Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: londonlilyt    30/07/2005    6 recensioni
Oscar sapeva cosa voleva dalla vita, la sua carriera era la cosa piu' importante per lei, c'era poco posto nella sua vita per l'amore o le cose frivole. fino a quando il suo nuovo assistente, Andre', arriva in ufficio. I grandi occhi verdi e i suoi modi gentili le mostreranno un lato della vita che le era sempre stato negato dai suoi obblighi e doveri, facendo tremare le fondamenta di tutte le sue certezze. Ma Andre' ha un segreto, che presto si frapponera tra i due e la loro felicita', riusciranno a superare tutti gli ostacoli e rimanere l'uno affianco all'atro? BHE' LEGGETE E SCOPRITE!!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo riempirono le quattro macchine disponibili, compresa quella di Oascar e André, e si diressero al parco, avevano dato appuntamento a tutti lì, visto che nessuno arrivava da lontano, le era stato detto che i vari membri della famiglia vivevano in città o nei dintorni, quindi non sarebbe stato un problema per nessuno arrivare in città.

La giornata era gloriosa, per essere la fine di settembre il tempo reggeva ancora bene, tutto a vantaggio di chi voleva passare una bella giornata all’aperto.

Furono tra i primi ad arrivare, ma nel giro di un’ora tutto il clan era al completo, e Oscar non riusciva a ricordare neanche la metà dei nomi, nonostante avesse una memoria formidabile, assai utile per gli affari, il susseguirsi di facce sorridenti si rivelò troppo, e quando lo confidó ad André lui scoppiò a ridere dicendole che anche lui aveva lo stesso problema, ogni anno c’erano nuove aggiunte e non riusciva  a tenersi aggiornato.

Ben presto l’aroma della carne arrostita alla brace permeò l’aria facendole venire l’acquilina in bocca, e mentre i bambini erano impegnati a rincorrersi e ad arrampicarsi, gli adulti si godevano un succulento pranzetto all’ombra degli alberi, e Oscar si era trovata a dividere la coperta con André e i fratelli, e ridere quasi fino alle lacrime delle loro avventure di gioventù, scoprendo che erano stati i padroni incontrastati del quartiere per diversi anni.

-Che ci volete fare, le sorelle ci adoravano e i fratelli ci invidiavano!- spiegò Julian con un sorriso beato mentre ricordava i vecchi tempi.

Poi un coro preoccupato di “oh-oh” la fece voltare, un signore alto e dal fisico atletico si stava avvicinando a loro con in mano un kit di mazze e palle per giocare a baseball.

-Zio Lennie non di nuovo!- disse Ryan.

-Ah! Mi dispiace mio caro, ma questa volta non é colpa mia, tuo zio Albert vuole la rivincita per la batosta presa l’ultima volta- ma lo sguardo acceso diceva che era stato ben felice di accettare la sfida –sono venuto a chiedere se siete dei nostri!-

Prima che un’altro coro di “neanche sul mio cadavere” rispondesse all’offerta dello zio Lennie, Oscar intervenne.

-Io ci sto!-

-Eh?- lo zio Lennie sembrava sconcertato –senza offesa signorina, ma sai come si gioca?-

-Certo che lo sa, altrimenti non te l’avrebbe chiesto!- Intervenne Julian stizzito.

-D’accordo- ma l’idea non gli andava molto, e prima di allontanarsi le disse da sopra una spalla –ma se ti rompi un unghia poi non lamentarti-

-Adesso gli rompo la stupida mazza sulla testa!- mormoro Jean.

Fù Ryan a lanciare ad André uno sguardo di fuoco.

-Non l’hai avvisata sullo zio Lennie non é vero?-

-Non ho avuto tempo- rispose contrito, e ancora sorpreso che suoi fratelli l’avessero difesa.

-Nessuno raccoglie il guanto di sfida quando viene lanciato dallo zio Lennie, é una di quelle regole non scritte della notra famiglia-

-Già,- continuò André –lo zio Lennie ha giocato a baseball per diversi anni, come professionista in tornei minori, ora fa l’insegnante di ginnastica in un liceo e la sua squadra ha vinto il torneo nazionale per gli ultimi dieci anni di fila, e due dei suoi ex-studenti ora hanno un brillante carriera sportiva, quindi non perde occasione di vantarsi e di dimostrare a tutti che fenomeno sia, e...-

-E...- lo spronò lei, al quale lo zio Lennie piaceva sempre meno.

