‘Melody’
ll
parco era avvolto da una strana luce arancione.
Era
l’alba.
L’alba di una mattina ancora da scoprire.
L’aria pungente viaggiava a velocità media, spinta da un
leggero venticello primaverile che molte persone amavano contemplare dopo il
gelido freddo della stagione precedente.
Un
uomo correva, con le scarpe bianche da ginnastica ai piedi, per la
strada di quel parco isolato.
I
capelli castani era tenuti alzati con una fascia rossa, rossa come il suo viso
accaldato dallo sforzo.
James Ludieri, era un giovane sportivo che, a passo di marcia,
si lasciava alle spalle il mondo circostante in una corsa
leggera.
Dietro di se non vi era quasi nessuno, solo qualche altro
essere umano camminava indistinto chi leggendo il giornale chi altri portando a
spasso il cane.
Erano, d'altronde, le cinque del mattino e la bella città di
New York era ancora spenta agli occhi di un giorno ancora alle
porte.
Con
la musica nelle orecchie, e il fiato pesante per lo sforzo il ragazzo si fermò
dopo poco innanzi ad una panchina.
Stese le gambe muscolose e le stiracchiò per far riposare i
muscoli indolenziti.
Poi
sospirò.
I
suoi occhi celesti, celesti come il mare e quel cielo che sopra di lui ancora
riposava avvolto da un chiaro tepore, si persero a guardare un'altra figura poco
distante da lui.
Nella panchina precisamente davanti alla sua vi era seduta una
ragazza dai bei capelli mori e lunghi che scendevano in boccoli
ordinati.
Gli
occhi, di un colore a lui indefinito, erano nascosti tra le sue mani chiare e la
schiena, ricurva e scossa dai singhiozzi, gli fecero capire che la giovane stava
piangendo.
Combattendo con se stesso, il ragazzo si fermò a guardarla con
attenzione.
Anche se non era completamente scoperta alla sua vista, poteva
dire che era una bella ragazza dai lineamenti fini e
eleganti.
La
vita sottile le donava una figura gentile e delicata.
Con
un sorriso,James , si accorse che gli dispiaceva che la giovane
stesse piangendo.
Anche se era sempre stato una persona leggermente emotiva non
era mai arrivato a provare sentimenti e dispiacere, o anche gioia, per una
persona sconosciuta.
Ma
vedere il volto di quella ragazza rigato dalle lacrime,sentire i suoi gemiti
delicati gli fecero stringere forte lo stomaco e non di certo per lo sforzo
appena compiuto in seguito ad una corsa di un ora senza
sosta.
Sospirò.
Il
giovane fu quasi tentato di avvicinarsi alla ragazza per cercare almeno di
consolarla ma le gambe gli si bloccarono sul posto come se sostenute da cemento
invisibile.
Non
riusciva a capire tutto il rammarico che provava per quella ragazza che ora
piangeva ad un capezzale che non era nemmeno il suo.
Non
riusciva minimamente a immaginare perché il suo cuore si spezzasse al vedere la
sua schiena sussultare.
Che
fosse stato un colpo di fulmine, il suo?
James alzò lo sguardo a guardare il cielo, una mano al cuore
che ancora batteva forte per lo sforzo precedentemente compiuto con la
corsa.
Senza staccare gli occhi dalla ragazza,poi, si sedé sulla
panchina dietro di lui, le mani congiunte sotto il mento come sostegno per la
sua testa.
Solo
una volta aveva vissuto le stesse emozioni, James le ricordava bene, e le aveva
provate con sua moglie quando l’aveva conosciuta solo dieci anni
prima.
Non
era vecchio,questo lui lo sapeva aveva solo trenta anni, ma sulle sue spalle lui
viveva un avventura che mai a nessuno avrebbe augurato.
Era
vedovo da poco ma la sua vita aveva già ripreso una piega normale, di quelle
che, anche se non volendo, avevano reso la sua esistenza normale, simile a
quella di ogni altro suo coetaneo.
