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Autore: LaRagazzaDelleMargherite    15/03/2010    1 recensioni
Sei anni dopo la morte di un mio caro amico. Per ricordarlo.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MDF in loving memory

Sei anni dopo

 

Il giovane aveva spruzzato del deodorante in un sacchetto
di plastica e se lo era messo in testa. Ha perso i sensi ed è morto
Finisce nel dramma il gioco
di un ragazzo dodicenne

E' stata la madre a trovare il corpo ai piedi del letto
In casa era tutto in ordine. Solo lo spray era stato spostato

PIEVE EMANUELE (MILANO) - Aveva dodici anni. E' morto soffocato da un sacchetto di plastica. Ci aveva spruzzato dentro del deodorante per ambienti, quindi se lo era infilato in testa per aspirare il vapore. Ma deve avere perso i sensi e il sacchetto, sgonfio d'aria,
gli si è appiccicato alla bocca e al naso, impengogli il respiro. A trovare il ragazzo è stata la madre tornando a casa.
Forse si è trattato di un gioco, forse l'emulazione di qualcosa visto in tv. M.D.F., queste le iniziali del nome del ragazzo, abitava a Fizzonasco, frazione di Pieve Emanuele, centro dell'hinterland di Milano. La madre ha subito chiamato l'ambulanza, ma la corsa all'ospedale Humanitas di Rozzano è stata inutile. Il ragazzo è arrivato già morto.
Il gioco del giovane è diventato così dramma. Secondo gli investigatori, l'unica ipotesi è l'incidente. La ricostruzione dei fatti non è ancora completa anche perché il ragazzino al momento della disgrazia era solo in casa.
Il padre, che opera nel campo dell'edilizia, era al lavoro, la madre, casalinga, era andata a prendere a scuola l'altra figlia. Al ritorno ha trovato M. a terra, nella sua stanza, vicino al letto. Tutto era in ordine e gli investigatori riferiscono che si tratta di una famiglia a posto, senza ombre nel passato, in buoni rapporti con i vicini.
Le indagini sono svolte dai carabinieri che ipotizzano che il ragazzo abbia preso il deodorante (che, infatti, come ha riferito la madre, era stato spostato) e l'abbia spruzzato in un sacchetto per alimenti da congelare respirandone poi il contenuto. Il pm di turno, Francesco Prete, ha disposto l'autopsia.

(25 marzo 2004)

http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/cronaca/dodi/dodi/dodi.html
 

