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Autore: KikiWhiteFly    22/03/2010    2 recensioni
Prima classificata al "Longs'n'Song Contest" indetto da ValeHina e Vincitrice del premio Best Combination.
«Puoi stringermi ancora un po'?» Chiese, a bassa voce, come se si vergognasse. Il ragazzo s'avvicinò maggiormente alla sua figura, toccò coi piedi le sue gambe, lasciò che il suo capo biondo scivolasse sul suo petto, in prossimità del cuore. La sua mente nel suo cuore: erano tutto quello che gli bastava.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note pre-lettura:


Spiego velocemente: il titolo è ispirato ad una canzone dei Queen (anche se, invero, originariamente era stata cantata dagli
Scorpions
– gruppo rock degli anni sessanta/settanta), “Love of my life” è una delle ballate rock – un rock molto soft, se provate a sentire la
canzone su You Tube vi accorgerete che più che una canzone è una vera e propria melodia – più famose degli anni Settanta, canzone che è 
stata rifatta da molti artisti per la sua bellezza, appunto.

Una delle mie canzoni preferite, diametralmente opposte a quelle che mi sono uscite a sorteggio – la maggior parte non le conoscevo, infatti XD. 
Non è proprio il mio genere, anzi, io vivo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, con rari sbalzi verso i Novanta, indi è stato parecchio difficile adattarmi.

Spero di esser riuscita a collegare bene le frasi, e, in verità, tengo molto a questa ShikaIno, non soltanto perché sono il mio OTP, ma anche perché 
scrivere di storie d'amore che nascono dal dolore è una cosa che mi tocca dentro, quasi a immedesimarmi coi personaggi. Devo dire di esser stata parecchio
a scrivere tutto, nonostante non possa sembrare così a prima vista. Benché non gradisca le Au nel mondo narutiano – anche se ne ho fatte parecchie, 
però, come dire... Adoro molto di più gli intrecci con la realtà che circonda i personaggi *_* – la mia ispirazione ha comandato così, questa volta, 
quindi spero davvero che gradiate!
Buona lettura.

Kiki, la paladina biancaH <3





***








Sul suolo asfaltato si sentì solamente il rumore degli scarponcini, che con gran lena correvano verso una meta precisa. 
Due buffe guance si presentarono al suo cospetto e, per un momento, gli sembrò di venir abbagliato dal suo sorriso – una serie di perle immacolate
che sembravano ravvivare anche le giornate più uggiose.

Ino Yamanaka, otto anni, era una bambina di statura bassa e corporatura esile e vista da un occhio sconosciuto poteva far parecchia tenerezza... 
Non certo a quel nerd di Shikamaru Nara, perennemente annoiato e distaccato dal mondo esterno, ora poggiato sulla parete della cucina.

La cosa che odiava maggiormente erano quei pomeriggi all'insegna della noia, con una seccatura che abitava a pochi isolati da lui, troppo ebbra 
di felicità per i suoi gusti.

«Andiamo, Shika! Guardiamo la nuova cassetta insieme!»

Lo supplicava lei, strattonandogli la manica della camicia. Shikamaru roteò le pupille in alto, aveva le braccia incrociate tra loro e lo sguardo assente.

«Mmh... No.»


Non gli importava se Ino piangeva – anche se, avrebbe voluto vedere almeno una volta la traccia di una lacrima su quel volto perennemente 
irradiato dai raggi solari – o rideva, anche quando aveva messo il broncio, quella volta.

Da quel giorno non si era presentata più a casa sua e per Shikamaru doveva essere una liberazione. Dopotutto, non era quello che desiderava? 
Però, aveva fatto persino l'abitudine a quel suo bighellonare in casa, il rumore degli scarponcini, i saltelli che faceva quando andava da una parte e 
dall'altra, quasi la vita fosse una grande festa. È risaputo, quando l'abitudine prende il sopravvento è difficile ricordare cosa si faceva prima.

Ino però abitava solo a qualche isolato da lui, i loro genitori si conoscevano sin dai tempi del liceo, potevano dirsi cresciuti insieme; la cosa che però
lo frenava era l'orgoglio, non poteva presentarsi sulla soglia come se non fosse successo nulla.

Così passarono i giorni, i mesi... E, alla fine, anche gli anni. Nessuno dei due aveva mai mollato la presa, forse Ino si era perfino dimenticata di lui, un 
piccolo insolente che non aveva fatto altro nella sua vita che denigrare ogni sua proposta.

Sì, gli mancava: come gli elementi naturali potrebbero mancare alla natura, proprio perché essi ne fanno parte.


