia;)

-Ho immaginato che Aro e Caius si aggirassero per la Londra degli ultimi anni del 1800.
-Quando Caius definisce Aro plautino è un chiaro riferimento al commediografo Latino Plauto, che scrisse la maggior parte delle sue commedie utilizzando come protagonisti principali servi, abili nel raggiro.
-Il Tower Bridge fu finito di costruire nel 1894, per questo i lavori erano ancora in corso.
-I riferimenti alla lana e alla guerra tra Inghilterra e Francia sono collegati alla guerra dei Cent'anni, che ebbe, come uno dei casus belli, proprio la contesta delle Fiandre, regione Francese rifornita da lana inglese.
-Il cognome Cardini è una pura invenzione, ma viene dal cognomen latino Cardus. (Dubito fortemente che Aro vada in giro facendosi chiamare Aro Volturi)-
-Vedo Caius estremamente legato alla patria, e molto, ma molto avverso all'inglese.
-La psicologia è una scienza che prese piede tra il 1800-1900.
Detto ciò, se ci siete ancora, buona lettura.

Maculae



Ancora si chiedeva come mai fosse lì. Perché si fosse lasciato trascinare fin oltre la Manica, da quel folle spensierato.
Lo guardava torvo, nell'ondeggiare della carrozza nera.
Questo stava attaccato con il viso al finestrino della cabina, carpendo tutte le immagini che la Londra degli ultimi anni del secolo decimonono poteva offrirgli.
Teneva la tuba sulle gambe, tamburellando con le dita sul fondo.
«Mi spieghi come mai siamo qui, Aro?» domandò, irritato.
Questi non gli rispose, sorrise guardando una ragazza che comprava il pane da un banchetto, praticamente immerso nel fango.
I profumi della bakery di lusso più lontana gli giungevano al naso, snodandosi tra le strade cupe e grige.
«Aro!» lo richiamò, strattonandogli il cappotto con un gesto secco ed irato.
L'uomo si voltò e gli sorrise.
Gli piaceva la situazione. Lui e Caius lontani da Volterra, da soli.
Che squisita occasione: poteva asfissiarlo in qualsivoglia modo e in qualsivoglia momento. In totale, completa libertà.
«Lo sai, fratello: Mr. Coppford è il migliore sarto del mondo e quella inglese la migliore lana» ridacchiò, mentre apriva lo sportello e scendeva. «Hanno combattuto una guerra di quasi cento anni per essa!» scherzò.
Caius sbuffò e lo seguì.
«Veramente lo hanno fatto per altro» borbottò.
Lui lo sapeva bene; aveva manovrato con abilità ogni truppa, dalla sicurezza della sua dimora. E sapeva che non era certo perché le Fiandre utilizzavano lana anglosassone che i Francesi avevano deciso di attaccarli.
Si mise il cappello in testa e cercò di evitare il più possibile il terriccio umido, che andava ad infangare le magnifiche scarpe di cuoio lavorate.
«Barbari...» borbottò tra di sé.
La risata cristallina del più giovane risuonò sopra le urla dei venditori di verdura, troppo, troppo marcia.
«Ci sono magnifici artisti, tra questi barbari. Menti geniali...» giocò ilare con il bastone da passeggio, facendolo battere al tempo di un vecchio motivetto Mozartiano.
L'altro roteò gli occhi, mentre udiva lo scampanellio della porta del sarto quando si aprì.
 «Goodmorning, Mr. Coppford!» trillò allegro il moro, andando verso l'uomo anziano con un braccio teso. Questo gli prese la mano, foderata da magnifici guanti di pelle nera, e la strinse con allegria.
«Buongiorno a lei, Signor Cardini» chinò leggermente la testa e aprì le braccia, invitandolo ad accomodarsi nel retro bottega, dove erano i camerini.
Caius sospirò, addentrandosi in quella sala di legno scuro, piena di ripiani, scavati nel muro, sui quali erano poggiate stoffe preziose, intarsiate d'oro.
In un piccolo cassettino di quercia stavano riposti dei bottoni d'ebano e avorio, preziosi come perle.
Si sedette su una poltroncina rosa dal tempo e osservò il compagno togliersi il cappotto e lanciarglielo quasi addosso. Con passi decisi giunse fino ad un piccolo sgabello e ci salì sopra, erigendosi in tutta la sua eterna giovane bellezza.
A braccia spalancate, come ad accogliere tutta la raffinatezza che da un momento all'altro l'avrebbe assorbito e poi risputato fuori: ancora più bello e affascinante.
Rassegnato, Caius, chiuse gli occhi, pronto a sopportare le ore seguenti, fatte di inutili chiacchiericci in una lingua che lui non poteva sopportare.

