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Autore: fri rapace    23/03/2010    15 recensioni
“Una scopa e noi due assieme… ricordi, Minerva?” Remus tentò un debole sorriso, chiedendole silenziosamente di assecondarlo nel suo repentino cambio di argomento. “Il mio primo appuntamento con una donna,” sospirò. “Allora puntavo in alto!”
“Sì. Forse un po’ troppo, dato che mi arrivavi a mala pena ai gomiti.”
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minerva McGranitt, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Il primo appuntamento di Remus Lupin Scrivendo "Una vita in più" avevo abbozzato tanti piccoli Missing Moment della vita di Remus che poi non hanno trovato spazio all'interno della ff, questo è uno di quelli. Che però, come a volte capita, ha preso il sopravvento... e ne è uscito qualcosa di inaspettato! È la prima volta che tratto il personaggio di Minerva McGranitt e provo a immaginare la sua vita, spero di non aver esagerato, o di essere andata OOC.



Minerva sistemò la Firebolt appena requisita a Potter sotto il braccio e bussò con tre colpi di nocche alla porta della stanza di Remus Lupin.

Un istante dopo stava già spingendo la mano sulla maniglia di ottone, sentendosi autorizzata ad interpretare il lieve sospiro che aveva colto dietro l'uscio come un invito ad entrare.

"Buon Natale, Remus," esordì, sfilando la sedia da sotto la scrivania del piccolo locale e accostandola al letto del malato.

Remus, sepolto sotto le coperte, ne riemerse con il dorso, rabbrividendo leggermente e strizzando gli occhi per difenderli dalla luce che aveva loro risparmiato nascondendosi sotto la calda coltre di lana.

Lei attese con impazienza che fosse in grado di mettere a fuoco il suo viso, dandole un qualche segno di riconoscerla.

"Grazie, Minerva," riuscì a borbottare, tirandosi in qualche modo a sedere e aggiungendo subito dopo, sulla difensiva: "Sto bene, non mi serve aiuto."

"Capisco," commentò lei, scettica. "A prescindere, non è in mio potere fare nulla per alleviare la tua malattia, quindi non sono qui per questo."

Il giovane si rilassò visibilmente. Scorse, da sotto le palpebre gonfie, il manico di scopa e glielo indicò con un cenno del capo.

"Quello?" domandò incuriosito.

"L'ho requisita a Potter," e non seppe aggiungere altro. Sapeva che Remus aveva già compreso che una sola persona avrebbe potuto fare al ragazzo un regalo del genere.

Era andata da lui per discutere proprio di Black.

Ma osservando le ombre scure sotto i suoi occhi, che sembrarono divoragli il viso smunto mentre lasciava ricadere la testa sul petto, comprese che non era il momento più opportuno per una dissertazione sull'evaso che una volta era stato uno dei suoi migliori amici.

Gli occhi di Remus si riempirono di un'ira soffocata e nei brividi che lo scossero sembrò trovare l'unico sbocco all'oppressione che lo affliggeva.

Ma il suo sguardo tornò all'istante limpido, quando si spostò su di lei.

"Una scopa e noi due assieme... ricordi?" tentò un debole sorriso, chiedendole silenziosamente di assecondarlo nel suo repentino cambio di argomento. "Il mio primo appuntamento con una donna," sospirò. "Allora puntavo in alto!"

"Sì. Forse un po' troppo, dato che mi arrivavi a mala pena ai gomiti."

 

***

Minerva articolò un ‘avanti' con voce gelida. Non poteva crederci, quello sciocco aveva sul serio osato presentarsi nel suo studio!

Forse aveva capito - seppur con notevole ritardo - che scrivere una lettera d'amore fittizia  alla propria insegnate, senza camuffare in alcun modo la calligrafia, non era stata precisamente una grande idea.

Quando ebbe il ragazzino ritto davanti alla scrivania assottigliò le labbra, profondamente contrariata. Non poteva essersi sbagliata!

"Mi ha molto delusa, signor Lupin," scandì lentamente. "Mi aspettavo la visita di Potter, all'ora prestabilita."

Solo un bambinetto del primo anno poteva fissare un appuntamento con una donna alle quattro del pomeriggio.

Il ragazzino sporse leggermente il labbro inferiore, facendo dondolare con la mano il manico di scopa che aveva portato con sé.