Anche i silenzi lo sai, hanno parole (*)



Un nuovo giorno era sorto, l'alba di un nuovo dì. Si potrebbe dire che era un giorno uguale a mille altri, un anonimo lunedì. 
Per quanto Shikamaru volesse rinnegarlo, doveva rendersi conto di una cosa: erano passati ben dieci anni, dall'ultima volta che le aveva parlato. 
E non era trascorso un solo giorno, che non avesse guardato dietro i riflessi del vetro una spumeggiante diciottenne, lunghi capelli biondi danzavano sulla schiena,
alta e snella. Capo branco di tutti, come un leader, guidava uno pseudo gruppo di adolescenti allupati, che fissavano molto di più il suo fondo schiena, 
piuttosto che prestare attenzione ai suoi occhi.

Com'era possibile?

Shikamaru prese la vecchia cartella di pelle, la mise sotto braccio ed uscì fuori di casa, percorrendo la direzione opposta. 
Con il treno arrivava in minor tempo a destinazione, non la incontrava nemmeno, a parte uno scambio di occhiate fuggitive a scuola non 
c'era rapporto tra di loro. Poteva chiedere di meglio?

Sì: poteva riavere la vecchia amica di un tempo. Anche se non gli sarebbe bastato più, ormai.






Love of my life









«Buongiorno, signorina.»

Non aveva avuto nemmeno il tempo di rimettere al proprio posto i suoi libri nell'armadietto, che una voce familiare 
– troppo lusinghiera per non riconoscerne il proprietario – proruppe dietro di lei.

«Sparisci»

Non lo degnò della benché minima attenzione, si limitò a far scattare la serratura dell'armadietto e procedere con indifferenza nella propria aula. 
Eppure, non demordeva il ragazzo.

Kiba le piombò letteralmente davanti, un nuovo cerotto attaccato sopra il folto sopracciglio, l'ennesimo di una lunga lista. 
Non si prese la briga di chiedergli come se lo fosse procurato, sicuramente avrebbe iniziato a narrarle qualche avventurosa rissa per un
motivo così inutile che si sarebbe potuto risolvere con una serie di battute
civili fra uomini.

Un discorso che non valeva la pena affrontare, con quello che era il suo ex-ex-ex-ex ragazzo. I tira e molla erano perdurati per così tanto tempo che alla fine 
era arrivata a chiedersi perché lo perdonasse ancora, e, soprattutto, cosa poteva provare per lui, se non un affetto fraterno.

Forse era stato il primo amore, e, come tale, non avrebbe mai potuto rinnegarlo; riconosceva di aver vissuto con Kiba le prime esperienze, di aver capito 
cos'era l'amore davvero e quanto può essere straziante. Sembrava che quel discorso non l'avesse affatto compreso, poiché continuava a riconquistarla 
con suppliche varie, ma queste cose sembravano non tangere minimamente su di lei, anzi.

«Cinema?»

Kiba le mostrò due biglietti, un sorriso speranzoso sul volto. Eluse completamente la cosa Ino, sorpassandolo senza troppi indugi. 
Prima o poi si sarebbe innamorato di una ragazza decisamente diversa da lei, sarebbe stato ricambiato e lei sarebbe stata solo un antico ricordo,
la pagina di un libro appartenente ad un antiquariato.



You never know when the pain and heartbreak's over

I have to let go
The innocence is gone (**)

[Perché non lo so
quando il dolore e mal di cuore finisce
dimmelo, l'innocenza è andata via]




Prese il suo posto, osservando da lontano un disinteressato Shikamaru Nara, completamente estraneo alla lezione. 
Non che lei prestasse un certo interesse al mondo irrazionale delle equazioni matematiche, i suoi occhi andavano a dirigersi continuamente sulla figura mai troppo
attiva del ragazzo; con il tempo probabilmente la loro amicizia era andata sfumandosi, il vecchio ricordo di un'infanzia decisamente meno complicata,
all'insegna dell'innocenza dettata dall'età e dalle genuinità ancora fanciullesca.

Ormai era parte del passato, eppure se ogni sera da quel giorno si affacciava dal balcone della sua camera solo per intravedere la sua finestra, doveva esserci un motivo.
Semplice curiosità?

Avrebbe voluto tanto averlo accanto, in quel momento. Shikamaru l'avrebbe convinta che la vita faceva davvero schifo, a differenza delle dicerie dei suoi amici, 
ma che... cavolo, un motivo c'è se siamo sulla terra, quindi datti da fare per sorridere e, se sei troppo pigro per farlo, limitati ad ammirare un tramonto, osservare la luna, 
contemplare la pioggia. Vedi? Non è così male, c'è ancora qualcosa di buono se inizi a guardarti in giro.