Usciti dalla bottega di Mr. Coppford, i due, sembravano i personaggi di qualche strano libro. Ricchi imprenditori che venivano a visitare i bassifondi della capitale del Regno Britannico.
 A cenare, per la precisione.
Nonostante la pelle marmorea di Caius, questi provava un prurito alle gambe, provocato da quella che, come diceva il suo amico, doveva essere la migliore lana del mondo.
«La tua è una questione psicologica, Caius» lo prese in giro Aro.
Psicologia,  l'ultima trovata degli uomini!
Si grattava, nel modo più indiscreto possibile, mentre con gli occhi rapaci cercava una preda degna della sua persona.
Avvistò un lavoratore: il cappello lercio, così come la tuta da lavoro.
Teneva tra le due dita una sigaretta mal fatta: un po' di tabacco, infilato dentro un piccolo pezzo di giornale.
Aro notò lo sguardo che Caius gli rivolse; affamato e voglioso. Prima che potesse accorgersene era già sparito; come un soffio di vento fluttuò fino all'uomo.
Era affascinante vederlo: un leone nella savana, che si appostava tra la steppa e, silenzioso, diventava grazia, leggerezza. Lasciava quel manto di pesantezza e di cupo terrore, che sempre lo vestiva e si bardava con una nuova tunica.
Sembrava innocente.
Dal modo di muoversi, dal sorriso -entusiasta e vivace- traspariva un nuovo essere. Elevato, rispetto a tutto il resto.
Affondò i denti nel collo dell'operaio, che morì rapidamente, con ancora il fumo tra le labbra, spalancate ad urlare la morte.
Lasciò cadere il corpo e di colpo il vecchio manto si impadronì di nuovo di lui: i lineamenti ritornarono contriti, le labbra tese in un'espressione di disappunto, gli occhi assunsero un colore vermiglio e l'antico gelo.
«Dovresti cacciare sempre» disse sorridente Aro. «Sembri giovane» scherzò, avvicinandosi a lui e spostandogli il colletto, che era finito per allentarsi. Gli sistemò la cravatta e si scostò, guardandolo soddisfatto.
L'altro rimase stupito, strinse le labbra e con un gesto brusco lo superò, dandogli una spallata.
«Muoviamoci» borbottò, imbarazzato.
Aro rise, e lo segui, punzecchiandogli la schiena con il bastone.
«Cosa fai?!» sbottò Caius, voltandosi di scatto e ritrovandosi l'asta di legno puntata in mezzo agli occhi.
«Abbassalo» lo minacciò.
«Dillo» lo ammonì l'altro, facendo ondeggiare un po' il bastone.
«Cosa?» sibilò, voltandosi di nuovo.
«Cosa devi dirmi?» cinguettò allegro, mentre fece scendere con forza il ramo lavorato sulla sua spalla.
Ci fu silenzio. Gli occhi vispi e scuri di Aro scrutarono quelli rossi e tetri di Caius.
Ci fu silenzio, eppure ci furono tantissime parole.
«Grazie» mugugnò, voltandosi e sparendo veloce, tra i vicoli; mentre, dietro di lui, la risata di un bambino lo seguiva.

