La
casa era bizzarra. L’arredamento, i colori, tutto
era bizzarro. Non che Lawliet non si trovasse a suo agio, ma
quell’ambiente era
davvero strambo. Il Signor Wammy, soprattutto, era strambo. Non aveva
neanche
accennato al fatto che Lawliet avesse bagnato i sedili della sua
preziosissima
macchina.
Ovunque,
nell’abitazione, erano sparsi oggetti che
lui non aveva mai visto. Era curiosissimo, ma non osava chiedere, e
nemmeno
sperimentare di persona. Era troppo preso dall’angoscia, e
non se la sentiva di
chiacchierare amichevolmente con uno sconosciuto.
Lo
sconosciuto, il signor Wammy, appunto, lo chiamò:
“Lawliet!
Vieni da questa parte, fatti un bagno! Troverai
che la vasca è così confortevole… su,
non fare troppi complimenti!”
Il
ragazzo voltò la testa verso il punto da cui
proveniva la voce. Il signor Wammy era in cima a una rampa di scale e
si era
vestito da maggiordomo inglese. Poi Lawliet rifletté: non
c’era traccia di
servitù in quella casa. Che abitudine stramba, farsi da
maggiordomo da solo.
“Non
essere timido, Lawliet. Scoprirai che in realtà
io e te ci conosciamo da molto tempo!” lo chiamò
ancora il vecchio.
Lawliet
non ebbe voglia di ragionare su
quell’affermazione, benché avesse suscitato dei
dubbi in lui. Salì, raggiunse
il signor Wammy, e lasciò che lo scortasse fino a un bagno
spazioso, con un’ampia
vasca bianca, piena d’acqua calda fumante e schiuma.
“Fa’
pure come se fossi a casa tua…” lo
incitò il
vecchietto “Be’, in effetti è casa
tua…” ridacchiò sotto i baffi, porse a
Lawliet un asciugamano, e fece per uscire.
“Grazie.”
Mormorò il ragazzo.
Era
la prima parola che aveva detto da quando era
rimasto solo con il signor Wammy.
Lawliet
si spogliò lentamente, e si guardò allo
specchio. Era piuttosto sciupato, dall’ultima volta in cui si
era rimirato. Le
spalle ossute e candide, l’addome piatto e perfetto, le gambe
lunghe. Gli
piaceva il proprio corpo nudo, che nonostante
l’esilità, era molto forte.
Provò
un brivido di piacere quando infilò un piede
nell’acqua calda, e con grazia, si immerse nella vasca. Era
davvero già troppo
alto per la sua età.
Lasciò
che l’acqua gli accarezzasse la pelle, quando
un oggetto, anzi, un particolare, colse la sua attenzione. Sul bordo
interno
della vasca, c’era una specie di sporgenza, qualcosa di
simile a un piccolo
interruttore.
Si
chiese cosa potesse essere. Non di certo serviva
a svuotare la vasca, perché aveva già individuato
l’interruttore per quello. E
allora cos’era?
-Come dice il
nonnetto, ora è casa mia- pensò –Tanto
vale non farsi scrupoli.-
Lo
sfiorò con le dita, e poi lo premette. Sembrò non
succedere nulla, ma dopo qualche secondo, un fluido pesante e
appiccicoso gli
scivolò nel bel mezzo della testa, tra i lunghi capelli
scuri.
-Un
distributore per lo shampoo?- pensò Lawliet –Ma tu
guarda, un sistema per
lavarsi i capelli… e per di più, attraversa la
vasca all’interno di un tubo,
così che lo shampoo si riscaldi e ti finisca dritto dritto
in testa senza
congelarti. Non avevo mai visto nulla di simile.”
Si
mise il dito indice tra le labbra. Sì, era sicuro
di averla pensata giusta, che lo shampoo attraversasse davvero un tubo,
perché
era caldo.
