4.
A Dish Best Served Cold
I hope
you've got you're shoes done up tight
Because you better be runnin' for your fuckin life!
Elena
era fumante di rabbia. Ma non avrebbe dato al biondino la soddisfazione
di
vederla svenire di nuovo. No e no. Decise di passare per
un’altra strada. Dopo
tutto, la miglior difesa è
l’attacco. E il principino lo sapeva di sicuro.
Basta farsi calpestare. Elena si avvicinò
al ragazzo.
“Bene,
credo che siamo partiti con il piede sbagliato. Oggi dovevo iniziare un
nuovo
lavoro e non ho potuto causa mal tempo, mi hai fatta cadere a terra, mi
hai
rovinato la maglietta, mi hai rubato il taxi e ciò a portato
a farmi fregare la
camera da te. Per oggi credo possa
bastare no? Quindi, che ti piaccia o no, divideremo la camera questa
notte”,
disse decisa e cominciò a caricare i suoi bagagli
nell’ascensore.
“Prenderò
le scale, credo che in tre non ci entriamo”, disse poi decisa
e andò al piano
di sopra.
L’ascensore
arrivò con un sonoro rumore. Il gorilla di Bradley
scaricò tutti i bagagli
e li portò dentro.
“Pensi
che potrei sapere il tuo nome?” Chiese divertito.
Si
voltò a guardarlo. Quanto era bello. Ma non avrebbe ceduto
per così poco, non lei.
“No, mi dispiace. Il mio nome è
top secret mio caro. Se te lo dicessi poi dovrei ucciderti, no? Ora,
se non ti dispiace, preferirei non parlare. Ho mal di testa”,
rispose.
Lui alzò
le spalle, congedò il gorilla (ma
dove dormiva?) e prese ad aprire la valigia. Elena uscendo dal bagno si
fermò a
fissarlo. Meno male che non era Sarah. Quella pazza avrebbe di sicuro
perso la
testa. Doveva chiamarla. In camera da sola con Bradley James! Questa
era
proprio bella. Si, doveva ammetterlo a se stessa, il ragazzo le
piaceva, e
molto anche. Certo, l’aveva fatta arrabbiare parecchio quel
giorno, e aveva dei
modi di fare che la innervosivano. Elena gliel’avrebbe fatta
pagare, poco ma
sicuro. Una cosa che non sopportava di lui era il suo credersi
superiore e il
suo atteggiamento spavaldo e autoritario. Non andava affatto. Meno male
che
c’era lei. Lui si voltò e la sorprese a fissarlo.
Inutile dire che il suo ego
crebbe a dismisura. Dopotutto non tutti i giorni una rossa mozzafiato
ti guarda
dalla porta del bagno di una camera da letto francese. Lei arrossì e tornò in
bagno, sentendolo
ridacchiare. Che tipo irritante!
Era
ormai ora di cena, si sarebbe cambiata dopo una bella doccia, ma prima
doveva
mangiare. Stava morendo di fame! Senza degnare il ragazzo di uno
sguardo prese
la porta e andò in mensa. Inutile dire che il cibo francese
la disgustava, non
che avesse particolari gusti, ma lì era
tutto…amaro! Si diresse al tavolo dove
era disposto il cibo e si riempì il piatto di patate al
forno, l’unica cosa
passabile. Sperò di non morire di fame nel successivo anno,
o quanto meno di
non andare avanti solo a patate!
Non
appena si sedette al tavolo notò che la sala era stracolma
di persone. Di
fianco a lei stavano tre giovani ragazze dell’est,
biondissime e altissime. E
oche. Oh, si. Seppe che lui era entrato in sala quando quelle tre
cominciarono
a starnazzare e ad agitarsi sulle sedie, spostando a destra e a manca i
capelli. Cosa non si farebbe per farsi notare! E di nuovo seppe che lui
si stava
avvicinando al suo tavolo grazie, o a causa, dell’espressione
congelata delle
ochette. Oddio!
“Posso?”
Elena alzò lo sguardo, cercando di mantenere
un’espressione
impettita. Eppure,
non appena lo guardò, con I capelli umidi e quel suo sguardo
magnetic, la sua
determinazione vacillò. Che diamine!
Non avrebbe ceduto tanto facilmente, nossignore!
“Cosa chiedi a fare? La
mia risposta la conosci e
sono sicura che te ne fregherai”, rispose.
Lui
rise e appoggiò la felpa sulla sedia, quindi si diresse
verso il cibo, sempre
seguito dallo sguardo delle ragazze bionde. Peccato che a lei
rivolgessero
quello che viene definito sguardo omicida.
Non
hanno
tutti i torti sai?
La
sua vocina interiore aveva deciso di impicciarsi degli affari suoi? Zitta.
Bradley
tornò al tavolo e tentò di fare conversazione. Fu
determinato per circa dieci
minuti, ma quando vide che Elena non spiaccicava parola si decise a
tacere.