Arrivarono al Tower Bridge dopo poco tempo, lo fissarono dai magazzini abbandonati, saliti fin sopra agli ultimi piani, dove l'unico rumore concesso era quello delle piccole zampette dei topi, che andavano ad affondare tra lo strato di polvere che si era venuto a formare.
Scrutarono la Londra dormiente senza parlare; distanti, estremamente distanti.
«La prima volta che ci incontrammo c'era un ponte» sorrise Aro, non spostando lo sguardo dal fiume.
«Tu stavi affogando, è diverso» rispose acido Caius, voltandosi secco e fulminandolo. Quello rimase fermo e sorrise, tra sé.
«Tu mi hai salvato, è diverso» sogghignò il moro, sempre scrutando verso il ponte.
Lentamente girò la testa, fino a scrutarlo e poterlo studiare completamente.
In quel momento si fissarono, il sospiro del secondo si perse nel silenzio.
«Ed è una cosa che ancora non capisco» sorrise, ma in quel sorriso non c'era ironia, né cinico sarcasmo, né falsa allegria; solo un po' di rassegnazione e troppa malinconia.
«Avevi tutto ciò che cercavamo» tagliò corto l'altro, burbero.
«Nh?» alzò un sopracciglio e si avvicinò un poco, sempre con il fedele bastone da passeggio, che faceva ticchettare ogni volta che faceva un passo, battendolo sul pavimento di legno.
«Ti eri buttato legato in acqua, pur di scappare dal carro» gli ricordò Caius, fissandolo negli occhi.
«Pur di scappare dalla schiavitù, preciserei»
«Non sapevi nuotare»
Non erano mai in sincronia, loro due. Sfasati. Completamente diversi. Eppure, in quel momento, ci fu un tempismo di straordinaria rarità.
Risero, entrambi e lo fecero insieme.
Quando l'ilarità passò si guardarono, come se le luci soffuse di Londra li nascondessero, come se quel vecchio magazzino fosse invisibile, come se tutto fosse completamente estraniato dal resto.
«Hai fatto tutto apposta, vero?» sospirò, chiudendo gli occhi e sedendosi a terra.
Alcune volte la tenacia lo abbandonava, quell'armatura pesava troppo ed era costretto a toglierla.
 «Sei così dannatamente... plautino!» esclamò, ma l'irritazione nella sua voce era differente dal solito, smussata.
Deliziato, l'altro lo raggiunse, sedendosi a fianco.
«Lo prendo come un complimento?»
Caius non rispose, giocò con le proprie mani, guantate elegantemente, e chiuse gli occhi.
«Hai fatto tutto apposta» confermò  a se stesso, come ammettendo la marachella di un bambino, ma accettandola silenziosamente.
«Non potrai definirmi egoista»
Le labbra gelide di Aro lo raggiunsero, sfiorandogli la guancia. Era morbido al tocco, delicato, gentile.
Come la pelle di un serpente, si ritrovò a pensare. Piacevole al tatto.
«Dovresti essere più gentile» ridacchiò, staccandosi, ma rimanendo abbastanza vicino che il fiato freddo si insinuava nel colletto del più anziano.
Nessuno dei due sapeva il perché.
Era come se entrambi avessero una falla al loro interno, un'enorme voragine che risucchiava tutto ciò che la vita offriva loro: assorbiva, avida, non lasciava niente.
Ed erano quei momenti, quelle occasioni secolari a risanare il tutto; diventavano sottili pezzi di stoffa che andavano a riparare al danno dell'anima, trattenendo, per poco, tutte le sensazioni. Senza lasciarle andare via.
Viverle.

La mattina dopo, il cielo plumbeo del Regno Unito diede loro il buongiorno. Nella vecchia casa nei pressi di Piccadilly Circus si ritrovarono in stanze separate, ognuno a scrutarsi la schiena, alla ricerca di qualche strano e compromettente segno.
Uscirono senza dirsi nulla, per le strade la città iniziava a risvegliarsi.
Passeggiando spensieratamente, Aro stava poco più avanti.
Guardava in alto, verso le nuvole grige, cupe e minacciose. Spensierato.
Dietro, quasi chino tra le sue preoccupazioni, Caius; parsimonioso di emozioni, non lasciava che nulla trapelasse.
«Guarda in alto, Caius!» l'esortò, fermandosi davanti al cancello di una ricca casa. Dal basso crescevano delle piante: cespugli ben potati, un praticello piccolo, ma ben curato. E dei fiori.
Aro allungò la mano e ne colse uno: rosso, sgargiante. Lo accarezzò ed infilò il naso al suo interno, inspirando a fondo.
Ascoltò i passi dell'altro arrivare e fermarsi accanto a lui.
Si avvicinò, senza dire nulla e accarezzò la giacca, appena sotto il collo.
«Sei macchiato» gli fece notare.
Caius abbassò lo sguardo, facendo una smorfia fanciullesca; storse il naso e passò un dito, dopo averlo inumidito in bocca, sulla goccia di sangue, rimasuglio della notte, che era andata ad intaccare il completo color gesso.
«Non importa» tagliò corto, facendo per proseguire. Sarebbero partiti a momenti; la nave, al porto, li attendeva.
Superata la Manica sarebbero di nuovo ridiscesi nella solare Italia, ai loro cari e antichi posti.
Ridimensionati nella tradizione millenaria.
Aro lo trattenne, per un braccio, e con mossa lesta infilò nell'occhiello della giacca il fiore.
Con le mani esperte lo sistemò in modo tale che nessuno potesse vedere nulla.
«Nascosto» rise, staccandosi e riprendendo a camminare.
Nascosto. Perfettamente.
Coperta da una bellezza effimera, la morte era stata nascosta.
Il ricordo di una notte era altrettanto facile da mascherare: un sorriso, un bacio alle mogli, una litigata.
Eppure, quelle, sono macchie che non se ne andranno mai.
E forse è meglio così.