Lavorava, mangiava e spesso,tra un ora e l’altra, riusciva
anche a ritagliare un piccolo momento per uscire con gli
amici.
La
sua vita era ritornata quella di sempre, quella che conduceva prima e dopo il
suo matrimonio.
Ma
nel cuore, James, aveva un grande foro.
Piccolo e profondo, come se un pugnale avesse scavato,esso
risaltava su tutto lasciandogli a volte l’amaro in bocca di quelli nemmeno
bevendo alcol pesante riusciva a colmare.
Lui
aveva amato Amy , l’aveva amata con il cuore e con le aveva passato di quattro
anni migliori della sua vita.
Amy
era una ragazza dolce e premurosa con i capelli scuri e gli occhi
verdi.
Amy
era stata la prima ragazza che aveva sentito veramente di adorare, la prima con
la quale si era veramente aperto su tutto.
Ma
poi Amy, era morta.
Defunta senza dare spiegazioni,lei era morta in un baratro di
incognite.
Il
suo corpo giovane era stato ritrovato da lui stesso freddo e privo di vita ai
lati della strada.
Non
aveva mai saputo come, ma James era consapevole che lei fosse caduta dal settimo
piano del loro modesto appartamento.
Aveva pensato, a volte, che lei si fosse suicidata lasciandolo
solo, lì, in quel mondo che scorreva monotono davanti ai suoi
occhi.
Ma
poi era giunto alla conclusione che la sua poteva essere anche una morte
casuale, e che, come avevano ipotizzato le forze dell’ordine, avesse perso
l’equilibro mentre stendeva i panni.
Probabilmente canticchiando, come faceva sempre quando era di
buon umore o forse, James ne sorrise al pensiero, imbronciata
borbottando maledizioni e brutte parole che mai avrebbe voluto per
vere.
Ma
Amy era fatta così.
O
meglio, Amy era stata fatta così, perché ora di suo vi era solo un nitido
ricordo-
Erano passati solo due anni dalla sua morte, e James ancora
sentiva un vuoto intorno a lui anche se non aveva mai
pianto.
Nemmeno al funerale aveva versato lacrime, nemmeno al suo
ultimo saluto.
Mai.
Ora
James era solo, veramente privo di compagnia, senza nemmeno un figlio
lasciatogli da Amy come suo ultimo ricordo.
Con
uno sbuffo,James ricordò il dolore che provò quando cinque mesi prima della sua
morte il dottor li aveva rivelato che sua moglie era
sterile.
Ma
neanche lì, anche se diventare padre era il suo sogno più segreto, aveva
pianto.
Era
restato impassibile, come se la notizia fosse di poco conto, come se gli
avessero appena rivelato che avrebbe dovuto svolgere del lavoro
extra.
Impassibile.
Nemmeno una smorfia gli aveva rigato il
volto.
Ma
dentro di se, James soffriva.
Soffriva come un cane.
Per
colmare quel dolore che sentiva dentro,James allora aveva iniziato a correre
come faceva sempre quando era giovane alla comoda età dei
vent’anni.
Come
ogni mattina s’alzava alle quattro del mattino per andare a respirare il fresco
venticello del parco.
Ma
questa volta, davanti a se, non aveva solo la vegetazione ma una vera e propria
ragazza che piangeva.
Non
aveva mai sentito il bisogno di consolare una persona, non da quando Amy era
morta, ma questa volta la voglia di poter aiutare quella donna era
irresistibile.
Dopo
aver guardato ancora una volta il cielo, James s’alzò e raggiunse la
donna.
Come
aveva pensato era una donna di incredibile e bellissimo
aspetto.
Gli
occhi, ancora nascosti tra le piccole e delicate mani, erano chiari lo avrebbe
scommesso.
-Serve aiuto?-la frase più stupida ma anche l’unica che gli era
venuta in mente nel momento esatto in cui s’inginocchiato al suo
fianco.
La
ragazza si fermò all’istante dal piangere ma non alzò lo
sguardo.