Avrebbe fatto un discorso del genere, grossomodo.

Anche se, avrebbe preferito affrontare un altro genere di discussione; a quel punto smise di fantasticare, riavviò i capelli indietro, poi prese un boccolo biondo
e inizio a rigirarlo spasmodicamente tra le dita, com'era solita fare. Tra lei e Shikamaru, anche volendo, un'amicizia non ci sarebbe stata più; il bisogno estremo 
di un qualcosa di concreto, di più di un abbraccio, era troppo... A volte non basta una parola a catalogare un sentimento, alcune volte un pensiero sa essere più
nocivo di una frase, piombare senza pietà e sconquassare la mente... Furiosamente, furiosamente, furiosamente.

E quando non riesce ad esprimersi, si limita a dare segni di presenza in altri modi... Magari, talvolta, si burlerà del suo animo, assentandosi per qualche giorno. 
Ma il pensiero è come la radice di un albero: non abbandona la presa. E il sentimento è un frutto maturo che non marcisce, desidera solo glorificarsi, magari farsi
breccia nell'animo più degli altri sentimenti... per autentico esibizionismo.

Ino aveva imparato che il cuore agisce di propria volontà, insieme alla mente, sua rivale e, al contempo, sua confidente.


La campanella era suonata, aveva prodotto un suono squillante che sembrò rimbombare nel suo cervello. L'aula si svuotò in meno di due minuti, 
la lezione era stata tutt'altro che avvincente, anzi, solamente le prime file avevano prestato attenzione al gessetto dell'insegnante che scriveva dal 
basso verso l'alto incognite sconosciute.

«Mi dispiace per tua madre.»

In un primo momento non riuscì a capire, afferrò solamente dopo qualche secondo il senso di quelle parole. 
Quando alzò il capo biondo, Shikamaru era scomparso, si sentiva solo un debole profumo di colonia nell'aria. Intravide la sua immagine dietro una vetrata, 
si stava grattando il capo con fare annoiato, tutt'altro che in simbiosi con il resto del mondo. Ino allora si avvide di raggiungerlo; non sapeva cosa dirgli, 
né come presentarsi dopo tanti anni al suo cospetto, di fronte quella voce matura e profonda – un po' baritonale, invero – che era così diversa da quella
infantile che aveva conosciuto anni prima.

Allora lo seguì, svoltò l'angolo insieme a lui, senza avventurarsi troppo nella folla. D'un tratto la massa di gente che prima occupava i corridoi dell'edificio
scomparve, sembrava esser popolato solamente da loro due quel tratto di strada che conduceva sicuramente a qualche aula. In quel momento i ticchettii 
si fecero più sonori, i respiri più ansanti, ogni rumore amplificato dal silenzio.

«Shikamaru...» lo chiamò, con un fil di voce. Non si voltò, ma seppe per certo che aveva riconosciuto la sua voce, altrimenti non le avrebbe prestato così attenzione. 
«Come lo sai?» stavolta la sua espressione si rabbuiò, affrontò quella domanda in modo cupo, tristemente conscia di una situazione familiare oltremodo critica.

«I miei genitori.»

Non espresse nessun altro sentimento, freddo come solo una lastra di marmo sa essere.

«Ah... Beh, allora...» balbettò a raffica, un velo d'imbarazzo sulle gote candide. «Grazie. Per esserti preoccupato di mia madre, intendo. Ti terrò informato.»

Fece dietrofront, ma una frase pungente la costrinse a non svoltare l'angolo.

«E per te.» sospirò Shikamaru, degnandola improvvisamente di uno sguardo. «Mi sono preoccupato di tua madre... e di te.»

Chiosò, cercando in ogni modo di non incrociare i suoi occhi cerulei. Ino allora sbatté un paio di volte le ciglia, il principio di
una lacrima si stabilì sulla palpebra inferiore, tuttavia non scese sullo zigomo. Ma fu l'orgoglio a parlare – siamo esseri umani fatti di sentimenti,
anche i più molesti vanno trattati con la dovuta calma. Siamo esseri umani, nobili o miserabili, non possiamo fare a meno di sentirci un po' maligni, a volte. 
Un po' meno perfetti di come ci vedono gli altri... A renderci terreni sono una sola cosa: i difetti.

«Avresti dovuto preoccuparti tempo fa di questo Nara, ormai è tardi.»

