Ciao,
sto seguendo proprio in questo periodo le puntate
della prima serie di Angel… e le trovo davvero belle!
Inutile dire, che subito mi è venuta in mente
una storia…
Beh, lo so che è triste dirlo, ma voglio
dedicarla alla memoria di Glenn Quinn ( che nel
telefilm interpreta Doyle) beh, non potevo saperlo è
l’ho scoperto navigando nei siti dedicati al tf… : è morto ( di overdose qualche anno fa…)
Mi ha lasciato male, a me il
personaggio di Doyle piaceva tantissimo…
Gioco
Pericoloso
Racconto di Angie.
1. Apparenze
che ingannano.
Quanto
tempo era trascorso, ormai?
Fra
dieci giorni, sette ore e venti minuti… un anno.
Un anno
esatto, mica un giorno!
Mica
poco…
Cielo,
ma da quando teneva i conti così… bene?
Conti, numeri, statistiche, grafici, lei le aveva sempre odiate quelle cose!
E poi il tempo… i ricordi…
per lei il tempo era semplicemente un
concetto astratto, un qualcosa da considerare con cinico distacco.
Un
giorno e poi l’altro si strappavano dal calendario, si
susseguivano, si rincorrevano e
passavano via, fra una festa ed un provino per un casting… Fra un giro nei negozi del centro per fare shopping e un appuntamento dal coiffeur
.
Già, per
lei era così… un tempo…
Ma adesso com’era lontano quel tempo.
Non che rimpiangesse quella vita, certo. Anzi si ritrovava spesso a rimuginare come
avesse potuto condurre un’esistenza così vuota e scontata.
Così
protesa all’esclusiva considerazione dell’aspetto fisico.
Dell’apparire
e basta.
Del
concentrare il tutto sull’effimera sicurezza che derivava dalla bellezza esteriore.
Ma cosa le prendeva quella sera?
Perché i
suoi pensieri era affollati da tutte quelle assurde
considerazioni?
Lei ci
teneva ancora al suo aspetto fisico ed alla sua linea, eccome!
Adorava
ancora l’alta moda ed avere l’armadio pieno di vestiti eleganti.
E avrebbe di certo e con
immenso piacere, indossato un abito di Versace o Dolce & Gabbana, o perché no, di
Cavalli, il suo attuale stilista
preferito.
Ma… a parte tutto, a parte
tutte quelle considerazioni, a dispetto
di ciò che era stata giù a Sunnydale
prima, nella città degli Angeli
adesso, lei era anche cambiata.
Era
mutata, come una crisalide in farfalla.
Come un
anatroccolo in un bellissimo cigno.
Come un
uccellino implume ed indifeso, in un
arrogante falco.
E da cosa era dipeso quella magnifica trasformazione, quello
spalancarsi ai suoi occhi di un universo tutto nuovo… impensato ed ignoto fino
a prima.
Forse
era meglio dire da chi era
dipeso…
L’immagine
che le rimandò lo specchio, la sua stessa immagine, arrossì vistosamente.
Per
indursi a pensare ad altro, afferrò la
spazzola abbandonata sul ripiano di marmo dell’elegante comò e prese a
pettinarsi i capelli con vigore; i colpi si susseguirono implacabili, secchi e precisi, fino a che la mano non aveva iniziato a formicolarle
dolorosamente.
I suoi
magnifici capelli, lunghi e folti,
morbidamente arricciati alle punte apparvero alla fine dell’energico
trattamento in tutta la loro bellezza:
una cascata brillante e setosa.
Impalpabile
e vellutata.
Fluida e liscia.
Erano
splendidi, ma lei non se ne curò più di
tanto.
Con una
smorfia d’apprensione si diede un ultimo sguardo allo specchio, era già molto tardi accidenti, e lei aveva perso del
tempo utile in quelle sciocche considerazioni.
Con
scatto nervoso, tuffò le mani in un
piccolissimo beauty, pescandone
due sottilissimi fermacapelli di
strass luccicanti.
Li fissò
con decisione ai lati del capo all’altezza delle tempie, in maniera da arginare ordinatamente la massa
ribelle massa di quei capelli fluenti e
scuri.
Poi un ultimo uno sguardo allo specchio, per controllare che
tutto fosse a posto...
Gli
occhi, due pozze nere come petrolio,
intensi ed espressivi erano sottolineati lievemente dalla matita scura ed orlati da
ciglia ricurve e lunghissime. Gli zigomi, alti ed aristocratici resi ancor più eleganti da
impalpabile fard perlato. La
bocca dai contorni generosi e dalle labbra piene, illuminate dal solito rossetto brillante che
tanto amava… Chanel Rosso ciliegia… a
quello non avrebbe mai rinunciato.
Sembrava
a posto!
Con foga
afferrò l’elegante spolverino scuro,
infilandoselo nervosamente mentre correva alla porta e la richiudeva
veloce dietro di se.
Quattro
mandate schioccanti e rumorose che rombarono nel corridoio silenzioso e
deserto.
L’ascensore
manco a dirlo era occupato, e non senza stizza
s’accinse a servirsi delle scale.