Si
portò le mani alla testa, e iniziò a insaponarsi
i capelli. Li aveva sempre portati lunghi, ma da quando erano morti i
suoi
genitori, circa quattro mesi prima, non li aveva ancora tagliati.
Guardò
ancora l’interruttore, e una scintilla gli
balenò negli occhi.
-Un
conduttore…- disse nella sua mente – Un
incendio…
un interruttore…-
Sgranò
gli occhi.
-I
miei genitori…-
Sobbalzò
nella vasca, e ansimò. Qualcosa gli stava
sfuggendo. Eppure aveva sentito come una scarica elettrica dentro la
sua mente.
Non
aveva mai abbandonato quell’idea. Non era stato
un incidente… quell’incendio, non era scoppiato
per caso. Quegli stupidi
poliziotti…
Si
rilassò ancora, e si rese conto di quanto davvero
gli avesse fatto male stare al freddo sotto la pioggia. Le ossa gli
facevano
tanto male.
Venne
fuori dal bagno indossando una vestaglia
bianca che aveva trovato appesa a un attaccapanni, e gli corse subito
incontro
il signor Wammy, trasportando un carrello con tè caldo e
dolcetti alle fragole.
I suoi preferiti. A quel punto, Lawliet non seppe più
trattenersi:
“Mr.
Wammy…” chiese “Cosa lo ha portato in
quell’orfanatrofio
disastrato a scegliere proprio me per la sua adozione?”
sollevò lo sguardo, e
con i suoi occhi grigi scrutò ogni espressione
dell’uomo.
Il
signor Wammy sorrise:
“Adozione?
Io non ti ho adottato Lawliet. Sono per
eredità il tuo maggiordomo.”
“Il
mio..?”
“Sì,
ma tu probabilmente non ricordi. Quando eri
appena nato, i tuoi genitori mi assunsero per dar loro una mano alla
casa… e
dopo un po’, mi concessero di andare in Giappone per
terminare alcuni miei
lavori. Al mio ritorno, però, non avevano più
bisogno di me. Così mi misero a
badare a questa casa, che era di loro proprietà, ma adesso
appartiene a te.” Spiegò
il vecchietto “Certo, ho apportato alcune modifiche. I
servizi sociali ti hanno
erroneamente affidato a quell’orfanatrofio, Lawliet, e con i
tempi di
burocrazia che girano oggi, solo qualche settimana fa è
stato analizzato il
testamento… secondo il quale hai ereditato me come
maggiordomo e come tutore,
non avendo tu altri parenti.”
Lawliet
rimase agghiacciato. Dunque, i suoi genitori
avevano pensato a provvedergli
un’eredità… significava forse che
sapevano che
di lì a poco sarebbero morti? Doveva forse considerarlo un
ulteriore indizio
per provare che la loro morte non era stata accidentale? No…
stava perdendo
lucidità.
“Ah,
ora capisco perché non si preoccupava che gli
inzuppassi la macchina, è praticamente tutta roba mia. Ora
capisco anche perché
ci teneva a portarmi qui il prima possibile.” Si
limitò a dire “Mr. Wammy…”
“Chiamami
Watari, Lawliet. In Giappone, mi hanno
sempre chiamato così.”
“Oh,
bene, Watari, io… ho il sospetto che qualcuno
abbia pianificato la morte della mia famiglia.” Disse Lawliet
tutto d’un fiato.
Watari
sospirò e chiese:
“Hai
delle prove?”
“No…”
rispose lui mortificato “Non ancora. Ma
potrei…”
“Ho
avuto la stessa sensazione anch’io, Lawliet.” Disse
l’altro, interrompendolo “Ho persino ingaggiato un
investigatore privato per
risolvere il caso.”
“Un
investigatore privato?” Lawliet deglutì
“Ma chi
sei precisamente tu?”
“Oh…
sono stato un inventore. Adesso in veste di
maggiordomo.”
Il
ragazzo lo guardò stranito, si mise il pollice
tra le labbra.
“Un
inventore, eh?”