Fuggì, vigliacca che non era altro. Non osò affrontarlo, aveva paura di essere ferita... e in cuor suo sapeva che non sarebbe riuscita a 
cicatrizzare la ferita che le avrebbe inferto Shikamaru. Le ferite fanno più male se sono causate dalla persona che amiamo e nemmeno una medicina riesce a curarle, 
anzi, rischia di far più male del colpo stesso.




Don't be a baby
Remember what you told me(***)

[Non fare il bambino,

ricorda cosa mi hai detto]




Si era comportato da vero coglione, doveva riconoscerlo con se stesso. 
Eppure averla davanti gli provocava un moto di rabbia, unito ad un fremito che non sapeva spiegare ma che sentiva esser potente, come una lama tagliente.

Non sapeva perché, ma era capitato proprio davanti casa sua, l'abitazione Yamanaka, un vero gioiello a detta di sua madre.
A ravvivare l'atmosfera erano le pareti verniciate di un giallognolo rilassante, alternato ad un bianco splendente, specialmente sotto i portici e gli archi.
Il giardino finemente intagliato da un abile giardiniere, era proprio come lo ricordava. Si trovò indietro nel tempo, improvvisamente;
il profumo d'innocenza lo avvolse in tante spire e gli parve di avere una visione, frutto di una fantasia molto ardita, di un futuro utopico,
se
non si fossero mai separati, se quell'amicizia legata sin dal principio delle loro nascite non fosse mai crollata in pezzi.

Eppure se ne stava lì, inebetito. Le mani mollemente lasciate cadere ai fianchi, un'espressione leggermente incredula e una smorfia di disdegno indugiava sulle labbra.

«Shikamaru.»

Proruppe una voce. Stavolta distinse il timbro più austero del genitore, una versione di Ino in scala più grande, un uomo sulla quarantina
con un'espressione che definì in modo garbato cadaverica, un certo sbigottimento e un moto di terrore erano stampati in volto.

«Signor Yamanaka... » il giovane s'avvicinò, oltrepassando il cancelletto di ferro e pensando che l'uomo avesse bisogno di qualcosa, aveva una cera davvero pessima. 
L'uomo gli toccò il braccio, lo scosse un po', come se avesse bisogno di qualcosa che non potesse in alcun modo chiamare.
In quel momento un'altra figura apparve al suo fianco, uscì anch'ella dall'uscio e lo ammonì con uno sguardo maligno.

«Non voglio vederti, Nara.»

Staccò la presa dal braccio dell'uomo il ragazzo, per calamitare la sua attenzione alla più giovane Yamanaka.

«Hai ragione: è tardi. Non pretendo nulla da te, non voglio nemmeno chiederti nulla... mi basta che tu non mi guardi così

Non poteva certo rivelarle tutto, sarebbe stato troppo degradante.

«Shikamaru.» la sua voce profonda, le prime lacrime che zampillavano sul suo volto, sfregiandolo.
In un infinitesimale secondo vide il capo della ragazza gettarsi sul suo petto, non capì Shikamaru, ma sentiva che c'era qualcosa di strano nell'aria,
un'atmosfera tutt'altro che rilassante. «Mia madre... è morta»

Restò impalato. Lasciò che Ino si sfogasse su di lui, magari in quel momento si sarebbe fatto dare tutti gli appellativi che lei poteva coniare, 
non gli sarebbe importato. Pur di non vederla soffrire, in simile stato.

«Ho perso me stessa... Io... Sono morta, Shika. Sono morta.»



Erano le prime luci di un'alba appena sorta e Ino era ancora sveglia: fissava con un'espressione assente il corpo inerme di sua madre. 
Era seduta su una sedia, le mani intrecciate a quelle di Shikamaru – non si erano lasciate neppure per un momento – e dove egli si dirigeva, 
lei non mancava di seguirlo, con gli occhi inumiditi di lacrime e le occhiaie pesantemente scavate sotto le palpebre.

L'ennesima candela si stava consumando, la cera si stava sciogliendo sopra il metallo, la debole luce stava venendo meno, facendosi poco a
poco sempre più piccola. Shikamaru si trovò a fantasticare, osservando le sembianze di quel lume con la figura ormai sopita in eternità della madre di Ino.
Com'era stata lenta la morte... dolorosa, atroce, l'aveva privata di tutti gli affetti. Crudele compagna di ogni essere vivente, ella li esorta più volte a seguirla, 
quasi fosse una dea mai sazia. Ed è prelibato il suo banchetto: fatto di uomini, eroi, patrioti fedeli e donne morte per chissà quale nobile causa,
o semplicemente perché, per un attimo, il destino era stato loro avverso, piombandogli in faccia e rovinando loro la realtà.