-Scusi la mia prepotenza,ma l’ho vista piangere e non ho potuto
fare a meno di provare tenerezza per lei. Posso aiutarla?-tentò
ancora.
Con
un sorriso James s’accorse che la ragazza aveva smesso definitivamente di
piangere e che stava alzando delicatamente il viso.
I
capelli mori le ricadevano sulle spalle, e gli occhi erano ancora
arrossati.
Era
ancora più bella, ora che il volto era scoperto dalle sue mani ma ancora
tremendamente più sconvolgente.
Come
scottato James s’alzò all’istante dalla sua posizione e ritirò la
mano.
La
bocca gli si aprì in una smorfia di pura meraviglia.
I
suoi occhi celesti scrutarono quelli della donna che,circondati da un alone nero
che era trucco sciolto, lo guardava con smarrimento
totale.
L’uomo allungò una mano, lentamente, come se spaventato
che gliela potessero staccare.
Poi
parlò:- Amy … Amy?- la sua voce era un sussurro.
Davanti a lui vi era una donna che era la stessa caricatura
della donna che lo aveva reso la persona più felice ma anche la più
triste.
Davanti a le, in uno spettro dall’alone dell’alba, Amy piangeva
in singhiozzi momentanei.
La
donna lo guardò, guardò James con quanta più meraviglia potesse provare poi
sorrise e con un urlo di pura agonia si lanciò tra le sue
braccia.
Quando i suoi capelli castani toccarono il soffice petto di
James, l’uomo non potè che alzare gli occhi al cielo per vedere se stesse
piovendo.
Ma i
suoi occhi celesti videro solo un limpido paradiso innanzi a loro, senza la
minima traccia di nubi o pioggia.
E
solo allora, per la prima volta nella sua vita, James s’accorse di stare
piangendo.
-Oh, Amy!-
Quando Amy si staccò dal petto di James, dopo minuti che
parvero ore, l’uomo aveva i capelli che si muovevano in tutte le parti a causa
del vento che inalava la giornata.
La
sua mano era ancora ferma, lì, dove un tempo ci stava poggiata la testa della
ragazza e alla quale era intento, poco prima, a lasciare candide carezza di
tenerezza.
Non poteva credere di averla ritrovata.
-Amy?- chiamò ancora.
La
sua voce, per quanto roca era spenta da ogni decisione.
-Come, come sei tornata?-
Nessuna risposta.
James vide solo che il volto della ragazza era chinato verso il
basso, a guardare il cemento.
I
capelli mori le coprivano la vista.
-Amy?-chiamò ancora – perché non mi
rispondi?-
Altro silenzio, straziante silenzio.
-Se
non puoi parlare, almeno dimmi che resterai, perché
resterai,vero?-
Muto.
La
sua bocca era muta.
E poi l’insospettabile:
Amy
alzò lo sguardo lo fissò in quelli dell’uomo
I
suoi occhi erano verdi, come li aveva sempre ricordati, ma erano anche spenti da
ogni aspettativa.
La
sua mente era spenta, come in black-out.
Il
suo cuore, James se ne accorse solo quando l’abbracciò di nuovo, muto come la
sua voce.
-Amy,che succede?-
-Io,
io non sono Amy!-la rivelazione della donna fu come un nuovo
foro nel petto di James come se, quel famoso coltello, avesse preso nuovamente a
lacerare le sue stima.
-In
che senso?.-
Staccandosi dall’abbraccio, la giovane si mise di fronte a lui
e con un gesto fluido diede a lui la collana che portava al
petto.
-Prendi!-
-Che, che ci devo fare?-
La
ragazza mimò più forte il pugno spingendolo contro quello dell’uomo che
l’afferrò, senza parlare.
-Io
non sono Amy .- disse ancora lei tenendo con la sua mano chiusa quella di lui,
come se non la potesse aprire-io non sono chi tu credi io
sia.-
I
suoi occhi si riempirono di lacrime, ancora.
-Come, cosa vorresti dire? Tu sei Amy, la mia Amy!-la sua voce
risuonò per il parco ancora privo di persone.
