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Autore: miseichan    23/03/2010    3 recensioni
Quattro mura: niente di peggio per passare l'ultimo dell'anno! Una stanza e nessuna possibilità di uscirne. Come sempre però bisogna ricordare che la vita imprevedibile, e ancor di più lo sono le persone come lui. Quando si dice: l'importante non è dove, ma con chi... [Speciale capodanno della storia Bacio di Mezzanotte]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Midnight Lovers'
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capo

 

Festeggiando fra quattro mura

 

Era ancora lui.

Dio mio, ma aveva soldi da buttare? Scoppiai a ridere fra me e me: che battuta avevo fatto! Con un sospiro che mi fece patire le pene dell’inferno risposi al cellulare.

-Lari! Passo a prenderti io?-

-Davide…  senti non sto bene. Mi dispiace, non penso ci potremo vedere: mi fa davvero male tutta…-

Non riuscii a concludere la frase, colta da una nuova fitta che mi colpì la gola e la parte infracostale facendomi salire le lacrime agli occhi.

Lo sentii prendere un bel respiro, come faceva quando si sforzava di non lasciarsi prendere dal panico: ma insomma! Io mi sentivo in punto di morte e lui usciva di testa?! Feci per dire qualcosa ma un pizzicore fortissimo in gola mi impedì di farlo.

-Cos’è che ti fa male? Sei andata da un dottore?-

Chiusi gli occhi cercando di non perdere la calma: ma che domanda cretina! Riuscii a non rispondergli male solo ripensando alla nota di preoccupazione che vibrava altissima nella sua voce:

-No, D. non sono stata da un dottore: devo ricordarti che è l’ultimo dell’anno? Quale dottore mi visiterebbe?-

Sentii aumentare il suo respiro: si stava forse arrabbiando? Perché mai?

Mi chiese di rimanere in linea e mi lasciò in attesa per circa quattro minuti.

-Eccomi: allora, fra massimo mezz’ora il mio medico personale sarà da te. Preferisci venga anch’io o ti metterei a disagio e…-

Gli scoccai un bacetto attraverso il microfono e piena di riconoscenza gli risposi:

-No, grazie D. mi basta il tuo medico personale-

Non so se colse l’ironia involontaria nella mia voce, ma se fu così non lo diede a vedere, chiedendomi poi solo di fargli sapere le novità appena possibile.

E così feci.

-D…-

-Dimmi! Tutto bene? Solo influenza, vero?-

Sorrisi riuscendo a capire quanto grandi fossero la sua inquietudine ed apprensione e con il cuore in mano gli dissi:

-D…  è bronchite. Bronchite al polmone destro. Mi spiace D. ma non posso muovermi di casa e…-

Lui aveva trattenuto il respiro e poi mi aveva interrotto in fretta, parlando concitatamente e con voce leggermente tremante:

-Ti dispiace? Si può sapere di cosa mai ti può dispiacere? Cristo, piccola, hai la bronchite! Dio santo! Ma come…? L’altra sera? Quando abbiamo fatto tardi e…? E’ colpa mia! Lari quanto mi dispiace! Tu non hai idea! Il dottore ha già…-

Ora credeva anche che la colpa fosse sua? Ma come diamine funzionava quel suo diavolo di cervello?

-Davide, primo smetti di imprecare. Poi, non è assolutamente colpa tua: non è colpa di nessuno e sì il dottore ha già provveduto a tutto, anzi mi ha anche assicurato che le medicine mi verranno recapitate nei prossimi quaranta minuti. Io però prima che mi interrompessi stavo cercando di dirti che mi dispiaceva perché non avremmo festeggiato assieme-

Lo sentii ridere e poi chiedermi divertito:

-E perché non dovremmo stare insieme?-

Non lo capivo. Scherzava? Cercai di farlo ragionare:

-Davide non vorrai startene chiuso in casa con me quando puoi andare a festeggiare a Parigi, Londra, Berlino, Hawaii o non so dove altro? Non fare il cretino e…-

Inutile spiegare il resto della conversazione per lo più basata su discorsi da parte mia e risate dalla sua.

Fra una risata e l’altra mi faceva però delle domande come “Qual è il tuo colore preferito? Champagne che ti piace di più? E che stuzzichini?” Cose che per lo più già sapeva ma che mi richiese, come a tenermi più tempo possibile al telefono.
Cosa che riuscì benissimo a fare, per poi uscirsene con un’ultima domanda:

-Mi apri?-

Ci misi qualche istante a capire: andai ad aprire la porta e lui era lì, tutto sorridente e con uno zaino in spalla.

-Davide! Ti credevo già su un aereo o simili!-

Mi ricacciò veloce in casa scuotendo la testa:

-Non penso: mi conosci troppo bene.-

Sorrisi nel constatare che aveva ragione, come sempre.

