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Autore: Hi Ban    22/03/2010    7 recensioni
Merlino, mentre puliva l’armatura del principe, osservava in modo dubbioso l’operato dello stesso, che lo vedeva intento in quella sfida che era diventata mettersi la cotta di maglia.
Si chiese se non avesse mangiato qualcosa di strano o, andando sul generico, qualcosa cucinato da Gaius, ma comprese che la situazione era davvero grave, quando poggiò infastidito la maglia sul letto.
“Cos’ha questa dannata cosa questa mattina?” Chiese infastidito dopo i vani tentativi di indossarla, tutti andati a vuoto.
Osservò Merlino alla ricerca di una risposta, certo che lui era la causa della disfatta che vedeva protagonisti lui e la maglia. Lui non centrava niente, la maglia era un oggetto inanimato: restava solo Merlino.
“Forse siete voi che avete qualcosa che non va, Sire.”

Artù/Ginevra
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Merlino, mentre puliva l’armatura del principe, osservava in modo dubbioso l’operato dello stesso, che lo vedeva intento in quella sfida che era diventata mettersi la cotta di maglia.
Si chiese se non avesse mangiato qualcosa di strano o, andando sul generico, qualcosa cucinato da Gaius, ma comprese che la situazione era davvero grave, quando poggiò infastidito la maglia sul letto.
“Cos’ha questa dannata cosa questa mattina?” Chiese infastidito dopo i vani tentativi di indossarla, tutti andati a vuoto.
Osservò Merlino alla ricerca di una risposta, certo che lui era la causa della disfatta che vedeva protagonisti lui e la maglia. Lui non centrava niente, la maglia era un oggetto inanimato: restava solo Merlino.
“Forse siete voi che avete qualcosa che non va, Sire.”
Le facoltà mentali di Merlino erano già scarse di suo, ma se poi era di mattino che ne faceva uso, la tragedia assumeva dimensioni indicibili.
Artù guardò stizzito il servo e non lo degnò di una smentita o di una conferma alla sua ipotesi, continuando a tentare di mettersi la maglia.
Il mago continuava a pulire quell’armatura, ormai splendente, senza darvi più peso e scrutava il principe di sottecchi, alla ricerca di quel piccolo particolare che gli sfuggiva.
Che avesse esagerato la sera precedente e avesse alzato il gomito, lasciandolo con i postumi della sbornia?
Aveva combinato qualche altro guaio con gli incantesimi, di nuovo, e Artù era, nuovamente, la vittima?
Era caduto dal letto prima del suo arrivo e aveva sbattuto la testa?
Tutte congetture che potevano essere vere, non c’era ombra di dubbio su ciò, ma Merlino fu colto da un’illuminazione che quasi non lo portò a strozzarsi con la saliva. Poi sorrise.
“Sire, tutto bene?” Chiese ingenuamente, quando sapeva benissimo che c’era qualcosa che non andava.
Non lo degnò di uno sguardo, perso nei suoi pensieri e occupato a trovare il buco della testa, ma quel mezzo verso infastidito forse indicava un ‘sì’.
Il sorriso si allargò maggiormente, sicuro che la deduzione che lo aveva folgorato sullo strano comportamento del suo padrone fosse più che vera.
“Ne siete certo?”
Spazientito da quelle domande inutili, fece sbucare la testa da qualche buco della maglia – probabilmente il foro da dove l’aveva infilata – e lo freddò con lo sguardo.
Lui stava benissimo, era ovvio. Era quella maglia che ce l’aveva con lui.
“Sì, Merlino, sì. Sto benissimo.”
E ritornò alle prese con quella cotta di maglia che si sarebbe ritrovata nel camino entro poco, se non avesse deciso di collaborare.
Sentire imprecare il principe era qualcosa di abbastanza insolito, anche perché se non gli riusciva qualcosa al primo colpo, al secondo trovava un modo, legale, illegale o poco consono che fosse, per riuscire nel suo intento; sentirlo, però, imprecare mentre era sovrappensiero era, per Merlino, un chiaro segno che la sua visione delle cose era esatta, ma la situazione era abbastanza grave.
Era certo che non avrebbe più avuto occasione per rivedere il principe in quelle condizioni – capelli scompigliati compresi –, ma non si lasciò sopraffare da quella consapevolezza.
“Artù, non notate che c’è qualcosa che non va?” Chiese, dopo che il figlio del re era riuscito a mettere quella dannata maglia e, con un sorriso trionfante, si avviava alla volta di una nuova sfida: le calze.
