Il cielo abolito
Il telescopio si volgeva alto fissando il cielo, ma senza occhi che osservassero il cosmo smembrato dei suoi segreti dalle lenti chiare.
A terra, tra pesanti mantelli e coltri di coperte lui ti puniva, mentiva nel rinnegarti e le sue lacrime sulla tua schiena bruciavano più del suo corpo conficcato nel tuo.
Piangeva Sagredo, dagli occhi neri e suadenti, singhiozzava Sagredo come un bambino, ridicolo e così meschino e ti ficcava le unghie nella carne e ti pregava e ti urlava Sagredo di ridargli il cielo che gli avevi strappato una nuvola per volta, una scheggia cristallina dopo l’altra.
Ti amava Sagredo e ti donava la sua anima, nonostante sapesse che l’avresti fatto a pezzi, sì, a pezzi, proprio come il cielo ed il suo azzurro.
Ti hanno abolito il cielo.
10 Gennaio 1610,
te l’hanno strappato:
nuvola per nuvola,
una scheggia alla volta.
Uno spasmo atroce, lo stomaco che si contrae fino a lasciarti senza fiato.
Odore di carne bruciata nelle narici: le tue ridicole lacrime, Sagredo, uomo ancor prima che scienziato, non serviranno a nulla.
Il tuo, il suo, lo stesso sangue di
Ifigenia: ognuno consacrato su di un diverso altare, muta solo il colore del
marmo, il nome della puttana cui vi prostituite: la sua si chiama Scienza, la tua, piccolo miserabile
Sagredo dagli occhi gonfi di pianto, si chiama Amore.
Note: Allora...
Giovanni Francesco Sagredo fu, cavaliere
e procuratore di S.Marco, Ambasciatore della Veneta
Repubblica presso le principali Corti d’Europa, Podestà di Padova
con estesa giurisdizione anche sul territorio circostante, ma anche un
eccellente studioso di matematica e filosofia ed amico
fraterno di Galileo Galilei, una delle prime persone cui il grande scienziato volle
mostrare le proprie scoperte in ambito fisico e astronomico.
E’ per l’appunto qui che
sorse il problema: quanto Galilei aveva visto con il suo cannocchiale andava a
distruggere del tutto la dottrina aristotelica contro la quale numerosi
scienziati prima di lui, se pur con ben meno prove a loro favore si erano
scagliati. Tra coloro che si opposero al principio d’autorità dell’aristotelismo,
che filosofi del calibro di Sant’Agostino avevano perfettamente, o quasi,
adattato al pensiero cristiano e alla sua visione fisica del mondo, c’era stato circa dieci anni prima di Galileo, Giordano Bruno
che fu fatto mettere al rogo dal Papa allora in comando allo Stato della
Chiesa.
Tutto questo per dire che questa cosa nasce dalla lettura dell’opera teatrale “Vita di Galileo” (che vi consiglio di leggere, perché interessante e tutt’altro che noioso) di Bertolt Brecht nella quale Sagredo, temendo che l’amico Galileo finisca con il far la stessa fine, dice:
“sagredo:
Galileo, ti vedo camminare su una terribile strada. È
una notte di sventura, quella in cui l'uomo vede la verità; è
un'ora di accecamento, quella in cui crede il genere umano capace di ragionare.
Di chi si dice che procede a occhi sbarrati? Di chi corre alla sua rovina! Credi
che i potenti lascerebbero mai andar libero uno che conosce la verità,
fosse pure in merito a stelle infinitamente lontane? Pensi che il Papa
senta la tua verità, quando tu affermi che lui sbaglia, e non senta che
è lui che sbaglia? Ti aspetti di vederlo scrivere tranquillamente
nel suo diario: «Oggi, 10 gennaio
1610, abolito il cielo »? Come puoi pensare
ad andartene dalla Repubblica, con in tasca la
tua verità, con in mano il tuo occhiale, verso le trappole dei
principi e dei frati? Finché si tratta della tua scienza, sei pieno di dubbi, ma basta che qualcosa ti sembri tale da agevolartene
la pratica, diventi credulo come un bambino. Ad Aristotele non credi, al
Granduca di Firenze sì! Poco fa, mentre al telescopio stavi a guardare le nuove stelle, mi è parso di vederti
ritto sulle legna in fiamme; e quando hai detto che credevi all'efficacia delle
prove, ho sentito puzzo di carne
bruciata. Io amo la scienza, ma
più ancora amo te, amico mio. Non andare a Firenze, Galileo!”
Io ovviamente con il mio cervelletto bacato ci ho rimuginato sopra e quasi di getto è uscita quella cosa che c’è sopra...
Il signor Brecht è morto ormai, ma spero comunque che non se ne abbia a male, come spero di non aver confuso o tralasciato qualcosa in queste mie note.
ISI.