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Autore: Eros and Thanatos    17/03/2010    0 recensioni
Seguito di 'Ombre dal passato...'
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era passato quasi un anno dalla mia scoperta, ma non potevo fare a meno di pensarci ogni giorno e di fantasticare immaginando di incontrare nuovamente l’ombra che mi aveva guidato verso la soluzione dell’intrigato enigma che si celava dietro la morte di “Cipo dalle Narmidola”. Mi ricordo che i primi giorni a scuola non facevo che parlarne con i miei amici, ma nessuno mi credeva. Ne ho parlato anche in un compito in classe di letteratura: “Parla della vita e delle opere di Pico della Mirandola e Francesco Petrarca”. Ma a quanto pare neanche la professoressa mi ha creduto…
Così smisi di parlarne e mi limitai a sperare e a sognare. Ogni volta che entravo nell’ufficio di mio zio mi voltavo verso l’affresco dove era iniziata la mia avventura, ma non c’era nessuno e di un nuovo mistero da svelare neanche…l’ombra!
Così il mio innato desiderio si allontanava sempre di più e cominciavo a credere che non avrei mai rivisto quella scherna e lugubre figura nera stagliarsi contro un orizzonte di luce al quale invano aspiravo. Ma mi sbagliavo. Non sarei stato deluso. Non questa volta. Ecco com’è andata. Ero nella mia stanza, seduto alla scrivania. Stavo studiando antologia. La professoressa ci aveva assegnato un brano sul primo sbarco sulla luna, scritto da Oriana Fallaci. Si trattava del mio argomento preferito. Avevo moltissimi libri, avevo fatto delle ricerche su Internet e le pareti della mia stanza erano tappezzate di fotografie e disegni sugli astronauti e sui pianeti, per non parlare degli articoli di giornale di tipo astronomico che avevo accuratamente ritagliato e riposto ordinatamente in cartelline colorate, ognuna con la sua targhetta decorata o con il disegno di un astronauta o con quello di Marte o della Luna. Fu allora che la vidi, proprio come me la ricordavo.
All’inizio rimasi senza parole, ma dopo un po’ riuscii a dire balbettando: “Ciao ombra! Ti trovo in forma sai?”. Ma dato che non rispondeva cercai di iniziare una conversazione più seria, ma senza riuscirci: “Beh, qual buon vento ti porta qui? Oggi fa molto caldo: mi ci voleva proprio un po’… d’ombra !!!”
Come la volta scorsa mi indicò un’immagine sul muro. Questa volta però non si trattava di un affresco, dato che in camera mia non ne avevo, ma del ritaglio di giornale che stavo leggendo. Riguardava la partenza e l’allunaggio dell’Apollo Undici. C’erano anche tre foto: una con Neil Amstrong, Buzz Aldrin e Mike Collins, una con l’Apollo Undici, e l’altra con gli astronauti che piantano la bandiera degli Stati Uniti d’America nel suolo lunare.
“Non capisco cosa tu voglia dire. E’ impossibile che ci sia una chiave nascosta in questo articolo!” dissi ricordandomi della mia avventura passata.
L’ombra non mi rispose ma continuò ad indicarmi quel foglio. Io lo guardai a lungo. All’improvviso le immagini parvero ingrandirsi.
“Cosa succede?!” gridai spaventato. Avrei voluto staccare gli occhi da quelle immagini ma non mi fu possibile. Una forza invisibile, forse la stessa che animava l’ombra, me lo impediva. Le foto iniziarono a ruotare e il testo lentamente scomparve. Le immagini si ingrandirono a dismisura sino ad occupare l’intera stanza. Finalmente riuscii a chiudere gli occhi e quando li riaprii l’ombra e il giornale erano scomparsi. Ma non solo loro, purtroppo! Anche la mia stanza e i miei vestiti non c’erano più!!!
Al posto dei miei jeans preferiti, della mia maglietta rosso acceso, del mio cappello con la visiera e delle mie vecchie e puzzolenti scarpe da ginnastica indossavo una scomoda tuta spaziale. Provai a camminare ma caddi al primo tentativo, senza riuscire ad alzarmi.
“Dove sono finito?” mi chiesi. Due astronauti si avvicinarono e mi aiutarono ad alzarmi.
“Tutto bene Buzz?” disse uno.
“Sono proprio scomode queste tute, vero Army?” disse l’altro.
“Già, ma ci faremo l’abitudine, Mike”.
Ancora un po’ stordito li guardai e mi accorsi con stupore che si trattava di Neil Amstrong e Mike Collins. Non capendo con chi stessero parlando mi guardai attorno. Solo dopo molto tempo realizzai che si stavano rivolgendo a me. Prima che potessi aprire bocca mi condussero fuori da quella piccola costruzione e mi fecero sedere su una sedia arancione accanto ad altre due destinate a loro e di fronte ad altre quattro dove erano già seduti dei giornalisti pronti ad intervistarci. Ci fecero un sacco di domande scientifiche di cui non capivo nulla, ma per fortuna in mio aiuto accorsero gli altri astronauti. Ad un certo punto un giornalista ci disse: “Ecco una domanda che, ne sono certo, chiunque vorrebbe porvi. Viene da Oriana Fallaci: Are you scared?”. Dato che in Inglese non ero un fenomeno chiesi ad Armstrong cosa volesse dire.
