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Autore: cloe cullen    19/03/2010    24 recensioni
Brandii la forchetta esasperata. “E’ normale, ok? E’ normale infuriarsi se il tuo ragazzo sorride a quelle oche, è normale piangere se sei triste ed è normale vomitare e ingozzarsi se sei incinta ok?” Le parole mi uscirono prima che potessi fermarle o anche solo provare a contenerle. Le sentii riecheggiare nella stanza. O merda… Alzai gli occhi ed incontrai quelli spalancati del mio ragazzo. Mi fissava sconvolto..più o meno inebetito Poi accadde tutto molto velocemente. Sentii due tonfi. Uno provocato dalla forchetta che mi era caduta, sbattendo sul piatto. L’altro da Rob che era…semplicemente precipitato dalla sedia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 8 FFF Ragazze, eccoci qui puntuali come sempre. Non siamo emigrate in africa...siete state buone e ci avete capite ...in fondo è tutta colpa di quei due stupidi, mica nostra..U.U E non ve la siete presa neppure troppo col nostro makako: avete fatto bene, alla fine lui non ha fatto nulla di male, si è comportato da brava scimmietta. Cooomunque adesso lui se ne ritorna nella sua gabbia allo  zoo. Per ora..in futuro non è detto che non torni a fare un giretto fra noi per la vostra gioia.
*.*  *.*  *.* Ci inchiniamo onorate di fronte a voi e alle splendide recensioni sempre così numerose *.*  *.*  *.* Grazieeee...continuate così, siete fantastiche!!!! Mi sembra il caso di lasciarvi il capitolo ora che molte cose devono essere risolte...notate, DEVONO... nn è detto che si risolvano muha muha muha...
In realtà il capitolo era lungo il doppio...cioè troppo lungo e abbiamo pensato di spezzarlo. Sorry...ok, Fio ha voluto che lo dicessi, io non volevo . Ho paura che ci prendiate a legnate ora. Ma spero che non lo facciate. Perchè il prossimo capitolo sarà mooolto presto. Ehm ehm...no, nn è vero sarà tra cinque giorni come sempre ma...se ci riflettete bene: cosa sono 5 giorni nell'economia dell'eternità??  okkkkk..dopo questa ci ritiriamo...ancora un mega grazie a tutti...
Intanto rispondiamo alle recensioni...un mega kiss da Cloe e Fio (anzi Fiò con l'accento sulla o) =)  =)

kiki_88: grazie a te , e non temere tutto andra per il meglio, non siamo cosi sadiche, almeno crediamo di non esserlo ahahah....
yesido: grazie mel, ma ti conviene non dire mai davanti alla queen che il makako i fa pena, potrebbe bannarti ah...
per quando riguarda la storia abbi fiducia in noi.. eccoti il capitolo, e speriamo anche di leggere la tua one shot molto presto ah...
ada90thebest : anche noi odiamo quell'essere odioso, beh rob si è sentito tradito, e aveva capito di avere sbagliato con lei nei modi per questo lascia l'america, pero non preoccuparti, fidati di noi.
Anto_Pattz : nei cosi convinta anto che i due faranno pace cosi presto, il nostro sadismo si fara vedere nel suo splendore piu alto ahaha.. scherziamo lol
eccoti il capitolo e grazie tesoro!!
frate87: si maledetti tutti ahah, no dai tutto andra per il meglio, alla prossima...
Roxisnotdied: ross cess non puoi ucciderti, potremmo fare lo stesso con te, quindi fai funzionare quella testa e scrivi su joy ahah
eccoti il capitolo alla prossima ross!! ahahahahah
crista: si mike è un rompipalle, ma ormai è fuori dalla nostra storia non temere ah..  alla prossima e grazie.
elviraj :non esageri a morte scimmia ahah, no dai tutto si risolvera nel giro di tipo 30 capitoli?? ahah scherziamo u_u
ariel7 :o_o letizia cara, anche noi adoriamo te, non preoccuparti la scimmia tornera subito nel suo zoo ah.
chi61 : parole sante le tue sulla gravidanza, ma non temere tutto andra per il meglio.. siamo buone noi nel profondo ah..
lampra: tesoro la pace arrivera molto presto, non temere.... eccoti il capitolo alla prossima.
piccolinainnamora: noi non siamo cattive u_u perfide vorrai dire ahahah, non temere la pace è prossima ah...
simo1726:ahahah anche tu odi il macaco, fai bene ah..
beh dai non preoccuparti, i due faranno pace molto presto.... alla prossima e grazie.