“Sei
davvero un bel tipo, ragazza senza nome”, aggiunse, prima di
voltarsi ad ammiccare
alle biondine, che, ovviamente, si agitarono da matti.
Non
appena Elena finì di mangiare si alzò e, senza
degnarlo di uno sguardo, andò in
camera. Salita si mise a sedere alla scrivania, aprì il
portatile e cominciò a
scrivere qualche bozza per il suo nuovo incarico. Chissà
cosa sarebbe successo
il giorno dopo! Doveva ammetterlo, non vedeva l’ora di
rivelarsi a Bradley! Era
perfida. Lavorò fino alle undici e mezza, interrotta da un
forte rumore nel
corridoio. Urla? Corse alla porta e
l’aprì. Per
poco non
rimaneva uccisa di nuovo! Il gorilla, stringendo il biondino in una
morsa di
ferro, la travolse nell’entrare in camera, per poi uscire
precipitosamente a
spingere via tutte quelle ragazze che, ahimè avevano scovato
il loro beniamino.
Elena era ancora a terra. Bradley sul letto,
immobile.
Lei
lo guardò di scatto e lui ricambiò, con aria
dubbiosa.
“Brutto
stronzo, dillo o giuro che apro quella porta”, lo
minacciò.
Lui
era inebetito. Ma pochi secondi dopo, forse esortato
dall’espressione assassina
di Elena, aprì la bocca.
“Scusami,
mi dispiace, non avevamo intenzione di farti cadere. Scusa!”
Elena lo fulminò.
“Ottimo!” E
prese la via del bagno. Era venuto
il momento di fargliela pagare. Si fece una doccia e fin là
nulla di male. Si avvolse nell’asciugamano e
aprì la porta. Perfetto.
Si
stava appisolando.
Prese
il cellular dalla tasca del giubbotto e ompoe il numero.
“Buonasera
tesoro!”
Bradley
fece un salto sul letto, spaventato, temendo un nuovo attacco dalle
ragazze
urlanti.
“Ma sei matta? Come ti viene in mente di urlare
così?”, chiese lui.
Elena
si voltò a guardarlo con aria stupita.
“Ce
l’hai con me? Per favore ragazzino sono al telefono, fai
silenzio”, rispose e
cominciò a parlare con Sara. A voce altissima andarono
avanti a confabulare in
italiano, cosa che si, si vedeva faceva innervosire il biondino. Dopo
una mezz’ora
attaccò. Rapidamente si voltò a guardare il
ragazzo, scocciato sul letto. Con un
sorrisetto compiaciuto andò in bagno e, senza chiudere la
porta, accese il phon
al massimo. Dopo un paio di minuti lo vide arrivare dallo specchio.
“Scusa
ma io stavo cercando di dormire, domani dovrei lavorare”
Elena
lo guardò un attimo, poi fece cenno di no con la testa.
“Cosa?
Non ti sento bene!”
“Ho
detto che stavo cercando di dormire!”
“Eh? Non sento niente mi spiace!”
“Ma..”
“Non
capisci che non sento nulla? Smamma ragazzino!“
Ottimo! Il
suo piano stava riuscendo alla
perfezione! Certo era una cosa infantile ma era il massimo che poteva
fare. Un famoso
attore impiccato nella doccia dopo una notte passata con una ragazza
italiana
dai capelli rossi avrebbe destato qualche sospetto. O forse no. In ogni
caso
era meglio così.
Fu
a mezzanotte e mezza inoltrata che spense il phon. Sempre facendo molto
rumore
sfoderò la sua tenuta da notte, prese l’i-pod, che
accese al massimo, e
cominciò a scrivere al pc.
Lui
la guardò indispettito per un po’.
“Va
bene, tu lo stai facendo apposta, ma adesso basta!”
Elena
alzò lo sguardo su di lui.
“Senti
carino, chi mi ha distrutto la giornata sei tu, quindi vedi di non
lamentarti
per così poco, girati dall’altra parte e
dormi!”
Che
goduria! Andò avanti con il rumore fino alle tre circa,
quando anche lei
cominciò ad avvertire la stanchezza. Lui sbuffò,
come a dire “finalmente”. Lei ridacchiò,
ma lui non la sentì.
“Cattiva
notte principe Artù”, disse e si mise sotto le
coperte.
Passò
un’ora. Quando lo sentì russare piano si
alzò, gli tolse la coperta e spalancò
la finestra. Prese la mascherina dalla valigia e se la mise sugli
occhi,
infilandosi sotto il piumone. Che bella dormita si prospettava! Mentre
lui si
sarebbe svegliato molto molto presto.
Dopotutto,
la vendetta è un piatto che va servito freddo, con un
pizzico di sole
mattutino.
You'll wanna disappear into the night
When you see me coming with this fucking knife!
(A dish best served cold, Jungle Fever)