Shikamaru le tese la mano, sperando che la ragazza la stringesse nella sua; così fu, poiché sentì la consistenza debole e ossuta della mano principesca di Ino, 
che cercava in qualche modo la sua. Voleva vedere un semplice sorriso irradiare il suo volto, una qualsiasi emozione che rianimasse quanto meno quella 
figura, che ormai stava perdendo ogni tratto umano, per somigliare sempre più ad una bambola inanimata.

Così il ragazzo trovò la forza per tirarla su, allontanarla di qualche metro da quella stanza che non possedeva più nulla di materno ma che, anzi, 
pareva diventata un baratro oscuro, ghermito di reminiscenze ancora vive.



«Hai bisogno di distrarti.»

Le suggerì Shikamaru, facendola accomodare sul divano. L'aveva trasportata via da quell'atmosfera cupa, dallo stuolo di persone che esprimevano 
commiserazione per la defunta. Non sapeva se la sua casa fosse il luogo più sicuro, ma tanto valeva farla distrarre.

«Non vengo qui da parecchio»

Disse Ino, in tono atono. I suoi occhi vitrei espressero per un attimo un certo stupore, distinse probabilmente i profili della camera, 
l'arredamento spartano ed essenziale che la adornava, gli oggetti che da bambini avevano tenuto loro compagnia, anche nei giorni in cui tutti i giochi 
sembravano esauriti. Era bello essere bambini, pensò Ino, prendendo tra le mani un vecchio peluche, ormai inutilizzabile.
Non c'era nulla di più innocente e vero di un bambino, nulla che eguagliasse in qualche modo la sorgente di verità che loro erano. 
Un certo sgomento e, forse, una punta di malinconia non tardarono a tempestarle di lacrime gli occhi, quel giorno c'erano tanti motivi 
per piangere, le sembrava surreale trovarne uno per sorridere.

Le spalle di Shikamaru erano un riparo sicuro dal male, il suo petto non profumava di colonia, come molti altri ragazzi della sua età, piuttosto un odore acre, amaro, 
ma che lo rendeva in qualche modo diverso, affascinante in un modo che poteva piacere solo a lei. Ino avrebbe giurato che il suo vecchio amico avesse iniziato a fumare;
eppure, non era una sensazione che le dava fastidio, anzi, cercava di assorbire e di inspirare quanto più odore potesse, come se tutto quello di lì a poco sarebbe diventato
solamente un ricordo, nulla più.

Non sapeva esattamente quante ore aveva trascorso tra le sue braccia, cullata dal suo silenzio e dal regolare battito del suo cuore
– Shikamaru era così controllato, lei, invece, aveva il cuore che pulsava a mille – che in quel momento le parve l'unica musica degna di essere ascoltata. I
l tramonto calò e, al posto di questo, fece la sua plateale entrata l'incostante luna, che quella sera riusciva a donar loro solo un pallido spicchio, 
quasi non ne fossero meritevoli.

Ino intravide numerosi bagliori luccicare nel cielo, da quella prospettiva il mondo sopra di loro non era così lontano: 
accarezzò addirittura l'idea di poterlo dividere con qualcuno lassù, sarebbe scesa addirittura a patti se questo fosse significato rivedere sua madre.

Ecco, il pensiero s'agitava nel cuore e un gelo interiore la consumava tutta, inasprendo il suo spirito combattivo. 
La morsa poco a poco si era fatta più debole, era arrivata addirittura a smettere di sentire il dolore... 
Era il tarlo della sofferenza che logorava il suo animo, ma non sarebbe stata di certo lei a fermarlo. 
Forse l'indomani sarebbe stata meglio, pensò, mentre le braccia di Shikamaru la cingevano in un abbraccio e l'ultima cosa che vide 
fu il volto materno di uno spicchio lunare, tremendamente somigliante al sorriso di sua madre.

Poi, il vuoto. Solo le mani del ragazzo nelle sue, l'unico contatto con la realtà.





Shikamaru l'aveva osservata un'intera notte, senza mai cadere nel tranello di Morfeo. Aveva come l'impressione di essersi perso i ricordi,
li aveva ripescati durante durante le numerose ore che precedevano il giorno, affiancandoli poi come un puzzle, al fine di ricostruire un quadro generale.

Ino era proprio al suo fianco: i capelli biondi, sciolti, le incorniciavano il viso che aveva dei tratti sempre più maturi ma godeva 
ancora dell'ingenuità fanciullesca e la pelle nivea, candida, paragonabile all'aspetto della luna, ora più pallida che mai in cielo.