bbird:grazie a te.
ledyang:grazie per i complimenti mia dolce mogliettina!!!!! ma anche Fio è molto brava a...rimediare lì dove io creo scompiglio e caos...vedrai vedrai. Anzi, adesso che ci penso tu hai già visto tt...hihihihihii Grazie di tutto e...non temere ricordiamo quella parola che inizia per E e finisce per o..ce la sognamo pure di notte...EQUILIBRIO. LOL
julietta__ :ahaha giulicess troppo divertente ah.. non preoccuparti tutto andra per il meglio lol... te mi raccomando posta anche tu ah.
ely_leyton : grazie a te, non preoccuparti staranno di nuovo insieme ah...
dorel : grazie a te... siamo contente di trasmettere qualcosa, alla prossima.
Enris :si i problemi andranno via, almeno crediamo ahah.. grazie alla prossima.




CAPITOLO 8 (Fio)


SOLITUDINE

POV Kris

Due settimane. Mi sembrava assurdo anche solo a pensarci. Due settimane. Quattordici giorni. Trecentotrentasei ore.
Mai il tempo mi era sembrato così inesorabilmente nemico, eppure stavolta ogni rintocco dell’orologio era una pugnalata al cuore.
Seduta nella veranda di casa con le gambe al petto fissavo il vuoto mentre la camomilla che non avevo toccato per niente si raffreddava sempre di più e la mia mente tornava inevitabilmente a quella sera, quella sera in cui avevo trovato la stanza vuota.
Mi aveva abbandonata. Mi aveva lasciata. Aveva fatto le valigie ed era volato via lasciando un misero biglietto, un freddo pezzo di carta. Credeva forse che sarebbe bastato? E dire che ero anche disposta a perdonarlo, ero corsa lì per chiedergli scusa, per dirgli che lo amavo e che non mi importava di niente se non di lui, ma quel vuoto mi aveva riempito il petto e ora avevo il nulla dentro me. Continuavo a rivedere quella stanza vuota nella mia testa e a rileggere quelle quattro parole sperando scioccamente di aver letto male. Doveva esserci una spiegazione. Non poteva avermi abbandonata.
Eppure le parole erano sempre le stesse.
Sono tornato a casa. Ti chiamo appena arrivo. Scusami se puoi..
Scusami, se puoi.
Non potevo, non dopo quello che aveva detto e soprattutto non dopo quello che aveva fatto. Come aveva potuto lasciarmi lì, da sola, con suo figlio in grembo?
Certo, del bambino continuava a preoccuparsi.
Aveva chiamato la sera stessa, come promesso nel bigliettino, ma avrei preferito che non l’avesse fatto data la piega gelida che aveva preso la conversazione.
“Sono arrivato. Come stai?”
“Bene..”. Non sapevo nemmeno da dove avessi preso la forza per parlare e soprattutto mentire in quel modo. Ma non volevo che mi sentisse ferita.
“Bene.. il bambino?”
Allora capii che era quello il suo scopo, era quello che voleva sapere. In realtà di me non gli importava. Il bambino. Era tutto quello che voleva sapere.
“Sta bene..”
“Bene..”.
Piombò un silenzio tombale. Nessuno parlava. Lui non parlava. Non un accenno di scusa, non il minimo interesse per come l’avessi presa, per come mi sentissi. Niente.
Presi io la parole prima che quel silenzio potesse ferirmi ulteriormente. “Devo andare. Notte”. Attaccai il telefono, gelida e piansi tutte le lacrime che avevo in corpo.
Come era possibile che due persone come noi potessero arrivare al punto di non parlarsi per due settimane? Se me lo avessero detto non ci avrei mai creduto, eppure era così. Non parlavamo da quella maledetta sera, non realmente. Chiamava una volta al giorno, di solito prima che andassi a dormire, per chiedere del bambino, ma le nostre conversazioni (se così potevano chiamarsi) erano sempre più fredde, sempre le solite.
