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Autore: Karyon    20/03/2010    1 recensioni
Quando Severus l’aveva conosciuta – in un giorno di Primavera – lei aveva sorriso nel vento che trasportava i resti dell’inverno appena trascorso.
Ha partecipato al Contest "through these green eyes" di Storytellerlover.
E' arrivata 14 su 32 al Contest "Un solo Colpo" di Jaybree88, "Premio Stile".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Autore: Karyon.
Titolo: Through your wide eyes.
Frase scelta: «Io ti chiesi perché i tuoi occhi si soffermassero nei miei… mi hai guardato a lungo, mi hai detto poi “Perché sei tanto triste?» (Herman Hesse)
Personaggi: Severus Piton, Harry James Potter.
Credit(s): Ovviamente i personaggi sono ©J.K.Rowling e non sono usati a scopro di lucro.

I versi iniziali sono ©De Andrè – “Per i tuoi larghi occhi”
Genere: Introspettivo, angst, drammatico.  
Rating: Arancione.
Avvertimenti: Missing moments, one shot, lievi accenni what if…?
Breve introduzione alla storia: “Quando Severus l’aveva conosciuta – in un giorno di Primavera – lei aveva sorriso nel vento che trasportava i resti dell’inverno appena trascorso.”
Io ti chiesi perché i tuoi occhi si soffermassero nei miei… mi hai guardato a lungo, mi hai detto poi “Perché sei tanto triste?»
Note dell’autore: Ammetto che questa fiction potrà sembrare incompleta – o almeno con un finale molto aperto. In realtà è molto più una pagina introspettiva, che non una storia con una vera trama; è da rifinire e sistemare, moltissimo, ma spero che non sia così male.
Severus Piton potrà sembrare un po’ OOC, anche se io sono convinta che – in questo caso – lui abbia qualcosa, che va oltre.
Questa storia partecipa al contest “Mirrors in these green eyes” di Storyteller lovers, che ringrazio per la sconfinata pazienza.
 
»E se tu tornerai 
t'amerò come sempre ti amai, 
come un bel sogno inutile. 




Quando Severus l’aveva conosciuta – in un giorno di Primavera – lei aveva sorriso nel vento che trasportava i resti dell’inverno appena trascorso.
 
Un leggero raggio di luce tagliò in due l’aria spessa del corridoio sotterraneo, segno che la prime avvisaglie della nuova stagione arrivavano propizie a diradare il gelo dei mesi passati. 
Al contrario di ciò che si poteva credere, Severus odiava l’inverno: spesso era troppo freddo persino per lui.
Con un sospiro, aprì la massiccia porta dell’aula ritrovando uno dei gufi bigi della scuola ad aspettarlo; lesse velocemente il foglio di pergamena vergato a grafia sottile ed elegante, pur sapendo esattamente di cosa si trattasse. 
«Bene» fece ironico, mentre congedava il gufo in malo modo. «Questo sarà un anno da ricordare» borbottò poi, mentre sistemava i compiti sulla superficie ingombra della cattedra. Quasi contemporaneamente un trillò risuonò lontano, seguito da scalpiccii e grida e risate attraverso le pareti spoglie ed umide. 
«Professore…» 
La sua classe mista di Serpeverde e Grifondoro entrò a passo lento e timoroso, strappandogli un ghigno – e un sospiro celato, giù per la gola.
«Siete in ritardo» esalò. «Muovetevi e aprite il libro a pagina 602. Oggi ci occuperemo della pozione della pace». 
Spostò velocemente lo sguardo su tutti loro, mentre si affrettavano a sedersi e tirare fuori i libri dalle borse, senza in realtà vederli. La mente si muoveva, incerta, in ricordi lontani e assopiti, quando persino l’aria che respirava aveva una consistenza diversa.
E la vedeva, quasi, lì – a snocciolare lunghe formule complesse, sotto gli sguardi ammirati di una classe intera.
Rialzò lo sguardo soltanto quando l’inconsistenza fumosa dei vari calderoni ebbero saturato l’aria della piccola e angusta aula del sotterraneo. Inquieto, lasciò che lo sguardo vagabondasse tra gli studenti ansiosi, preoccupati, speranzosi e impegnati, fino ad incatenarsi ad un'unica individuo che – con solita inadeguatezza – tentava di afferrare qualche consiglio troppo lento ad arrivare.

