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Autore: bloodingeyes    15/03/2010    0 recensioni
One shot su un ragazzo che svegliandosi presto la mattina si ritrova a dover aspettare l'alba in compagnia della sua paura.
Genere: Angst, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina Kristopher si alzò molto prima del sorgere del sole, aveva fatto davvero un incubo tremendo e non riuscì più a riprendere sonno. Così decise che era inutile continuare a poltrire a letto e si vestì per andare a lavorare, si fermò un attimo in cucina con l’idea di mangiare un pezzo di pane per colazione ma poi decise digiunare mentre una parte dell’incubo gli tornava in mente al vedere il coltello poggiato vicino alla pagnotta.

Accese il fuoco nel camino per aiutare sua madre che così non avrebbe dovuto andare fuori a prendere la legna e poi uscì, avviandosi verso i campi. Guardò il cielo e capì dalle stelle che mancava ancora parecchio al sorgere del sole, sarebbe arrivato nel campo e avrebbe anche potuto sedersi a contemplare l’alba tanto era in anticipo, di solito riusciva a malapena a svegliarsi la mattina e il sorgere del sole lo metteva solo di cattivo umore, perché significava che avrebbe dovuto mettersi a lavorare e a faticare. Per una volta avrebbe voluto poter rimanere a letto fino a che il sole non avesse iniziato a muoversi nel cielo invece di iniziare appena ci fosse stato un po’ di chiarore.

Si sedette con la schiena contro la staccionata a guardare le stelle nel cielo. Forse era colpa dell’orrendo sogno che aveva fatto quella sera che gli faceva sembrare quel chiarore maligno, come la luce del fuoco per gli insetti, la luce li attrae ma appena loro si avvicinano li distrugge.

Proprio come aveva fatto lui in quel sogno.

Scacciò in fretta quel pensiero, con foga e ferocia. Erano i demoni a mettere nelle persone quel genere di sogni abominevoli, l’unica soluzione era pregare e chiedere aiuto e perdono a Dio. Si mise a recitare a mezza voce una preghiera all’Altissimo. Però lì in mezzo al campo, al buio e con l’unica compagnia delle allodole si sentiva stranamente timoroso e impaurito, come se il terreno lì attorno, di cui conosceva a memoria ogni rialzo e buca, fosse diventato un altro posto, uno tetro e oscuro che non sembrava appartenere agli umani ma al Demonio. Riprese a pregare con maggior foga. Non aiutarono i rumori lievi e felpati che venivano dal bosco lì vicino. Sembrava tutto così diverso e misterioso di notte quando si riesce a vedere solo una parte della realtà. Sembra tutto distorto e confuso, l’oscurità alle volte era infame e lasciava scrutare solo una parte della realtà, e di solito era sempre la peggiore e la più tremenda. Poi ci si mettevano anche gli animali con quei loro passi felpati sulle foglie secche a farlo innervosire!

Urlò. E gli uccelli si svegliarono di soprassalto per volare via lontano facendo più rumore di quanto ne avesse fatto lui urlando. Rise isterico, davvero era uno stupido a pensare ci potesse essere qualcosa di feroce in quelle lande dimenticate da tutti in cui l’unico bosco era formato da appena venti alberi tutti intrecciati, vecchi e avvizziti. Si voltò a guardare il bosco con i suoi alberi bassi e mezzi secchi, e pensò che chiamare bosco quello era davvero un esagerazione! Erano solo quattro erbacce troppo cresciute messe troppo vicine le une alle altre. Alzò di nuovo gli occhi al cielo e guardò le stelle che iniziavano già ad emanare una luce più fioca, segno che il sole sarebbe presto sorto. E rise delle sue stupide paure su demoni e mostri che popolavano solo i suoi sogni. Aveva davvero una fervida immaginazione, proprio come diceva sua madre, e i demoni usavano questo suo difetto per evocare immagini spaventose che altri non sarebbero neppure riusciti a mettere a fuoco. Come nel sogno mentre si vedeva sgozzare la propria madre, la persona a cui voleva più bene al mondo, e poi bere il suo sangue che usciva rosso e copioso dal gigantesco taglio sulla gola e che gli bagnava il viso e il corpo mentre lui sorrideva. Davvero era un sogno orribile. Si mise in piedi e cercò di scrutare attorno a se ma non riuscì ancora a vedere nulla, mancava comunque poco all’alba, le stelle erano quasi del tutto spente e la luna era quasi tramontata. Quello era il momento di maggiore oscurità in tutta la notte. Le stelle e la luna stavano tramontando e la loro luce si spegneva, mentre il sole non aveva ancora trovato la forza di alzarsi nel cielo a rischiarare la terra. In quel poco tempo la notte diventava nera e fitta.