Aprì lo  zaino e ne tir fuori un giaccone enorme, dei guanti, un cappello, una sciarpa e una coperta. Lo guardai con sguardo interrogativo e lui scoppiò a ridere:

-Devo imbacuccarti ben bene-

Mi tirò a sé e iniziò a coprirmi con tutti quei vestiti. Mentre mi avvolgeva accuratamente la sciarpe attorno al collo riuscii a biascicare:

-D… no posso uscire-

Lo fissai con gli occhi lucidi, ma lui continuava a sorridere:

-Non usciremo dal palazzo-

E così fu: stringendomi a sé mi portò su fino all’ultimo piano e lì aprì una porta in fondo al corridoio, sul lato della casa che dava lontano dalla città.

Dentro era buio e veniva della luce solo dal salone. Cominciò a svestirmi dalle coperture eccessive facendomi notare che lì c’erano all’incirca ventotto gradi.

Mi portò poi in salone: la luce proveniva dalla finestra: un’enorme vetrata prendeva l’intera parete e dava sul nulla, o meglio su un’norme radura verde, probabilmente i giardini pubblici che lo Stato non aveva ancora utilizzato.

Mi lasciò un attimo avviandosi verso il centro della stanza verso quello che sembrava un tavolino: vi accese due candele rischiarando così maggiormente la zona.

Sul tavolo c‘erano champagne e stuzzichini: quelli che gli avevo suggerito io. Poi due enormi puf erano vicini davanti al tavolino e davano sulla vetrata.

Per concludere i muri laterali della stanza erano ricoperti da una decina di televisori a schermo piatto.

Lui mi guardava e io ricambiai il suo sguardo con un sorriso:

-Cosa hai combinato questa volta?-

Rise e mi fece accomodare fra le sue braccia sui puf:

-Niente di che, mi sono mantenuto. Avevo pensato a tantissime cose: farti prelevare fuori casa da un jet, o rapirti con il mio medico… e molte altre mille volte più pazze di queste. Ma poi ho pensato che stando male forse era meglio non farti agitare troppo e quindi di non far impazzire il tuo cuoricino così... eccoci qui!-

Quasi non sentivo più dolore: le sue mani che mi accarezzavano erano meglio di qualsiasi medicina.

-Mi spieghi?-

Lui mi soffiò sul collo prima di rispondere in un bisbiglio:

-Subito piccola-

Afferrò un aggeggio nero e sentii solo un clic, quindi tutti i televisori si accesero: trasmettevano ognuno qualcosa di diverso che poi riconobbi come tanti diversi conti alla rovescia.

Vi era quello a Parigi, quello a Londra, quello a Berlino, quello alle Hawaai e molti altri ancora: mi stava  facendo vivere contemporaneamente in tutto il mondo.

Colse la mia sorpresa e rise. Adoravo quella risata.

-E non è finita piccola.-

Come mai me lo aspettavo?

Festeggiammo così: in una stanza ed allo stesso tempo ovunque.

Bevendo, ridendo e godendo dei nostri baci…   in un modo unico nella sua semplicità. Incredibile nella sua bellezza. Inimitabile nella sua dolcezza.

A mezzanotte meno cinque però glielo chiesi. Sapevo cosa mi avrebbe risposto, o almeno speravo di saperlo, ma avevo lo stesso bisogno di sentirlo dire a lui.

-Perché ti sei ridotto a passare qui il 31 invece che in posti dove veramente ne sarebbe valsa la pena? Cioè io non…-

Ma lui non mi fece concludere, come sempre. E mi fermò le labbra con un bacio.

-E me lo chiedi anche piccola? Per andare in tutti quei posti è sufficiente comprare un biglietto, cosa che io poso fare sempre. La tua compagnia, invece, i tuoi baci, queste labbra, proprio queste qui, non si possono comprare. Tutti i miei soldi su di te non possono niente. Quindi che augurio migliore per il nuovo anno potevo volere, del passare qui con te l’ultimo dell’anno?-

Se anche voleva dire qualcos’altro non glielo permisi: appropriandomi della sua bocca, giocando vogliosamente con e sue labbra… quasi non sentimmo il conto alla rovescia, già immersi nel bacio che sarebbe dovuto iniziare di lì a pochi secondi.

A farci dividere riuscì solo quello che Davide ancora non mi avevo detto, il resto della sorpresa: fuori dalla nostra finestra, probabilmente a pochi metri di distanza da noi, iniziarono a sparare i fuochi dì artificio. Fuochi che durarono per più di un’ora e mezza. I fuochi più belli del mondo: più belli di quelli a Parigi o a Berlino. I fuochi dei colori e delle forme che volevo io. I migliori in assoluto. Ed erano lì per noi.

Se anche fossero stati dei banali frizzi frizzi io li avrei adorati per il semplice fatto che lui l’aveva fatto per me. Ma Davide cercava immancabilmente di sorprendermi, e non falliva mai.

Le parti migliori di in assoluto nei miei ricordi sono due: le parole con cui mi aveva incantata il 31 notte ed il bacio con cui mi aveva svegliata il primo mattina.

 

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