Severus ghignò, lasciando che la vista gli si riempisse di fotogrammi – spettri superstiti di una mente dissestata, poi annunciò «Basta così, il tempo è scaduto» alzando la bacchetta a diradare la nebbia.
Neville Paciock, come al solito, tremava come una foglia di fronte alla pozione che avrebbe dovuto essere di uno splendente verde ed invece aveva raggiunto una sfumatura rosata.
«Paciock cosa devo fare per farti entrare qualcosa in quella mente bacata?» Sbottò, con le dita che tambureggiavano sul legno duro.
Il ragazzo arrossì «Ecco, io…» cominciò a balbettare penosamente, ma Hermione Granger arrivò a difenderlo, fissandolo orgogliosamente. Severus le si avvicinò, sorridendo dolcemente «Noto con piacere che i suoi suggerimenti non sono serviti questa volta, signorina Granger…» dopodiché si spostò senza degnarli di uno sguardo, mentre già alcuni mormorii di dissenso si dilatavano per la classe; vedeva chiaramente i ghigni sui volti soddisfatti dei Serpeverde, così come la rabbia su quelli dei Grifondoro, ma a lui non interessava, non in quel momento. Dopo un giro frettoloso per le postazioni, raggiunse il calderone in fondo alla classe, nel quale la pozione verde scintillava cupamente. Un ottimo lavoro.
Il professore strinse le labbra, mentre il ragazzo si affrettava a sminuzzare gli ultimi ingredienti, buttandoli nel calderone. Le mani si muovevano tremanti ma veloci, in gesti marchiati a fuoco nella propria mente; non se n’era mai accorto, distratto com’era dallo sguardo, che le mani erano quelle: sottili e chiare, specchio fin troppo semplice di emozioni profonde.
Si diede qualche istante per abbandonarsi ad inutili sogni, poi si fermò.
«Potter…» sibilò, estraendo il piccolo frammento di durezza che giaceva – eterno – in un’anima sfilacciata dal ricordo.
Harry Potter alzò la testa piena di quei capelli ribelli che incorniciavano un paio di occhi rabbiosi, puntati su di lui.
Qualcosa da qualche parte lì, nel corpo, fremette e il cuore – no, forse non solo il cuore – sospese un battito, quando puntò lo sguardo scuro su di lui. Quegli occhi.
 
Camminava poco sicuro di sé, come a chiedersi cosa ci facesse lì, tra i maghi.
Aveva l’insopportabile andatura del suo stupido padre, gli stessi capelli, persino gli occhiali.
Era un Potter.
Quando il Cappello Parlante urlò il suo nome lì, nella fila di quelli del Primo anno, Severus Piton lanciò un’occhiata a Silente – furiosa.
Quello era suo figlio. Del dannato che gli aveva rubato il sogno di una vita, una vita vera.
«Grifondoro!»
Persino nella stessa Casata del suo santissimo padre e di quell’altro, Black.
Tuttavia, quando incrociò il suo sguardo – così verde – non poté evitare che il fiato gli si spezzasse in gola:
Lily.
Harry Potter lì, in quel momento, era solo Lily.
 
