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Autore: Dark Roku     24/03/2010    4 recensioni
La vita di Ven è la normale vita di un adolescente, senza contare il senso di vuoto che lo accompagna e il fatto che sia innamorato dell'autista dell'autobus, Terra che è più confuso di un quadro di Picasso.
Suo fratello Sora cerca di scolpire la sua corazza di vetro, mentre Riku chiede solo che Sora ricambi il suo amore, così come Demyx, quasi analfabeta, ma che passa tutti i giorni in biblioteca solo per guardare il bibliotecario.
E poi c'è Kairi: riuscirà a far pace con sua zia? E cosa si nasconde dietro lo strano ritorno di suo fratello? E Naminè che spera solo nel principe azzurro.
Infine, distante dalle vite che si intrecciano sulle Destiny, la vita di Roxas, adolescente ricco e viziato è avvolta nella pioggia di Rain Town.
Però, forse il destino non è sempre prevedibile come sembra...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Incontri e scontri


Terra parcheggiò l’autobus come al solito, davanti alla scuola primaria. Aqua lo seguiva docilmente.
In fondo aveva accettato quel lavoro solo perché gliel’aveva detto la sua psicologa: quando si era accorta della sua perversione –la pedofilia, per la cronaca- aveva esclamato “Fai l’autista dell’autobus! Puoi guardare i bambini e contemporaneamente devi tenere le mani occupate!E io ti seguirò per accertarmi del tuo atteggiamento.”
Non che Aqua fosse il massimo come psicologa, però doveva ammettere che era stata la migliore idea che aveva avuto, aveva funzionato...fino a quando non era arrivato quel ragazzo.
Ventus Leonhart: lo aveva stregato fin da subito con i suoi occhi azzurri e il suo sguardo profondo. Forse era l’unica persona che gli piaceva da quando si era trasferito alle Isole del Destino.
Aveva bisogno di tutto l’autocontrollo per non fermare il pullman e saltargli addosso.
Però, dannazione, più passava il tempo, più Ven diventava bello, più la sua perversione peggiorava.
Chissà quanto avrebbe resistito…
- Vieni a pranzo con me, Aqua?-
- No, mi spiace. Devo vedermi con le ragazze.-
Già, chissà…

- Professoressa, mi passi il sale per favore.- erano state le uniche parole che Kairi e Elena si erano scambiate da quando erano arrivate a casa.
E considerando che erano a tavola da circa venti minuti erano poche.
Povero Reno, diviso tra sua moglie e sua sorella che si scambiavano sguardi di fuoco!
Kairi era fatta così: con il suo sorriso da angioletto e la sua anima indemoniata, chissà cosa aveva combinato!
Elena diceva sempre che non le portava di rispetto quando a scuola le dava del tu e la chiamava zia, ma Reno non poteva crederci visto che Kairi dava del lei anche quando era a casa.
Vide un’altra occhiataccia volare: lo scontro stava per iniziare.
- Vedi caro…- cominciò Elena facendo gli occhi dolci – oggi la tua sorellina…-
- Fratellone…- Kairi interruppe mettendo su un’aria da cucciolo bastonato. – la professoressa dice…-
- Signorina stavo parlando. Non sai che è maleducazione interrompere?- la sua voce assunse una sfumatura seria.
- Oh, ma professoressa, anche lei mi ha interrotto. Non sa che è maleducazione interrompere?- le fece il verso la rossa.
E cominciarono ad urlare. Reno si mise le mani fra i capelli rossi, una caratteristica di famiglia: se solo ci fosse stato lui, che sapeva sempre gestire la situazione!
Dlin Dlon.
Il campanello fu una manna dal cielo.
- Vado ad aprire.- annunciò alzandosi in piedi. Raggiunse velocemente il portone d’ingresso e lo spalancò, senza neppure osservare dall’occhiello della porta.
- Weilà Reno, da quanto tempo non ci si vede!- una voce allegra lo salutò: un ragazzo che gli somigliava molto era in piedi sulla porta. Aveva dei capelli rossi, a dir poco strani (“Pettinati con un petardo” sarebbe stato il modo migliore per definirli) occhi verde smeraldo, con due triangoli rovesciati disegnati sotto gli occhi e la bocca piegata in un sorriso allegro; indossava un jeans nero, una giacca nera e una maglia rossa.
Inoltre, era suo fratello, ragazzo che sarebbe dovuto essere in una qualsiasi parte del mondo, ma mai davanti a quella porta.
- Axel…che diavolo ci fai qui?-