"Oh. Mi spiace di averla delusa. Insomma, capisco perché avrebbe preferito James: lui è molto meglio di me in tutto. Mi ha prestato la sua scopa, però, vede?"

Minerva si sistemò meglio gli occhiali sul naso.

"Ai bambini del primo anno è vietato avere una scopa personale, lei e il signor Potter lo sapete bene."

"Sì. Ma le assicuro che non le piacerebbe proprio sapere come James è riuscito a portarla nel nostro dormitorio."

Con tutta probabilità aveva ragione lui: non aveva alcuna voglia di ascoltare altri aneddoti di marachelle su cui poi rimuginare.

Era uno strano bambino, Remus Lupin, come tutti quelli che Albus prendeva particolarmente a cuore, accogliendoli  a Hogwarts.

Sembrava uno studente diligente, durante le lezioni si mostrava attento e interessato. Si impegnava sodo ed era chiaro che non voleva deludere il Preside, che gli aveva donato quella preziosa opportunità, né i suoi poveri genitori.

Ma doveva ammettere che il suo aspetto trascurato la disturbava: non era persona da indulgere su vesti stropicciate, mantelli allacciati saltando qualche asola, calzini che scivolavano scomposti sulle caviglie e altre amenità simili.

Il frequentare Hogwarts esigeva anche un aspetto curato e una tenuta decorosa.

Il piccolo Lupin spostò nuovamente il peso da un piede all'altro, in attesa, grattandosi distrattamente la crosta di una ferita non ancora rimarginata completamente, accanto all'occhio.

Già. Perché c'era anche quel problema che lo riguardava.

Problema di cui, doveva ammettere, avrebbe preferito non essere stata messa al corrente.

Perché la sciatteria che tanto odiava, abbinata alla malattia che lo affliggeva, scatenavano in lei un inaspettato e alquanto fastidioso istinto materno nei suoi confronti.

Un sentimento che non sapeva bene come gestire: lei, una donna intelligente e razionale, messa nel sacco da una manciata di insulsi ormoni femminili; non era cosa saggia e le riportava alla memoria quello che sarebbe potuto essere, ma non era stato.

Si sedette ancora più rigida dietro la scrivania, tanto impettita da piegarsi quasi all' indietro.

"Lupin, mi aspettavo Potter perché, e non negarlo, questa lettera l'ha scritta di suo pugno. Capisco che è tuo amico, ma mentire è sbagliato ed è un atteggiamento che va condannato e punito. Soprattutto se le menzogne servono a coprire le malefatte di un compagno."

"È vero, l'ha scritta James," si guardò attorno, curioso e per nulla spaventato. "Quindi... cosa si fa per primo?"

Minerva rimase spiazzata, ma solo per un secondo.

"Spero che tu comprenda la gravità di quello che ha fatto Potter. Prendersi gioco di un insegnate per vendicarsi di una punizione meritata! E ora, come prima cosa, toglierò cinque punti a Grifondoro a causa sua."

"No, intendevo cosa facciamo noi," indicò con un lieve imbarazzo prima se stesso e poi lei. "Noi due. Sa, per l'appuntamento che James ci ha fissato."

Che sciocco! Pensava davvero di averla convinta del fatto che Potter avesse scritto la lettera per aiutarlo ad ottenere un appuntamento con lei?

"Quindi intendi insistere su questa linea?"

Lui si strinse nelle spalle.

Decise di giocare un po' al gatto e al topo con lui, metterlo alla prova e farlo capitolare sulle proprie bugie.

"D'accordo. E cosa ti piace, di preciso, in me, Lupin?"

Lui non esitò:

"Mi piacciono le ragazze che hanno una così precisa preferenza cromatica," disse, alludendo alle sue vesti rigorosamente verdi. "E che... beh... si trasformano. Così abbiamo qualcosa in comune di cui parlare."

Finse che le sue ragioni l'avessero lasciata del tutto indifferente, ignorando la fitta al cuore di compassione che le avevano provocato.

Pensò di proporgli una bella passeggiata in riva al Lago Nero, dove tutti gli studenti che oziavano al sole avrebbero potuto vederli e burlarsi di lui.

Quello lo avrebbe sicuramente fatto desistere.

"Non le va di farsi vedere in giro con me, non è vero?" la anticipò lui.

Minerva si afflosciò impercettibilmente, ammettendo a denti stretti:

"Credevo fossi tu a vergognarti di farti vedere accompagnato da un insegnante."