 Batté le palpebre, una, due volte poi camminò oltre, per una volta; continuò la lezione senza fermarsi un attimo, senza mai puntare lo sguardo in quella direzione. Come se – alla fine – ci fosse solo aria.
Il suono della campanella fu seguito da un paio di sospiri rapidi, sfuggiti casualmente mischiandosi a qualche imprecazione, mentre lui si posizionava dietro alla scrivania scura. Con un rapido sguardo notò Granger uscire di corsa, tirandosi dietro Paciock, poi l’onnipresente Weasley, poi…
«Potter…» chiamò di nuovo, trovando nuovamente inadeguato un nome del genere per quel viso, più sottile di quello si suo padre, più chiaro, più conosciuto. Weasley passò lo sguardo circospetto dall’uno all’altro, poi uscì velocemente, lasciando però la porta dischiusa; Harry invece lo guardò: quella decisione mista a disprezzo incastonata negli occhi brillanti.
Severus ghignò brevemente; sapeva che lui l’avrebbe sempre disprezzato. E non gli interessava, in realtà.
Harry Potter era solo la reliquia vivente di un’illusione passata che – per poco – lo aveva salvato; e lui viveva per quello: preservare, per sempre, lasciare che il perdono sanasse almeno un frammento della sua anima perduta. Era per quello che lo aveva sostenuto contro Voldemort, al primo anno; era per quello che gli aveva creduto – al quinto, strappandolo ancora una volta al Male, all’Ufficio Misteri, temprandolo ancora una volta, nonostante la morte di Black.
Tuttavia sapeva che c’era un limite, che lui era limitato, che lui aveva fallito già una volta – nel starle vicino – e che avrebbe dovuto rifarlo con lui, perché era il suo destino.
Silente glielo aveva suggerito, con quello sguardo limpido e impietoso, glielo aveva ripetuto anno dopo anno, che avrebbe dovuto lasciarla andare – entrambi, avrebbe dovuto lasciare andare entrambi -, ma non l’aveva ascoltato.
«Potter, dovrai svolgere delle lezioni di Occlumanzia con me» disse, rapido e gelido, osservando come i suoi lineamenti lasciassero trasparire tutto l’odio e il disprezzo che provava.
«Con lei?» Sbottò Harry.
Severus ghignò «Dovrai chiamarmi “Signore”, Potter, come sempre…»
E quella smorfia vista mille e mille volte, ricordo di un odio passato e mai sopito che ancora gli bruciava la pelle.
«Con lei… Signore?» Ripeté Harry, con una leggera esitazione nella voce incrinata dalla rabbia.
«Sì, con me. Ordini del Preside, purtroppo» replicò, senza curarsi di nascondere il suo disappunto.
Perché, semplicemente, respirare la sua stessa aria, gli faceva male.
 
«Dannazione!»
«Potter, non puoi essere così debole!»
L’Occlumanzia, l’arte di chiudere la mente alle ingerenze esterne, era come parte della sua stessa natura; naturale, quasi come vivere – e tuttavia così maledettamente difficile.
Per più di un’ora avevano provato e riprovato, aveva visto squarci di passato confuso e spiragli di presente ovattato, lo aveva sentito gridare e stupirsi di se stesso; l’Occlumanzia sapeva strappare da te pezzi che non avresti neanche immaginato di possedere.
E, nonostante lo sapesse, rivedere se stesso lì - appiattito alle pareti scrostate di una casa in putrescenza, attraverso quegli occhi che neanche avrebbero dovuto sfiorare quella che era la sua vera esistenza, lo sconvolse. Severus guardò Harry Potter quasi spaventato e lo colpì, con forza, sperando che tutto potesse scivolargli via – una volta soltanto – dalla mente e dal cuore.
«Va via, Potter. Non ho niente da insegnarti!» Urlò poi, appigliandosi con tutta l’anima che possedeva alla sua incapacità che, malgrado tutto, poteva salvarlo ancora.
Sapeva che non avrebbe resistito a lungo, quando quello che rifuggiva viveva in lui attraverso i suoi respiri e i suoi palpiti; non gli interessava in realtà, il Mondo, né la guerra. 
E Lily, Lily era un sogno – bellissimo e inutile, lontano come un ideale irraggiungibile da sfiorare, soltanto, a sguardo basso. 
Era solo un paio di occhi verdi, dalla forma strana, che in un giorno di vento si strizzavano al sole placido del primo pomeriggio; era solo una voce severa, che snocciolava leggere formule che si libravano nell’aria sottile di polline. 
Ed era un sorriso, sincero e inutile, che aveva avuto il potere di illuderlo.