Lo rassicuravo della salute del bambino quando invece io stessa mi chiedevo se stesse bene. Certo, se stava come me.. allora era davvero a terra. Mi contorcevo l’anima al solo pensiero, cercando di essere forte e di stare meglio, per lui, ma a volte non ce la facevo proprio. Mamma era sempre più preoccupata. Nonostante avessi una casa tutta mia a Los Angeles, non me l’ero sentita di tornare in quelle stanze vuote. Troppi ricordi di sere passate lì con lui. I miei erano stati ben felici di “ospitarmi” per un po’ e tutti si prendevano cura di me come se fossi una malata terminale. E forse lo ero. Stare lontana da Rob mi uccideva, ma non potevo costringerlo a fare qualcosa che non voleva. Lui era andato via, lui sarebbe dovuto tornare e il fatto che fossero passati tredici giorni senza che bussasse alla mia porta la diceva lunga. Ogni giorno mi svegliavo con la speranza di trovarlo in cucina a bere una tazza di caffè con mia madre, con i capelli scompigliati e il viso un po’ stanco dal volo, ma ogni giorno mi illudevo. La cucina era vuota, come me, e piombavo di nuovo nel mio malumore. Tutti cercavano di essermi vicini e starmi alla larga al tempo stesso, cercando di darmi un po’ di spazio ma io di spazio ne avevo abbastanza e l’unica persona che avrebbe potuto riempirlo non era lì.
“Tesoro.. come va?” La voce di mia mamma ruppe il flusso dei miei pensieri e non potei che esserne felice.
“Così..” sospirai scuotendo le spalle. Inutile dire che andava bene, non mi avrebbe creduto. Non più almeno, non dopo le ultime 12000 volte che me l’aveva chiesto e le avevo mentito.
“Amore.. vedrai che questa storia si risolverà. È solo un litigio..”.
“Tredici giorni mamma. Tredici”. Ormai ero anche stufa di sentire quei discorsi. Non facevano che ricordarmi ancora di più il fatto che lui mi avesse abbandonata. Era assurdo eppure non trovavo modo migliore per definire la sensazione che avevo provato aprendo quella porta e trovando quella dannata stanza vuota.
“Ti dico che andrà tutto bene. Fidati di me”. Avrei davvero voluto fidarmi, ma come potevo? Lei non sapeva cosa si provava, non sapeva quello che mi aveva detto, il modo in cui mi aveva sputato in faccia quelle parole assurde e.. maligne, dimostrando di non avere alcuna fiducia in me. Quella era la cosa che mi faceva più rabbia in assoluto. Non era successo niente, cazzo! Eppure lui non aveva esitato a dubitare di me, proprio di me che lo amavo alla follia e portavo in grembo suo figlio.
Prima che potessi impedirlo altre lacrime presero a scorrere lentamente sulle mie guance cadendo nella nuova tazza di camomilla bollente che mia madre mi aveva messo tra le mani.
“Amore mio.. ti prego.. fidati. Sono tua madre.. so quello che dico”.
Oh mamma, quanto avrei voluto crederle.
“Ti fidi?” sussurrò asciugandomi le lacrime.
Accennai un debole si con la testa per farla contenta e strinsi forte la tazza per riscaldarmi le mani.
Mia madre mi fissava con aria preoccupata ed esitante, come se avesse paura di dirmi qualcosa. Tirando su con il naso le feci cenno di esprimersi, ma aspettò un po’ prima di parlare mentre arrancava nelle parole per paura di dirmi qualcosa di sbagliato.
“Tesoro.. volevo dirti.. che ho fissato una visita con la ginecologa..” disse tutto d’un fiato.
“Tu sei al terzo mese e ancora non hai fatto un’ecografia.. perciò..”.
Rimasi di sasso mentre quelle parole mi penetravano la mente rivelandomi la realtà che nascondevano: Ero.. pessima. Il mio bambino non era nemmeno nato ed io ero già una pessima madre. Mi sfiorai la pancia delicatamente come a scusarmi col mio piccolino ma non fu abbastanza e non riuscii a fermare le lacrime che ripresero a scorrere copiose, come un fiume in piena.
“Tesoro..”
“Sono.. una pessima madre!” scoppiai a piangere. “Sarò una pessima madre..”
“Ma no amore, che dici?”
“Non so nemmeno prendermi cura di mio figlio..”. La mia voce rotta dal pianto invase la veranda scontrandosi con il petto di mia madre che in un secondo mi aveva accolto tra le sue braccia carezzandomi i capelli per consolarmi.
Mi cullava dolcemente tentando di calmarmi. “Ssssh.. va tutto bene. Andrà tutto bene. Sei stata molto impegnata.. Non è colpa tua.. Sei ancora così piccola..”.