-No,
io non sono Amy .- ribadì lei,come recitando una poesia a memoria- Amy non
esiste più.Amy è morta.-
Quelle parole,ferirono James nel profondo ma ancora di più lo
ferì la mano di lei-
Era
fredda.
Ghiacciata e bianca e non come calda e rosea come quelle che
aveva sempre avuto da sposati.
La
sua sinistra, poi se ne accorse con stupore, non portava più la fede ma un
anello bianco di cerchio elegante.
-
Dov’è la tua fede?-
Ma
lei non rispose continuando a tenere con la sua mano fredda quella chiusa di lui
a pugno.
Dalla sua mano bianca, però James se ne accorse, ne usciva il
laccio della catenina d’argento della ragazza.
James la guardò a lungo, perdendosi nel verde prato di lei e
cercando di leggere tutto quello che poteva dargli.
Gli
occhi di Amy era spenti, quasi come l’erba bagnata e non smeraldini come quelli
della Sua Amy.
Le
sue iridi erano ghiacciate e ferme, decise e non timide e calde come quelle
di sua moglie Amy.
Le
ciglia, perfette e lunghe, erano curate e delineate e non piccole e chiare come
quelle che aveva avuto Amy nei suoi anni di matrimonio.
Amy
era fredda, e non gentile come la sua Amy.
-Tu non sei Amy! Chi sei?- disse ad un
tratto James, rabbrividendo e cercando di liberare la sua mano da quella di lei
che, però, la teneva stretta.
-Non
ti spaventare.- disse lei, senza cambiare tono e senza cercare di convincerlo
del contrario-non ti farò del male!-
-Chi
sei tu?-sibilò lui velenoso, tanto da far indietreggiare lei e liberare le loro
mani che ancora erano intrecciate.
Lui
la guardò spesato da quel suo istintivo comportamento me solo dopo che lei parlò
sentì il suo cuore fremere d’eccitazione.
-Apri!-ordinò lei, indicando con il capo bianco la mano che lui
ancora teneva chiusa come se fosse stata sorretta dalla propria- Apri ed avrai
le tue spiegazioni!-
Quando James aprì la sua mano ritrovò steso sul suo palmo la
collana d’oro bianco che lui stesso le aveva regalato al loro primo anniversario
di matrimonio.
-Te
la ricordi?- chiese lei, con la testa inclinata di lato.
Lui
non rispose limitandosi a aprire il ciondolo a forma di cuore che conosceva
bene.
Tra
le sue dita goffe e fredde s’aprì il ciondolo che si ritrovò ad essere proprio
come lui lo ricordava.
Nel
carattere in corsivo di una scrittura che aveva scelto stesso lui, vi era
impressa una sola parola:
“Melody”
Il
fiato gli macò in gola.
-Te
lo ricordi?- gli chiese lei con un sorriso dolce sul viso che, bellissimo e
candido, era solo lo specchio di quello che era stato in
passato.
-Sì.- respirò lui,.
E
James se lo ricordava bene cosa significasse quella
parola.
Melody era
il soprannome che lui le aveva dato per la sua voce dolce e
rilassante.
Melody era
il modo in cui la chiamava, a differenza di Amore o
tesoro.
Melody era anche il suo cognome, anche se bizzarro, di sua
moglie.
Amy
Melody.
Melody era la sua musa ispiratrice.
-Come lo fai ad avere?-chiese James, con le mani ancora avvolte
nella collana e gli occhi lucidi.
Il
sorriso che il viso di Amy gli donò gli fece scordare tutto, anche il suo
nome:
-Io
lo tengo perché è morto con me!-
Quelle parole riecheggiarono nel cuore dell’uomo che rimase
senza parole.
-Secondo te, perché sono fredda James? Secondo te perché
piango? Io sono morta. Io, sono solo uno spettro dei tuoi
ricordi!-
-Ma
io, io ti ho toccata.- protestò lui, freddo.