Mentre si guardava attorno per scorgere un qualche segno dell’arrivo di qualche mattiniero compagno di lavoro il suo sguardo si soffermò nuovamente su quell’agglomerato d’alberi e si accorse che era tutto stranamente calmo e silenzioso. Niente fruscii né lo scricchiolare di rami secchi sotto il lieve peso di qualche coniglio ma solo il più totale silenzio. Si mise a tremare come una foglia al vento, eppure sino a pochi minuti prima avrebbe desiderato quel silenzio, il silenzio significava che non c’era nulla nella notte. Eppure la mancanza di rumori in quel momento lo metteva fuori di testa, dov’era il canto degli uccelli che si svegliavano? Li aveva svegliati in anticipo lui, e ora dove erano andati? Si ritrovò a fissare il bosco e le sue ombre, i tronchi sottili degli alberi e le fronde erano a mala pena delineate nella completa oscurità che separa il giorno dalla notte. Non spirava neppure un alito di vento che muovesse quelle dannate foglie e le facesse frusciare solo per fargli capire che non c’era nulla di cui avere paura e che la vita scorreva ancora accanto a lui! Si sentì aggredire dal panico, sentiva come degli artigli di ferro stritolargli il cuore che sembrava voler esplodere nel suo petto, il suo stomaco e le sue viscere si contorcevano come se avesse mangiato quella mattina dei vermi che ora si dibattevano all’interno del suo corpo. Voleva vomitare ma non c’era nulla nel suo corpo da espellere. Aveva le vertigini, era stanco e terrorizzato, non riusciva a vedere, non riusciva a sentire, il buio sembrava qualcosa di tremendo e vivo attorno a lui, voleva urlare ma non ci riusciva, voleva che ci fosse qualcun altro lì con lui, perché l’oscurità lo stava facendo diventare pazzo.

Poi, se possibile, la situazione degenerò ancora, mentre il cielo a malapena si schiariva dietro le alte montagne che circondavano il villaggio e l’oscurità si faceva meno densa il suo sguardo ancora una volta venne catturato dalle dannate ombre di quegli alberi. Perché non avevano abbattuto l’inverno scorso anche quegli ultimi alberi? Perché non avevano fatto in modo che lì, così vicino a dove tutti loro lavoravano, ci potesse essere il rifugio perfetto per un demone? Si stupì lui stesso dei propri pensieri. Un demone? Un demone si stava nascondendo fra quegli alberi?

Si!

Urlò una voce all’interno del suo corpo. E in quel momento seppe che il sogno era stato provocato proprio dal demone dentro il bosco e tutto quel terrore dell’oscurità lo stava generando lui perché lui era l’oscurità. Prese in mano la falce per mietere il grano. Aveva tutta l’intenzione di mettere fine alla vita di un essere tanto spregevole e lo avrebbe fatto. Si avvicinò al bosco con passo sicuro e con la face alzata, pronto a tagliare a metà qualsiasi cosa ne fosse uscita, ma nulla uscì. Si addentrò cauto nella vegetazione e in pochi passi fu dall’altra parte. Penetrò per un'altra via e ancora uscì indenne. Iniziava a sentirsi parecchio idiota, abbassò l’arma e a passo spedito fece per tornare allo steccato. Che idiota a pensare ci fosse un demone fra quei quattro arbusti troppo cresciuti! Se qualcuno l’avesse visto sarebbe diventato di certo lo zimbello di tutto il villaggio! Tornò sui suoi passi riattraversando per la terza volta gli alberi, mentre il sole, ormai sorto, schiariva leggermente le fronde. Oltre gli alberi vide Stefan leggermente dondolante e ancora mezzo addormentato trascinarsi verso il campo in compagnia di suo padre Erik un po’ più sveglio del figlio e che tentava di rianimarlo parlando allegro e dandogli delle pacche sulla spalla per attirare la sua attenzione.

Che diavolo gli poteva essere preso quella notte per comportarsi in un modo così stupido? Ora riusciva perfino a ridere delle proprie paure e dei propri timori che erano sembrati così vivi e reali mentre le tenebre l’avvolgevano. Forse è per questo che gli sembrò così ingiusto che capitasse proprio in quel momento, quando tutte le paure erano lontane e il giorno era sorto. Semplicemente si ritrovò di nuovo nel buio più intenso, senza riuscire a dire o pensare a nulla. Sentiva soltanto il terrore avvolgerlo completamente come una nebbia nera e solida, ma questo terrore cieco aveva anche un altro volto: il volto di un uomo sorridente e dolce che gli accarezzava il viso e gli diceva di non avere paura mentre lo uccideva.

   
 
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