Chapter 4: Discovering
«Ho
aspettato fin
troppo! Rivoglio i miei soldi!»
«Cerca
di calmarti,
Frank, non vorrai fare una scenata».
«Non
mi interessa,
Rose! E’ da un mese che quel ragazzo mi deve trenta
denari!»
«Frank,
non
costringermi a minacciarti. Harry pagherà tutto e adesso
sparisci che dobbiamo
lavorare» Rose allungò un dito verso la porta,
guardando eloquente il signor
Wilbey. Quello scosse il capo esasperato e sibilò
«Non è finita qui, Rose. Non
puoi difenderlo per sempre».
«E’
uno dei miei
ragazzi. Lo difenderei fino alla morte».
Frank
se ne andò,
scontento.
«Ti
ringrazio,
Rose, ma non avresti dovuto esporti in quel modo. Non voglio causarti
più guai
di quelli che ho già portato».
«Non
dire
stupidaggini, Harry, e ora fila a lavorare, come pretendi di
guadagnare,
altrimenti?».
Se
ne andò,
burbera, borbottando di compiti da portare a termine e di giovani
scansafatiche.
«Rose
è molto
buona» commentò dolcemente Elisha, mentre tornava
in sala con Cassandra «Cerca
sempre di aiutarci, anche se lei stessa potrebbe rimetterci. Sono
davvero
felice di averla conosciuta».
Cassandra
si limitò
ad annuire, pensierosa. Era vero, Rose era sempre gentile e generosa
con tutti,
anche se per questo lei stessa finiva nei guai.
Prima
con lei.
L’aveva accolta da bambina, senza sapere nulla sul suo
passato e dopo averla
scoperta a rubare nel magazzino.
Poi
era arrivato
Harry, in cerca disperatamente di un impiego. Era già
indebitato, all’epoca, ma
Rose gli aveva dato un lavoro, nonostante molti cercassero di
dissuaderla. Si diceva
che fosse un lavativo, un delinquente. Ma si fidò di lui.
Aveva un ottimo
intuito Rose, sapeva riconoscere all’istante le brave
persone. Ed Harry era una
di quelle.
Non
faceva mai una
piega alle continue fughe di Cassandra, come non si arrabbiava degli
infiniti
debiti del ragazzo. Si limitava ad aiutarli e pregare che un
po’ di buonsenso
si sarebbe mostrato anche in loro.
«Signorina
Cassandra, che deliziosa sorpresa! Ero giusto intenzionato a chiedervi
se anche
stasera vi sareste occupata di noi».
La
ragazza sorrise,
avvicinandosi al tavolo tre.
«Certo,
signor
Henry. Cosa volete che vi porti?»
Il
biondo ci pensò
per qualche istante, poi decise «Mi piacerebbe provare la
bistecca di manzo».
«Con
della birra?»
«Sarebbe
perfetto»
spostò gli occhi sul ragazzo che si trovava di fronte, in
attesa.
«Anche
per me»
mormorò lui, con il solito tono di voce distaccato, che
ormai aveva imparato a
riconoscere.
«Torno
subito»
annuì, dirigendosi velocemente verso la cucina.
La
fiera era quasi
conclusa e il numero di clienti era sceso. Potevano addirittura
prendersi un
attimo di respiro tra una portata e l’altra.
Henry
capitava che
le si avvicinasse per fare una chiacchierata, dopo l’orario
di cena. Era
piacevole parlare con uno straniero, poteva portare delle notizie
interessanti.
Aveva
saputo che a
Maitland, oltre il mare, c’erano problemi per la successione
al trono. Nella
vicina Elwood i campi rendevano meno del previsto e
l’inflazione aumentava.
A
Brigham il re
pretendeva di emanare un editto per cui tutte le fanciulle del regno
avrebbero
dovuto essere a sua completa disposizione.
Notizie
che non
sarebbero mai arrivate a Glenville, se non dopo diversi mesi. E allora
non
sarebbero più state delle novità.
Era
piacevole
parlare con Henry. Sapeva come catturare l’attenzione del suo
interlocutore.