-Non
centra nulla- lei scosse il capo- io non sono vera. Io non sono
Amy-
Quella rivelazione, che se non nuova alle sue orecchie, fecero
soffrire James come non mai e poi, con un peso nel cuore lui le porse le mano
che lei non accettò subito.
Con
le lacrime agli occhi e con la sofferenza nell’anima lui l’abbracciò prima che
lei scoppiò a piangere ancora.
-Sai
una cosa? Io ti credo,Melody-
Il
sole era sorto, erano ormai le otto del mattino quando James s’alzò dalla
panchina per guardare nuovamente Amy negli occhi.
Dopo
un minuto di silenzio, lei parlò.
-Devo andare!-
-Dove?-
Lei
guardò il cielo per poi indicarlo con l’indice -nel mio
posto!-
-Devi proprio?-
-E’
il mio posto! La mia casa!-
Senza parlare più sciolse lentamente il suo abbraccio e poi le
loro mani.
-Mi
mancherai!-
-Anche tu,James … -i suoi occhi verde spento s’incatenarono a
quelli celeste cielo di lui- sai,- disse lei sfiorandogli il visoironicamente
alludendo al paradiso-mi basta guardare i tuoi occhi per sentirmi a
casa!-
E
senza dare più il tempo a lui di replicare, la sua mano scomparve seguita poi da
tutto l’aroma del ricordo.
L’arto di lui era ancora proteso verso il corpo di lei, nel
quale lei era stata prima quando poi rimase solo.
Solo, ancora solo rimase.
Sorrise amaramente, tra le lacrime James ,mentre una dolce
melodia s’apriva di sottofondo.
Erano passati due mesi e James come da rituale s’alzava ogni
mattina presto per andare a correre.
L’ultima visita di Amy era stata anche la prima che lei gli
aveva fatto, e sarebbe stata anche la l’unica.
Però, lei, gli aveva lasciato in ricordo un piccolo cuore
palpitante.
James sorrise mentre il suo sguardo si perse nel cielo e nel
momento esatto si toccò con la mano il ciondolo che ancora portava al collo da
quando lei glielo aveva dato.
Il
ciondolo che gli dava la forza di capire che quello non era stato un ricordo,
che quello non era stato un sogno.
Melody.
Il
ciondolo della sua storia, per averla accanto anche da morta.
Sempre
Mentre correva, James sentì dei singhiozzi nella mattina
all’alba e si fermò a guardarsi intorno.
Dapprima non vide niente ma poi scorse una figura, ai piedi di
una panchina piangere disperata.
Una
ragazza, al cospetto di un albero, singhiozzava in
silenzio.
Come
caduto in un Deja-vù, James si fermò a guardarla.
I
capelli era castani, chiari, e gli occhi erano nascosti nel
grembo.
Sorrise, prima di avviarsi al suo fianco senza nemmeno pensare
più di tanto a come comportarsi.
S’inginocchiò e parlò:
-Salve, serve aiuto?-
La
ragazza sentendo che non era sola, alzò lo sguardo rivelandolo di averlo di un
castano chiaro quasi dorato e leggermente arrossato dal
pianto.
-No,
non si preoccupi, grazie- disse con la voce incrinata ma sforzandosi di
mantenerla ferma.
James sorrise, porgendole la mano.
-Stia calma, non si preoccupi. Qualsiasi problema lei abbia non
si lasci scoraggiare.-
Dopi
un timido sorriso lei strinse la sua mano e inclinò il capo, tirando su con il
naso.
-Grazie. Io sono Melody. Melody Gilly, e
lei?-
James sorrise, stringendosi al petto il ciondolo e guardando il
cielo.
Limpido, esso, sfocava ancora in arancione di quel sole che
sorgeva appena e una stella brillava ancora in quella notte appena
conclusa.
In
quel cielo,James non seppe perché, vide il sorriso di Amy e sorrise di
rimando.
-Piacere Melody- disse cercando di non ridere armonioso-
Io sono James. Lo sa che ha un nome molto bello?-