Sentì di profanare la sua pelle, quando con un dito sfiorò il suo profilo; in effetti, di fronte a lei, le sue difese venivano meno, temeva di piegarsi,
così come lo stelo di un fiore... Shikamaru non l'avrebbe ammesso – o, perlomeno, non in quel momento – ma lui l'amava, da lungo tempo.

Non era quella la priorità, ma non avrebbe ingannato il suo cuore fingendo di esserle solamente un buon amico: non ce l'avrebbe fatta, 
resistere sarebbe stata un'autentica opera di masochismo. Or dunque, se non poteva essere qualcosa di più, tanto valeva che evitasse di importunarlo ancora...
Cosa
stava blaterando, ora?

Ino era uscita da una difficile situazione familiare, un equilibrio precario che ormai da anni minacciava di annullarsi del tutto. 
Non poteva certo abbandonarla a se stessa, in balia del nulla, totalmente sola – se non per quel gruppo ristretto di amici che frequentava. 
Però, aveva come la sensazione che questi non la capissero veramente, ma mirassero alla sua persona per puro profitto personale,
approfittando della sua beata innocenza e dell'innocua bellezza che le garantiva un posto di riserva nel cuore di molti giovani.

Siamo tutti così egoisti: talmente presi dalla vita, iniettati di vana gloria e stupida vanità che dimentichiamo perfino di possedere dei sentimenti e 
che in fondo gli umani non sono macchine robotiche, nonostante il progresso miri a farci diventare tali. 
L'egoismo è il modo migliore per liberarsi dei problemi: un modo come un altro, una scorciatoia... Ma a quale prezzo?

Shikamaru si stava trastullando con quei quesiti esistenziali, fin quando non sentì la mano di Ino stringersi maggiormente alla sua, 
i suoi occhi aprirsi piano, le sue labbra schiudersi con lentezza, aride come un deserto, totalmente prive di vita.

«Shika... Non dormi?»

Aveva ripreso a chiamarlo con quel nomignolo, un vezzo che aveva da bambina.

«Quando troverò un motivo per dormire.»

Quelle frasi enigmatiche non le aveva mai capite troppo Ino, né si era curata di farlo; il ragazzo sicuramente le avrebbe risposto in malo modo.

«Grazie.»

Mormorò lei, balzando sulla sua guancia. Era solo ad un centimetro dalle sue labbra, non avrebbe faticato molto a raggiungere la meta. 
La sua mano, morbidamente persa tra i suoi capelli e la sua barba appena un po' ispida stava carezzando con avidità il suo volto, 
privandolo dell'ultimo granello di dignità e d'orgoglio rimastogli.

I suoi occhi cerulei, così in tinta con il cielo mattutino, riflettevano dentro di lui tutto il suo mondo: Ino stava cercando di dirgli qualcosa, 
nonostante i suoi atteggiamenti apparentemente infantili era una donna matura, che stava facendo i conti con la realtà che la circondava, 
per la prima volta aveva realizzato cosa fosse successo nelle ultime ventiquattro ore.

«Puoi stringermi ancora un po'?»

Chiese, a bassa voce, come se si vergognasse. Il ragazzo s'avvicinò maggiormente alla sua figura, toccò coi piedi le sue gambe, lasciò che il suo
capo biondo scivolasse sul suo petto, in prossimità del cuore.

La sua mente nel suo cuore: erano tutto quello che gli bastava.





Un anno dopo.







«Shika, davvero non vuoi venire con me?» l'espressione rabbuiata della ragazza, dovette farlo ricredere circa il suo temperamento. 
Shikamaru non aveva voglia di discutere, anche perché con la nuova stagione in arrivo il caldo andava a surriscaldare i suoi neuroni, indi, 
il suo discreto quoziente intellettivo, facendo venir meno le sue forze.

«Sei una seccatura, Yamanaka.»

Si fece trascinare letteralmente, la pigrizia gli impediva il benché minimo spostamento.

Ino era davanti a lui, raggiante e vivace: il cappellino bianco le donava, aggiungeva qualcosa in più al suo fascino, risaltava i suoi occhi e il 
riflesso dorato dei capelli brillava insieme al sole, in perfetta sincronia.

Nell'ultimo anno, aveva potuto riprendere i contatti con la famiglia Yamanaka: volente o meno lo sconcerto aveva turbato l'unico genitore rimasto ad Ino, 
più volte i suoi genitori erano andati a fargli visita, da lì avevano ripreso i contatti come prima, indi, direttamente con Ino. Quest'ultima frequentava solo 
per rare passeggiate o uscite serali gli amici abituali di prima; in realtà passava molto più tempo con Shikamaru, parlando, sfogandosi, nei primi tempi piangendo,
per ore, settimane, mesi... Poi il sorriso era ricomparso anche sul suo volto.