"Per niente. Io non mi vergogno per così poco. Sono abituato a ben altre... cose, io."

Povero ragazzino, la lucidità con cui parlava del proprio problema era disarmante.

Persa nei suoi pensieri, non si era accorta che Remus si era avvicinato e stava facendo camminare con indice e medio la mano verso la sua.

Lei ritrasse immediatamente la propria.

"Che stai facendo?" lo riprese severa.

"Le prendevo la mano, credevo avrebbe sorriso."

Minerva se la massaggiò a disagio, nessun allievo aveva mai cercato di prenderla per mano. Era... sconveniente!

"Mio papà fa così con la mamma, cammina con le dita e lei ride," spiegò serio.

Non ci poteva credere, il ragazzino ci stava davvero provando con lei? Il primo pretendente che le capitava da secoli e aveva undici anni!

"Penso che tu sia abbastanza grande da capire che sei troppo giovane per..."

"So camminare sul palmo delle mani, vuole vedere?" la  interruppe lui, come timoroso di sentirsi rifiutato a chiare lettere.

"No, signor Lupin."

"Oh..." mormorò deluso, lasciandosi cadere sulla sedia davanti alla scrivania e abbracciando il manico di scopa. "Quindi non vuole proprio uscire con me?"

Minerva si infilò due dita sotto gli occhiali  e se le schiacciò sulle palpebre.

"Possiamo parlare qui, se ti va," gli concesse infine, dispiaciuta di vederlo tanto mortificato. In fondo che le costava accontentarlo?

Il bambino riacquistò subito il sorriso. Si sporse verso di lei, chinandosi sulla scrivania e vide bene la mano che teneva appoggiata al manico della scopa. Una mano da bambino, con ancora dei teneri buchetti al posto delle nocche ossute dell'età adulta.

"Può chiamarmi Remus, se le va," le propose.

Minerva sperò che non si aspettasse in cambio che anche lei lo invitasse a chiamarla per nome.

Ma lui sembrava non aspettarsi nulla. Come sempre.

"Ho notato che nessuno dei professori di Hogwarts è..." esitò. "Sposato."

Rifletté un istante, un po' stupita nel rendersi conto che era vero.

"Sì, è così."

"Lei crede nelle coincidenze?"

"No, Remus."

Il bambino si mise seduto più composto sulla sedia, assumendo un'espressione grave, da adulto. Una piccola ruga si disegnò tra le sopracciglia chiare.

"Ecco... io non mi sposerò mai."

Lei non si mosse, rammaricandosi nuovamente per lui, ma intenzionata a non mentirgli. "Queste sono cose che non si scelgono, capitano e basta."

"E a lei è mai capitato?"

"No."

"Io la capisco," la consolò. "Neanche a quelli come me capitano queste cose. Alle ragazze piacciono i cuccioli, fanno tutti quelli strilli su quanto sono carini, ma scelgono fidanzati senza troppi peli."

Si interruppe, in attesa di qualche parola da lei, che però non arrivò. "Ma... l'essere sicuramente un single per sempre, pensa mi possa qualificare per diventare un insegnante anche io?"

"Questo non basta, Remus," confessò. "Io sono stata molto vicina a sposarmi, una vita fa, e se il mio fidanzato non mi avesse lasciata sarei diventata comunque un insegnante."

Remus tornò a sporgersi verso di lei, l'aria lievemente stupita.

"Non gli piacevano i gatti?"

 

 

***

"Ma il volo sulla scopa di James era stato favoloso, devi ammetterlo, Minerva!"

L'immagine del Remus adulto e di quello che si era lasciata alle spalle, nel ricordo, si sovrapposero e la lasciarono spaesata per qualche secondo.

"Te lo ricordi, Minerva?"

Avevano fatto un volo attorno alla scuola, non era mai riuscita a capire come avesse fatto a convincerla a fare una cosa del genere, a esporsi in quel modo.

Amava il Quidditch, eppure non saliva su una scopa da secoli.

Remus, da autentico cavaliere Grifondoro, le aveva consigliato di stringerlo forte, in modo da non cadere.

"Sei l'unico ragazzo passato per questa scuola che io abbia mai abbracciato," rifletté ad alta voce.