Era evidente che non si era accorto di come avesse messo quella maglia che lo aveva trattenuto nelle sue stanze più del dovuto, perché altrimenti avrebbe notato sicuramente che c’era qualcosa di storto.
“È tutto ok, Merlino. Cosa dovrebbe esserci che non va?” Domandò stizzito di rimando, certo che quella mattina procedesse tutto alla perfezione.
Non aveva ancora visto la sua immagine riflessa allo specchio.
Anche le calze quella mattina, a detta del povero Artù, erano alquanto maldisposte nei suoi confronti, infatti aveva dei problemi anche con le suddette.
Merlino, dopo aver osservato con sguardo abbastanza sconvolto la tecnica adottata da Artù per mettersi un paio di calzini, sorrise nuovamente, certo che il principe per la testa avesse ben altro. “Artù, vi ricordate quando avete detto che io ero malato o qualcosa del genere?” Tentò così di riportare alla mente del futuro re le parole che gli aveva rivolto poco tempo prima, quando Ginevra aveva rischiato la vita.
“No, Merlino, non ricordo niente del genere.” Rispose, continuando a concentrarsi sul secondo calzino e individuando il piede giusto a cui farlo indossare. Una sfida senza precedenti.
E il mago sorriso divertito, certo che quella giornata sarebbe stata davvero interessante se non avesse fermato Artù e gli avesse fatto notare qualche piccolo particolare che stonava un po’ con la concezione di giornata perfetta che credeva fossa già da quel martedì mattina.
“Quando avete detto che ero innamorato...”
Provò nuovamente, ma Artù si limitò ad alzare un sopracciglio, chiedendosi dove volesse andare a parere Merlino. Era abituato alle sue uscite un po’ vaghe e senza senso, ma non finiva mai di stupirsi.
“Merlino di cosa stai parlando?”
Anche il secondo calzino aveva trovato il suo posto nel mondo – caso volle piede destro del principe – e Artù era in pace con se stesso e, in verità, non gli importava molto degli sproloqui sragionati del giovane.
Si alzò con la sua solita grazia alla ricerca delle scarpe e non fece più caso a ciò che diceva il servo, ancora impegnato su quell’armatura. Presto sarebbe divenuta trasparente, ma quello, per il momento, era un dettaglio relativo.
“Non ricordate? Dicevate che mi comportavo in modo strano perché ero innamorato...”
Sorvolò sul perché, in realtà, si era comportato in modo strano e, in quel caso, abbastanza autolesionistico, e si chiese se quella testa vuota avesse compreso il ragionamento che vi era dietro quella riesumazione volontaria dei ricordi.
“Dove sono le mie scarpe?” Chiese spazientito e poco interessato a cosa aveva detto Merlino, mentre si piegava sotto il letto alla loro disperata ricerca. Non aveva ascoltato una parola di ciò che aveva detto, certo che trovare le scarpe fosse di maggior importanza.
Quando non voleva capire, non capiva, ma in quel caso il mago preferì essere più paziente: se non ci arrivava da solo glielo avrebbe detto lui.
“Sono davanti all’armadio. Anche voi siete strano, non vi dice niente?”
Prese le scarpe innervosito e con malagrazia, tornando a sedersi sul letto, scoccando un’occhiataccia a Merlino, intimandogli senza mezzi termini di stare zitto. Un chiaro invito che anche un bambino avrebbe accolto senza pensarci due volte, ma Merlino era abituato al pericolo, aveva affrontato ben di peggio: perché non disubbidire ad un ordine di Artù?
“Anche voi siete forse innam...”
La brillante rivelazione di Merlino fu stroncata dal bussare alla porta. Chi poteva essere?
Intanto Artù aveva assunto una faccia tra l’irritato e lo stizzito, giacché aveva intuito qual era la parola pronunciata a metà dal mago prima che la terminasse, ma quando il suono delle nocche che battevano contro la porta di legno ruppe la profetica elucubrazione del servo, la sua attenzione fu catalizzata da altro.
Avevano bussato alla porta e c’erano abbastanza possibilità che fosse una certa persona da farlo scattare in piedi da sul letto, mollando per terra le scarpe e dirigersi verso la porta.
Stessa cosa che si era apprestato a fare Merlino, come di consueto, ma Artù gli passò davanti, assestandogli uno spintone che lo fece finire quasi di testa dentro la cesta dei panni lavati. Aggraziato come un vero principe, pensò il giovane mago e si massaggiò la testa dolorante. Con la nonchalance di chi fa qualcosa con naturalezza, Artù aprì la porta, trovandosi davanti la persona che si aspettava di vedere.