Angolo autrice:
La storia ha partecipato al concorso Nemici amici indetto da Sammy Cullen, ma non avendo abbastanza partecipanti si è deciso di non stillare una classifica.
La storia mi piace :) per chiunque se lo chieda Aro deve essere immaginato come Ben Barnes in Dorian Gray e Caius... bhè Caius nel mio cervello è un uomo barbuto e molto simile a Caronte XD
Detto questo non credo di dover aggiungere altro. Sono la mia coppia -anche se crack- preferita del fandom e spero che qualcuno li apprezzi come me.
Rilascio qui di seguito i giudizi ed il banner -che adoro, poiché sono stati usati Louis e Lestat di Intervista con il vampiro (ringraziate la Rice per aver vietato le ff sui suoi lavori, altrimenti ne sareste stati invasi!)-

Grammatica e sintassi: 10/10 
Stile: 8.5/10 
Originalità: 16.5/20 
Gradimento personale: 20/20 
Per un totale di: 55/60 

 Sulla grammatica e sulla sintassi non c'è niente di cui discutere, mi è risultato che tutto fosse apposto e non ci fosse bisogno di correzioni (in più, nessun errore di distrazione, se ho controllato bene), quindi è del tutto inutile stare a soffermarmi su questo. 

Lo stile -ah, lo stile!-, è terribilmente curato e, se mi permetti l'aggettivo, elegante. Ho apprezzato molto una delle frasi finali: "coperta da una bellezza effimera, la morte era stata nascosta". Per il resto, posso aggiungere che non ce n'è neanche una priva di senso e che i dialoghi non risultano troppo abbondanti e non rallentano la narrazione. 

Ti ho dato un punteggio molto vicino a quello dell'altra concorrente per quanto riguarda invece l'originalità. Avevo chiesto una storia che si basasse su tutti e tre i Volturi, mentre tu non hai minimamente preso in considerazione Marcus, ma ho riflettuto sul fatto che essendo questa one-shot una yaohi, la presenza del terzo vampiro avrebbe stonato col resto e, in più, Aro e Caius sono sicuramente una coppia molto più intrigante. 
Altro punto a tuo favore è stata l'ambientazione (ritengo che Londra rimanga sempre un luogo pieno di fascino per racconti del genere^^: "I profumi della bakery di lusso più lontana gli giungevano al naso, snodandosi tra le strade cupe e grige") così come il periodo storico in cui hai sviluppato gli eventi. 


Punteggio pieno anche al gradimento personale. Qui ci sarebbe davvero molto da dire, partendo dall'ottima caratterizzazione di Aro (Gli piaceva la situazione. Lui e Caius lontani da Volterra, da soli. Che squisita occasione: poteva asfissiarlo in qualsivoglia modo e in qualsivoglia momento. In totale, completa libertà), così vivace e simile ad un bambino a cui piace fare dispetti, libero di godersi la compagnia del suo burbero "collega", senza doversi preoccupare di processi, spedizioni contro chissà quale clan di ribelli o perfino della propria moglie; poi c'è lui, Caius, il secondo protagonista, anch'egli descritto in modo chiaro, ma con una nuova definizione, un diverso modo di rappresentarlo (Lasciava quel manto di pesantezza e di cupo terrore, che sempre lo vestiva e si bardava con una nuova tunica. Sembrava innocente), per tornare subito dopo ad essere come tutti noi lo conosciamo grazie alle sporadiche descrizioni della Meyer(il vecchio manto si impadronì di nuovo di lui: i lineamenti ritornarono contriti, le labbra tese in un'espressione di disappunto, gli occhi assunsero un colore vermiglio), mostrando un lato di sè quasi infantile in altri punti. 

Insomma, questa storia contiene tutto ciò che serve per avere una buona chiave di lettura e rispetta, a modo suo, quel che avevo chiesto^^ (Risero, entrambi e lo fecero insieme). 

   
 
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