Il
suo compagno di
viaggio, invece, era il suo esatto opposto. Non parlava con nessuno e
stava
sempre per fatti suoi. Nemmeno Harry e la sua parlantina erano riusciti
a
strappargli qualche mugugno in più. Compariva solo agli
orari dei pasti e poi
spariva di nuovo. Non era piacevole trovarselo davanti
all’improvviso, con i
suoi vestiti scuri e lo sguardo freddo. Ma i suoi occhi blu
incantavano. Più di
una volta Cassandra aveva desiderato poterli guardare senza venirne
gelata. Ma
non osava farlo.
«Ecco.
Se avete
bisogno ancora di qualcosa chiamatemi pure» poggiò
i piatti e i boccali di
birra sul tavolo, sorridendo.
«Grazie
mille.
Posso chiedervi una cosa?»
Cassandra
annuì,
confusa. Gli occhi azzurri di Henry si posarono sulla catenella che
aveva al
collo.
«Non
ho potuto fare
a meno di notare che indossate una collana. Come mai la tenete
nascosta?»
Un
brivido le
percorse la spina dorsale. Non sapeva nemmeno lei il perché,
ma la inquietava
il fatto che in molti sembrassero interessati al suo ciondolo. A
partire
dall’essere di qualche pomeriggio prima.
«E’
più comodo
così. Non mi impiccia» rispose cauta, mantenendo
un tono cortese.
«Capisco.
Ma sarei
piuttosto curioso di vederla, adesso. Posso?» nonostante
l’aria leggera, capì
che non avrebbe accettato un no come risposta.
«Certo»
tirò fuori
dalla veste il ciondolo, sentendo gli sguardi dei due puntati addosso,
e glielo
mostrò.
Gli
occhi di Henry
si illuminarono «Molto bello davvero. Dove l’avete
preso?»
«Era
di mia madre.
Ce l’ho da quattordici anni».
Il
biondo sembrò
stupito «Scusate l’ardire, signorina Cassandra, ma
posso chiedervi la vostra
età?»
Lei
aggrottò la
fronte, riponendo al sicuro la collana «Ho diciannove
anni».
«Diciannove?
Chi
l’avrebbe mai detto! Giusto due in meno di Thomas!»
Thomas?
Fu
solo quando il
ragazzo dagli occhi blu fulminò l’uomo che
capì. Era lui Thomas.
Thomas.
«Come siete
giovani! Mi ricordo che alla vostra età ero solito fare
stragi di cuori. Invece
la vostra mente mi sembra sempre occupata da altro» Henry si
lasciò andare ai
ricordi, sotto lo sguardo infastidito dell’amico e quello
imbarazzato di
Cassandra.
«L’amore è la più
potente delle magie, ricordatevelo Cassandra» le
sussurrò, un sorriso
affettuoso sul volto.
Lei annuì, confusa,
e li lasciò mangiare in tutta tranquillità.
Sistemò le sedie,
mentre gli ultimi clienti discutevano al bancone del bar. Era quasi
orario di
chiusura e in molti si erano ormai ritirati nelle loro camere.
«Cassandra?»
Si girò, trovandosi
di fronte il viso sorridente di Henry.
«Signor Henry,
siete ancora in piedi?»
«Volevo salutarvi.
Domani mattina ripartiamo e temevo che non ci saremmo visti».
«Oh, partite già?»
chiese con una punta di delusione. Si era divertita con
l’uomo, le dispiaceva
molto vederlo andare via.
«Esatto. Dobbiamo
proprio tornare a casa. Ma sarei lieto di incontrarvi ancora, se mai
veniste a
Maitland».
«Sarebbe un
piacere» gli sorrise.
«Vi ringrazio per
esservi presa cura di noi in modo così amabile. Permettetemi
di affermare che
siete stata la conoscenza migliore di questo nostro viaggio»
le prese
delicatamente una mano e la baciò.
Cassandra ringraziò
della luce soffusa della sala, perché il rossore sulle sue
guance non sarebbe
passato facilmente inosservato.
«A presto, spero».
