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Autore: Misaki_Vania    16/03/2010    0 recensioni
-Una FF dedicata al passato di L- "Non aveva mai tremato così in vita sua. Su quel soffitto, sotto la pioggia gelida, c’era una sagoma rannicchiata. La folta chioma di capelli scuri gli ricadeva sul viso, zuppa d’acqua. In lontananza, l’eco delle campane di una chiesa vicina a quell’orfanatrofio così decadente. Il ragazzo era a piedi nudi, osservava da lassù tutta Londra. Il Big Ben aveva persino un’aria più triste, in quel momento. Il cielo nero e pieno di nuvole, sebbene fosse appena arrivata la sera. -I miei genitori…- pensava – Non ci sono più… un incendio… - "
Genere: Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, L, Watari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La casa era bizzarra. L’arredamento, i colori, tutto era bizzarro. Non che Lawliet non si trovasse a suo agio, ma quell’ambiente era davvero strambo. Il Signor Wammy, soprattutto, era strambo. Non aveva neanche accennato al fatto che Lawliet avesse bagnato i sedili della sua preziosissima macchina.

Ovunque, nell’abitazione, erano sparsi oggetti che lui non aveva mai visto. Era curiosissimo, ma non osava chiedere, e nemmeno sperimentare di persona. Era troppo preso dall’angoscia, e non se la sentiva di chiacchierare amichevolmente con uno sconosciuto.

Lo sconosciuto, il signor Wammy, appunto, lo chiamò:

“Lawliet! Vieni da questa parte, fatti un bagno! Troverai che la vasca è così confortevole… su, non fare troppi complimenti!”

Il ragazzo voltò la testa verso il punto da cui proveniva la voce. Il signor Wammy era in cima a una rampa di scale e si era vestito da maggiordomo inglese. Poi Lawliet rifletté: non c’era traccia di servitù in quella casa. Che abitudine stramba, farsi da maggiordomo da solo.

“Non essere timido, Lawliet. Scoprirai che in realtà io e te ci conosciamo da molto tempo!” lo chiamò ancora il vecchio.

Lawliet non ebbe voglia di ragionare su quell’affermazione, benché avesse suscitato dei dubbi in lui. Salì, raggiunse il signor Wammy, e lasciò che lo scortasse fino a un bagno spazioso, con un’ampia vasca bianca, piena d’acqua calda fumante e schiuma.

“Fa’ pure come se fossi a casa tua…” lo incitò il vecchietto “Be’, in effetti è casa tua…” ridacchiò sotto i baffi, porse a Lawliet un asciugamano, e fece per uscire.

“Grazie.” Mormorò il ragazzo.

Era la prima parola che aveva detto da quando era rimasto solo con il signor Wammy.

Lawliet si spogliò lentamente, e si guardò allo specchio. Era piuttosto sciupato, dall’ultima volta in cui si era rimirato. Le spalle ossute e candide, l’addome piatto e perfetto, le gambe lunghe. Gli piaceva il proprio corpo nudo, che nonostante l’esilità, era molto forte.

Provò un brivido di piacere quando infilò un piede nell’acqua calda, e con grazia, si immerse nella vasca. Era davvero già troppo alto per la sua età.

Lasciò che l’acqua gli accarezzasse la pelle, quando un oggetto, anzi, un particolare, colse la sua attenzione. Sul bordo interno della vasca, c’era una specie di sporgenza, qualcosa di simile a un piccolo interruttore.

Si chiese cosa potesse essere. Non di certo serviva a svuotare la vasca, perché aveva già individuato l’interruttore per quello. E allora cos’era?

 -Come dice il nonnetto, ora è casa mia- pensò –Tanto vale non farsi scrupoli.-

Lo sfiorò con le dita, e poi lo premette. Sembrò non succedere nulla, ma dopo qualche secondo, un fluido pesante e appiccicoso gli scivolò nel bel mezzo della testa, tra i lunghi capelli scuri.

 -Un distributore per lo shampoo?- pensò Lawliet –Ma tu guarda, un sistema per lavarsi i capelli… e per di più, attraversa la vasca all’interno di un tubo, così che lo shampoo si riscaldi e ti finisca dritto dritto in testa senza congelarti. Non avevo mai visto nulla di simile.”