-Lo zio Lennie é un po maschilista-

-Non l’avrei mai detto!- stava per rompergliela lei la mazza sulla testa a quel bulletto di periferia!

-Non prendertela Oscar, é fatto cosi, e abbiamo imparato a lasciarlo perdere- si scusó Jean.

-Ciò non toglie che voglio giocare- disse alzandosi.

-Sei sicura?- le chiese scettico –lo zio Lennie non farà altro che mettere il dito nella piaga per il resto della giornata se vince-

-Allora non ci resta che cercare di non perdere- si diede un’occhiata attorno –allora venite?-

Julian e Jean si rifiutarono, l’unico che non aveva dato risposta era Ryan che sembrava impegnato a guardare altrove.

-E tu Ryan?- gli chiese seguendo il suo sguardo e vedendo un gruppo di ragazze che lo stavano osservando a loro volta.

-Mi sa che vengo- si alzò e si spolverò i jeans per togliere dell’erba –ma prima devo presentarmi a quel gruppo di fanciulle, le invito a vedere la partita, durante la quale mi infortunerò dopo circa venti minuti e passerò il resto della giornata a farmi consolare per cercare di superare il grande dolore del mio infortunio. A dopo!-

Oscar rimase impassibile e poi si voltò verso André.

-Tuo fratello é oltraggioso, lo sapevi?-

-Lo so, a volte mi vergogno di lui- ma poi rise, trascinando tutti gli altri –andiamo non facciamo aspettare il granduomo-

Quando arrivarono allo spiazzo designato, le squadre erano gia state formate e toccava ora ai rispettivi capitani trovare i giocatori mancanti.

-Guarda qui che fanfarone!- allo sguardo perplesso di lei spiegò –si é fatto la squadra con i migliori giocatori, lo zio Albert non ha la minima possibilità di vincere-

-Allora non mi resta che giocare con lo zio Albert, che mi sembra anche più simpatico, e tu?-

-Io in genere faccio da arbitro, a quanto pare sono l’unico che riesce a rimanere imparziale-

Dopo una mezz’ora le due formazioni erano pronte e schierate ed era il turno dello zio Lennie a lanciare, e Oscar doveva ammettere che non era niente male, ma ciò non gli dava il diritto di ritenersi superiore.

Era il suo turno di battere, con un sorriso quasi malefico si mise in posizione, era arrivato il momento di far cadere il caro zietto dalla nuvoletta su cui si era appollaiato negli ultimi anni.

-Strike uno!- gridò André.

Quindi lo zio ci stava dando davvero dentro.

-Strike due!-

-Non ti preoccupare, non é un gioco adatto a tutti- le disse lo zio Lennie, pregustandosi l’eliminazione.

Zio Lennie era troppo sicuro di se, Oscar vide la palla arrivare a tutta velocità e con mossa svelta e sicura la colpì facendola sparire tra le cime degli alberi, era un home run.

-Mi auguro che quella non fosse la tua palla preferita- gli disse con gli occhi sgranati in maniera innocente, mentre faceva il giro del diamante e cercava di resistere alla tentazione di fargli la lingua.

Quando arrivò alla base fu accolta dal sorriso trionfante dell’arbitro.

-È stata una cosa senza precendi, nessuno é mai riuscito a battere un home run allo zio Lennie, anche se in tanti ci hanno provato-

-Lo zio Lenni sta per avere tante brutte sorprese oggi!- gli confidò in tono cospiratorio.

Giocarono per un’altra ora e Oscar diede del filo da torcere a Lennie, gli fece sudare ogni punto, alla fine però persero ugualmente, ma fù solo per un punto, e l’effetto era lo stesso, rendere lo zio livido. In trionfo se ne tornarono all’ombra sulla coperta, visto che le signore stavano per distribuire il dolce e qualcosa da bere.

Oscar se ne stava in solitudine seduta contro il tronco di un albero con un bicchiere di té freddo in mano, André era andato a fare due chiacchere con il padre e lei aveva deciso di non unirsi a lui anche se invitata, voleva stare un po lì da sola, era ricoperta di polvere, stanca e aveva appena perso una partita, e...non si era mai sentita così bene.

Lasciò vagare lo sguardo attorno a se, i bambini giocavano, sotto un albero più avanti c’erano le neo mamme che chiaccheravano allegre con i loro bimbi che gattonavano sulla coperta, gruppetti di uomini e donne sparsi qua e là discutevano animatamente, in lontananza poteva vedere i fratelli di André che fraternizzavano con il gruppo di ragazze avvicinato da Ryan, che se ne stava beato con un finto impacco freddo sul ginocchio e coccolato da una rossa molto graziosa.