“Buongiorno Sire.” Una voce femminile giunse alle orecchie di Merlino e si rimise in piedi velocemente: non se la sarebbe voluta perdere quella scena.
“Salve Ginevra, non mi aspettavo di vederti.” Disse con un tono falsamente sorpreso e con un sorriso che concedeva a pochi.
Non a Merlino, per esempio.
Il mago, intanto, prese la cesta dei panni in cui era atterrato, con la scusa di doverli portare nell’armadio.
“Allora per chi è che mi avete buttato nella cesta del bucato? Aspettavate ansiosamente Gaius?” Disse a bassa voce quando gli fu dietro.
Quella era la prova schiacciante e checché ne dicesse lui aveva ragione. Oh, eccome se aveva ragione.
“Zitto idiota.” Disse tra i denti, cercando di non far cogliere niente a Gwen di quel teatrino che rischiava di farla insospettire.
Quando gli sarebbe capitato tra le mani lo avrebbe messo alla gogna, se lo meritava. Poi quello strano quella mattina era lui.
“Sire...”
“Sì, Ginevra? Posso fare qualcosa per te?” Chiese con tono affabile, mentre si poggiava meglio allo stipite della porta.
Quella mattina avevano sicuramente architettato una congiura contro di lui, perché non gliene andava una giusta. Prima la maglia, ma sicuramente c’entrava Merlino: doveva aver fatto qualche stupidaggine mentre la lavava.
Si era ritrovato con un servo più stolto del solito e infine quelle stesse calze che avevano dato mostra della loro insidiosità, gli stavano dando non pochi problemi.
Gli davano fastidio, come se ci fosse qualcosa dentro.
Non capiva cosa...
“State bene?” Chiese ingenuamente lei, mentre vedeva l’uomo davanti a lei strusciare la pianta del piede contro lo stipite della porta.
C’era qualcosa di strano in effetti...
“Certo, benissimo, perché?” Chiese sorridendo e chiedendosi dove fosse Merlino quando serviva. Non che in quel momento avesse potuto fare molto, ma scaricare la colpa su qualcuno faceva sempre bene al suo ego.
Intanto il mago stava seduto sul letto e da lì osservava la scena, certo di una cosa: aveva più che ragione.
Gli passò per la mente anche di fare un piccolo incantesimo per dare una svolta alle cose, giacché se Artù continuava a grattarsi come se avesse avuto le pulci sarebbe rimasto appoggiato a quello stipite per un bel po’, ma preferì non intromettersi: non voleva trasformare nessuno in mucche o topi. “Beh...” Iniziò titubante Ginevra, non sapendo se il giovane principe avesse preso bene la rivelazione.
Ora che ci faceva caso, anche la camicia iniziava nuovamente a dargli fastidio: avrebbe messo Merlino alla gogna, fine del discorso.
E mentre grattava il piede contro il legno della porta, con la mano tentava di aggiustare la cotta di maglia, senza grandi risultati: era una sfida contro non aveva ancora bene capito chi, ma l’avrebbe accettata. Lui era il principe di Camelot, futuro re, non poteva farsi battere da dei calzini e da una stupida maglia.
Una cosa era certa: non aveva mai avuto tanti problemi in vita sua e doveva caderne vittima proprio quando era in presenza di altri.
In presenza di Ginevra, peraltro.
“Tutto bene, Sire?”
E Merlino infieriva, mentre aveva ripreso a lucidare quell’armatura che era, molto probabilmente, stufa del maltrattamento che stava subendo. Ci aveva messo su le mani Merlino, niente di più strano.
Artù si voltò verso di lui e avrebbe tanto voluto poterlo incenerire con o sguardo o, in caso non fosse possibile quell’opzione, farlo scomparire. Gli avrebbe fatto scomparire quel sorriso ebete dalla faccia prima o poi, più prima che poi. Come si permetteva di prendere in giro – perché quello stava facendo: farlo sembrare più cretino di quanto già non apparisse agli occhi della serva di Morgana – il suo padrone?
“Certo, Merlino! E metti via quell’armatura!” Aggiunse, onde evitare che prendesse lo stesso morbo di quegli indumenti che lo stavano facendo impazzire.
Doveva centrare Merlino per forza, chi altri se no?
“Allora Ginevra, come mai questa piacevole visita?” Chiese poi all’indirizzo della giovane che li osservava spaesata.
Forse la sua non poteva considerarla una ‘piacevole visita’ dal momento che Gwen se ne stava sul ciglio della porta e non osava muoversi di lì, abbastanza stranita dai modi di fare di quella mattina di Artù.
Che avesse dormito male?
