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Autore: sitael85    17/03/2010    3 recensioni
E' la prima fanfiction che scrivo e nasce dal tentativo di unire delle immagini abbozzate dalla mia mente in vari momenti. Non so ancora come evolverà la storia, ma tratta soprattutto di Jared e di come percepisce il mondo esterno dal mio punto di vista..ovviamente ci saranno anche Shannon e Tomo, con dei ruoli importanti, e una certa persona che entrerà a poco a poco. DISCLAIMER: ovviamente non conosco i 30 Seconds to Mars, non ho la minima idea di come siano caratterialmente, non scrivo a scopo di lucro e i fatti sono puramente inventati (tranne eventuali riferimenti a concerti e/o interviste...). Non mi resta che augurarvi buona lettura..
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Riporto i disclaimer per sicurezza: non conosco i 30 Seconds to Mars e non mi appartengono, non ho la minima idea di come siano caratterialmente, non scrivo a scopo di lucro e i fatti sono puramente inventati (tranne eventuali riferimenti a concerti e/o interviste...).

Come già detto, è la prima fanfiction che scrivo e pubblico, non sono una scrittrice anche se leggere e “buttare giù qualcosa” come dico io mi è sempre piaciuto. Le recensioni sono accettate sempre e con piacere, non preoccupatevi di dire quello che pensate!!

Ringrazio Shanna e Nicole per avermi dato il loro parere iniziale, perché è grazie a loro se questa storia vede un sito internet..e naturalmente tutti voi che leggerete e commenterete e che amate la musica dei 30 Seconds to Mars.



UN IDIOTA…

Capitolo 1

Un idiota… un completo idiota, ecco come mi sento.
Durante tutti questi anni di aggettivi mortificatori me ne hanno affibbiati talmente tanti che non riesco a ricordarne nemmeno la metà, se poi aggiungiamo anche quelli con cui mi chiama a volte mio fratello allora il conto si può tranquillamente evitare. Il problema sorge quando sono io stesso a definirmi tale… voglio dire, come posso io, quello che tutti conoscono come l’egocentrico Jared Leto, pensare di essere così stupido?
Eppure certe cose non le posso cambiare.
Ormai sono seduto sui gradini appena fuori dalla porta di ingresso di casa mia a inzupparmi d’acqua da almeno due ore, sapendo benissimo che domani starò male visto che la temperatura è bassa per la stagione e sto pure tremando di freddo. Se non mi uccide una polmonite o qualcosa di simile di sicuro ci penserà Shannon. Mi parte un brivido lungo la schiena al solo pensiero e la mia testa già sta elaborando un percorso di fuga per non ritrovarmi le sue mani sul collo. Non che mi farebbe mai niente di male, ma tra un paio di settimane dovremo partire per il tour in Europa e un cantante febbricitante e senza voce non è certo il massimo no?
Ma non riesco a smettere di pensare che la ragazza che ho intravisto in quel piccolo bar potrebbe essere stata lei. Non so veramente quanti anni siano che non la vedo, ma il suo ricordo è sempre presente. Non che mi assilli continuamente, ma a volte capita che spunti fuori prendendomi alla sprovvista, colpendomi dritto alla testa e in un punto preciso del petto.
Basta, devo riprendermi e tornare in casa prima di morire assiderato o domani ci sarà un bel titolo per i giornali “Jared Leto trovato congelato davanti alla sua abitazione”.