L’abbracciai forte lasciando che le lacrime si posassero sul suo maglione e mi lasciai cullare da quelle parole. Aveva ragione in fondo. Avevo solo 19 anni. 19. Ero praticamente una ragazza madre. In quel momento più di ogni altra cosa avrei voluto Rob lì accanto a me. Non ce l’avrei fatta da sola. Avrei voluto abbracciarlo, dimenticare tutto. Avrei voluto che fosse lui a dirmi che sarebbe andato tutto bene, avrei voluto che mi prendesse il viso, mi dicesse che mi amava e mi baciasse dolcemente. Ma lui non c’era. C’eravamo solo noi. Io e il mio bambino. Lui era la mia priorità in quel momento e io non sapevo nemmeno prendermene cura. Rob me lo aveva detto.
 Ricorda di fissare l’ecografia.
Ed io invece.. ero stata così stupidamente presa dai miei impegni che l’avevo completamente dimenticato. E ora mi trovavo a fare un’ecografia a tre mesi, quando il mio bimbo iniziava già a svilupparsi. E se ci fossero stati dei problemi? E se fosse andato storto qualcosa? E se fosse troppo tardi?
No. Andava tutto bene! Mi ripetei mentre mia madre continuava a cullarmi. Doveva andare tutto bene. Doveva essere così.
Quando finalmente mi calmai ripresi il fiato che i singhiozzi mi avevano tolto e chiesi a mia madre quando avesse fissato la visita.
“Ehm.. domani..”
Rimasi basita. “D-domani? Ma.. ma è.. S. Valentino..”.
Perfetto! Davvero non poteva andare meglio di così. Non che avessi mai creduto a quella festività ma inevitabilmente mi avrebbe ricordato Rob e non ce la facevo più a piangere.
“Si.. ma siamo state fortunate. È già tanto che ci abbiano fissato una visita con così poco preavviso..”.
Annuii asciugandomi gli occhi per l’ennesima volta. Pazienza. Avrei festeggiato l’amore che provavo per il mio bambino.
Un brivido di freddo mi percosse il corpo quando una leggera e insolita ventata fredda mi carezzò le guance. L’aria californiana era tiepida anche nel mese di febbraio tanto da permettermi sempre di andare in giro a maniche corte, ma quella sera invece faceva leggermente freddo, come se anche il tempo si fosse adeguato alla mia condizione e al gelo che sentivo dentro.
“Ora entriamo..” disse mia madre dandomi una mano ad alzarmi. “Tutto questo vento non fa bene al bambino..”.
E con quelle parole mi convinsi ad entrare in casa e bere la terza camomilla mi aveva preparato con la speranza che non lasciassi freddare anche quella, come me.

Come se potesse essere possibile, mi svegliai ancora più di malumore. Ma questa volta non era tristezza o malinconia. Era.. rabbia. Rabbia verso di Rob. Lui che avevo visto in giro con Tom a strafogarsi da Nando’s e a comprare mutande e giochi per l’xBox. Cioè.. era assurdo: io che tra qualche ora avrei avuto la mia prima ecografia e lui in giro per Londra a comprare mutande e calzini.
Che doveva farci poi?
Era tutto così sbagliato. Non doveva andare così, non doveva essere così. Non era questo quello che mi ero immaginata, quello che avevo sognato.
Avevo sempre visto Rob lì, accanto a me, a stringermi la mano mentre ascoltavamo il cuore di nostro figlio. Invece.. avrei dovuto accontentarmi di mia mamma.
Non avevo nemmeno avuto bisogno di chiederle se volesse accompagnarmi. Sapeva che ero spaventata e senza che dicessi una parola si era offerta di accompagnarmi. Non che non mi facesse piacere.. ma.. il solo pensiero che al mio fianco avrebbe dovuto esserci qualcun altro mi trasmetteva rabbia.
Lui non era lì.
Questo era tutto quello a cui riuscivo a pensare. Oggi avrei visto nostro figlio e lui se lo sarebbe perso. Quante altre cose avrebbe perso di suo figlio se iniziava già dal terzo mese di gravidanza?
Prima che potessi accorgermene una lacrima mi rigò il viso. No, non potevo piangere ancora. Doveva essere solo la posizione a farmi versare lacrime. Per evitare di scoppiare in lacrime mi misi seduta sul letto e guardai quel piccolissimo rigonfio della mia pancia. Era davvero minimo ma c’era, e iniziava anche a vedersi. Certo, non sarebbe stato evidente a tutti, ma chi sapeva che ero incinta ci avrebbe fatto caso sicuramente.
Intrecciai le mie braccia attorno al ventre.
“Andrà tutto bene piccolino.. stai tranquillo. Ce la caveremo..”. Piansi un’ultima lacrima sussurrando quelle parole. Era vero, ce la saremmo cavata. Ma io non volevo solo cavarmela, volevo essere felice, volevo avere una famiglia, volevo qualcuno che mi proteggesse quando ne avessi bisogni, volevo Rob.