Era la prima volta che sperimentava qualcosa di così campestre, e doveva ammettere che le piaceva, le piaceva molto questa famiglia, a parte lo zio Lennie naturalmente, ma tutti sembravano essere così uniti, l’unica persona con cui lei aveva un rapporto simile era sua nonna, per il resto era come se fosse sempre vissuta sola, seguendo regole non sue e ideali che non approvava.

Poi era arrivato André, si era insinuato piano piano nella sua vita, facendole notare cose che a cui non aveva mai badato prima, era come se dopo anni di freddo inverno fosse finalmente arrivata la primavera, cosa significavano tutti quasti sentimenti intricati che provava? Che si stesse davvero innamorando di lui? In cosi breve tempo poi? Era possibile?

I suoi pensieri vennero interrotti da qualcuno che le stava sventolando un piatto sotto al naso, con sopra una fetta gigante di torta.

-Sei troppo seria, non va bene in una giornata così spensierata- André era tornato e le aveva portato il dolce –i perdenti hanno il diritto a doppia razione-

-E gli arbitri?- chiese indicando la sua fettona.

-Gli arbitri meritano un premio per la loro imparzialità!- spiegò allegro.

Si stavano godendo il dolce in santa pace, quando uno dei bambini che stavano giocando nelle vicinanze si staccò dal gruppo marciando dritto verso di loro con passo svelto.

-Ehilá Philip, che succede?- chiese André, il bambino aveva una luce risoluta nello sguardo, mai visto nessuno cosi deciso.

-Ecco, volevo sapere se tu e Oascar state per sposarvi-

-Cosa!- la torta gli ando di traverso,e inizió tossire.

-No Philip, io e André non siamo fidanzati- non sapeva se ridere o arrabbairsi, l’aveva forse mandato qualcuno a spiare?

-Ah! Gliel’avevo detto che non potevate essere fidanzati, non state appicicati tutto il tempo a sbaciucchiarvi!- disse trionfante e facendo un gesto si assenso ai compagnetti poco distanti.

-Fatti gli affari tuoi pulce!- poco sapeva che lui non pensava ad altro, stare appiccicato a lei a sbacciucchiarsi ogni minuto.

-Se lui non ti sposa io sono disponibile- disse serio ad Oscar.

-Ehi! Trovate una della tua taglia!- stentava a crederci, si era aspettato che qualcuno ci provasse con lei, ma non il suo cuginetto di otto anni!

-Quelle frignano in continuazione, e non sanno che farsene delle palle da baseball. Non ho mai visto nessuna femmina usare la mazza come fa lei, certe cose non bisogna lasciarsele scappare!- tutto il discorso fu recitato con la più sussiegosa delle espressione.

-Ti ringrazio Philip- era davvero serio pensò lei –se mai mi venisse la voglia improvvisa di sposarmi, tu sarai il candidato numero uno-

-Sempre meglio di niente, ora devo tornare dai miei amici!- giró di spalle e scappo a gambe levate dagli amici, senza dubbio per raccontargli l’avvenuto.

-Che cosa é appena successo?- chiese guardando André di sottecchi, mentre tornava a dedicarsi alla sua torta.

-Vallo a capire-

-Quella é stata la mia prima proposta di matrimonio sai- ammise divertita.

-Ma dai! Che razza di uomini hai frequentato finora!-

-Quelli di età sbagliata apparentemente- la situazione aveva dell’ilare.

-Mha, cerca di non montarti la testa, molto probabilmente nella sua testolina contorta avrà pensato che se ti sposa, sarai costretta a giocare sempre nella sua squadra e così lui può vincere tutte le partite!-

A quel punto nessuno dei due poté trattenre le risate ancora a lungo.

Il sole stava oramai tramontando, tutti avevano sistemato le loro cose e richiamato all’ordine i bambini che non volevano andarsene, ci furono calorosi arrivederdi e di nuovo tanti auguri per l’anniversario di George e Linda, e tutti furono daccordo di fare un’altra riunione al più presto.

Oscar sedeva pensierona accanto ad André, che non poteva fare a meno di chiedersi il perchè di quella faccia serie.

-Come mai cosi silenziosa?- aveva abbassato il volume della radio in modo che potessero parlare civilmente senza alzare la voce.