Demyx lanciò un’occhiata alla cassa da sopra il libro che stava ‘leggendo’: era entrata una ragazzina bionda.
Sapeva i gesti del bibliotecario a memoria: muoveva il mouse del computer con indice e pollice, si scostava il ciuffo azzurro dagli occhi, inforcava gli occhiali, e poi scuoteva la testa nel caso il libro non c’era.
Se invece il libro c’era dava al cliente un bigliettino con scritto il reparto dove trovarlo.
In quel caso il libro era presente.
La ragazzina ringraziò e prendendo delicatamente il biglietto si avviò tra gli innumerevoli scaffali della biblioteca. Il libraio la seguì con lo sguardo e i suoi occhi incrociarono per un attimo quelli di Demyx che si nascose istantaneamente dietro il libro che aveva preso: era un mattone bello grosso, per darsi un’aria da intellettuale.
- Ancora a spiare Zexion, Dem?- una voce aspra lo sorprese. Il biondo sobbalzò ritrovandosi faccia a faccia con una ragazza dai capelli color limone e due ciuffi che le sbucavano a mo’ di antenne.
- Larxene…mi hai fatto prendere un colpo. Abbassa la voce. – sussurrò. L’altra rise.
- Non farai colpo su di lui stando rinchiuso tutto il giorno facendo finta di leggere e osservandolo.-
- Tu invece che ci fai in biblioteca?- domandò cercando di deviare l’argomento.
- Ho preso un libro per una mia amica.- disse guardandosi l’orologio – Oh,ma guarda come è tardi! Aqua mi starà già aspettando!- e si avviò. Dopo qualche passo si fermò e si voltò verso Demyx.
- Oh, a proposito…- fece con voce squillante – è da tanto che hai preso quel libro?-
- Circa due ore, perché?- Demyx rispose ignaro di tutto.
- Sappi che è un dizionario…e lo stai leggendo al contrario.- scoppiò a ridere. Il biondo rosso di vergogna si nascose sotto il tavolo: che figura! Chissà se anche Zexion se n’era accorto.
- Se vuoi due volete parlare, vi pregherei di accomodarvi fuori.- la voce di Zexion gli arrivò melodiosa, come sempre.
L’aveva anche fatto sgridare! E adesso come riconquistava la sua fiducia?
Dannata Larxene!
 
Riku non osava aprire la porta.
Se ne stava sull’uscio, con le chiavi infilate nella serratura, senza avere il coraggio di girarle.
Pochi secondi prima un pensiero orribile gli aveva attraversato la mente evitandogli di fare l’errore più grande della sua vita.
Aveva fatto un rapido calcolo: quel giorno era venerdì quindi i suoi genitori erano ancora in viaggio per lavoro. E i suoi zii, momentaneamente trasferitisi da lui, il venerdì lavoravano fino a tardi. E suo cugino Zexion era ancora di turno in biblioteca, perciò a casa c’era solo…no, non poteva essere. Tutti, ma non la maniaca.
Non era possibile che sua cugina Xion, che lo ossessionava ogni talvolta lo vedeva e che era fissata con lui da quando aveva cinque anni, era lì dentro, da sola, ad aspettarlo.
Era del tutto illogico! Per di più le urla stonate che provenivano da dentro non erano per niente rassicuranti:
- Sto preparando un bel pranzetto per il mio maritino! Il mio maritinooooo!!!!- canticchiava una voce allegra, paragonabile a una cornacchia con il mal di gola.
Riku si guardò intorno impaurito: che possibilità aveva?
Kairi abitava troppo lontano per andarci a piedi. Avrebbe potuto raggiungere Zexion in biblioteca, ma l’unica scusa che gli veniva in mente in quel momento era “Il dottore mi ha consigliato di leggere quindici paragrafi della Bibbia prima di pranzo” e risultava poco credibile persino a sè stesso.
Però, forse…
Lanciò un’occhiata alla casa poco distante dall’altro lato della strada, a pochi isolati da lì: Sora lo avrebbe sicuramente accolto a braccia aperte.
Ma cosa avrebbe detto ai suoi genitori?
“ Ciao mamma, ciao papà. Questo sapete che è Riku e sta sfuggendo a sua cugina che vuole stuprarlo. Può rimanere a pranzo? Oh, e un’altra cosa: ci siamo messi insieme.” Forse l’ultima frase andava rivista: lui e Sora, non stavano insieme, non del tutto e non ancora.
Cioè, lui amava Sora, di questo era certo. Era il castano che aveva chiesto del ‘tempo per pensare’ perché non era ancora del tutto sicuro dei suoi sentimenti.
Bah, sicuramente quella scusa gliel’aveva suggerita quel deficiente di Ven: solo lui era capace di inventarsi certe cose da telenovela spagnola.
- Ma quando arriva il mio tesoruccio?- urlava la voce da dentro.
Riku si rese conto di non avere scampo: aprì lentamente la porta e una ragazza dai capelli neri gli saltò addosso.
- Amore! Sei finalmente arrivato! Vieni, vieni, ti ho preparato tante cose buone!- lo trascinò in cucina e lo fece sedere.
Altra pecca che l’albino non aveva considerato: Xion non sapeva cucinare.
Se ne ricordò quando gli arrivò davanti una melma verde e puzzolente con dei pezzi di guscio d’uovo che galleggiavano sulla superficie. Riku inspirò a pieni polmoni:
- Posso avere del pane?-