Avevano avuto così tante cose, da dirsi: quanti anni passati, quanti ricordi sopiti e ora risvegliati improvvisamente dalla tomba sepolcrale delle reminiscenze, 
quanta dolcezza nelle parole di Ino e negli sguardi di Shikamaru, riprendendo in mano cose che sembravano parte di un passato ormai remoto. 
Non avevano affrontato mai discorsi che riguardassero loro due, non ve n'era bisogno, avevano pensato ambedue, per il bene 
di quell'amicizia restaurata.

Per quanto il turbamento interiore e la guerra nell'animo combattessero il ragazzo, egli aveva giurato di non rivolgere nemmeno una parola in 
merito a quell'amore che doveva restare chiuso così com'era: dall'amicizia all'amore c'era un salto più lungo di una gamba, non era consono farlo.

Però, questo doveva far riflettere: quant'è davvero la distanza, il varco, il salto o dir si voglia, dall'amicizia all'amore? Quanto può essere fatale giurarsi
innamorati e poi promettersi amici, come se fosse un sacrilegio far parola di quel sentimento... Shikamaru aveva riflettuto così a lungo,
si era bastonato più notti all'idea che lei un giorno potesse diventar di qualcun altro – sarebbe arrivato quel dì, per quanto lo negasse, presto o 
tardi Ino si sarebbe invaghita di un giovinotto... E lui, a quel punto, cos'avrebbe fatto? Si sarebbe goduto il boccale dell'invidia, oppure, molto
più plausibilmente, avrebbero rotto una volta per tutte quei ponti, altresì denominati legami, che avevano instaurato per anni e anni?

È un salto così precipitoso, l'amore. Si può scegliere di saltare oppure di cadere, in entrambi i casi si corre un rischio, ma saltare è molto più pericoloso,
un passo nel vuoto completo, in balia solo del destino... Eppure, rimanere fermo lì, immobile, totalmente ignaro del pericolo, 
non era una situazione che gli si confaceva, suo malgrado.




Realizzò solo in quel momento dove si trovavano: Ino non era mai voluta andare al cimitero da sola, per paura di vedere chissà quale immaginario fantasma.
Inerzie, le aveva ripetuto spesso, ma la mente di una donna era complicata quasi al pari delle stagioni che si susseguivano fra loro.

Seduti in ginocchio, totalmente in preghiera, i due sentivano solo il fiato del vento, più volte rapido, che pizzicava con una certa 
imprudenza sull'epidermide.

«Scusa se ti porto ogni volta qui»

Mormorò, destando la sua attenzione.

«Ormai mi hai costretto... Gli inconvenienti che deve sopportare un amico.»

Ino si aspettava una risposta del genere, ecco perché rise a bassa voce, alzandosi poco dopo dal gradino di cemento sul quale aveva poggiato le ginocchia. 
Shikamaru la imitò, mettendo nuovamente le mani nelle tasche e proseguendo verso una meta non precisa. Ino lo seguiva, gli occhi bassi, 
in meditazione, il vestito a pieghe svolazzante che seguiva il ritmo del vento.

Non avrebbe faticato a dirsi un angelo, quella che camminava in un cimitero, vestita totalmente di bianco e con l'aria apparentemente assente... 
Shikamaru cercò di non calamitare la sua attenzione, avrebbe rischiato di lasciarsi andare troppo.

«Fumi, vero Shika? Il tuo è un odore diverso, un po' amaro.»

Quelle domande a ciel sereno non riusciva proprio a capire da dove spuntassero, tuttavia, rispose annuendo. 
Non voleva che Ino lo vedesse fumare, forse perché era abituato a vederla come una divinità, un qualcosa da adorare e venerare ogni singolo
giorno – di cui lui non era degno, men che meno capace. Quelle convinzioni, così prepotentemente insite dentro di lui, non gli avevano mai 
permesso di confidarle quel piccolo segreto, che tale non era, dal momento che si erano accorti praticamente tutti di quel suo vezzo.

«Shika?»

Lo richiamò per l'ennesima volta.

«Cosa c'è, ancora

Menzionò l'ultima parola, in tono vagamente inviperito.

«Ti amo»

Ino non aveva mai detto quelle parole, nemmeno quando era stata con Kiba. Le sembravano appropriate più ad un film che ad una
dichiarazione vera e propria... Fino quel momento aveva perfino pensato che non le avrebbe mai dette, poiché erano troppo impegnative per i suoi gusti.