L’acqua della doccia scorre bollente sulla mia pelle, lasciando segni rossi ovunque per la troppa differenza di temperatura, ma va bene così, almeno sono concentrato su questa sensazione di semidolore che mi impedisce di far vagare troppo i pensieri.
Esco dalla doccia e con solo un grosso asciugamano bianco a cingermi la vita mi volto verso lo specchio. Una passata veloce con la mano per togliere il vapore ed eccomi lì, riflesso in una lastra d’argento che potrebbe contenerne altri cinque di me. Mi guardo bene e devo ammettere che Tomo ha ragione, sono dimagrito ancora nonostante tutte le attenzioni di mio fratello sulla questione cibo e peso… dopo “Requiem for a dream” e “Chapter 27” ero ridotto veramente male, ma fortunatamente avevo loro che mi sostenevano. Ancora adesso ci sono dei momenti in cui non capisco che mi è passato per la testa… forzare in quella maniera il mio fisico è da idioti… ecco che torna di nuovo quella parola… devo smetterla.
Altro sguardo veloce alla figura davanti a me e quello che noto è quel paio di occhi azzurri sotto una massa di capelli castani arruffati dall’acqua e ancora gocciolanti. Rispondono senza paura al mio sguardo indagatore e, se non sapessi che sono i miei, sarei quasi sicuro che celino una domanda a cui però ho paura di non saper rispondere.
Lascio perdere tutte queste paranoie che mi sto facendo e vado in camera perché forse è il caso di rivestirmi prima che arrivino i miei compagni d’avventura e gli altri per controllare un’ulteriore e speriamo ultima volta che tutto sia pronto per il tour. Infilo velocemente la prima cosa che trovo sulla poltrona nell’angolo, vale a dire i pantaloni azzurri della tuta a cui abbino, senza perderci troppo tempo, una maglietta chiara e per completare il tutto la felpa nera con la cerniera. Non sarà il massimo forse, ma tanto non ho in programma di uscire di casa e poi che a volte ho un pessimo gusto nel vestire me l’hanno detto abbastanza spesso, ma sinceramente non me ne frega niente.