Morris. Questo era il suo nome. Morris. Un nome speciale, unico, non per tutti. Non tutti possono indossarlo. Nessuno può essere come chi lo porta. Morris. Era un mio grande amico. Era. Ora non c’è più…
Era un mercoledì. Un semplice e normale mercoledì pomeriggio. Nulla di più.
Avevamo dodici anni, eravamo piccoli si, così ingenui. Bastò un secondo.
Era una giornata come le altre. Ma poi. Alle cinque sentimmo un elicottero, ci affacciammo e vedemmo che era della croce rossa. Ma poi. La telefonata.
Un giorno come tutti gli altri. Che si trasformò in tragedia.
Avevamo dodici anni. Ora siamo maggiorenni e si presume più grandi e maturi. Tra pochi giorni ricorre il sesto anniversario della morte del mio caro amico Morris, sebbene si possano chiamare grandi amicizie a quell’età.
Sei anni passati, sei anni perduti. Gli volevo bene. Perduto, così.
Mi ricordo ancora quando eravamo piccoli e giocavamo e ridevamo e correvamo senza fermarci mai e senza stancarci. Ti ricordi caro amico? Avevamo costruito un rifugio sull’albero, era bellissimo. Ci avevamo messo anche le trappole, una volta persino un mattone, che per fortuna cadde senza finire sulla testa di nessuno. Quanto ci divertivamo! Erano gli anni della giovinezza e della spensieratezza. E ti volevamo bene, tanto, tutti ce ne volevamo a vicenda, nonostante fossimo troppo piccoli per capirlo davvero.
E poi quel giorno. Non lo dimenticherò mai. Sette mesi prima un altro nostro amico era scomparso, caduto dalla staccionata e morto in dieci giorni. Abitava nella casa di fronte alla sua. Quella strada io ora la chiamo la via della Morte, proprio perché è la che ella ha colpito con rabbia. Fa quasi paura. Senti i mormorii e i sussurri di Morris e Daniele. Ti cercano. Ti salutano. E in quella via ti proteggono.
Ma quel giorno. Era come tutti gli altri. Finché tua madre non ti ha trovato, bianco e immobile accanto al tuo letto. Quel sacchetto sul viso.
Riecheggia il grido della Morte sul tuo giovane corpo. Disteso per strada, tutti ti hanno visto tra le braccia di quella madre che cercava di animarti. Poi, l’elicottero. Ma non c’è stato nulla da fare.
Un angelo bianco quel giorno portò la pioggia. E quella sera, quando telefonarono, stavamo vedendo “Io non ho paura”. Non sono mai più riuscita a vedere quel film. Piango tutte le volte. Perché so che tu hai avuto paura. 
E anche io.
Mi ricordo il giorno del tuo funerale, caro amico mio. Era una giornata grigia, triste e buia. Anche il cielo era straziato per la tua perdita. Non ho mai pianto tanto in vita mia. C’era tutto il paese. Eravamo tantissimi. Sei arrivato in una bara bianca, candida. Come il tuo giovane cuore. Ormai fermo. Mi ricordo a malapena le parole dei ragazzini più grandi che ti ricordavano dal pulpito della chiesa. Io ero entrata da sola, perché non c’era spazio. E ho pianto. Tantissimo. Guardandoti nella tua culla. Mi ricordo la musica, era una canzone meravigliosa. “Sei un miracolo” di Daniele Groff. Era adatta a te. Per la tua vita. Seppur breve.

 Son venuto qui
per dirti tutto per dirti aiutami
ho capito che
questo sono io
nei miei pensieri nei miei lati scomodi
quindi prendimi
ma adesso è presto se tu te ne vai. 

Era troppo presto. Troppo presto. Se tu te ne vai.

Dopo sei anni, sono qui a parlare di te. Dopo sei anni, il 24 Marzo, come tutti gli anni, verrò dove riposa il tuo corpo, il tuo corpo di amico. Verrò sul ciglio di quell’equilibrio che non ho, poserò un fiore anonimo, pregherò per te e piangerò. Piangerò, perché sei stato un miracolo nella mia vita di bambina, mi hai dato il coraggio di stare dove sto, imparando a conoscere la Morte, ho avuto cedimenti, perché era troppo sbagliato che tu te ne fossi andato, ma mi hai dato la forza, con te ce l’ho fatta. Te che sei stato il mio primo grande immenso dolore. Io sono ancora qui, per dirti scusami ma comprendimi, perché siamo sempre noi, sospesi ognuno sul proprio oceano, anche quando è gelido, ma io posso sentirti, Morris. E amo la vita anche per te. Ti amo, amico mio perduto, che questo ricordo che do al mio piccolo mondo possa farti vivere nel cuore di qualcun altro.

 Gira...il mondo cambia, gira. Ed ogni volta che incontra il sole e la luna cambia continuamente forma. Se c’è una cosa che non cambia quella è sicuramente la mia impotenza. Gira...se il destino è una ruota dentata noi siamo sabbia frantumata fra i suoi denti, non c’è nulla che possiamo fare…io voglio la forza, se anche allungando le bracca non riesco a proteggerli, voglio una spada da poter brandire.
La forza per schiacciare il destino, sicuramente, somiglia ad una lama che scende. Gira. Se il destino è una ruota dentata, noi siamo il principio che la fa girare; credendo nella sua infallibilità proseguiamo verso la destinazione tracciata dalle varie forze che lo muovono…

(Bleach, Tite Kubo)

   
 
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