Presi un lungo sospiro e carezzandomi di nuovo il ventre mi alzai per dare inizio a quella giornata.
Una volta pronta e vestita, uscii da camera mia e feci per scendere le scale ma incontrai Cameron che come sempre mi chiedeva come stessi. Gli rispondevo che andava tutto bene, che il bambino stava bene e che non avrebbe dovuto preoccuparsi di niente, ma avevo visto l’espressione sul suo volto, il modo in cui mi aveva guardato nelle ultime due settimane in cui avevo toccato cibo poco e niente. Fosse stato per me, avrei anche potuto evitare di mangiare. Tutto mi scivolava dentro e addosso senza che potessi sentire niente, e lo stomaco ormai era diventato solo un buco per raccogliere il cibo per il bambino. Per lui mi sforzavo a mangiare almeno il minimo indispensabile.
Cameron, peggio degli altri, mi guardava con aria accigliata e preoccupata e sapevo che ce l’aveva con Rob, che gli associava la colpa del mio stato. Dopotutto, lui era il mio fratello biologico. Era sangue del mio sangue, vedermi in quel modo lo devastava e faceva venir fuori il suo istinto da zio sul bambino. Eppure, non volevo che ce l’avesse con Rob. Solo io potevo avercela con lui.
“Ce la fai?” chiese premuroso avvicinandosi alle scale insieme a me. Lo guardai con aria assurda e si ritirò immediatamente lasciandomi scendere. Era incredibile il senso di proiettività che si era risvegliato in tutta la mia famiglia però Cam era ogni giorno così carino e premuroso. Mi portava la colazione a letto, mi aveva aggiunto una coperta al letto, mi aspettava fuori dal bagno dopo aver fatto la doccia per assicurarsi che non fossi scivolata nella vasca. Non avevo mai conosciuto quel lato di lui, quella specie di istinto paterno che stava cercando di non farmi mancare.
Ripensando alla dolcezza che mi aveva mostrato in quei giorni non potei fare a meno di lanciargli un sorriso arrivata a fine rampa. Ricambiò felice.
Presi un lungo respiro e mi preparai ad andare in cucina, fonte della mia più grande illusione. Preparai già lo stomaco alla sensazione di vuoto che avrei avuto entrando e sperai davvero che non mi desse la nausea che mi aveva ripreso a tormentarmi quei giorni. Feci un passo avanti quando d’un tratto sentii una leggera risata, quasi impercettibile, forse era appena un sorriso, ma lo conoscevo troppo bene. Mi bloccai di colpo. Possibile che la mia illusione fosse così reale?
Senza rimuginare ancora a lungo presi forza e mi diressi spedita in cucina, pronta al vuoto, ma invece il vuoto era niente paragonato all’abisso che si creò dentro di me quando lo vidi.
Mi fermai sulla soglia della cucina, immobile, con i piedi piantati a terra, una mano sulla pancia e gli occhi fissi su di lui che abbandonando il leggero sorriso che aveva assunto parlando con mia madre, si era voltato a guardarmi.
“Ciao..” disse subito alzandosi dallo sgabello.
Mi ci volle qualche secondo prima di trovare la forza di rispondere. Mille emozioni attraversarono la mia mente e il mio corpo: rabbia, gioia, tristezza, sollievo, paura..
“Che ci fai qui?”
Si avvicinò verso di  me. “Kristen.. devo chiederti scusa..”
“Bene.. ho delle faccende da sbrigare. Vi lascio soli..” . Mia madre uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé e mi trovai a quattr’occhi con lui.
Avrei tanto voluto abbracciarlo, buttarmi tra le sue braccia, ma stranamente la rabbia era troppo forte. Lo guardavo e pensavo al suo viso quella sera, alle sue parole mirate, al suo sguardo deluso, come se davvero avessi fatto qualcosa di sbagliato.
“Scusa per cosa..?”
“Per tutto.. per come ti ho trattata l’altra sera..”
Mi sembrava assurdo anche sentirlo parlare di quel momento come se fosse successo un paio di giorni prima. Ma non si rendeva conto che erano passate due settimane? Due settimane senza farsi vedere, senza preoccuparsi di come stessi, chiedendo solo del bambino. E infatti..
“Come stai? Il bambino?”
Un sorriso amaro mi apparve sul viso a quelle parole. Possibile che fosse tutto quello a cui riusciva a pensare? Mi aveva abbandonata per due settimane e pensava solo al bambino.
