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Autore: Vegetina ssj 94    14/03/2010    1 recensioni
Questo è un Edward Pov della parte in cui il professor banner propina la lezione con video a quei poveri studenti. La fan fiction chiarisce(dal mio punto di vista) i pensieri di Edward e il na nascita delle mille domande che ha posto a Bella.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lezione con video


Edward Pov



Entrammo insieme, lei mi guardava, come tutti. Le menti degli umani, stupidi quanto pettegoli, di questa cittadina erano concentrate su di noi.

Lasciai sedere prima lei, sia per cavalleria, sia per evitare eventuali danni provocati da qualche improvvisa caduta. Non cadde.

Quando mi sedetti vicino a lei lessi nei suoi occhi un certo stupore. Probabilmente pensava che sarei stato ancora sul bordo della sedia a sbriciolare banchi con una mano, mentre tentavo di distrarmi dal suo maledetto e buonissimo profumo.

Sentivo la mente del Professor Banner: lezione con video. E di lì a poco sentii anche il cigolio delle ruote del trespolo che reggeva il televisore, lo scalpitio della suola bagnata della sua scarpa sul pavimento lucido e liscio.

Bella sembrava assorta nei suoi pensieri, mi guardava e di tanto in tanto abbassava lo sguardo verso il mio braccio, era a pochi centimetri dal suo, e io avrei voluto annullare quei centimetri.

Il professore era entrato e stava parlando alla classe, non gli prestai attenzione; avevo lo guardo fisso su Bella, sulle sue vene, sui suoi lineamenti, sui suoi capelli. Avevano un'incredibile varietà di sfumature che andavano dal marrone al rosso cupo. Le luci erano state spente, ma la mia vista da vampiro mi permetteva di vedere bene anche al buio. Vedevo le sue vene pulsare, sentivo il suo cuore battere frenetico, percepivo il sangue defluire verso le guance, renderle purpuree. Il cacciatore esultava.

Gli umani non vedevano al buio, avrei voluto sfruttare l'occasione per toccarla. Per sentire il calore del suo corpo sotto le mie dita. Era una cosa che desideravo fare anche in auto, dopo averla salvata da quel branco di animali. Ripensare a loro mi accese un moto di rabbia, che mi imposi di ignorare.

Il desiderio di avvicinarmi, annullare i centimetri che ci separavano, divenuti metri per entrambi era forte. Non potevo leggerle nel pensiero, ma sapevo che anche per lei era lo stesso. Mi spiava da sotto le lunghe ciglia, senza un filo di trucco, accennava sorrisi, e quando contraccambiavo il suo cuore saltava un battito.

Senza quasi accorgermene incrociai le braccia sul banco, serrando i pugni e contraendoli fino a provocarmi dolore.

Lei, dopo poco, fece lo stesso.

Il video sarebbe durato ancora tre quarti d'ora, tre quarti d'ora d'inferno.

Non volevo seguire, l'argomento non mi interessava, per la precisione non sapevo neanche qual'era, né desideravo saperlo.

Continuai a spiarla, attraverso la mente di Newton, girandomi di tanto in tanto, oppure guardandola di sottecchi. E ogni volta scoprivo un particolare nuovo: una nuova vena, una ciocca di capelli ribelle, una piccola cicatrice sulla mano, la curiosità mi prese in un attimo: volevo sapere come se l'era procurata.

Mi chiedevo il suo fiore preferito, immaginavo la sua infanzia, la sua stanza nella casa della madre, i suoi giochi preferiti, mi ritrovai ad elencare i pro e i contro di ciascuna pietra preziosa, sperando di trovare quella che più rispecchia il suo carattere, quella che le sarebbe piaciuta di più. Studiai con attenzione e meticolosità i libri, i cui titoli ho letto nella sua stanza, volendo stendere una classifica di quelli che avrebbe potuto preferire.

Le luci della stanza si accesero, i miei occhi si abituarono istantaneamente al cambiamento di luce, non fu così per quelli di Bella; vedi la sua pupilla dilatarsi e piano avvertii la sua messa a fuoco.

Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, si stiracchiò e mosse le dita con iniziale difficoltà, fino a scioglierle del tutto.

«Be' interessante», la stavo prendendo in giro, ma lei non se ne accorse. In effetti il mio tono aveva poco dello scherzoso, era cupo, provato dallo sforzo appena compiuto.

«Mmm» Non disse altro. Il suo sguardo mi disse che non aveva seguito molto, e il ricordo delle reazioni del suo corpo durante lo scorrimento del nastro me ne diede la conferma.

Il resto degli studenti si stavano apprestando a raggiungere l'aula successiva, prendendo le proprie cose e avviandosi verso la porta.

«Andiamo?» Alla mia domanda rispose il suo grugnito appena accennato, la mente di Newton me ne chiarì la causa: palestra.

Lei e Newton erano insieme, e il suo grugnito mi fu chiaro quando vidi dalla mente dell'umano che lei era un pericolo con in mano qualsiasi strumento usato in quell'ambito, palla, cerchio, racchetta che fosse.

La accompagnai, in silenzio, ero ancora tentato di toccarla, quanto di riempirla di domande. Avevo paura di avvicinarmi, paura di sentirmi bene con quel gesto, o di farla scappare quando avrebbe notato come la mie pelle fosse diversa, forse anche paura che non avrebbe accettato il mio gesto.

Desideravo prolungare quel momento, all'infinito, tenerla con me per l'eternità.

Eravamo ormai sulla porta della sala, alzai una mano, la tenni a mezz'aria per qualche frazione di secondo. Non dovevo, era sbagliato! La toccai, una flebile carezza sul suo viso, lenta, dolce, piacevole. Bella era calda, sentivo il suo sangue scorrere. Tolsi velocemente la mano e me andai frettolosamente, pentito del mio gesto.

Appena fui fuori dalla sua vista guardai la mia mano, le dita che l'avevano toccata, le sentivo bruciare, sentivo ancora la sensazione della sua pelle sotto la mia. Era bellissimo. Avevo la lezione di spagnolo, ma non volli andarci, uscii e mi sedetti su una panchina in ascolto dei pensieri di tutti quelli che erano in palestra, cercando la mia piccolina.

  
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