"E ne sono orgoglioso," sorrise lui, facendosi ancora più pallido. Probabilmente non avrebbe dovuto recarsi nella sua stanza e farlo stancare. Se Madama Chips ne fosse venuta al corrente le avrebbe dato il tormento per settimane. "Ti era piaciuto?"

Pensò di non rispondegli, la sua vita privata non lo riguardava, ma Remus aveva sempre avuto il dono di spingere le persone a confidarsi: dimostrava una comprensione dell'intimo del suo prossimo che aveva dell'incredibile.

"Mi hai fatto provare come sarebbe potuto essere avere un figlio," sentì gli occhi inumidirsi e lui abbassò discretamente lo sguardo.

"Mi spiace. Non volevo..."

"Oh, va tutto bene, Remus," lo tranquillizzò. "Ma ora devi ammettere che il tuo scopo, quel giorno, era solo quello di coprire Potter."

"Un po' sì, ma... ecco... non ero mai stato per così tanto tempo lontano dai miei genitori e mi mancava la mamma, e..." alzò le spalle, scivolando più giù sotto le coperte. "Ero solo un bambino," spiegò intimidito.

Minerva, stupita e lusingata, non seppe cosa dire.

"Lo vedi? Mi hai messo in imbarazzo," rise lui, guardandola cautamente da sotto in su. "E ora devi ricambiare la confidenza: appurato che i gatti non c'entravano nulla, che fine ha fatto il tuo spasimante?"

Non ne aveva mai parlato con nessuno, ma la discrezione e la gentilezza del suo ex allievo la convinsero a sfogarsi.

"Felix amava alla follia i gatti, ma non la magia. Mi ha lasciata dopo essersi infatuato di Arabella Figg... lei rientrava in tutti i suoi parametri: niente magia, gatti ovunque..."

"Ma a lei piacevano più i gatti di lui, non è vero?" chiese Remus, che sapeva bene che Arabella viveva sola con i suoi animali da secoli.

"Sì, le bestiole pelose l'attraevano molto più degli umani."

Remus aggrottò la fronte, facendosi pensieroso.

"Beh, ma allora, magari, potrei..."

Minerva indovinò le sue intenzioni, accennando divertita uno dei suoi rari sorrisi.

"Non permetterò che la storia si ripeta... sottrarmi un altro uomo? Mai!" le scappò detto, suscitando le risate sbalordite del suo giovane interlocutore.

"Un giorno troverai una ragazza adatta alla tua età, che sappia vedere oltre al tuo problema, Remus."

Glielo promise, perché sentiva che doveva essere così.

"Già," fece lui, poco convinto.

"Se tu non continuassi a sfuggire Sibilla..."

"Non è il mio tipo."

"No, intendevo dire che sapresti..."

"Che sto per morire? Quello l'ho capito chiaramente. Un po' seccante sentirselo rammentare ogni volta che la incrocio per i corridoi... per fortuna avviene di rado. Di solito mi do alla fuga," ammise con un piccolo ghigno.

"Per evitare di riderle in faccia, immagino."

"Anche io ho i miei limiti," riconobbe lui, soffocando un gemito. "E credo di averli raggiunti, ormai. Scusami, Minerva, ma non ce la faccio più a stare seduto."

Si lasciò andare sul cuscino. "Scusami," ripeté stancamente, socchiudendo gli occhi.

Minerva ignorò le sue dita appena alzate dalla coperta nel fiacco saluto con cui intendeva congedarla, e proseguì:

"Ha predetto per te una storia d'amore di un rosa intenso. O qualcosa del genere... ma forse era lo sherry a parlare."

"Lo sherry non mente mai," asserì Remus, con la voce rauca che gli andava scemando. "Ma fino ad allora continuerò ad optare per il verde smeraldo."

La salutò nuovamente levando la punta delle dita: non gli piaceva essere visto in quelle condizioni. Dopo anni di totale solitudine, aveva dimenticato che poteva chiedere aiuto.

Minerva gli tenne la mano, quel giorno di Natale, immaginandosi ancora una volta madre. Gliela strinse come avrebbe fatto con quel bambino che aveva avuto dentro di sé per troppo poco tempo; perso a causa della magia, l'aveva accusata il suo fidanzato Babbano.

Remus non la allontanò e lei finse di non sapere che lui era troppo giovane per essere il suo figlio perduto, la solitudine e l'indipendenza dietro cui si nascondevano da una vita dimenticata nel calore delle loro mani.

   
 
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