 
Note autore:
No, non sono affatto ritornata su Harry Potter… solo, questa l’ho lasciata fin troppo lì a dimenticare. Ha partecipato al contest “Mirror in these green eyes” di Storytellerlover e mi spiace che, poi, sia andato male.
Ricordo che al tempo questa storia mi aveva fatta dannare e continua a non piacermi.
Ma Severus Piton, lui, se lo merita. Che almeno non lo lasci vivere solo per un istante e poi lo abbandoni in un recesso del mio computer.
Questo è il giudizio della Santa Donna di giudice. xD
Mi spiace averti rotto le scatole con i ritardi eccetera! E hai ragione, porca miseria quanto è sbagliato il finale. Spero che alla prossima scriverò qualcosa di migliore.

(Through these green eyes 13-08-09)
Correttezza grammaticale e sintattica(ortografia):  grammaticalmente e sintatticamente non ho riscontrato errori. La storia è da questo punto di vista scritta davvero bene. L'unica cosa che ti sottolineo si trova proprio all'inizio della fic "un sorriso nel vento". Forse la preposizione che hai scelto non è molto adatta. Il mio consiglio è quello di cambiarla o di scrivere con altre parole il concetto.
Stile e forma: lo stile invece mi ha molto coinvolto. Era ben calibrato e si adattava perfettamente allo stato d'animo dei perosnagi, alle descrizioni e alle scene presentate. La forma è anch'essa ottima. L'unica cosa che ti sconsiglio è l'uso eccessivo delle e congiunzione in un elenco: "lasciò che lo sguardo vagabondasse tra gli studenti ansiosi 
e preoccupati e speranzosi e impegnati", a parte questo non ho nulla da segnalare. Sei stata molto brava.
 
Originalità: pur seguendo con molto rigore lo schema dato dal bando, ho trovato una certa originalità nell'impostazione delle scene, del flusso di pensieri e dei flashback che si alternavano con linearità nello sviluppo del discorso. Mi è piaciuto molto questo punto, sei stata molto brava.

Caratterizzazione dei personaggi: Perfetto, Piton era davvero perfetto secondo me. L'ho trovato giusto, perfettamente IC, senza sbavature o altro. L'odio per Harry dettato dal comportamento, dalla somiglianza col padre, e tuttavia questo personaggio non riesce ad odiare fino in fondo qualcuno che gli ricorda la sua Lily. Soffre nel vedere quegli occhi. Soffre ma non ne può fare a meno. Bravissima.

Scansione del tempo: riprendo quanto detto nella voce "originalità": mi è piaciuto molto lo schema astratto che hai delineato. Le scene, le parole, i pensieri, gli avvenimenti sono ben legati tra loro in una costruzione temporale che è quella del flusso di coscienza di Piton. Bravissima.

Attinenza alla traccia e ai parametri posti: un'attinenza quasi perfetta. Come tu stessa dici, il finale è piuttosto aperto, e manca la scena finale della morte di Piton. Tuttavia a parte questo punto, che avrei davvero voluto leggere, il resto si lega molto bene con la traccia e quanto era scritto nel bando. Molto bene quindi anche qui. Peccato per il finale secondo me sarebbe venuto davvero bene.
 
Attinenza alla frase scelta: secondo me questo punto poteva e doveva essere sviluppato meglio. Ci sono dei piccoli accenni che possono rimandare alla frase, ma per il resto la citazione è quasi del tutto assente. Peccato, il discorso che hai creato si prestava molto.

Giudizio personale: da quello che ho già scritto s'intuisce che la storia mi è piaciuta davvero molto. Profonda e delicata, oserei dire. La scrittura è molto evocativa, lo stile e la forma si prestano molto bene alla trama e ai personaggi. Brava^^

Grazie a chiunque leggerà.
 
 
 
 
   
 
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