Aveva
scarpe nuove e tacchi vertiginosi quella sera… “Perché diavolo mi sono messa
queste?!” Imprecò mentre si dirigeva
veloce verso la rampa di gradini,
stretti e tortuosi.
Ma lei lo sapeva fin troppo bene.
Non aveva mai messo scarpe basse in vita sua, dopo le nove di sera… e non lo avrebbe fatto di certo quella sera.
Proprio
all’ultimo istante, però, la porta dell’ascensore si aprì alle sue spalle con
l’abituale scatto secco e fastidioso.
Il
rumore di ferraglia che ne conseguì, e
che lei ben conosceva, la indusse a girarsi.
Chi
poteva essere a quell’ora di notte? Poteva essere solo…
Una
faccia un po’ stralunata e due occhi intensamente grigi
la fissarono, mentre l’uomo usciva con
quella sua camminata scanzonata, dall’ascensore.
- Doyle. – Esclamò la
giovane, piantandosi le mani sui fianchi
con fare bellicoso. - Ma ti pare l’ora di arrivare? Io… io stavo andando a fare il giro da
sola!
- Scusa
se ti ho disturbato, dolcezza. – Replicò prontamente
il ragazzo, fissandola senza preoccuparsi di celare più di tanto la sua
approvazione. – Cielo, sei uno
schianto! Ma cos’hai
sotto lo spolverino… niente? Sarebbe interessante.
La bambola
ritornò sui suoi passi, avvicinandosi,
ma solo per poter salire sull’ascensore. – Oh, piantala!
Ho fretta, e non ho certo tempo per tenere a bada le tue perversioni.
Doyle sorrise
alla pesante allusione, senza apparire per nulla turbato.
A lui
piaceva la sfida, quella sottile ironia
che correva fra di loro… quel punzecchiarsi ma infondo cercarsi,
quell’odiarsi e rispettarsi. Come sempre
accettò con un lieve cenno del capo, il
duello verbale che di li a poco si sarebbe scatenato,
e pensò lesto a come contrattaccarla…
Un altro
ragazzo avrebbe mollato il colpo, ma quel ragazzo… non era
certo… Doyle.
Doyle era una
sorta di mezzo demone, mezzo uomo,
mandato in missione sulla terra
per vegliare e portare aiuto ad un
soggetto alquanto strano, anzi più unico che raro: un
vampiro con l’anima.
Ma quel che non gli avevano detto e che di certo lui non
sospettava, era che il tal strano personaggio, dal nome assolutamente
paradossale in confronto alla sua fama, Angelus… annoverasse fra le sue conoscenze una ragazza
mozzafiato come lei…
Cordelia.
Aveva
capito subito, già al primo sguardo che
ne sarebbe stato per sempre, perdutamente innamorato.
Oh, no
che non avesse mai amato prima… anzi,
sulla terra s’era dato un gran bel da fare…con le donne.
Ma Cordelia.
Beh, lei era un concentrato di contraddizioni, che lo attirava
inesorabilmente. Era petulante e noiosa
a volte, quanto invece brillante e
divertente in altre.
Con
quell’aria da “puzza sotto il naso”
menefreghista ed egoista, eppure…
sempre pronta ad aiutare senza mai porsi
problemi o fare domande…
Spesso,
anzi più
frequentemente negli ultimi tempi, Doyle si
era ritrovato a pensare che Cordelia fingesse…
Mettesse una comoda maschera tutti i santi giorni, utile esclusivamente ad interpretare la figura da sexy bamboccia
svampita, con cui poter parlare
solo di
sesso, gossip o alta moda…
Un bello
scudo protettivo, dietro cui nascondere il vero io… La sua vera essenza… Il suo reale
essere.
“Ma perché lo faceva, poi?
Quale necessità aveva di celare la sua effettiva
natura?”
Doyle non si rese conto di essersi perso nei suoi
stessi conturbanti pensieri, e solo la
mano ferma e secca della ragazza che bussava con insistenza sulla sua
spalla, lo fece riaffiorare dalle quelle strane considerazioni.
-
Ehi…ehi, dico a te… Doyle! Che diavolo intendi
fare?
- Beh,
ti seguo baby, che domande!
Cordelia
sbuffò, aggiustandosi il fermaglio sui
capelli - E va
bene. Ma non
t’impicciare in quel che faccio, chiaro? – Asserì senza mezzi termini.
- Perché non dovrei? - Sbottò Doyle, entrando con foga nell’ascensore.
Il vano
era piccolo e ci si stava parecchio stretti.
Quale situazione migliore…
Con
scatto felino la precedette nell’impostare il piano sulla vetusta tastiera e non lo fece solo per
galanteria, ma perché allungando la mano
ebbe l’opportunità di sfiorarle i capelli, la pelle all’altezza del collo, lungo, slanciato e sottile.
Candido
e morbido come seta impalpabile.
- Per
tutti i demoni, ragazza, hai una pelle… una pelle... Ma che bagnoschiuma usi? – Cielo,
che cosa stupida da dire… Il giovane si pentì subito di quella
stupidaggine, desiderando ardentemente
mordersi la lingua… ma ormai…
- Doyle, se continui
così ti pianto in asso appena usciti da questa trappola sferragliante!