“No, niente... volevo... State bene, Sire?” Chiese nuovamente, quando lo vide aumentare la sfregamento della pianta del piede contro la porta e imprecare a denti stretti contro quella maglia che doveva avere, assieme alle calze, qualcosa di bislacco.
E poi c’era quel piccolo particolare, che aveva notato dall’inizio, che l’aveva sconvolta più di tutto il resto e che l’aveva spinta, seriamente, a credere che il bel principe quella mattina non stesse per niente bene.
Era un piccolo particolare, niente di tanto grave da scomodare la cavalleria su ordine del re, ma forse era il caso di farglielo presente.
Vedendo la faccia della giovane, Artù stesso si chiese cosa succedesse e il perché di tanta esitazione da parte sua.
“Ginevra, cosa succede?”
Certo, la richiesta sarebbe suonata più autoritaria e imponente se non si fosse continuato a grattare, ma non si poteva avere tutto dalla vita.
“Avete... Cioè, Sire voi... voi avete la maglia al contrario.” Disse, con uno sforzo tale che dovette abbassare lo sguardo, certa che quella rivelazione sarebbe stata un po’ fuori luogo detta in quel preciso momento. Era una dichiarazione abbastanza imbarazzante e, di certo, quella mattina quando si era recata presso le stanze del principe non si era aspettata di dover compiere un simile compito.
“Eh?” Chiese di rimando, non capendo neanche lui cosa stesse dicendo.
Lui? Maglia al contrario?
“E... e anche le calze, Sire... Cioè, non sono al contrario, solo un po’... storte.” Cercò di smorzare un po’ la tragicità della rivelazione, ma no, le calze erano davvero al contrario e Merlino, a quel punto, faticò pesantemente a trattenere una risata: Artù, al minimo accennò che si potesse ricollegare ad essa, si voltò verso l’interessato, che camuffò tutto con un attacco – mal riuscito – di tosse.
Portò poi l’attenzione sui capi incriminati, notando che le parole di Ginevra erano vere.
In un attimo di folgorante intuizione, comprese che il fastidio era provocato dal modo in cui aveva messo maglia e calzini e, in un secondo momento successivo al lampo di genio, si rese conto che aveva fatto la figura del cretino.
“Ma stavate bene anche così, Sire... cioè...” Ginevra, in un disperato tentativo, aveva provato a sdrammatizzare quella tragedia, ma l’imbarazzo era troppo.
Artù non rispose, continuò ad osservare il suo operato, nello stesso modo dubbioso in cui lo aveva scrutato Merlino quella stessa mattina. Forse il dramma maggiore era che non poteva incolpare Merlino, dal momento che a vestirsi era lui e non il servo: aveva ancora buone facoltà mentali che gli permettevano di compiere ancora quell’azione senza ausilio altrui. Anche se non le avesse avute, dubitava seriamente che avrebbe chiesto aiuto a Merlino e la sola idea lo faceva rabbrividire lievemente.
“Beh, Sire... Io vado, sì. Devo aiutare Lady Morgana...”
Detto ciò, girò i tacchi e si allontanò di pochi passi, poiché la figura della sopracitata figliastra del re comparve, molto probabilmente spinta dalla curiosità di sapere dove fosse andata.
“Gwen, dov’eri?”
“Qui!” Rispose con un acuto, sperando di non apparire sospetta.
“E cosa ci facevi?”
“Niente, ma ora vi devo aiutare!”
“Veram...”
Non le diede il tempo di finire la frase – o parola che fosse –, perché la prese con la solita delicatezza e la spinse verso il corridoio che portava alle sue stanze.
Fece un cenno ad Artù e Morgana capì.
Sì, Gwen aveva gli stessi sintomi di Artù, dedusse Morgana, vedendo che il fratellastro stava imbambolato a fissarsi il vestiario e che Ginevra si era incamminata verso la direzione sbagliata, con tanto di passo di marcia, reso difficile dalla gonna del vestito.
Anche lei aveva capito i fantomatici sintomi e la presunta malattia e scambiò con Merlino un’occhiata complice.
Se ne andarono, non dopo aver preso la strada giusta, e lasciarono i due nelle stanze del principe; chi dentro, chi sulla soglia della porta, infatti Artù non si era mosso di un passo.
Merlino, notando che non dava segni di vita, si avvicinò al principe cautamente.
“Sire?” Chiese, con l’intento di risvegliarlo dal torpore in cui era caduto. Suppose che il suo ego dovesse assimilare il colpo, troppo provato dalla figuraccia. Per di più in presenza di lei.
“Sir...”