«Sì, arrivederci».
Rimase a fissarlo,
mentre si dirigeva al piano superiore, ma quando raggiunse le scale, il
suo
sguardo non poté non posarsi sul ragazzo moro, appoggiato
alla balaustra. La
stava fissando con i suoi occhi blu, in silenzio. Le lanciò
un’ultima occhiata
penetrante e si voltò, decidendosi a seguire il suo compagno.
Thomas. Strano come
avesse conosciuto il suo nome
solo prima che partissero. Con una morsa alla gola si
ricordò delle domande che
gli aveva fatto. Domande a cui lui non aveva risposto.
Si morse un labbro.
Era l’unico che vedeva, oltre a lei, non poteva lasciarlo
andare così, senza
neanche una misera spiegazione.
Ma cos’altro poteva
fare?
Correva.
Attorno a lei
c’era solo il buio, non riusciva nemmeno a distinguere la
direzione in cui
stava scappando. Sapeva soltanto che non poteva fermarsi.
Il gelo
avvolgeva ogni cosa, anche il suo cuore.
Inciampò e cadde
a terra; calde lacrime iniziarono a bagnarle le guance senza che
potesse fare
niente per fermarle.
Si rimise in
piedi a fatica e riprese la sua fuga disperata, sentendo un fruscio
alle sue
spalle che la spinse ad aumentare la velocità.
Ma incespicò
nuovamente e l’odore dell’erba umida le
penetrò nelle narici, quando sbatté con
il viso contro il terreno.
E si arrese,
incapace di muovere un singolo muscolo, con il respiro affannato e i
battiti
del cuore che le rimbombavano nelle orecchie.
Si girò sulla
schiena, sentendo la presenza avvicinarsi. In un attimo, nella completa
oscurità del posto, una mano, lunga e fredda, raggiunse il
suo volto.
Paralizzata dalla
paura, non un singolo rumore uscì dalle sue labbra serrate.
E poi, quella
mano già conosciuta si bloccò. Sul suo ciondolo.
Fu solo quando
sentì tirare la catenella, che riuscì ad aprire
la bocca e urlare con tutte le
sue forze.
Cassandra
spalancò
gli occhi di scatto, trovandosi a fissare il soffitto bianco della sua
stanza.
Si portò d’istinto una mano al medaglione,
continuando ad ansimare.
Poi
sospirò. Un
incubo.
Si
mise a sedere,
spossata, e si asciugò il sudore con l’altra mano.
Aveva spinto le coperte ai
piedi del letto e, da lì, penzolavano sul pavimento.
La
finestra aperta
faceva entrare uno spiffero d’aria; Cassandra si
alzò con le gambe che
tremavano ancora, come se avesse davvero corso con foga, e si diresse
verso
quella fonte di sollievo.
La
luna crescente
brillava alta nel cielo scuro e le stelle erano perfettamente visibili.
Chiuse
gli occhi e respirò profondamente, lasciando che
l’aria fresca le asciugasse il
sudore.
E
fu in quel
momento che un piccolo dettaglio le si affacciò alla mente:
quando era andata a
dormire, la finestra era
chiusa.
Come
vi avevo annunciato, gli aggiornamenti non saranno
affatto regolari. Spero comunque che continuerete a seguire questa
storia,
perché ne sarei davvero lieta.
Grazie
per aver letto.
Emily
Doyle: Beh,
temo che per avere la risposta a
tutti i tuoi dubbi, ci vorrà ancora parecchio! XD E questo
capitolo di certo
non aiuta a sbrogliare
la matassa!
Ghen:
Siete proprio
curiose! Ma purtroppo per il
momento non posso svelarvi niente! Non avete idea di quanto mi
dispiaccia! In questa
storia tutti nascondono qualcosa. Ma almeno ora sappiamo il nome del
ragazzo,
anche se ammetto di aver fatto fatica a trovarne uno che gli stesse
bene. Spero
ti sia piaciuto questo capitolo!
Grazie
a chi l’ha
aggiunta tra le preferite e le seguite!
Alla
prossima!