Lui non
diede cenno di aver recepito il
"messaggio" e per
tutta risposta si
fece più sotto, costringendola in un angolo dell'angusto abitacolo.
Gli occhi intensi che brillavano di speranza e desiderio,
incatenati in quelli neri e bellissimi di lei.
La voce bassa e roca che tradiva la repentina eccitazione. -
Cordelia... dammene
l’opportunità… lo sai, potrei farti morire di piacere per una notte
intera...
Lei fece
una smorfia a ribadire la totale indifferenza che le
provocava un'affermazione di tale portata. - Uhmm... ho
i miei dubbi.. Ma intanto, non è che potremmo
rimandare questa arguta discussione in
un altro momento?
Con
mossa abile e svelta, sgusciò dal
forzato abbraccio del giovane, abbassandosi per passare sotto il suo
braccio teso e nell'attimo in cui le porte dell'ascensore si
spalancarono, fu all'esterno in un baleno.
Doyle confuso e sgomento da un cambiamento tanto
repentino, prese ad inseguirla per il
corridoio. - Tu non sai cosa ti perdi... Sai, a volte reciti davvero bene la parte della
strega senza cuore!
Un
sorriso sornione curvò lievemente le sue labbra laccate. - E' chi ti dice che
io stia recitando? E poi, precisiamo
una cosa: io non sono affatto una strega. Dovresti conoscere Willow, lei sì che
ci sapeva fare!
- E cioè? Che diavolo vuol dire? -
Replicò sempre più scombussolato Doyle.
Ma Cordelia non pareva molto propensa a rispondere alle curiosità
del ragazzo.
Era già
sulla soglia dell'imponente portone che dava accesso al condominio, spostando
lo sguardo acuto da una parte all'altra della strada, mentre Doyle le si faceva appresso come
un cagnolino in attesa di una replica.
La
giovane alla fine s'accorse dell'insistente sguardo incuriosito che le lanciava
l'amico e riprese incerta a fornire una spiegazione. -
Oh..ehm...ben,
volevo dire che... beh, non è proprio quello che volevo dire...
-
Continuo a non capire, Cordy...
- Oh,
per favore non chiamarmi così! Io volevo solo dire che Willow
era davvero una strega. Una vera strega!
Doyle si passò una mano sulla fronte, e malgrado fossero
alle porte della brutta stagione, la sentì imperlata di sudore... "Quella
ragazza lo faceva impazzire..."
- Okay,
lasciamo stare. Non c'ho capito niente,
e non ci tengo a sapere dei tuoi vecchi amici di Sunnydale...
Scommetto che mi stavi accennando ad una delle ragazza che vivevano là, giusto?
Ma Cordelia si era di nuovo allontanata. Aveva disceso in fretta
le scale che conducevano dritte
al marciapiede della strada ed
ora puntava con decisione verso la sua
decappottabile bianca.
- Dammi le chiavi, forza guido io! - Lo apostrofò mentre
s'accostava alla portiera del lato guida.
Doyle fece i gradini a due a
due, tanta la foga di raggiungerla. - Ehi, no! Andiamo con la tua.
- E' a
secco di benzina! - Replicò lei con nonchalance
- E la mia cosa pensi che consumi, acqua?
La bella
bruna sfoderò uno dei suoi sorrisi più accattivanti, in
attesa che il ragazzo le si facesse più vicino.
Doyle sospirò mentre nei suoi pensieri confusi,
si faceva spazio la consapevolezza che per l'ennesima volta nello spazio di
pochi minuti, il suo cuore, quasi umano, aveva preso a battere all'impazzata
contro le costole.
- Dai,
guido meglio di te quando siamo di fretta, e tu lo sai... - Precisò Cordelia,
con il tono di voce che si era
improvvisamente fatto più sommesso e languido.
Doyle gli si era fatto proprio sotto, e allora la mano sinuosa ed affusolata di lei , si era spostata in maniera repentina infilandosi dentro
la tasca destra della sua giacca di pelle.
E a quel punto… lui aveva
trattenuto il respiro, mentre sentiva la presenza di quelle dita delicate
all'altezza del bacino afferrare
la chiave con destrezza e quindi
scivolare fuori con la stessa maledetta grazia con cui si erano infilate nel
pertugio.
Non
riuscì a bloccarle quel suo polso
sottile... Oh, se solo avesse potuto farlo, e
costringerla ad abbracciarlo...
Ma la
situazione era mutata ancora una volta... ed in un lasso di
tempo che sembrava infinitesimale
Eppure era cambiata...
Cordelia
era già seduta al posto di giuda e lo squadrava con aria gelida dal finestrino
abbassato.
-
Allora, vuoi muoverti? Guarda che ti lascio a piedi!
Erano
già diverse volte che stava facendo la figura del cretino rimbambito, quella
sera...
Ma c'era abituato, ormai.
Da quasi un anno conosceva quell'incredibile ragazza.
Da quasi un anno le faceva una corte spietata...
Da quasi
un anno lei si prendeva gioco di lui... e le cose non sarebbero certo
cambiate nel corso di quella sera!
*****