-Nulla di particolare. La tua famiglia é davvero adorabile, tuo padre e tua madre si rispettano e i tuoi fratelli sono davvero speciali, non mi sorprende che ne sei venuto fuori così bene-

-Sai come si dice “la mela non cade mai lontana dall’albero”- ma il senso di colpa che ultimamente si era fatto più forte lo avvisava che una volta che lei avesse scoperto che le aveva mentito, non sarebbe stata così magnanima nei giudizi.

Il tragitto per tornare a casa fù abbastanza breve, tutti si dichiararono stanchi e pronti a infilarsi sotto le coperte dopo una doccia calda, con la promessa di riunirsi il mattino dopo per colazione con le speciali frittelle allo sciroppo e uvetta di Linda.

Il mattino dopo fecero colazione tardi, e dopo un pigro fine mattinata passato a oziare, era arrivato il momento per loro di tornarsene New York, il loro aereo partiva nel primo pomeriggio.

Si salutarono sulla porta di casa, loro avevano l macchina e non aveva senso che qualcuno li accompagnasse fino all’aereoporto, una lacrimosa Linda lo abbracció intimandogli di tornare presto visto che non lo vedeva spesso, e il padre gli disse semplicemente di stare a sentire sua madre, dal tronde le madri avevano sempre ragione, anche Julian, Ryan e Jean furono d’accordo, una volta tanto, che non si vedevano con regolaritá e che dovevano rimediare in qualche modo.

Oscar non fù esente dai saluti, tutti le dissero di essere stati contenti di aver fatto la sua conoscenza e che speravano di rivederla presto, George la ringraziò ancora per lo stupendo dipinto, Linda le bisbiglió in un orecchio di prendersi cura di suo figlio, chissá che idea si era fatta di loro due, e i fratelli di Andrè con la scusa di abbracciarla e salutarla, e con grande faccia tosta, le fecero scivolare in tasca un biglietto con tutti i loro numeri di telefono.

Il taxi sfrecciava silenzioso per le strade di Manhattan, brulicanti di turisti e di tutti quelli che si accingevano a tornare a casa dopo il fine settimana, i due occupanti della macchina sedevano vicini ma ognuno immerso nei propri pensieri. Non avevano parlato molto durante il volo, anche perché André aveva deciso di schiacciare un pisolino e aveva dormito per quasi tutto il viaggio.

Ma a lei non dispiaceva, aveva avuto ampio tempo per predndere delle decisioni, voleva chiarezza, voleva sapere che tipo di rapporto esisteva tra loro due, si aspettava davvero solo amicizia da lei? O magari qualcosa d’altro? Non né poteva più di stare nell’incertezza, era meglio sapere dove stavano e poi agire di conseguenza, se davvero lui non stava cercando qualcosa di diverso da lei, preferiva esserne sicura, in un modo o nell’altro il loro rapporto sarebbe cambiato da quella sera.

Erano arrivati al suo palazzo, era sicura che lui l’avrebbe accompagnata alla porta, non era molto privato ma era lontano dalle orecchie del tassista, con il cuore che le rimbombava nelle orecchie scese e si avvicinò al portone. Lui era lì al suo fianco, sempre vicino, in queste ultime settimane era come se fosse diventato la sua ombra.

-Spero che ti sia divertita in questi due giorni- le disse piano.

-La tua famiglia é stata molto gntile, sono stati tutti molto carini con me- lui la stava guardando con l’espressione tenera che ormai aveva imparato a conoscere bene e che la scaldava dentro, perché non mi baci André? Si chiese afflitta, e cercando di trovare un modo per sollevare l’argomento che la stava rodendo da diverso tempo.

-Sará meglio che vada, si sta facendo tardi e domani ci sono molte cose da fare in ufficio- la baciò sulla guancia, ma invece di scostarsi subito rimase qualche attimo ancora a inspirare il profumo di lei.

Le loro labbra erano a un soffio l’una dall’altra e Oscar non resistette più, lasciò cadere il borsone a terra e dopo avergli afferato i lembi della maglietta con un piccolo gemito incolló le labbra alle sue. Nessuna reazione, anzi sembrava sconcertato, stava per ritrarsi delusa, quando le braccia di lui la strinsero fino a stritolarla, e lo sentì ricambiare il bacio.

Al colmo della gioia gli fece scivolare le braccia attorno al collo e si alzó in punta dei piedi per consentirgli un migliore accesso e per aderigli completamnte contro il corpo.

Finalmente lo stava baciando! Schiuse le labbra per dargli campo libero e quando la lingua di lui trovò la sua, fù come se una serie di fuochi d’artificio le si erano accesi dentro bruciandola, ma allo stesso tempo innondandola di colori brillanti, si sentiva fiamme, aveva come la sensazione che ogni fibra del suo corpo stesse per sciogliersi in una pozza di fuoco liquido, non voleva smettere ma allo stesso tempo voleva che le cose rallentassero, tutto era troppo veloce.