Naminè si sentiva davvero felice quando disegnava.
Forse disegnare era l’unica cosa che la faceva sentire meglio.
Riusciva a sfogare su un foglio tutte le emozioni che provava che fossero belle o brutte.
Non era una bella vita la sua: era rimasta orfana di madre a due anni e suo padre era severo, nonostante le voleva un bene dell’anima.
La vedeva troppo fragile: aveva paura di perderla, come era successo con la moglie che, a causa di un tumore al cuore, era volata in paradiso.
Naminè raffigurava spesso sua madre nei suoi disegni; come un angelo che cantava, o un uccello che volava libero nel cielo azzurro. Poi arrivava un corvo e mangiava l’uccellino.
Naminè andava dallo psicologo a causa di un trauma: quando aveva dieci anni era stata stuprata ed era caduta in depressione.
Si era rialzata anche grazie all’aiuto dei suoi angeli custodi: suo padre, Kairi, Riku, Sora e Ven. che gli erano stati accanto nei momenti in cui stava peggio e l’avevano aiutata ad andare avanti.
Nonostante la sua non fosse una bella vita Naminè sognava ancora il principe azzurro.
La persona che l’avrebbe portata in un mondo in cui non esisteva la crudeltà e in cui non aveva bisogno di disegnare per sentirsi meglio.
Ma, una piccola parte di lei, sapeva già che il principe azzurro non sarebbe mai arrivato.

- Ha avuto un calo di zuccheri. – stava spiegando una voce che non conosceva. Fu la prima cosa che sentì quando si riprese.
La seconda fu il singhiozzare di Sora che gli stringeva la mano. E si concentrò unicamente su quella: come mai gli voleva così bene?
In fondo non erano neppure fratelli… fratellastri al massimo.
La loro era una storia lunga e complicata: Aerith abitava in un altro paese prima: Rain Town. In quello che era diventata la megalopoli più importante del pianeta, ma quello non c’entrava.
Nella città era fidanzata con un uomo, poi da quest’uomo era rimasta incinta. Prevedevano di sposarsi dopo il parto.
Solo che dopo la nascita di Ven, l’uomo si era improvvisamente reso conto di non amare Aerith e fine della loro storia.
Aerith si era trasferita alle Destiny Island dove aveva conosciuto Squall che aveva sposato e da cui aveva avuto Sora.
Sora aveva fatto la primina per trovarsi al passo con il fratello e adesso erano un’allegra e felice famigliola. Fine.
Ven non aveva mai conosciuto il suo vero padre, e Aerith si era rifiutata di dirgli anche solo il nome, anche se c’entrava qualcosa con il cielo e il sole.
Ma in fondo andava bene così: Squall voleva bene a Ven, quasi quanto ne voleva a Sora.
- Ven…per favore fratellone svegliati! – singhiozzò Sora asciugandosi gli occhi con la mano di Ven, che aprì delicatamente gli occhi.
- Come stai caro?- chiese Aerith mettendogli una mano sulla fronte. Era seduta accanto a lui, di fronte a Sora. Squall era in piedi e stava parlando con il medico.
- Meglio mamma. – rispose sorridendo. – Cosa è successo?- aggiunse. Non ricordava cos’era accaduto, ma i ricordi riaffiorarono poco a poco:
- Il coltello.- sussurrò spaventato. La vivida sensazione di essere accoltellato gli fece accelerare i battiti- Squall si mise improvvisamente in ascolto:
- Quale coltello?- chiese stupito.
- Quello argentato…è uscito dallo specchio. E poi è sparito. E il polso…- gli tornò il mal di testa.
- Probabilmente sta delirando. – disse il medico uscendo. – Deve solo stare a riposo. Arrivederci. – salutò.
- Ho fame…e sento puzza di bruciato. – si lamentò Sora ignorando l’accaduto.
- Il tacchino! – urlò Aerith correndo via.
Ven chiuse gli occhi, rivivendo quell’attimo, che in qualche modo, sentiva, non apparteneva a lui.