“Merlino, perché non mi hai detto che ero vestito come un idiota?” Chiese, di punto in bianco, come attraversato da una scarica elettrica.
Il tono era alquanto irritato e non preannunciava niente di buono.
Fa che abbiano poca frutta e verdura..., pensò, certo che la gogna avrebbe goduto della sua presenza a breve.
“Beh, voi non mi avete dato il temp...”
“Merlino.”
“Sì, Sire?” Chiese titubante, mentre Artù si girava nella sua direzione.
Non gli diede retta e si andò a sedere sul letto, togliendo con malagrazia i poveri calzini, che non avevano nessuna colpa.
Merlino lo osservò dalla porta, trattenendo – grazie al cielo – le risate che gli nascevano spontanee. Non poteva non trovarlo divertente: vederlo che tentava di togliersi i calzini e la maglia, gli stessi che gli avevano fatto fare una figuraccia, con tutta l’irritazione che aveva accumulato in quella settimana era una scena che non sarebbe ricapitata. Chiunque avrebbe capito qual era il problema se avesse assistito alla scena: solo Artù non ci era ancora arrivato.
“Sire, sapete una cosa?”
“Cosa, Merlino?” Chiese in tono spazientito.
Sapeva che Merlino avrebbe dato aria alla bocca solo per dire una colossale stupidaggine, ormai aveva capito come funzionava quella mente malata.
“Io resto sempre della stessa opinione.”
“La vuoi dire anche a me, per caso?” Chiese in un velato tono ironico che Merlino percepì chiaro e forte, facendo allargare maggiormente il sorriso che già si era disegnato sul suo volto.
“Voi vi comportate così...”
“Sentiamo, mi hai forse avvelenato nel sonno?”
Magari, pensò Merlino, ma era vincolato da quella stupidaggine detta dal drago, quella cosa sulla medaglia, che per lui non aveva senso.
“... perché siete innamorato!”
Silenzio di tomba. Nella stanza non vi era il minimo rumore, se non quello degli uccellini che vivevano la loro vita beata al di fuori della finestra.
“E di chi, di grazia, Merlino? Di te?” Chiese, beffandosi di quella che non aveva neanche preso in considerazione come ipotesi plausibile. Riprese a mettersi le calze, che aveva tolto in maniera raccapricciante.
“Oh, no! Di Ginevra!”
Touché.
Artù esordì con una breve risata, credendo che stesse scherzando o, nella più terribile delle ipotesi, che qualcuno lo avesse drogato.
La risata scemò e un’espressione seria s’impadronì del suo volto.
“Scherzi?”
“Certo che no, Sire!” Rispose Merlino, con un sorriso che era più inquietante che altro.
Che lo ammettesse era una cosa, ma che fosse vero era tutto un altro paio di maniche; la rivelazione fece si che il volto di Ginevra prendesse possesso della sua mente, monopolizzandola e i pensieri del principe furono catalizzati sulla sua figura.
Infatti...
“Sire... state mettendo le calze al contrario. Di nuovo.”

***

Sì, ho scritto un’altra cosa su Merlin; che ci volete fare, quando la demenza chiama scatto sull’attenti!XD
Beh, è una Artù/Ginevra, anche se piuttosto palese. Non lo so, li vedo bene insieme, anche perché, tra l’altro, il telefilm da abbastanza spunti che facciano credere che sia quella la coppia, eh!xD
Questa è la coppia che più mi piace del telefilm e, non so perché, Merlino ce lo vedo bene con Morgana!°° Beh, infondo bisogna accoppiarlo con qualcuno, no?xD Ci sono degli accenni alla precedente fic, ‘drammi a corte’, quando si parla del trasformare in maiale o in altri animali, ma niente di sconvolgente: in poche parole potete leggere questa senza leggere l’altra!^^
Il titolo è idiota, ma ringraziate il cielo che non ho lasciato quello che c’era prima perché era molto peggio. Ma molto tanto!
Sì, ammetto che ho dato fondo a tutta la dose di scemenza che compone il mio corpo, quindi non c’è da stupirsi se è uscita questa storia. È solo la seconda storia che scrivo in questo fandom, anche se ci sto prendendo abbastanza la mano. Perciò mi vedrete comparire con qualche altra scempiaggine probabilmente!xD Felici, nevvero?.-.
Non ho altro da dire, anche perché le note, tra un po’, diventano più lunghe della storia!=)

Ne approfitto per ringraziare mizukage, Cucci_4_Lollosa, Nihal, Elyxyz e Melmon per aver recensito l’altra storia!*__* Grazie!

A presto!^___^
  
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