Ci mancava solo l’emicrania per completare una giornata già di per sé pessima. Stiamo ricontrollando queste carte da quello che mi sembra un tempo infinito e non siamo neanche a metà. Non ce la faccio, dopo l’ennesimo battibecco tra Emma che tiene in mano una cartelletta contenente di tutto e di più e David, una specie di aiuto-organizzatore–incastratorediimpegni-ecchealtrosoio, in cui dopo un po’ intervengono anche Shan e Tomo, mi alzo e vado verso la cucina.
Quando poco dopo mi raggiunge Shan, mi trova fermo immobile con le mani appoggiate sul ripiano di marmo e la testa china mentre cerco di respirare profondamente. Si avvicina e subito mi poggia una mano sulla spalla, facendomi sussultare.
“Si può sapere che hai Jay? E’ da quando sono tornato che sei strano… e non provare a tirare fuori la solita storia che te lo dico da quando siamo piccoli ok?” mi dice con aria leggermente preoccupata.
Lo fisso un momento negli occhi, devo sostenere il suo sguardo prima di rispondere o crederà davvero che ci sia qualcosa che non va, anche se a dire il vero sono proprio io il primo a non sapere che sta succedendo.
“Niente, non ho proprio niente. Avevo solo bisogno di un attimo di pausa per riprendermi. Sai, quei due in soggiorno che alzano la voce non fanno molto bene al mio mal di testa” e dicendo questo cerco di sorridere per tentare di convincerlo che veramente è tutto a posto.
Faccio per prendere un’aspirina dall’armadietto, ma il suo sopracciglio alzato è un chiaro segno che non se l’è bevuta completamente e sì che non sono un attore proprio di infima lega.
“Sai che credo alla metà di quello che mi hai appena detto vero? Cristo, sono tuo fratello e ti conosco bene. Non crederai di potermi rifilare questa stronzata e pretendere che ci creda vero? Mi basta guardarti negli occhi per capire che c’è dell’altro che non mi vuoi dire, ma so che non caverei niente adesso, perciò lasciamo stare ok? Ma non prendermi per il culo Jay…”.
Fortunatamente Tomo spunta dalla porta della cucina con il sorriso stampato sulla faccia e un’aria soddisfatta, di là dev’essere successo sicuramente qualcosa. Si avvicina e ci guarda attentamente, poi fa un sospiro e scuote la testa. A volte proprio non lo capisco, ma è un buon amico e un musicista eccezionale, oltre ovviamente a una specie di eterno bambino con cui poter fare, o forse sarebbe meglio dire combinare, tutto quello che la mia contorta mente riesce a generare. Devo ammettere però che anche la sua di idee malsane ne ha prodotte parecchie e che risate ci siamo fatti dopo tutti e tre!
Senza dire una parola mi sposta la mano dall’anta e apre quella vicina per prendere una tazza in cui versarsi del caffè.
“Ragazzi, ma che avete? Dovreste essere contenti che abbiamo finito per oggi, non vedete il mio super sorriso? Finalmente Emma e David stanno facendo sparire quella montagna di fogli e possiamo riposarci” ci informa, non prima di aver sottolineato ulteriormente con un gesto della mano una zona imprecisata del suo volto.
“Amico, è difficile vedere la tua bocca sotto quella barba nera. Non è il caso di dargli una bella tosata? Proprio non so come faccia Vicki a sopportarti in questo stato” scherza Shan suscitando una bella risata da parte del croato e un sorriso sincero da parte mia.
Sembra che l’atmosfera si sia allentata, ma so che prima o poi mio fratello cercherà di tornare sul discorso e allora dovrò inventarmi qualcosa di sensato e credibile, o aver dato una risposta a ciò che in qualche modo mi tormenta, anche se questo è più complicato. Per lui è una cosa innata questo senso di perenne protezione nei miei confronti, e tutto perché è il maggiore. Fin da bambini si è sempre occupato di me quando la mamma non c’era per lavoro e, in un certo senso, sono quello che sono anche grazie a lui… soprattutto perché mi ha sempre incoraggiato a seguire i miei sogni e mi ha impedito più di una volta di fracassarmi la testa durante le mie arrampicate e/o scavalcate di alberi, muri e chissà che altro.
Mi piace che ci sia qualcuno che si preoccupa veramente per me, ma penso di essere abbastanza grande e poi vorrei che pensasse un po’ di più a lui. C’è da dire poi che anche se abbiamo quasi quarant’anni entrambi, sono più le volte che ci comportiamo come dei ventenni, perché è molto più divertente dato anche il lavoro che facciamo, inoltre dicono che uno non invecchia finché si sente giovane dentro. Ho paura che appena comincerò a comportarmi davvero come uno della mia età sarà la fine, niente più in giro per il mondo a suonare, posti da visitare e perché no altre cazzate da fare, ma solo una montagna di acciacchi… quindi, perché fermarmi?

Mi riscuoto da questi pensieri e li vedo entrambi che mi osservano corrucciati.
“Che c’è?” faccio.
“Ti sei imbambolato con quel sorrisetto da ebete sulla faccia, è lecito preoccuparsi un attimo non credi? E poi stavamo anche notando quella piccola ruga vicino all’occhio. Dovresti fare qualcosa, o nostro personale Dorian Gray” mi risponde Tomo quasi piegandosi in due dalle risate prima ancora di terminare la frase.
Con lui nei paraggi è facile dimenticare tutti i problemi, perciò mi lascio andare anch’io a una sonora risata che si sparge per la casa ormai vuota dato che Emma, David e pure Tim se ne sono andati.
“Devo ammettere che quella di Dorian Gray ti e venuta bene Tomo!” dice mio fratello aggiungendo poi “Bene, e ora che ne dite di ordinare qualcosa da mangiare e poi una bella partita alla playstation ragazzi?”
Ci guardiamo di nuovo, sorridiamo complici e poi loro spariscono verso il salotto lasciandomi lì come sempre a ordinare la cena. Non ringrazierò mai abbastanza per aver avuto la fortuna di averli trovati entrambi… sono la mia famiglia e la mia ancora di salvezza e a volte non saprei davvero che fare senza di loro.
  
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