Si staccaro con un sorriso tremante e il fiato corto.

-Avevo iniziato a...pensare che fossi...gay- la sua risata roca e profonda la fece tremare in maniera deliziosa.

-Con la sofferenza di queste ultime settimane...ti assicuro che ho iniziato a desiderarlo!- se la strinse più vicina se era possibile, non voleva perdersi nessuna delle sue curve che gli premevano contro in maniera così sensuale.

-Dillo a me!- le scappò un ansito quasi di dolore –accidenti a te e ai tuoi baci casti sulla porta di casa! Mi hai fatto impazzire, pensavo che non te ne importasse nulla!-

-Ah Oscar...- con un sospiro le accarezzó una guancia con le nocche della mano –non hai ancora capito che mi sono totalmente e irrimediabilmente innamorato di te?-

-Eh?- si era spettata passione e desiderio, ma non quello, il cuore le batté ancora più violentemente in petto.

-Perché credi che ti abbia portato a casa dai miei?- ma non si apettava una risposta –volevo farti capire quanto tu sia diventata importante per me, quanto tu sia speciale e quanto desideri averti accanto a me. Tenerti stretta e starti vicino-

-Perchè...- inizio con voce malferma –perché non hai detto nulla prima? Credevo volessi davvero che ci fosse solo amicizia tra noi due-

-Perchè l’ultima volta che mi sono fatto avanti con una proposta abbiamo litigato, perché volevo che superassi da sola tutti i dubbi che avevi sul nostro rapporto e volevo inoltre che ti lasciassi un pó andare, facendo emergere la ragazza dolce e sensibile che tieni sempre sotto chiave, quella in grado di dipingere quandri che riescono a toccarti nel profondo con la loro bellezza-

Per la prima volta da un tempo immemorabile gli occhi le si riempirono di lacrime, come aveva fatto? Come aveva fatto a vedere tutte le cose che lei aveva cercato di nascondere e soffocare negli anni, dedicandosi alla sua carriera come voleva il padre, ma lui era riuscito a vedere al di lá, non si era convinto come tutti gli altri che lei fosse fredda e inavvicinabile.

-Andrè...- cosa poteva dirgli? L’emozione le serrava la gola, e non sapeva davvero cosa rispondere a ció che lui le aveva appena detto.

-Mio piccolo tesoro, non piangere- le asciugò le ciglia umide con il pollice, aveva capito, non c’erano bisogno di parole, non in quel momento.

La bació nuovamente, ma questa volta con una dolcezza infinita che rischiò davvero di farla scoppiare in singhiozzi, la testa le girava e il corpo tremava incontrollabilmente, aveva bisogno di qualche minuto per riprendersi.

-E adesso?- gli chiese quando lui posó la fronte alla sua con gli occhi chiusi, cercando di riprendere fiato –che si fá, come procediamo?-

-Sta a te deciderlo, come prima cosa è meglio che me ne vada, altrimenti saró tentato di rimanere con te tutta la notte ed e meglio di no, non in questo momento- quasi rise all’espressione delusa e afrranta di lei, se non fosse per il fatto che lui si sentiva allo stesso modo, se non peggio –non disperare ci vediamo in ufficio tutti i giorni-

-Non é la stessa cosa- ma forse aveva ragione lui, doveva allontanarsi per poter riflettere.

-Non disperare, ora che ti ho trovata non ti lascerò scappare tanto facilmente- le diede un’altro bacio veloce e la spinse verso la porta –vai, prima che quegli occhioni azzuri che ti ritrovi mi facciano cambiare idea-

-Buona notte- gli auguró con un dolce sorriso che lo colpì dritto alla bocca dello stomaco.

-Dormi bene amore mio-

Alla svelta rientró nel taxi dicendo al conducente di ripartire, non si voltò a guardarla, se l’avesse fatto, sarebbe immediatamente tornato da lei, facendo crollare tutti i buoni propositi, doveva lasciarla sola darle tempo, voleva che una volta tra le sue braccia ci rimanesse per sempre.

-Sembra che non ti sia andata bene stasera amico-

Il tono divertito dell’autista lo fece tornare in se.

-Ti assicuro che invece mi é andata benissimo!- e il sorriso che gli spuntó sulle labbra non volle proprio andare via, neanche mentre dormiva.

  
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