“Ci ha chiesto se abbiamo paura di andare sulla Luna” rispose.
“Perché, dobbiamo andare sulla Luna?!” chiesi stupito, confuso e anche un po’ spaventato.
“Certo che devi aver sbattuto la testa molto forte quando sei caduto, Buzz” disse Mike.
“Già, ma forse questo gli rinfrescherà la memoria: guarda là!”
aggiunse Neil.
Wow fu l’unica cosa che riuscii a dire quando alle nostre spalle vidi l’Apollo Undici stagliarsi contro il cielo limpido che presto, si sperava, non avrebbe più avuto alcun segreto per il genere umano.
Quindi i miei due compagni di viaggio (ancora non ci credevo: stavo per andare sulla Luna!!!) iniziarono a discutere di adrenalina e sul fatto che eravamo, o meglio loro erano, addestrati a non aver paura.
Riuscii a intravedere la Fallaci in mezzo alla folla. Non mi parve soddisfatta dalla risposta. Fu quindi con queste incomprensibili interviste che passarono le ore prima della partenza. Salimmo quindi sull’astronave e attendemmo l’accensione. All’improvviso andai nel panico più totale. Avrei voluto scendere e tornare a casa, buttare nel cestino tutte le fotografie, gli articoli, i libri che riguardano l’astronomia, ma non era più possibile. In quel momento chiusero le porte e iniziò il conto alla rovescia. Meno 10, meno 9, meno 8, … cercai di rilassarmi…, meno 7, meno 6, …voglio scendere!!! …, meno 5, meno 4, aiuto!, meno 3, … mi ricordai l’incidente del Challenger, meno 2, meno 1, … lit-off!!!, Ahhhhhhhhhhhhhhh!!!
Fortunatamente non fu il mio grido che si udì il 16 luglio 1969 alla televisione, ma quello degli spettatori che al decollo gridarono piangendo “Go! Go! Vai! Go!”.
Eccoci attraversare la troposfera, la stratosfera e la mesosfera. Dopo il nero infinito. Non mi sarei mai immaginato che fosse così, così, … ehm … spazioso, sconfinato. Senza limiti naturali.
Il viaggio fu tranquillissimo. L’astronave sembrava rimanere sospesa in un mare nero come l’inchiostro. Ogni tanto avevo paura: quando un asteroide passava accanto alla navicella o quando perdevo di vista la Terra, man mano che ci avvicinavamo alla Luna. Il viaggio durò tre giorni, dal 16 al 20 Luglio, ma a me parve durare molto meno. Arrivammo finalmente innanzi alla Luna. Ecco uno dei momenti più critici: l’allunaggio.
Io chiusi gli occhi. “Ora ci schiantiamo!!!” pensai. Ma come al solito mi sbagliavo. Andò tutto benissimo. Appena scendemmo iniziammo a volteggiare. Feci salti e capriole mai visti. Se a educazione fisica potessi fare salti così lunghi o alti, correre così veloce o fare quelle magnifiche capriole in aria, altro che insufficiente avrei avuto sulla pagella!!!
Scattammo qualche foto e io di nascosto misi un po’ di polvere e qualche piccolo masso lunare in tasca. Dopo aver finito le esplorazioni e gli esperimenti tornammo sulla navicella e partimmo alla volta della nostra beneamata Terra. Prima di salire sul LEM però per un attimo brevissimo mi parve di vedere l’ombra seduta sul bordo di un cratere, ma fu solo un attimo. Quando atterrammo e scendemmo dalla navicella all’improvviso la mia vista iniziò ad offuscarsi, chiusi gli occhi e quando li riaprii mi ritrovai nella mia stanza sdraiato per terra. Mi alzai e mi guardai attorno.
Era tornato tutto alla normalità. Possibile che fosse stato solo un sogno? Infilai una mano in tasca e la ritrassi di colpo. Possibile? Una luce si accese nei miei occhi. Si, era come pensavo. Presi la polvere lunare, i due massi e le foto che avevo scattato. Presi due scatoline, una boccetta di vetro e delle punes. Riposi nelle scatole le pietre, nella boccetta la polvere e attaccai anche quelle foto alla parete, etichettando il tutto. Mi sedetti e pensai al mio viaggio. Dopo un po’ ebbi un’idea migliore: presi le foto, la boccetta e le scatoline e le riposi in un cassetto che dopo chiusi a chiave, insieme al manoscritto “La dignità dell’uomo”, alla pergamena, alla poesia di Petrarca, al dipinto corroso dall’acido e alla boccetta che lo conteneva, a dei tasselli del mosaico che fungeva da planisfero e alla piccola chiave dorata.
Probabilmente tutto ciò che vi ho raccontato sarà inutile, dato che non mi crederete, ma se così fosse, aprite il sito Internet www.allunaggioApolloUndici.com e ingrandite la foto di Buzz Aldrin sulla Luna. Se la osserverete bene sotto il casco spaziale invece del volto di Buzz vedrete il mio, o magari l’immagine inizierà a ruotare e ingrandirsi, fino ad occupare l’intera stanza…
   
 
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