Quelle erano le sue scuse!? Non aveva capito niente. Avrebbe dovuto fare molto di più e non gli avrei assicurato che sarebbe bastato.
“Tutto qui..? è tutto quello che hai da dire?”. La mia voce era fredda e stabile. Come se non provassi niente nel dire quelle parole che invece mi stavano uccidendo. Continuavo a stare spalle alla porta, con le braccia conserte mentre lui era in piedi, ancora distante da me, con una mano in tasca e l’altra appoggiata al tavolo. Era in evidente disagio. Non sapeva come muoversi e io non ero da meno. Non avevo mai sentito tanto spazio tra di noi. Poteva esserci stato anche l’oceano a dividerci ma l’abisso che c’era tra di noi in quel momento, era incolmabile. Nemmeno avvicinandomi avrei potuto riempire quel vuoto soprattutto dopo quelle parole che mi fecero collassare il cuore.
“Bè.. tua madre mi ha detto dell’ecografia..”.
Sentii il petto stringersi, le lacrime salire agli occhi, la bocca tremante.
“Sei.. tornato ..solo per quello?”. Sperai che la mia voce non sembrasse più rotta di quanto mi sentissi io dentro, ero spezzata in due.
“Nono!” si affrettò a dire avvicinandosi a me e cercando un contatto che non trovò. Rimase sorpreso quando feci un passo indietro. “Tua madre me lo ha detto stamattina..”.
Provai un’improvvisa sensazione di sollievo che però mi abbandonò subito lasciando spazio alla delusione e alla rabbia e trasformando il mio tono da triste a duro. “Questo non cambia le cose.. Te ne sei andato Rob.. Per due settimane!”. Sottolineai quelle ultime tre parole sperando che si rendesse conto di quello che significavano. “Due settimane!” ripetei.
Abbassò il viso con aria del tutto colpevole. “Mi dispiace.. io.. avevo solo bisogno di pensare..”
A quel punto sbarrai gli occhi e scoppiai. Era davvero troppo. “TU AVEVI BISOGNO DI PENSARE!?! E IO?” prima che me ne accorgessi stavo praticamente urlando. “Mi hai lasciata sola! Con tuo figlio in grembo, in una camera d’albergo! Con due righe su un pezzo di carta!!! A me non hai pensato Rob?! Eh?!”
Non parlò e io continuai. “Pensare a cosa poi?! Non avevo fatto niente di male cazzo! Ma tu, no! tu devi sempre dubitare di me! Sempre! Possibile che tu non abbia alcuna fiducia in me?”. Sentii la bocca piegarsi, gli occhi appannarsi. Mi portai subito le mani agli occhi per bloccare le lacrime.
“Amore.. ti prego.. devi perdonarmi.. mi dispiace.. davvero tanto. Non so.. cosa posso fare per farmi perdonare?”
La sua voce era un sussurro mentre cercava la mia mano. Mi scostai ancora e nonostante non lo stessi guardando negli occhi, capii che stava soffrendo per i  miei movimenti che mi allontanavano da lui ad ogni passo.
“.. non puoi.. è tardi Rob..”.
Non ebbi la forza di guardarlo negli occhi mentre dicevo quelle parole, che al 90% non erano nemmeno vere. Sapevo che non sarebbe durata per sempre, sapevo che prima o poi l’avrei perdonato. Ma non adesso.
“Vieni pure all’ecografia.. non posso impedirti di vedere tuo figlio. Ma non parlarmi..” avrei rischiato di innervosirmi ancora di più e non volevo fare agitare il bambino. “E vieni con la tua macchina..”. Sapevo che non aveva una macchina lì.
“Kristen.. ti prego.. sai che..”
“Non mi interessa! Prendi un taxi, una bicicletta, vieni a piedi! Fai come vuoi! Non sono problemi miei!” e detto questo spalancai la porta della cucina e senza nemmeno prendere il giubbino, afferrai le chiavi della macchina e uscii.
Il prossimo capitolo sarà ancora della nostra Fiorelluzza. Omg...cioè io kris la vedo nervosa...cioè, voi lascereste guidare una ragazza che sta così incavolata? Sono un pò preoccupata...mah ho una brutta sensazione però...ma no no..mi sbaglierò xdxdxd. Ok, questa ero io..Cloe..mi piace lasciarvi con commenti criptici e cattivi..hihihihihihi non odiatemi. Un bacio. Alla prossima!!
   
 
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