Si mise il dito indice tra le labbra. Sì, era sicuro di averla pensata giusta, che lo shampoo attraversasse davvero un tubo, perché era caldo.

Si portò le mani alla testa, e iniziò a insaponarsi i capelli. Li aveva sempre portati lunghi, ma da quando erano morti i suoi genitori, circa quattro mesi prima, non li aveva ancora tagliati.

Guardò ancora l’interruttore, e una scintilla gli balenò negli occhi.

-Un conduttore…- disse nella sua mente – Un incendio… un interruttore…-

Sgranò gli occhi.

-I miei genitori…-

Sobbalzò nella vasca, e ansimò. Qualcosa gli stava sfuggendo. Eppure aveva sentito come una scarica elettrica dentro la sua mente.

Non aveva mai abbandonato quell’idea. Non era stato un incidente… quell’incendio, non era scoppiato per caso. Quegli stupidi poliziotti…

Si rilassò ancora, e si rese conto di quanto davvero gli avesse fatto male stare al freddo sotto la pioggia. Le ossa gli facevano tanto male.

Venne fuori dal bagno indossando una vestaglia bianca che aveva trovato appesa a un attaccapanni, e gli corse subito incontro il signor Wammy, trasportando un carrello con tè caldo e dolcetti alle fragole. I suoi preferiti. A quel punto, Lawliet non seppe più trattenersi:

“Mr. Wammy…” chiese “Cosa lo ha portato in quell’orfanatrofio disastrato a scegliere proprio me per la sua adozione?” sollevò lo sguardo, e con i suoi occhi grigi scrutò ogni espressione dell’uomo.

Il signor Wammy sorrise:

“Adozione? Io non ti ho adottato Lawliet. Sono per eredità il tuo maggiordomo.”

“Il mio..?”

“Sì, ma tu probabilmente non ricordi. Quando eri appena nato, i tuoi genitori mi assunsero per dar loro una mano alla casa… e dopo un po’, mi concessero di andare in Giappone per terminare alcuni miei lavori. Al mio ritorno, però, non avevano più bisogno di me. Così mi misero a badare a questa casa, che era di loro proprietà, ma adesso appartiene a te.” Spiegò il vecchietto “Certo, ho apportato alcune modifiche. I servizi sociali ti hanno erroneamente affidato a quell’orfanatrofio, Lawliet, e con i tempi di burocrazia che girano oggi, solo qualche settimana fa è stato analizzato il testamento… secondo il quale hai ereditato me come maggiordomo e come tutore, non avendo tu altri parenti.”

Lawliet rimase agghiacciato. Dunque, i suoi genitori avevano pensato a provvedergli un’eredità… significava forse che sapevano che di lì a poco sarebbero morti? Doveva forse considerarlo un ulteriore indizio per provare che la loro morte non era stata accidentale? No… stava perdendo lucidità.

“Ah, ora capisco perché non si preoccupava che gli inzuppassi la macchina, è praticamente tutta roba mia. Ora capisco anche perché ci teneva a portarmi qui il prima possibile.” Si limitò a dire “Mr. Wammy…”

“Chiamami Watari, Lawliet. In Giappone, mi hanno sempre chiamato così.”

“Oh, bene, Watari, io… ho il sospetto che qualcuno abbia pianificato la morte della mia famiglia.” Disse Lawliet tutto d’un fiato.

Watari sospirò e chiese:

“Hai delle prove?”

“No…” rispose lui mortificato “Non ancora. Ma potrei…”

“Ho avuto la stessa sensazione anch’io, Lawliet.” Disse l’altro, interrompendolo “Ho persino ingaggiato un investigatore privato per risolvere il caso.”

“Un investigatore privato?” Lawliet deglutì “Ma chi sei precisamente tu?”

“Oh… sono stato un inventore. Adesso in veste di maggiordomo.”

Il ragazzo lo guardò stranito, si mise il pollice tra le labbra.

“Un inventore, eh?”

  
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