«Yamanaka, ti sei accorta di aver detto una cosa da adulti?»

Quel buffone non la prendeva mai sul serio, così finiva per inacidire le parole, ed ecco che veniva fuori il suo lato peggiore.
L'espressione di sconcerto del ragazzo non presagiva nulla di buono, ma ormai aveva tirato fuori quelle parole, tanto valeva spiegare le sue ragioni.

«Ormai non sono più una bambina, Shika.» si avvicinò con cautela a lui, prendendolo per mano. «Tu... Tu mi ami, Shika?»

Sperò con tutto il cuore che quella crepa già precaria non si rompesse del tutto, se Shikamaru l'avesse ferita non sapeva quanto avrebbe tenuto duro.

«Tu non mi ami, Ino. Noi siamo amici.»

Riprese lui, cercando di non sbilanciarsi troppo. Dopotutto, non poteva farla soffrire e non era propriamente il suo tipo ideale, 
anzi, tutto quello che si sarebbe potuta aspettare da lui sarebbero stati eloquenti sguardi, più che sdolcinate parole d'amore.

«E se... La mia amicizia fosse stata sempre amore?»



Fiori che nascono tra i rovi,

Qui fuori cicatrizzano gli errori”

(****)



Un groppo in gola minacciò seriamente il suo auto controllo, tanto che trasalì più volte quando vide le labbra di Ino allungarsi, al fine di 
cozzare contro le proprie. Era dolciastro il loro sapore, vagamente profumato di fragole... Tutt'altra cosa rispetto alle sue, anonime, che
adesso però si lasciavano guidare da quelle della ragazza, tentatrici.

«Se smetti di baciarmi, forse parlo.»

La provocò lui, allora lei dovette allontanarsi per forza, indietreggiando un po', poiché aveva alzato le punte per arrivare alla sua altezza.

«Non mi sembrava che ti stessi lamentando»

Shikamaru sfiorò il suo viso con le dita, il suo capo era andato ad impattare in un debole scontro con il cappello di paglia bianco della ragazza. 
Glielo tolse, così da poter avere una visione completa di Ino, in piena attesa di un verdetto finale.

«Perché volevo io l'ultima parola, Yamanaka. Dovresti conoscermi.»

Disse, prendendogli due ciocche bionde e arricciandosele intorno all'indice; la ragazza allora si gettò fra le sue braccia, lasciando che l'atmosfera la 
travolgesse completamente, ignara di qualunque passante che li vedesse compiere gesti poco consoni in un luogo sacro come quello 
– posto adattissimo per una dichiarazione d'amore, c'era da dire.

Ma non importava, ora che il destino aveva deciso di collaborare con le loro vite, ora che anche Shikamaru le aveva detto che l'amava – a suo modo – si rese
conto che il vero amore era tutto intorno a lei: suo padre, sua madre, Shikamaru... Non aveva dato loro il giusto peso, forse, nel corso della vita, ma
per una persona che non c'era più, un'altra avrebbe cercato di conquistare il suo cuore, anche se, invero, aveva fatto breccia da parecchio tempo.




Fine.



(*) Di sole e d'azzurro – Giorgia.

(**) Beautiful Liar – Shakira ft Beyonce.

(***) Waking up in Vegas – Kate Perry.

(****) Primavera in anticipo – Laura Pausini ft James Blunt.








Note post-lettura:



Non sono riuscita a inserire una canzone, ahimè, era di Alvin Superstar e non riuscivo proprio a trovare un verso che calzasse con la fan fiction XD.

Bene, miei cari lettori, anche se sono senza Internet in questo momento – scrivo treamite biblioteche – non posso rinunciare alla mia linfa vitale, la scrittura per l'appunto *-*

Prima, con una ShikamaruIno, il mio pairing prediletto... La cosa mi ha fatta esaltare non poco! XD... Anche se inizialmente volevo scrivere un angst piuttosto pesante, in seguito ho cambiato idea, nonostante gli happy ending – specialmente i miei – non mi convincano mai troppo ._.

Dedicata a tutte le spartane che combattono il nostro pairing, con forza e tenacia, difendendolo con biancaH determinazione *_*

ShikaIno is the way!

Grazie a tutti per esservi soffermati a leggere,

complimenti a tutti gli altri partecipanti e ringrazio la giudice Valehina – ormai moschella grigio-bianca XD – per l'accurato giudizio. Grazie inoltre, per il premio Best Combination *_*.

E adesso, dopo aver riempito la pagina di mie storie, mi congedo ù_ù.

Un biancoH grazie a tutti!


   
 
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