- Signorino le ho portato il pranzo.-
Era sempre la stessa scena, no?
La cameriera entrava con il vassoio in mano.
La cameriera si guardava attorno confusa.
La cameriera notava lo specchio rotto.
E Roxas, a terra, sanguinante.
Che rideva convulsivamente, tra i cocci dello specchio…e quelli del suo cuore.
La cameriera urlava.
Il vassoio cadeva facendo crack.
Roxas rideva più forte, chiedendosi perché i cuori quando si rompono fanno lo stesso suono dei vassoi che cadono.
La cameriera metteva Roxas sul letto e chiamava la servitù per aiutarla a pulire.
E Roxas continuava a ridere isterico mentre guardava la cameriera affannarsi nel raccogliere i pezzi dello specchio.
Avrebbe voluto saperlo fare anche lui.
Saper raccogliere i frammenti del suo cuore e buttarli nella spazzatura sospirando “Speriamo che il padrone non si accorga che l‘ho sostituito di nuovo”.
E poi comprare un cuore nuovo…che si sarebbero rotto di nuovo.
Rideva.
Solo perché gli erano finite le lacrime…



Note dell'autrice (Che purtroppo è tornata alle vecchie abitudini n.d.altra me):
Allora...questo capitolo è ancora un po' introduttivo alla storia (Quando comincerà la storia vera? n.d.altra me). Però comunque sono stata malata fino a ieri, e mi dispiace di non aver potuto aggiornare (Sempre scuse! n.d.altra me). Vi chiedo umilmente scusa.
Allora...velocissimamente rispondo alle gentilissime persone che hanno recensito:

SweeTDemly: Grazie mille per aver commentato!!! Riguardo alla tua domanda...beh, si vedrà. (Ma conoscendola e guardando il suo repertorio ci vuole poca fantasia ad immaginarlo n.d.altra me). E si, hai ragione ho messo tra gli avvertimenti OOC proprio per Aqua, ma l'idea di farla stupida mi allettava (E immagino che l'idea di far stupida te allettava molto tua madre, no Kim? n.d.altra me), perchè giocando a Birth by sleep l'ho trovata troppo seria.
Il rapporto di parentela tra Kairi e la prof. hai ragione tu, ma pensavo che "Zia" fosse più affettuoso e irrispettoso di cognata (E secondo te i lettori come dovrebbero arrivarci? Per telepatia? n.d.altra me) E grazie ancora per la recensione!!!

Agito: Grazie mille per la recensione! La storia del coltello lanciato la spiegherò più avanti...forse. (Che vuol dire forse? n.d.altra me). Beh, l'intento di Aqua è un po' quello. Nel gioco sono tutti e due troppo seri! Grazie.


Grazie anche a chi a solo letto, a Kiby chan che l'ha aggiunta alle preferite e a Color_by, Edo, RikaaKawaii e vul95 che l'hanno messa tra le seguite. Grazie mille ragazzi! Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!
  
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